Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Tiara    05/04/2011    2 recensioni
Balena,grassona, cicciolosa e schifezza umana. L'abitudine a questi insulti mi aveva corazzata. Il suo arrivo ha cambiato le cose e mi ha aperto a nuovi sentimenti.
Ma attenzione, l'amore rende ciechi e ingenui,è umano che accada così. Rende fragili. E questa fragilità, uccide.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Perfetta me.

Balena. Brutta troia grassa. Maialona cicciosa. Pozzo senza termine. Panzerotto ripieno. Bruschettona. Palla di lardo. Donna cannone. Che importa, sono solo stupidi nomignoli pronunciati da gente ignorante e inconsapevole, che giudica senza conoscere. È vero, a prima vista sono molto ingombrante, anzi decisamente enorme. Occupo tutto il campo visivo di una persona normale, ma non ho scelto io di diventare così. Credetemi, se avessi potuto fare qualcosa lo avrei fatto. Diciamo pure che ho tentato di rimediare con tanto intensi quanto vani sforzi alla mia costituzione. Ho provato diete su diete, mi sono sottoposta a tutti gli sport del mondo e sono arrivata a pensare alla chirurgia plastica. È stata una ventata di aria fresca, una speranza lieve che mi si è presentata agli occhi nel momento in cui sono entrata nello studio medico. Senonchè subito prima dell’intervento che mi avrebbe fatto rinascere, mi hanno diagnosticato un’intolleranza agli anestetici. Non so dire cosa in generale, come e perché, sta di fatto che il rischio era troppo grosso. I miei genitori non mi hanno permesso di continuare. Speranzosi, hanno continuato a cercare strade alternative. E nonostante l’amore che hanno dimostrato verso di me, con il mio egoismo e la mia lagna interiore, ammetto di averli odiati e invidiati per un periodo di tempo. Quella che stava male ero io, pensavo racchiusa nel mio bozzolo di grasso e sofferenza. Ero io  quella che per alzare i miei 97,8 kg per 1,65 di altezza si faceva il culo ogni mattina. Ero io che tenevo il fiato fino a sentirmi male per riuscire a infilare la felpa o a chiudere il bottone insidioso dei jeans elasticizzati. Disperata nella mia angoscia, faticavo a fare quelle cose normali che fanno tutti, come semplicemente piegarsi a prendere un foglio caduto a terra, o come andare in bicicletta con gli amici.

La situazione era difficile, ma io sopravvivevo, forte dell’abitudine. Insulti e frecciatine mi scivolavano addosso e mi scalfivano poco. Certo, poco per volta scavavano una voragine nel mio cuore, che tentavo cocciutamente di ignorare. Non dar retta a nessuno e non far avvicinare persone a me mi aveva protetto da delusioni e bastonate psicologiche.

Tutto cambiò quando incontrai LUI. O meglio quando lui incontrò me. Era la pausa pranzo dei un giovedì di novembre. L’ultimo sole batteva tenue e io ero in giardino a catturarne gli ultimi attimi prima che la lezione pomeridiana iniziasse. Prima di dovermi incastrare in quella sedia troppo stretta e in quell’aula soffocante piena di risatine e pettegolezzi vari di cui io ero la causa e l’argomento. Mi stavo facendo forza e qualche iniezione di autostima per la lezione, quando ero stato travolta da qualcosa di veloce che mi aveva fatto perdere l’equilibrio facendomi sbattere il gomito sul bordo del muretto in parte a me. Stordita momentaneamente dal dolore al braccio, avevo chiuso gli occhi. Quando li avevo riaperti, pronta a mettermi sulla difensiva con chi mi aveva attaccato così malamente, mi ero trovata davanti un dio in terra. Bello da mozzare il fiato, mi aveva guardato dispiaciuto e mi aveva teso una mano per aiutarmi a rialzare. Mano che io non avevo accettato, troppo impaurita che avesse sentito il mio peso cercando di aiutarmi. Mi ero alzata faticosamente come sempre, mi ero spazzolata le coscione e avevo trattenuto il fiato per nascondere la pancia. Solo allora avevo fissato quel ragazzo. Mi aveva chiesto scusa e iniziato a attaccare bottone, gentilmente. Cosa strana, la gente di solito si limitava a ignorarmi o a insultarmi. La simpatia di questo ragazzo, per di più bellissimo e a quanto sentivo dagli amici che lo chiamavano, popolare, mi faceva diffidare di lui. Nessuno era mio amico semplicemente per esserlo.

I giorni dopo continuò a cercarmi. Quando ci incontravamo in corridoio mi salutava e si fermava a parlare con me. Mi raggiungeva nelle pause pranzo e mi aveva presentato i suoi amici, l’elite della scuola. Pian piano le mie domande su come mai avevano iniziato a interessarsi a me scemarono. Ero nel loro gruppo e non mi facevano pesare il mio enorme difetto. Non mi chiesi mai perché non ci fosse nessun altra ragazza quando c’ero io. Non mi venne mai il dubbio che le loro risate non fossero per le battute che facevo. Mi ero innamorata del mio assalitore di quel giovedì. Avevo bisogno di amicizia, non riuscivo più a affrontare tutto da sola. Finalmente anche io avevo trovato un ragazzo su cui sognare. Non mi posi domande quando anche lui sembrò dimostrare interesse per me. Non mi domandai perché un ragazzo così bello sembrasse così coinvolto da me. Avrebbe potuto avere tutte, comprese le barbie bionde e formose del quinto anno, ma io non ci pensai. Lui era per me la luce. Oramai vivevo di lui. Pendevo alle sue labbra e gli confidavo tutto di me.

6 mesi dopo il nostro incontro, ci baciammo. la cosa più bella del mondo, che aspettavo con tutta me stessa. Lui mi aveva rispettata avendo aspettato così tanto, pensavo io. Fui per questo che quando mi invitò a casa sua un venerdì sera, ci andai convinta,decisa e estremamente felice. Era venuto anche per me il momento che ogni ragazza aspettava. Avrei donato tutta me stessa al ragazzo che amavo. Non mi importava se non eravamo mai usciti in pubblico insieme e mi ero dimenticata il mio problema fisico. Vivevo su una nuvola rosa e non avevo pensavo che le nuvole sono mutevoli e traditrici. Lo capii troppo tardi. La mia nuvola rosa mi lasciò cadere e precipitare al suolo.

Quella sera, misi il mio completino color caffè di pizzo, comprato apposta per l’occasione. Mi sentivo bella nel mio fisico enorme. Lui lo amava e allora anche io lo amavo. Agitatissima lo raggiunsi nella sua villa vuota, nella sua linda camera, troppo pulita per un adolescente.

E fu un attimo spogliarsi a vicenda, tra un bacio e l’altro. Per me fu difficile, togliermi tutto. Mai lo avevo fatto davanti a estranei. Ma con lui venne tutto naturale. Da lì il passo verso il letto fu breve. E tutto fu perfetto.

    …………………………………………………………………………………………………………

Quanto è relativo il concetto di perfetto. Il sabato mattina quel perfetto fu la mia rovina.

Quel completo color caffè fu la mia rovina.

Quel cellulare con fotocamera fu la mia rovina.

Mi vidi dappertutto, bagni, aule, corridoi e panchine.

E vidi il suo sorriso, trasformato in un ghigno. Rideva. Rideva con i suoi amici. Alle mie spalle.

Evitò il mio sguardo, evitò me. Non ebbe il coraggio di affrontare il mio sguardo tradito e abbandonato.

Ora, solo ora so perdonarlo. Ma in quel momento lo odiai con tutta me stessa.

 

 

 

Eccomi ora, un anno dopo. Dipendente da uno stupido tubo che goccia dopo goccia mi condanna. Non riesco più a assumere cibo. L’anoressia che ho voluto mi ha divorata. Ora sono 40 chili di rifiuto umano. La sicurezza che quel ragazzo apparentemente perfetto mi aveva dato e che lui stesso mi tolse, mi ha distrutto.  Non ho più retto. A parte l’umiliazione pubblica ricevuta, la fiducia riposta nella persona sbagliata senza che me ne accorgessi mi ha straziato. Iniziai a non mangiare e vomitare dopo i cedimenti. Ed ero tristemente contenta. Volevo essere anoressica. Lo volevo. Con tutta me stessa.

Il mio volere, le mie decisioni malsane mi hanno ridotto ora a salutare tutto ciò che mi era caro. Ed eccomi alla fine della mia storia, si può dire di amore non corrisposto.

 Perché si, non ho mai  amato la vita come lei cercava di amare me. La società stereotipata mi ha ingabbiato e ha buttato la chiave.

 Il mio è un appello.

È difficilissimo, faticosissimo e spesso si cade.

 Il mio è un grido.

Rialzatevi e lottate. Niente vale di più della vostra vita. Non fate lo stesso errore che ho fatto io.

 Io che solo ora mi pento, su questo lettino troppo grande.

Mi pento di dover salutare il mio amore più grande, da poco conosciuto, la vita.

 

 

 

 

 

 

………………………………………..

Ciao a tutti!

Sono nuova in questa sezione e ho voluto provare a mettermi in gioco con una one-shot riflessiva su un argomento che mi sta molto a cuore in questo periodo. Gli stereotipi diffusi rovinano tutta la bellezza della vita, che dovrebbe essere apprezzata in ogni singolo momento.

Mi scuso se qualche cosa di ciò che ho scritto può offendere qualcuno di voi e chiedo perdono se può sembrare che ho affrontato l’argomento superficialmente o con troppa leggerezza. Ho cercato di scrivere al meglio la mia opinione.

Spero di avervi lasciato qualcosa con questa one-shot e chiedo venia per gli eventuali errori che mi sono sfuggiti.

Chiunque abbia voglia e tempo di farmi sapere cosa ne pensi è molto ben accetto, ogni commento e recensione aiutano a capire i propri limiti e a crescere.

Un salutone a tutti, grazie per l’attenzione.

Tiara

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Tiara