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Autore: AlexDavis    05/04/2011    12 recensioni
Questo è un Extra della storia Ladro di Cuori...
Questa shot contiene il finale come lo avevo immaginato, ma in un contrsto diverso.
Spero vi piaccia...
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Leah Clearweater
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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 Sono io? Non ci credete, vero? Ma si, sono io.
Sono ritornata con un extra perchè quello che non sapete è che io avevo in mente fin dall'inizio un altro finale per questa storia, ma quella seria guardando il foglio di word davanti mi uscii una cosa completamente diversa spiazzando la maggior parte di voi e vi do ragione. Anche io avrei pensato la stessa cosa 'Ma che cazzo sta facendo questa?'
Così mi è venuta in mente una cosa... Perchè non fare un extra mettendo il finale che avevo pensato in un contesto diverso? E l'ho fatto...
Spero che questo extra vi piaccia perchè sarà l'unico, okey?
Buona lettura ragazze.
xoxo Alex.
ps. per chi non avesse letto la storia di questo extra, questo è il link:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=619363&i=1





 

EXTRA.
 
 

  Mi trovavo in una delle librerie più grandi e fornite di tutto lo stato di Washington per pubblicizzare il mio libro. Moltissime persone erano accorse per farsi fare una autografo sui loro libri scritti da me e questo non poteva che farmi felice. Il mio ultimo libro si intitolava ‘ Il ladro innamorato’ e non ci vuole molto per capire che il protagonista è lui, ma con un nome diverso.  Era da poco uscito in tutte le librerie e già era al primo posto dei best sellers e c’era già qualcuno che lo considerava uno dei migliori libri scritti in quell’anno ed io non potevo che esultare.
Stavo firmando il libro di una graziosa ragazza che doveva avere massimo diciassette anni che era arrossita quando le avevo sorriso e le avevo chiesto il suo nome. Era così dolce.
Stava per dirmi qualcosa quando il mio telefono squillò ed io subito mi porsi per vedere chi era con un po’ di apprensione visto che Alice era li lì per partorire e aveva chiesto espressamente la mia presenza durante il parto e per questo ero reperibile anche di notte. Ma non era lei, era un numero sconosciuto.
La mia agente mi vide e mi fece un cenno di assenso ed io sgattaiolai fuori per avere più libertà.
<< Pronto? >> risposi.
Un sospiro dall’altro capo del telefono, ma nessuno parlò.
<< Chi è? >> chiesi ancora.
Ancora un sospiro ed io  stavo iniziando ad innervosirmi. << Senta, non ho tempo da perdere con queste stronzate.  Chi è lei? >> chiesi infervorata.
<< Ehm… Be-bella? >> disse quella voce.
Il mio cuore perse un battito. << Jake? >> chiesi emozionata.
Sospirò. << Si. >> sussurrò.
Dalla sua voce si capiva che qualcosa non andava. << Jake, che succede? >>
Non ci vedevamo da quattro anni e tra noi non c’era stato alcun tipo di contatto e adesso quella chiamata improvvisa e quella sua voce tormentata mi fecero capire che quella non era una telefonata per sapere come me la stavo passando.
<< Be-bella… >> disse ancora e lo sentii singhiozzare. Il mio Jake stava piangendo.
<< Oddio Jake, che cos’hai? Che succede? >>
<< Ho bi-bisogno della... >> si bloccò e fece un grosso respiro. << Ho bisogno della mia migliore amica. >> disse e scoppiò in un pianto isterico.
Sentirlo in quello stato era un pungo al cuore e quella dichiarazione di bisogno e aiuto mi aveva fatto sentire uno schifo per non essermi mai fatta sentire. Nonostante fosse successo tutto quello tra di noi era pur sempre il mio migliore amico da quando eravamo piccoli ed io lo avevo abbandonato.
<< Dove sei? >> chiesi sperando di ricevere una risposta sensata.
<< Ehm… Chicago. >>
Annuii. << Prendo il primo volo e sono da te. Tu, cerca di stare tranquillo, okey? >> dissi entrando in libreria per prendere le mie cose.
<< Fa in fretta. >> e riattaccò.
Presi il mio cappotto e la borsa e guardai con dispiacere tutte le persone che stavano aspettando un mio autografo, ma il mio migliore amico era più importante.
Me ne stavo andando senza aver avvisato Amanda, la mia agente, e così quando mi vide mi bloccò strattonandomi verso di lei e lasciandomi un livido sul polso.
<< Isabella, dove cazzo vai? >> ecco la finezza fatta persona.
Mi scrollai dalla sua presa. << Un’emergenza, mi dispiace. >> dissi ed immediatamente il suo viso si rilassò e un traccia di preoccupazione passò nei suoi occhi.
<< E’ tutto okey? >> mi chiese.
Ed io scossi la testa. << Non lo so, ma spero di si. Ti dispiace occuparti di tutto? >>
Lei annuì. << Certo, vai pure. Fatti sentire, okey? >> e dopo avermi sorriso se ne andò.
Io uscii fuori dalla libreria e salii immediatamente in macchina e mi immersi nel traffico diretta all’aeroporto senza neanche passare da casa avrei comprato qualcosa appena arrivata.
Dieci minuti dopo parcheggiavo la macchina nel garage dell’aeroporto e di corsa scendevo con la speranza di trovare un aereo che mi portasse immediatamente da Jake e forse la fortuna quel giorno era dalla mia parte perché sarebbe partito da li a qualche minuti e in fretta e furia feci il biglietto e cinque minuti dopo sedevo su una comoda poltrona rossa. Prima di decollare decisi di mandare un messaggio ad Alice dove l’avvisavo di questo improvviso cambio di programma e che sarei stata fuori qualche giorno e che non doveva preoccuparmi mi sarei fatta sentire io.
Quando la voce dell’hostess ci disse di allacciare le cinture perché l’aereo stava decollando un senso di nausea mi prese e chiusi gli occhi inspirando profondamente cercando di non pensare a cosa stavo facendo e che cosa stavo andando incontro.
Non vedevo Jacob da quattro anni e in quei quattro anni non avevo mai avuto sue notizie, non si era mai fatto sentire ed io di certo non lo avevo fatto. Però molte volte mi ero ritrovata a pensare a cosa stesse facendo o semplicemente se stesse bene e molte volte ero stata tentata di rintracciarlo e dirgli ‘Ehi Jake, che ne dici di ritornare amici?’, ma non l’avevo fatto perché né io né lui ci meritavamo una seconda chance.
Il nostro periodo come fidanzati e amici era finito, ma non potevo negargli la mia presenza nel momento del bisogno ecco perché mi ero subito precipitata da lui senza neanche sapere il perché.
Non mi resi conto che le persone stavano scendo ed io mi affrettai prendendo la borsa e scivolando tra la folla senza preoccuparmi di nulla uscii fuori e dopo aver osservato la folla lo vidi.
Mi bloccai sul posto e sgranai gli occhi. Lui non era il mio Jake o almeno era lui, ma era irriconoscibile. Aveva il viso pallido e infossato e due enormi borse sotto agli occhi che non erano più di un nero brillante, ma spento e vuoto. Aveva una maglietta nera che metteva in risalto il suo fisico un tempo muscoloso, ma adesso magro e asciutto e un paio di jeans scoloriti.
Cosa gli era successo?
Mi avvicinai a lui e appena mi vide fece un debole sorriso ed immediatamente i suoi occhi si fecero lucidi ed io non trattenendomi più gli corsi incontro abbracciandolo con forza e lui fece altrettanto abbracciandomi così forte da farmi perdere quasi il respiro.  Non so per quanto tempo rimanemmo così, ma non mi importava. Mi era mancato troppo.
Quando mi scostai da lui vidi delle lacrime scendere dai suoi occhi ed io gliele asciugai sorridendo dolcemente.
<< Che cosa ti è successo, Jake? >>
Lui scosse la testa. << Ti va di parlare davanti ad un caffè? >> annuii e cinque minuti dopo eravamo seduti ad un bar con una tazza di caffè fumante tra le mani.
Lo osservai mentre lentamente versava del latte nel suo caffè e poi lo mescolò mentre era chissà dove con la sua testa, perché lo sapevo che non era li con me almeno con la testa. Posai una mia mano sulla sua, lui alzò lo sguardo verso di me ed io mi sentii male vedendo tutta quella sofferenza nei suoi e sapendo di non poter far nulla.
<< Jake? >> chiesi.
<< Sono andato avanti, lo sai? Pensavo di non esserne capace, pensavo che non ti avrei mai dimenticata e che avrei continuato ad amarti, ma sono andato avanti. >> ed io sorrisi contenta.
Jacob si meritava tutta la felicità di questo mondo.
<< Ho conosciuto Leah un anno dopo il nostro quasi matrimonio e subito me ne sono innamorato. E’ una ragazza solare e divertente e ama i motori, è perfetta per me e contro ogni logica anche io sono perfetto per lei. >> si fermò e prese un grosso respiro. << Un anno dopo mi disse di essere incinta ed il mio cuore quasi scoppiò dalla felicità per quella notizia e non ci pensai due volte a chiederle di sposarmi perché volevo condividere il resto della mia vita con le e con nostro figlio e lei accettò. Ci sposammo una settimana dopo a Las Vegas, in quel giorno pensavo di non poter essere più felice, ma mi sbagliavo. >>
Mi guardò ed io lo incitai ad andate avanti sicura che la brutta notizia era dietro l’angolo.
<< Nove mesi dopo è nato il mio ometto, il mio Sam. Era bellissimo e lo è tutt’ora ed è la gioia più grande che Dio potesse donarmi, lo amo così tanto. >>  e fece un sorriso tenero ed io non potei che sorridere emozionata sentendo quelle parole così cariche d’amore verso suo figlio.
Avevo fatto la scelta giusta quel giorno.
<< Ma evidentemente la felicità non è nel mio destino. Due mesi dopo la sua nascita gli fu diagnosticato un problema al cuore e sono quasi due anni che combattiamo contro questo problema, ma nessuno è mai riuscito a capire come risolverlo. >> e abbassò lo sguardo.
Mi resi conto di piangere solo quando una goccia mi cadde sula mano. Mi avvicinai con la sedia a lui e lo strinsi a me lasciandogli sfogare tutte le lacrime che aveva trattenuto fino ad ora. Lo strinsi forte a me e gli sussurravo che tutto sarebbe andato bene, ma non ne ero convinta neanche io.
 
Mezz’ora dopo stavamo entrando nella hall dell’ospedale dove Sam era ricoverato da cinque giorni in condizioni gravi. Quando arrivammo nella sua stanza mi sentii stringere il cuore vedendo quel bambino pelle ed ossa troppo piccolo in quel letto, pieno di tubi a martoriare il suo piccolo corpicino troppo debole per sopportare altro. Jake entrò nella stanza a si avvicinò ad una donna che molto probabilmente era sua moglie Leah e le accarezzò la spalla con devozione, lei alzò lo sguardò e gli sorrise innamorata si alzò e gli sfiorò le labbra stringendosi a lui. Era una scena così bella e così giusta che io feci per uscire dalla stanza perché fuori luogo, ma lei mi vide e mi guardò curiosa.
<< Si? >> chiese con voce debole, ma bella.
Aveva dei lineamenti dolci e dei profondi occhi marroni che sposavano magnificamente con i suoi capelli neri e lunghi e la sua pelle color mattone.
Jake strinse la mano della moglie e mi indicò. << Leah, tesoro, lei è Bella. >> disse e un lampo di consapevolezza attraversò i suoi occhi e questo mi fece intendere che Jacob le aveva parlato di me.
Mi aspettavo rabbia nel suo sguardo, ma invece mi sorrise e si avvicinò a me.
<< Ciao Bella, è un piacere conoscerti. >> e mi abbracciò debolmente.
Sorpresa ricambiai l’abbraccio. << Il piacere è mio. >>
Non dissi altro troppo imbarazzata da quella situazione quindi ci pensò Jacob a stemperare la tensione indicandomi suo figlio. << Lui è Sam. >>
Mi avvicinai titubante al lettino dove il piccolo dormiva e quando lo guardai mi portai una mano alla bocca meravigliata da quanto fosse palese la somiglianza tra lui e Jacob. Erano identici.
Quel bambino nonostante tutto era bellissimo.
<< E’ bellissimo. >> dissi commossa.
<< Lo è. >> confermò Leah accarezzando la mano del bambino.
Osservai gli occhi lucidi di Leah e di Jacob e poi riportai lo sguardo al bambino e avrei tanto voluto poter fare qualcosa per quella famiglia, ma non sapevo cosa.
Ma poi mi venne in mente una conversazione avvenuta quattro anni fa.
<< Sono un chirurgo neonatale! >>
Mi girai lentamente verso di lui e lo vidi seduto con la testa abbassata che si tormentava le mani.
<< Come, scusa? >> chiesi certa di aver capito male.
Sospirò ancora. << Sono un chirurgo neonatale, Isabella, mi mantengo da vivere salvando vite.  >> disse con voce più chiara.

Era lui la soluzione a quella situazione.
Guardai Jacob e gli sorrisi. << Ti dispiace se vado a fare una telefonata? >>, lui annuì e lei mi sorrise.
Quando uscii fuori dalla stanza chiamai immediatamente Alice.
<< Ehi ma dove sei? >>
<< Dopo te lo dico. Mi serve il tuo aiuto, ci stai? >>
Rimase un attimo in silenzio. << Cosa ti serve? >>
<< Il numero di Edward. >>
<< COSA? >>chiese quasi rompendomi un timpano.
Alzai gli occhi al cielo. << Non incominciare ad organizzare nessun matrimonio, ho bisogno di Edward il medico. Me lo dai, per favore? >> chiesi spazientita.
La sentii chiaramente sbuffare e poi mi diede il numero che appuntai su un pezzo di carta.
<< Lo sai, vero, che dopo voglio sapere cosa sta succedendo? >>
<< Si, a dopo. >> e senza aspettare che rispondesse riattaccai.
Osservai quel pezzetto di carta dove era segnato il numero di Edward e chissà come al solo pensiero di parlare con lui il mio stomaco si era attorcigliato ed il mio cuore aveva perso qualche battito. Feci avanti ed indietro per il corridoio osservando il pezzetto di carta indecisa su cosa dire e su come iniziare la conversazione, ma poi avevo guardato quel bambino di neanche due anni costretto su quel letto e non ci avevo pensato due volte a comporre il numero.
Quattro squilli. << Pronto? >> rispose con voce assonnata.
Imprecai mentalmente. << Ed-edward? >> chiesi titubante.
Ci fu un silenzio glaciale dall’altra parte della cornetta che pensai avesse attaccato direttamente  appena mi aveva riconosciuto.
Stavo per dire qualcosa quando rispose. << Isabella, sei tu? >> mi chiese pronunciando il mio nome per intero con studiata freddezza.
<< Ehm… si, disturbo? >> Ma che cazzo dici? Mi rimproverai.
Lo sentii sospirare. <<  Che cosa vuoi? >> mi chiese brusco ed io un po’ mi incazzai, ma non mi lasciai coinvolgere.
<< Ho bisogno dell’ Edward chirurgo. >> dissi cercando di fargli capire che di lui come uomo non mi importava nulla, ma il battito accelerato del mio cuore non la pensava così.
<< Cosa è successo? >>chiese più sveglio e anche preoccupato.
Gli spiegai tutta la situazione dopo un grosso sospiro e alla fine aspettai una sua risposta che non tardò ad arrivare.
<< Prendo il primo volo. Ci pensi tu ad annunciarmi, vero? >>mi chiese con l’affanno, molto probabilmente stava cercando di fare più cose contemporaneamente nel minor tempo possibile.
<< Si, certo. Fa presto. >> lui non rispose e riattaccò lasciandomi l’amaro in bocca.
Rimasi per un attimo nella stessa posizione, con ancora il telefono attaccato all’orecchio cercando di trovare un senso a quelle sensazioni che mi aveva scatenato il solo sentirlo. Cosa mi sarebbe successo quando l’avessi visto? Mi domandavo. Ero sicura di quello che dicevo quando affermavo di non amarlo più o mi era parso così solo perché non lo avevo costantemente tra i piedi?
Fu Jacob a distrarmi dai miei pensieri. << Ehi, tutto okey? >> mi chiese preoccupato.
Mi girai verso di lui e presi un grosso respiro. << Ho chiamato Edward. >> dissi tutto di un fiato.
Lo vidi irrigidirsi, ma anche guardarmi curioso. << Perché? >> mi chiese.
<< E’ un bravissimo chirurgo neonatale, Jake.  >> dissi e una luce si accese nei suoi occhi donandogli per un po’ la sua antica bellezza.
<< E con questo? >> mi chiese cercando di non darsi troppe speranze.
Feci spallucce. << Potrebbe salvargli la vita. >>
Rimase a fissarmi per un interminabile minuti e potei notare i suoi occhi farsi lucidi fino a che due lacrime scivolarono al suo controllo. Mi avvicinai a lui e gliele asciugai sorridendogli dolce e lui ricambiò con un sorriso debole.
<< Non so dirti se Edward ce la farà, ma diamogli una possibilità. >> lui annuì e mi diede un leggero bacio sulla fronte.
<< Mi manchi. >> mi sussurrò.
Sorrisi e come se fino a quel momento non avessi respirato, i miei polmoni si liberarono facendomi rendere conto che io non avevo per niente eliminato il ricordo dei due uomini della mia vita. Jacob era il mio migliore amico e in quei quattro anni anche se non volevo ammetterlo perché troppo orgogliosa e vigliacca mi era mancato, mi era mancato davvero tanto.
Mi gettai tra le sue braccia. << Anche tu, tanto. >>
Lui mi strinse a se. << Perché non ricominciamo? Perché non torniamo ad essere Bella e Jacob? >>
Annuii sul suo petto. << Lo voglio tanto, Jake. >>
Rimanemmo abbracciati per un po’ fino a che non decisi di uscire da quell’ospedale e trovarmi un albergo per la notte e comprarmi qualcosa da mettere. Prima di uscire avvisai l’infermiera del pieno che nel giro di qualche ora sarebbe arrivato un dottore per visitare Sam e che doveva avvisare il primario di pediatria. Presi la macchina di Jacob che mi aveva prestato e feci un giro in centro e comprai un paio di jeans e qualche maglietta ed un paio di scarpe e dell’intimo, comprai uno spazzolino e una spazzola. Arrivai al primo hotel che vidi e prenotai per un paio di giorni e un paio di notti e appena arrivai in camera mi spogliai e mi gettai nella doccia ne avevo veramente bisogno. Avevo bisogno di rilassarmi se volevo evitare di collassare quando avrei rivisto Edward, perché se non avevo mai dimenticato il mio migliore amico non avevo neanche dimenticato il primo vero uomo che avevo mai amato e che mi aveva fatto scoprire cosa volesse dire davvero amore carnale e passione.
Quando uscii dalla doccia decisi di concedermi un paio di ore di sonno per poi ritornare in ospedale e aspettare Edward. Appena appoggiai la testa sul cuscino sprofondai in un sonno profondo, dominato da un paio di occhi verde smeraldo.
Qualcosa mi stava disturbando, qualcosa stava disturbando il mio sonno, ma ne avevo troppo per vedere chi fosse. Mi girai dall’altra parte e sembrò che quel fastidioso rumore cessasse, ma dopo qualche secondo riprese ed io a fatica riaprii gli occhi notando che il mio cellulare stava vibrando e senza vedere chi fosse risposi.
<< Pronto? >> dissi con voce impastata.
Sentii una soffice e terribilmente sexy risata e mi ridestai. << Prima hai svegliato me e adesso sveglio io te. >> mi disse ancora divertito.
Mi alzai al centro del letto. << Cosa succede? >> chiesi allarmata.
<< Sono in ospedale, volevo fartelo sapere. >> mi disse ed un piccola fiammella di speranza si accese del mio cuore. Che anche lui provasse quello che stavo provando io?
<< Dammi mezz’ora e arrivo. >> e lui senza rispondere riattaccò. Mi alzai e decisi di fare un’altra doccia per svegliarmi meglio, mi lavai i denti ed infilai l’intimo che avevo comprato ed un jeans con una maglietta nera, infilai le mie scarpe con il tacco e la giacca e dopo aver recuperato tutto scesi.
Dieci minuti dopo mi trovavo a camminare per i corridoi di pediatria verso la stanza di Sam e più mi avvicinavo più l’ansia per quello che mi stava attendendo aumentava facendomi respirare a fatica.
Quando arrivai nei pressi della stanza potei sentire delle voci, una era di Jacob una di Edward e l’altra era sconosciuta.
<< Dottor Cullen è un onore averla nel mio ospedale. >>disse la voce sconosciuta che doveva essere sicuramente il primario dell’ospedale.
<< E’ il mio lavoro, dottor Webber. >>disse con tono professionale.
Il primario annuì. << Come pensa di procedere? >>
<< Potrei visitarlo prima più approfonditamente? >>
Il primario parve titubare un po’. << Oh si certo, ma non penso possa fare qualcosa in più. Il bambino ha un soffio al cuore e non ci sono… >>
<< Sono stato chiamato qui per un consulto e se permette vorrei farlo. Mi lasci fare. >>disse Edward in tono risoluto.
Immaginavo Edward con la mascella serrata e gli occhi diventati più cupi. Odiava essere contraddetto e preso sottogamba e il primario lo stava facendo, sminuendo il suo lavoro.
Da dietro al muro potei vedere il primario andarsene indignato e borbottando qualcosa di incomprensibile, ma non ci badai troppo avevo altro a cui pensare. Come ad esempio Edward a qualche passo da me.
Feci un grosso respiro ed uscii dal mio nascondiglio facendomi immediatamente vedere da Jacob che mi sorrise.
<< Bells.  >> mi chiamò.
Edward immediatamente si girò verso di me e quando i miei occhi si scontrarono con i suoi il mondo si fermò. Non sentivo nulla a parte il mio respiro accellerato e il battito frenetico del mio cuore.  Non riuscivo a staccare i miei occhi dai suoi e lui non era da meno, sembrava che volesse trapanarmi l’anima con quello sguardo così profondo e seducente.
Cazzo, non ho mai smesso di amarlo! Pensai.
<< Isabella. >> mi salutò dolce facendomi completamente sciogliere dentro.
Dovetti deglutire un paio di volte prima di rispondere. << Edward. >> salutai cercando di non sembrare troppo emozionata.
Mi avvicinai lentamente a loro, ma non avevo nessuna intenzione di toccarlo perché se fosse successo non mi sarei fermata e gli sarei saltata addosso per gustare quelle sue labbra così invitanti. Quando arrivai da loro il mio occhio non poté non osservare la sua mano sinistra e sospirai di sollievo non trovando una fede o nessun segno che potesse far intendere una sua presenza.
Jacob mise fine a quella scena assurda. << Edward? >> lo chiamò e quest’ultimo si riscosse.
<< Portami da tuo figlio. >> disse in tono professionale.
Edward ci proibì di entrare nella stanza e cacciò gentilmente anche Leah che lo guardò con apprensione. Per tutto l’ora intera successiva ci fu in via vai di infermiere ed un paio di volte il bambino fu trasportato in un’altra stanza molto probabilmente per fare analisi e radiografie più accurate. Per quel poco che mi permettevo di osservare Edward potevo notare quanta passione e quanta professionalità ci mettesse nel suo lavoro e quanta accuratezza e determinazione usava con gli infermieri ed i dottori.
Due ore dopo fummo riscossi dalle urla di Edward che si potevano sentire per tutto l’isolato.
<< Per la sua ignoranza un bambino stava rischiando di morire, lo sa?! >>e noi corremmo verso le voci.
Edward gesticolava ed urlava davanti ad un primario mortificato e anche arrabbiato.
<< Abbiamo fatto tutte le analisi e tutti i risultati facevano intendere un soffio al cuore. >>
<< Lei è un incompetente! Come ha fatto a non vedere nulla? L’ha comprata su e-bay la laurea, per caso? Farò rapporto, dottor Webber, e che Dio mi fulmini se le faccio mettere ancora piede in un ospedale! >> e lo lasciò scioccato vicino al muro e quando passò davanti a noi ci fece un cenno e noi lo seguimmo in una stanza addetta allo studio delle radiografie e infatti pose delle radiografie su dei pannelli al neon.
<< Vedete questo foro tra le due camere di pompaggio? >> chiese indicando un punto.
<< I ventricoli? >> chiesi per essere sicura.
Lui annuì. << Sam ha un difetto del setto ventricolare.  Questo foro che si forma tra i due ventricoli permette a parte del sangue ossigenato di ritornare dal ventricolo sinistro a quello destro e attraverso i polmoni. La quantità di sangue fluito in modo anomalo dipende dalle dimensioni e dalla posizione del foro e dalla differenza di pressione fra le due parti del cuore. L’anormalità del flusso provoca i soffi e la turbolenza, o vibrazione, che talvolta è percepibile. >> ci spiegò e vidi Jacob stringere a se Leah.
Edward si girò verso di noi. << Se il foro è piccolo il bambino sta bene e la conseguenza è un piccolo soffio, ma siccome questo mondo è pieno di persone incompetenti ed ignoranti questo foro è aumentato, non notevolmente, ma abbastanza da provocare appesantimento del polmoni e così un respirazione accelerata e difficile. Proprio ciò che non permette a Sam di vivere tranquillamente senza l’ausilio di bombole ad ossigeno e macchinari.  >> disse finendo la sua arringa.
Era dannatamente sexy con il camice e quella sua aria da dottore intelligente che me lo sarei fatto seduta stante. Ma che cazzo pensi? C’è un bambino di la che rischiava di morire e tu pensi a quanto ti piacerebbe essere scopata da Edward?
Scossi la testa. << Come pensi di procedere? >> chiesi.
Lui guardò prima me poi i genitori del bambino. << Fidatevi di me. Da domani Sam sarà come nuovo, ve lo prometto. >>
E noi ci fidammo.
 
Edward operò Sam quella notte, l’operazione durò quattro ore, ma quando il bambino uscì dalla sala operatoria aveva assunto un colorito più sano e respirava da solo senza macchine. Leah pianse dalla gioia e in una scatto di felicità abbracciò Edward ringraziandolo di esistere. Jacob si trattenne, ma comunque lo abbracciò ringraziandolo di tutto.
Mentre tutti e tre erano chiusi nella stanza di Sam a parlare decisi di andare in albergo e magari fare le valige per andarmene visto che il mio tempo li era finito, avevo fatto il mio dovere e avevo ritrovato il mio migliore amico che sapevo non mi avrebbe abbandonato più e neanche io lo avrei fatto con lui.
Stavo sul marciapiede cercando di chiamare un taxi quando un fischio acuto dietro di me oltre che a perforarmi un timpano richiamò a se un taxi come un pifferai magico. Mi girai imbestialita e trovai Edward che mi sorrideva divertito. << Problemi? >>
Sbuffai. << Mi dai un passaggio in albergo? >> chiesi indicando il taxi.
Lui da vero gentiluomo mi aprì la porta e mi fece accomodare e subito mi seguì.
<< Dove sei diretta? >>
Dissi il nome dell’albergo e il tassista ci portò. Nella macchina per tutto il tragitto non volò una parola e la tensione sessuale che c’era tra noi si poteva tagliare con il coltello, ma nessuno dei due voleva spezzarla per paura della reazione dell’altro. Quando scesi Edward mi soprese seguendomi dentro.
Lo guardai sorprese. << Mi segui? >>
Lui scosse la testa. << E’ un albergo ed io ho bisogno di dormire e farmi una doccia. >> disse con fare ovvio ed io mi diedi della scema.
Annuii. << Allora, ciao Edward. >> lo salutai sapendo che quella era l’ultima volta che lo vedevo.
Mi osservò un attimo poi fece il suo sorriso sghembo. << Ciao Isabella. >> e distolse lo sguardo da me facendomi capire che non avrei ottenuto altro.
Povera illusa!
 
Ero appena uscita dalla doccia e mi stavo per infilare l’intimo per dormire quando bussarono alla porta. Chi poteva essere alle tre di notte in una città dove non conoscevo nessuno?
Titubante mi avvicinai alla porta. << Chi è? >>
<< Edward. >> disse ed il mio cuore si fermò.
Aprii la porta e lui come un tornado entrò dentro e si chiuse la porta alle spalle. Mi osservò per un attimo per poi prendere a misurare il perimetro della stanza avanti ed indietro.
<< Quattro anni, quattro fottutissimi anni che non ti vedo e non ti sento. Sono quattro stramaledettissimi anni che cerco di convincermi che tu non vali nulla per me, che non sei stata altro che un ripiego. Ma per un attimo che incrocio i tuoi occhi tutte le mie convinzioni crollano perché sono fottutamente preso da te, cazzo! >> urla quasi ed io non fiato.
Mi si avvicina. << Tu sei una grandissima stronza e ti odio perché ti amo talmente tanto che non riesco a respirare.  Vorrei odiarti, vorrei ignorarti, ma non ci riesco. Sei come un tarlo nella mia mente che mi ricorda costantemente quanto sono stato un coglione a lasciarti andare quel giorno. >> dice ancora.
Lo guardavo agitarsi ed inveirmi contro dicendomi di odiarmi, ma di amarmi. Ero un controsenso bello e buono, il miglior controsenso che avessi mai ascoltato.
Mi guardò implorante. << Aiutami ad ignorarsi, aiutami ad odiarti. Non farmi più essere innamorato di te, perché rischio di impazzire se non ti faccio mia. >>
Si era fermato a guardarmi aspettandosi una mia risposta ed io stanca di dover parlare e crearmi problemi lasciai cadere a terra l’asciugamano rivelandomi nuda e mi avvicinai a lui.
<< Fammi tua. >> soffiai sulle sue labbra.
Lui sbarrò gli occhi. << Come? >>
Appoggiai le mie labbra alle sue che mi erano tanto mancate. << Smettila di parlare e fammi tua! >> gli ordinai adesso e lui non se lo fece ripetere.
Mi strinse tra le sue braccia e ci scambiammo un bacio dolce e passionale, uno di quei baci che avevano popolato i miei sogni in quei quattro anni e che mi facevano svegliare di soprassalto durante la notte sudata ed eccitata. Mi sollevò da terra ed io mi aggrappai a lui immergendo le mie mani nei suoi capelli che erano morbidi e setosi come ricordavo e li strinsi facendolo gemere nella mia bocca. Mi depositò dolcemente sul letto e si scostò da me per togliersi il jeans e la maglietta e rimanendo in intimo che io subito mi prodigai di togliere e finalmente dopo quattro anni lo vidi nudo in tutta la sua bellezza e maestosità.
Aprii le braccia in segno di invito e lui mi abbracciò incastrandosi perfettamente come un tempo e mi diede un dolce bacio sulle labbra.
<< Non lasciarmi mai più, io sono nulla senza te. >> disse con l’affanno mentre entrava in me facendomi gemere e sospirare.
Scossi la testa. << Non lo farò più. >> dissi in un sussurrò.
Per i minuti che seguirono non ci fu tempo per parlare perché le nostre bocche erano troppo impegnate ad amarsi e a ritrovarsi dopo quella lontananza forzata.
Quando mezz’ora dopo eravamo sdraiati sul letto uno di fronte all’altro senza sfiorarci ne parlare guardandoci semplicemente negli occhi mi resi conto che quattro anni fa avevo fatto la scelta giusta a lasciarli entrambi. In quei quattro anni avevo imparato a conoscere Isabella Swan, avevo imparato a conoscere me stessa. Quei quattro anni mi erano serviti a capire che cosa volessi davvero dalla vita e avevo capito che quello che cercavo era la tranquillità, la stabilità e la felicità.
E avevo trovato tutto questo in un paio di occhi smeraldo.  
  

   
 
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