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Autore: Rocket Girl    06/04/2011    1 recensioni
Iniziai a scappare.
Fuggivo da quell’incubo.
Evadevo dalla mia realtà, che non distinguevo più.
Cercavo me stessa e la mia vita, lontano da ciò che ero.
Pregavo perché esistesse qualcuno sopra di me.
Impetravo perché mi sbagliassi tremendamente.

L'intero mondo distingue ogni singola persona fra i folli e i retti.
I folli fra gli psicopatici e gli anticonformisti.
Il problema è che, a volte, la linea fra malattia mentale e la semplice voglia di apparire e scandalizzare si fa talmente sottile da dubitare che esista.
Il problema è che, a volte, le differenze si riducono al nulla.
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Iniziai a scappare.
Fuggivo da quell’incubo.
Evadevo dalla mia realtà, che non distinguevo più.
Cercavo me stessa e la mia vita, lontano da ciò che ero.
Pregavo perché esistesse qualcuno sopra di me.
Impetravo perché mi sbagliassi tremendamente.
Ero una ragazzina che cercava con le unghie, con i denti e con la pelle – quella pelle che rivestiva quelle strette mura, quella pelle che aveva fatto presto a scappare via dalle mie carni – di riavere la sua vita, mossa da un istinto di sopravvivenza che l’avrebbe uccisa. 
Nella mia mente si figuravano prati smeraldini ed infiniti, ero un falco che volava via da quel buio e planava sull’erba umida di rugiada, per poi elevarsi in alto, fino a sfiorare le punte degli abeti secolari, fino ad essere tanto lontano da quella gretta terra da dubitarne l’esistenza. Strillavo, e sentivo repliche come se il mio grido attirasse altri miei simili, ammaliati e sconcertati dalla mia presenza.
Mi guardavano, e m’irrigidivo in una posa d’orgoglio.
Mi ammiravano, e fiera distendevo i muscoli del collo.
Mi idolatravano, e sentivo d’aver raggiunto il mio scopo.
Ero la loro dea, ero la loro fonte d’estasi. In me vedevano un mito ed un punto d’arrivo, erano terrorizzati ed ammaliati dalla mia visione. Le mie ali s’estendevano così a catturare l’infinito, ed ero ovunque, e l’aria, la terra, l’acqua, erano così piene di me da rendere la mia esistenza nulla. ero entrata nel cuore pulsante di quella misera sfera d’universo, ero dentro la vita di ogni suo essere. Il mio battito era quello frenetico di un pulcino, quello possente e calmo di un predatore. Assorbivo lentamente la forza dal sole, silente, inoffensiva, aspettando di esser abbastanza forte per andare oltre.
Non mi volevo fermare.
Non volevo arrendermi.
Assorbivo ogni singolo istante di luce, ogni fotone, nell’attesa che mi caricassi e, producendo quell’ozono tanto caro alla vita, potessi esplodere in una nube di ozono e monossido di carbonio; veleno letale, che si dilaghi ovunque, raggiungendo gli anfratti più nascosti di quel misero pianeta attorno a me. M’infilavo meschina nella lava, nelle vene della Terra, ed istigavo il magma suscettibile, lo provocavo, creavo una tensione che scoppiava e rivestiva l’arida terra quasi priva di vita. Il pianeta si riformava, lavava le sue creature con il proprio sangue, le purificava e faceva tornare quella forza vitale strappata anzitempo a me.
Mi beavo con la vita di tutte quelle creature che un tempo furono indifferenti alla mia lenta morte e diventavo tanto forte da non riuscire a contenermi più entro quei limiti che un tempo erano stati quasi divini ai miei occhi; raggiungevo quelle fredde ed amorfe stelle che non avevano alcuna utilità oltre all’aspetto, e arrivavo al cuore di ogni cosa, arrivai finalmente al centro della vita, e vidi il divino scendere dal suo trono di luce e fuoco e darmi il suo scettro. Io, da atea, arrivai a stendere le mie braccia e raggiungere i confini dell’infinito, arrivai a dominare quello sprazzo d’universo concessoci da una serie di casualità. 
Arrivai al centro esatto dell’infinito e chiusi gli occhi. 
Mi lasciai andare, terminai la mia affannata corsa verso l’irraggiungibile. Avevo spodestato un dio che non era mai stato realmente tale e ne avevo incarnato le forme e le potenzialità. 
Ero fuoco, fiamme e luce. Davo vita ad ogni singolo essere il cui cuore pulsasse in quell’universo, assistevo all’apocalittica rinascita della vita. Ero la causa della morte e della vita. 
Vidi i primi barlumi di candore nascere, nascondendo dentro sé la torbida realtà della propria istintiva essenza.
Sorrisi.
Risi, e scoppiai in un tripudio di nulla.
  
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