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“Questa quercia è mia.”
A parlare era stata una ragazza.
Una ragazza all’apparenza poco
più piccola di lui.
Il tono di comando nel suo timbro
di voce sfiorò gli angoli delle labbra di Tyler, minacciando da far sorgere un
sorriso vagamente sarcastico sul suo viso.
Era stata lei a colpirlo?
Chapter one
Counting the Stars.
Is it dark where you are?
Can you count
the stars where you are?
Do you feel like you are
A thousand miles from home?
The longest Night. Howie Day
“Non lo sapevo.”
Il
ragazzo diede una scrollata di spalle permettendo al suo sguardo ostile di
indugiare con diffidenza sulla giovane sconosciuta.
Aveva
una carnagione diafana, lineamenti da folletto e un paio di occhi penetranti
color nocciola. La stessa tonalità del tronco di quella quercia che la ragazza
stava reclamando con tanta insistenza.
Vi
era un qualcosa di particolarmente delicato in lei. Un barlume di fragilità che
faceva a pugni con l’alone di sfida emanato da quelle iridi poco più chiare
delle sue.
La
ragazza osservò con aria critica il movimento noncurante delle spalle di Tyler
e sollevò leggermente il labbro superiore, lasciando intravedere un angolo di
candida dentatura.
In
quel momento, Tyler intravide fra i lineamenti femminili della giovane il
riflesso ostile di una creatura sull’offensiva: un lupo.
Gli
occhi della ragazza fiammeggiarono nella sua direzione e Tyler arretrò, colto
di sorpresa da quell’improvvisa reazione.
“Sei… Giovane."
Quelle
due parole fuoriuscirono spontanee dalle labbra di Tyler, ma la ragazza le
ignorò completamente. Quello che invece fece, fu scartare in avanti con una
velocità fulminea e colpire il mento di Tyler con le nocche.
Dolore
e sangue si mescolarono nella bocca del ragazzo, mentre un improvviso istinto
aggressivo prendeva forma dentro di lui e gli occhi scuri si riducevano a due
fessure.
Tyler
si asciugò il sangue che colava a rivolo dal labbro inferiore e si avventò in
direzione della ragazza, afferrandola per il collo e sbattendola con violenza contro
il tronco della quercia.
La
giovane si divincolò con furia digrignando i denti, e mentre Tyler la osservava
compiaciuto, l’improvvisa consapevolezza di ciò che stava facendo, scoppiò
improvvisa in un punto imprecisato del suo petto.
Era
una ragazza, quella.
Da
quando aveva preso a fare a botte con le donne?
Cogliendo
il momentaneo attimo di esitazione del suo avversario, la ragazza-lupo si
divincolò dalla presa del ragazzo e invertì le due posizioni, placcando Tyler
all’albero con uno spintone violento.
Una
mano chiarissima si appoggiò al collo del giovane Lockwood, facendo pressione
quel tanto che bastava per far risuonare in lui un
campanello d’allarme, assottigliando l’ossigeno che raggiungeva i polmoni.
“Omega.”
La
ragazza sussurrò incastrando alla perfezione le iridi
nocciola con quelle più scure, ma altrettanto furiose di Tyler.
I
suoi capelli biondi e spettinati gli solleticavano il volto, ma il ragazzo
riusciva solo a pensare alla sensazione di oppressione e vergogna che stava
provando in quel momento.
“…Omega?”
Quella
parola Tyler non la conosceva, ma in un certo senso il timbro gli era familiare. Il suono di quelle cinque lettere
incastonate tra loro non era piacevole, tuttavia.
Non
faceva altro che accrescere la sensazione di sconforto divaricata dentro di
lui; se fosse stato un lupo in quel momento, Tyler sapeva che si sarebbe
allontanato con il capo chino e la coda tra le gambe.
“
L’omega è l’ultimo tassello della gerarchia dei lupi. Il membro più debole del
branco. L’omega è un gradino sotto rispetto a tutti gli altri lupi e permette
al branco di accrescere la propria forza interiore. Tu sei l’ultimo arrivato. Sei l’omega.”
Il
timbro di voce della ragazza risultò quasi tagliente,
a punto tale da far rabbrividire Tyler.
D’un
tratto si sentì come svuotato. Privo di qualsiasi ostilità o desiderio di
vendetta.
Ma
era anche ferito, umiliato.
Si
sentiva un omega.
Dopodiché
avvenne una cosa insolita.
La
giovane strappò con aria d’un tratto più rilassata un lembo
della sua camicia a quadri e fece cenno a Tyler di sedersi, ignorando il
pallore spettrale della falce di luna ormai stabilitasi nel nero della notte.
Il
ragazzo appoggiò la schiena al tronco della quercia, avvertendo improvvisamente
la stanchezza della giornata appena trascorsa condensarsi sulle sue ginocchia.
In silenzio, la giovane prese posto accanto a lui ed
incominciò a tamponare il labbro sanguinante di Tyler con il pezzo di stoffa.
Il suo tocco era leggero e delicato: per la seconda volta, il ragazzo realizzò
quanto risultasse esile e minuta quella ragazzina dai
capelli biondi che con le gambe incrociate gli medicava le ferite.
“Le ferite vanno sempre ripulite. Non possiamo permettere che si infettino o che un membro del branco rimanga affetto da
qualche malattia. Nemmeno se è l’omega.” aggiunse concedendo agli angoli delle labbra di arricciarsi
in un sorriso amichevole.
Osservandola
in quel momento, Tyler si diede mentalmente dello stupido per essersi lasciato
mettere al tappeto da una creatura all’apparenza così docile e innocua: con
quella postura e quel sorriso, la “ragazza-lupo” era tornata a essere una
semplice ed ordinaria ragazza.
“Prima
di me, eri tu il lupo omega?”
Domandò
Tyler inarcando appena un sopracciglio.
La
giovane scosse il capo con aria divertita.
“Io
sono qui da troppo tempo per poter essere considerata
“omega”.
“Da
quanto?”
“Circa
dieci anni.”
Tyler
rimase in silenzio, osservando distratto le operazioni di medicatura. Quella ragazza non dimostrava più di uno, forse due anni in meno di lui.
A
dieci anni di distanza era solo una bambina: possibile che la maledizione
l’avesse colpita fin già dalla più tenera età?
Rimuginò
con un brivido d’inquietudine sull’incidente che aveva innescato quella violenta
condanna nel suo corpo. Ripensò all’improvviso freddo che gli era penetrato nel
cuore al riconoscere la morte fra le palpebre chiuse di Sarah.
No.
Non
poteva essere.
“Sono
Cady, comunque.”
La ragazza concluse appallottolando il pezzo di stoffa
sporco di sangue e concedendo infine un vero e proprio sorriso al giovane che
sedeva di fianco a lei.
Gli
tese la mano. Tyler la strinse, avvertendo i pensieri appena affiorati
assottigliarsi fino a scomparire: un’insolita sensazione di conforto si fece strada verso di lui, non appena quelle dita sfiorarono
le sue.
Pensò
che fosse buffo, dopotutto.
Lui
e Cady si erano presentati come lupi, qualche minuto prima.
Adesso
lo facevano come esseri umani.
“Tyler.”
Il
ragazzo pronunciò il proprio nome scrutando con aria diffidente, ma in un
qualche modo arrendevole, i lineamenti al contempo stesso aguzzi e delicati di
Cady.
“Tyler
Lo…”
“Noi
preferiamo lasciarli perdere i cognomi.”
La
ragazza scosse il capo con aria fin troppo seria e Tyler venne
attraversato dall’incredibile bisogno di inarcare un sopracciglio.
Ma
non lo fece.
“Piacere
di conoscerti, Tyler.”
Cady concluse stringendo con vigore la sua mano e tornando a
rivolgere la sua attenzione alla volta costellata di stelle.
C’erano
tante cose che ancora non trovavano collocazione nella
confusione mentale di Tyler; troppi punti di domanda lasciati irrisolti e la
paura malsana di dover trovare una soluzione a quei quesiti.
C’erano
stati dei momenti, all’accampamento, in cui il silenzio era riuscito a placare
lo stridere di quei pensieri fastidiosi, rinchiudendo Tyler in una sorta di
torpore momentaneo. “Ci penserò domani” stava diventando la sua frase preferita
e adorava ripeterla alla debole luce del giorno, mentre il sole filtrava ogni
mattina attraverso uno dei lembi bucherellati della sua tenda.
E
poi c’erano i momenti come quello.
Momenti
in cui la luce tenue emanata dalle stelle e il fruscio delicato del vento
risvegliavano l’animo assopito di Tyler, recuperando quel briciolo di serenità
che ancora il ragazzo serbava in un angolo del cuore.
Anche
quella sera, l’atmosfera incantevole della notte, lo accarezzò con comprensione
alleviando per qualche istante il fardello di preoccupazioni che gravava su di
lui.
Cady,
al suo fianco, osservava le stelle in silenzio abbracciandosi le ginocchia: nel
suo sguardo, il ragazzo riconobbe un luccichio particolare che non aveva notato
in precedenza.
Era
un brillio appena percepibile, terso di tenerezza, ma anche, Tyler si
meravigliò di averlo notato, una marcata nota di nostalgia.
Si
chiese se stesse pensando alla sua famiglia. Cady viveva con i genitori? Aveva
dei fratelli o delle sorelle? Anche loro erano parte del branco?
Non
sapeva nulla di lei.
Eppure,
per qualche strana ragione, c’era qualcosa in quello sguardo limpido, che gli
infondeva fiducia.
Tyler
e Cady condividevano qualcosa che andava ben oltre il silenzio circostante e la
luce soffusa delle stelle.
Forse
era uno stato d’animo. O lo sfiorarsi di due nature affini.
L’unica
cosa che Tyler sapeva con certezza è che quella sera sarebbe stata diversa
rispetto alle precedenti.
Più
lunga, forse.
Avrebbe
moltiplicato le stelle da contare prima di riuscire a prendere sonno.
Ma
alla fine, ci sarebbe riuscito.
Pensava
a questo, mentre con uno sbadiglio, Cady adagiava la cascata di capelli biondi
contro il tronco dell’albero socchiudendo gli occhi.
Forse
anche lei si stava preparando a contare le stelle.
Can you count
the stars where you are?
Nota dell’autrice.
Ecco qui il primo
capitolo, dove facciamo conoscenza con la seconda protagonista di questo
racconto: Cady.
Ho postato in fretta
avendo lasciato il prologo in sospeso, ma in seguito posterò con più distanza
fra i vari capitoli (lo so che siete contenti ù_ù).
Premetto che essendo io
una persona con una scarsissima costanza, tenterò di rinchiudere la trama nel
minor numero di capitoli possibili (circa una decina), in maniera da avere più
possibilità di portarla a termine (lol). Di
conseguenza i vari capitoli potrebbero talvolta essere ambientati a settimane o
mesi di distanza.
Una piccola parentesi
sulla canzone scelta per il titolo e la situazione iniziale: per ogni capitolo,
come mia consuetudine, cercherò di legare una canzone che si sposa al tema
ricorrente di quel particolare frammento. In questo caso ho trovato perfetta la
combinazione con “the longest night” di Howie Day che in sostanza appartiene di
diritto a Tyler, visto l’utilizzo della canzone in uno dei momenti cruciali
relativi alla sua condizione di licantropo.
La canzone mi infondeva quella sensazione di “distacco dalla realtà”
che può aver provato Tyler nel realizzare per la prima volta di trovarsi per la
prima volta così “lontano” (non solo in termini fisici) da Mystic Falls. L’idea
di contare le stelle mi piaceva
tanto, perciò ho deciso di “rubarla” dalla lyric per utilizzarla come titolo
del capitolo.
Concludo ringraziando
le ragazze del forum, Glo,Giuls,Alys e Marty (il vostro incoraggiamento
è più che prezioso per me) e la mia KimyKu per i vostri commenti, nella speranza che questo
capitolo risulti per lo meno un briciolo più interessante del prologo.
Grazie di cuore.
Laura