Nonostante il proposito di ignorare la stanchezza, alla fine due notti insonni e lo stress di quei giorni avevano avuto la meglio e Donald Mallard, stoicamente seduto accanto al letto di Christine, poco prima delle cinque del pomeriggio era scivolato in un sonno tanto leggero quanto agitato.
Il suo cervello, come fosse incantato, gli riproponeva continuamente il momento in cui lui e Jethro erano scesi dal furgone, guardandosi intorno col presentimento che qualcosa non andava, e il maledetto istante in cui l'avevano vista a terra, riversa nella neve zuppa di sangue, e ancora artigliato a lei Moriarty, il cranio devastato dallo sparo.
Rivedeva, come se ogni volta la scena si riavvolgesse, il dolore dell'amico, la sua rabbia mentre gli gridava di prendere la borsa medica, e ancora rivedeva Christine, ancora e ancora, livida per il freddo e la perdita di sangue, e gli schizzi rossi che le imbrattavano il viso il collo la testa i vestiti.
Riviveva la presa di coscienza della gravità della situazione, il ruggito di Gibbs che dava ordini, la sua voce tesa nel chiamare l'ambulanza, e le proprie mani che tremavano come quelle di un medico alle prime armi nel premere sulla ferita per arrestare l'emorragia... Ricordò di avere pensato che non se ne sarebbe mai andato, il sangue di Christine, dalle sue mani, che lo avrebbe rivisto fino ad impazzire come Lady Macbeth, e che...
Si svegliò di colpo: doveva essere arrivato qualcuno.
Il patologo si guardò intorno e non vide anima viva; eppure gli era parso di sentire qualcosa, come un mormorio, ed era abbastanza certo di non averlo sognato... La stanza però era vuota, come quando aveva chiuso gli occhi; si aggiustò gli occhiali e guardò l'ora: erano le sette, ormai, fuori la luce era ormai definitivamente scemata nel buio e la neve aveva ricominciato a scendere.
« Ducky. » Il dottor Mallard trasalì: possibile? « Ducky, » mormorò di nuovo la voce, affaticata e rotta. Il patologo si protese in fretta verso Christine: aveva socchiuso gli occhi, e lui dubitava che potesse averlo visto, ma si stava svegliando e aveva chiamato il suo nome.
« Sono qui. » Le prese la mano destra tra le proprie e ne baciò il palmo; e gli parve che all'udire la sua voce lei avesse sorriso.