Mau yuki wa, hoshi no kakera.
[The fluttering snowflakes are pieces of
the stars.]
tentai ni te wo nobashite
[If you reach out to the
skies.]
ikigau negai kanjiteiru ne
[You feel wishes come and go.]
subete wa ima monocrome no naka.
[All caught in a Monochrome.]
«Adult Bank«
La ragazza si fermò, scostando lo sguardo dalla valigia
ancora aperta sul letto alla finestra che si affacciava direttamente sul mare,
illuminato a fuoco dal sole che si inabissava nel suo
sonno quotidiano.
“Che succede, Simone?” le domandò
la donna, mal celando una vena di malinconia.
“Nulla, Signora. Mi era parso di sentire qualcuno cantare,
ma probabilmente mi sbagliavo.”
“Capisco. Hai solo quel bagaglio per il viaggio?” le
chiese Kanako, avvicinandosi a lei e fissando quasi
scioccata quel misero trolley che non avrebbe contenuto
neppure un decimo dei suoi abiti.
“Sì, Signora, è tutto qui.” Rispose pacatamente la ragazza
dal volto angelico, fissando con espressione enigmatica il suo bagaglio.
Kanako divise il suo sguardo perplesso fra la
valigia e la ragazza per un paio di volte, prima di sospirare e lasciarsi
cadere sul letto.
“Hai ancora molta roba nell’armadio.”
Simone lanciò un’occhiata fulminea e intensa alla ragazza
che sedeva al suo fianco, scrutandola sottecchi.
Quella frase era chiaramente da interpretare come un non hai preso abbastanza roba per levarti dai piedi.
“Non mi serve più di questo per una settimana in Francia.”
Quella frase era chiaramente da interpretare come un la mia roba resta qui perché non ho intenzione
di levarmi dai piedi.
“Certo che sei proprio testarda, Simone…”
“Se lo dice lei, Signora. Ma questo è ciò che desidero. Se intende cacciarmi dalla nave mi cercherò una sistemazione altrove.” Ribatté la
biondina, dandole le spalle per avvicinarsi alla porta.
“Non è quello che intendevo e lo sai.” Si alzò in piedi Kanako, perentoria. “Solo che Simone, ora che i Cybodies sono stati distrutti… non ha più senso restare
qui. Soprattutto per te. Tu hai la possibilità di riprendere i tuoi studi in
Francia e di accedere così ad una prestigiosa
università francese… questo ti assicurerebbe un futuro radioso e di successo.
Cosa pensi di ottenere restando a fare la segretaria su una nave attraccata in
un’isola sperduta?!”
“Non saprei, Signora. Non mi sono mai posta il problema
finora.” Rispose pacatamente Simone, come se la dissertazione
sul suo futuro non le appartenesse o non le interessasse minimamente.
“Dovresti pensare un po’ più a te stessa e al tuo futuro,
Simone.”
“Lo stesso vale per lei, Signora. Con permesso.”
Non riuscendo a trattenere quell’ultima
frecciatina, Simone preferì defilarsi immediatamente fuori dalla sua stanza, sperando che quella donna avesse finalmente recepito il messaggio.
«««
Era bizzarro il tempismo col quale era stata organizzata
quella festa d’addio a scuola. Era chiaramente per i senpai,
ma Simone non riusciva a sentirsi chiamata in causa, almeno in piccola parte.
Questo non è un
addio, tornerò sicuramente dalla Francia.
Chissà perché, sentiva la necessità di ripeterselo più e
più volte.
L’idea di quel viaggio nella sua mente era chiara e
delineata: andare, passare un po’ di tempo con la madre e la sorella,
ritornare. Una settimana per un tuffo nel passato, prima di rincasare in quella
nave che ormai sentiva più sua della sua vera casa, persa in un magnetico
sentimento conflittuale di amore-odio che non sarebbe
mai riuscita a spiegarsi.
“Ciao, Simone-chan.”
Una voce soave, calda, fin troppo conosciuta, la richiamò
dai suoi pensieri.
“Salve Takuto-san.”
Si inchinò lievemente la ragazza, cercando
di nascondere un lieve rossore nato d’istinto sulle sue gote.
“Mi fa particolarmente piacere incontrarti. Sai prima ho
parlato con Takashi e mi ha detto
che domattina partirai col primo battello. Ritorni in Francia?” le chiese il ragazzo, con tono piuttosto dispiaciuto.
“Mh, sì, ma solo per poco tempo.” Lo rassicurò la biondina, felice di
sentirsi rivolgere quelle parole.
“Capisco… scusa se ho pensato subito male, ma sai, dopo quello che è successo un anno fa… ormai non mi sono ancora
abituato alle partenze.” Sorrise amaramente Takuto,
grattandosi la nuca imbarazzato “E sinceramente Takashi mi sembrava un po’ giù di morale e non ho potuto
fare a meno di ritrovarmi in lui. Quindi devo aver dedotto
male, mi spiace.”
A quelle parole, il cuore di Simone perse un battito.
“Oh capisco, mi spiace per
l’equivoco. Sai per caso dove è andato Takashi?” gli domandò lei, mostrando una certa apprensione.
“Mh… no, mi spiace, non saprei…
ad ogni modo sono sicuro che ci raggiungerà alla
festa! Dai, sbrighiamoci che sta per iniziare! Sarà un’occasione anche per
salutarti, anche se partirai per poco tempo!” detto questo, Takuto
sfoderò uno dei suoi sorrisi più irresistibili – ormai stava imparando anche da
solo a catalogarli – e prese per la mano la ragazza
che, arrossendo, non riuscì ad opporre resistenza e si fece trascinare al party
senza protestare.
«««
“Non credi che sia triste restare qui da solo?”
Chissà perché, sentire quella voce fin troppo conosciuta
sbucare dalle tenebre non lo sorprese per niente.
“No, la luna stanotte è incantevole, Signora.”
“Ma non batte la bellezza di Simone alla festa di stasera,
te lo posso garantire, Takashi.”
Sorrise la ragazza, ravvivandosi la folta chioma con un gesto
ricolmo di grazia.
Takashi sospirò, piegando le labbra in una
smorfia triste, senza però distogliere lo sguardo dal riflesso argentato dell’astro
che si specchiava nelle acque marine di fronte a lui. Era
rimasto tutta la sera lì, su quella spiaggia solitaria, a contemplare il
morire del sole e il sorgere della luna, accompagnato da un grazioso canto
lontano e dal fremere del suo cuore dolorante.
“Non tornerà più, vero?” chiese improvvisamente il
ragazzo, con un tono che lo fece apparire più un sospiro che una domanda.
“Tornerà per te, se glielo permetterai. Ma è davvero
questo ciò che vuoi per lei, Takashi?” sorrise Kanako, regalandogli uno sguardo che aveva più del materno
che del consolatorio “Per quanto mi riguarda, di uomini
egoisti… ne ho già conosciuti abbastanza, e sinceramente non penso di aver mai
rivisto in te questa tipologia di uomo. Però so che
hai bisogno di Simone, tanto quanto lei ha bisogno di te. E forse è proprio in
un momento come questo che devi dimostrare di essere
tu l’uomo.”
Fin troppo chiaro e semplice. Come
tutto, visto dalla parte di Kanako.
E lui la conosceva, la sua padrona, fin
troppo bene. E dopo la vicenda dei Cybodies,
aveva imparato a capirla più a fondo e a motivare molte delle sue stravaganti
decisioni, ammettendo oramai di trovarla sempre nel giusto.
Se diceva che Simone doveva
restare in Francia, così doveva essere.
Ma il suo cuore si frantumava istante
dopo istante solo accarezzandolo, quel pensiero.
«««
“Takuto-kun, perché non andiamo
a farci una nuotata in piscina?”
Eccola che riattaccava. Era impressionante come in un
anno la tenacia di Kanako non fosse
diminuita minimamente.
“Mh… non so se è una buona idea… insomma… Simone, dille qualcosa anche tu…”
Cercò di aggrapparsi agli specchi Takuto
– che a causa della scomparsa di Takashi dalla festa,
nel nome della cavalleria, si era offerto di accompagnare le donzelle al loro vascello – ma venne allegramente ignorato da Simone, che
nulla poteva contro la volontà della sua padrona.
“Sono sicura che Simone dovrà andare a sistemare le sue
ultime cose in camera prima della partenza, non è vero?” le ammiccò Kanako, trascinando per un braccio il malcapitato Bel
Ragazzo Galattico verso le acque della sua piscina infestata dall’alligatore.
“Sì, Signora.” Si congedò la biondina,
lasciando un po’ a malincuore – doveva ammetterlo – il povero Takuto nelle mani della sua padrona.
Si diresse molto lentamente verso la sua stanza, ma non
poté negare a se stessa lo sfizio di sbirciare in quella di Takashi:
vuota.
Il cuore della ragazza si strinse in una morsa di
ghiaccio: aveva deciso di ignorarla la notte prima della partenza? Per quale
motivo? Non era affatto da lui. Che
la padrona gli avesse detto qualcosa? Anche se fosse, Takashi non era tipo da farsi abbindolare così facilmente.
Se ne andò sconsolata, pronta a
passare una notte insonne, preda di dubbi e rimorsi.
Solo un lieve bagliore lunare illuminava la sua camera
quella sera. Sussultò quando vide una sagoma nera in
controluce seduta sul suo letto.
“Takashi… mi hai fatto paura.”
Ma lui non le rispose.
Turbata, Simone allungò la mano intenzionata ad accendere
la luce, ma con uno scatto fulmineo il ragazzo la anticipò, bloccandole
entrambe le mani e sbattendola con forza contro il muro.
“T-Takashi…”
“Zitta, Simone, lasciami parlare.
Io penso… che tu debba restare in Francia.”
“Te l’ha detto la padrona?”
“Me lo dice il mio… cuore.”
“Tutto questo non ha senso. Ora lasciami andare.”
“Non posso.”
“Sarò io e solamente io a decidere della mia vita.”
“Io non ti voglio più, Simone.”
“E allora lasciami andare.”
“Giurami che resterai in Francia.”
“Giurami che non mi ami.”
All’udire quella risposta, Takashi
strinse di più la presa sui polsi della ragazza e la schiacciò al muro col suo
corpo, unendo le loro labbra in un bacio di passione e
disperazione quasi violento. L’intensità di quella unione
li portò a spezzarla quasi subito, alla ricerca di aria, e i due si fissarono,
boccheggianti.
“Non si risponde ad un giuramento con un altro giuramento,
Simone.”
“Tanto meno con un bacio, Takashi.”
“Voglio che tu viva una vita felice laggiù, al tuo posto.”
“Il mio posto ora è qui, e vorrei che fosse al tuo fianco…
lo vorrei davvero.”
“Sei un’egoista, Simone.”
“Vorrei che lo fossi anche tu…” sussurrò la ragazza, prima lanciarsi in avanti alla bramosa ricerca delle labbra
del compagno, che non ebbero obiezioni a riguardo.
Takashi sciolse la presa ai polsi della
biondina, e lasciò che le sue braccia le cingessero la sottile vita,
attirandola a sé con una forza sorprendente per un tipetto
sottile come lui.
Percepì le lacrime di Simone scivolare sul suo volto,
bagnando anche il suo, e si premurò di asciugargliele dolcemente col dorso
della mano non appena la ebbe stesa sul letto, sotto di lui.
Quella era la
risposta, quella che nessuno dei due voleva, ma che a quanto
pare era necessario prendere.
Perché era ora di crescere e di cambiare
vita, perché quell’isola di felicità e prigionia non
era nient’altro che un vicolo cieco per il futuro.
E in quella ultima notte d’amore
rinchiusero tutto lo strazio, la rabbia, la sofferenza in un angolo di cuore,
per tramutarli in passione e amore che sarebbero serviti ad alleviare – o forse
solo a peggiorare – il dolore dell’imminente separazione.
E Kanako poté
sorridere amaramente soddisfatta, quando la mattina seguente Simone lasciò la
nave, carica di tre valigie e abbandonando la sua stanza – e il cuore di chi vi
restava – nella vacuità più totale.
«««
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next: Bougainvilleae«
Grazie infinite a Tynuccia
per la recensione, e al mio lama e al mio Ginga Bishounen preferito per il support
*___*
È tutta dedicata a voi <3
Alla prossima <3
Luly