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Autore: Erin_Prince    07/04/2011    2 recensioni
Piccola One-Shot sul mio amato Sev e il suo Patronus...
"La spada brillava alla luce della luna, mentre i due ragazzi parlottavano della cerva e di chi potesse averla evocata.
Si sarebbero aspettati di vedere tutti tra quegli alberi, anche i morti. Ma non si sarebbero mai immaginati di poter trovare lui."
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Scomparve in un vortice di neve fresca...

 

Ciao a tutti!!!Pubblico questa piccola one-shot ispirata da un disegno che ho trovato su internet. Spero vi piaccia e spero che mi facciate sapere cosa ne pensate...A dir la verità non so se ho dato il meglio di me (w l'umiltà! ahahaha), ma mi piace comunque!!!!!

Alla prossima!

Erin.

 

Come ogni mattina da ormai diciassette anni, Severus Piton si svegliò alle sei senza che nessuna sveglia suonasse, senza che nessun gallo cantasse, senza che nessuno lo chiamasse. I suoi occhi neri si fissarono sul baldacchino di velluto verde del letto, decorato con ricami d'argento. Girò lo sguardo da una parte, verso la finestra che dava sul parco ancora immerso nell'oscurità. Presto avrebbe visto il sole sorgere e, come ogni mattina, nel rosso del cielo avrebbe rivisto il rosso di una chioma di capelli.

Come ogni giorno da quattro mesi, si preparò psicologicamente per affrontare i suoi studenti e i suoi colleghi che lo odiavano. Lo detestavano. Avessero potuto, lo avrebbero ucciso con lo sguardo.

Sospirò, passandosi una mano tra i capelli neri. Si alzò dal letto, abbandonando Lydia, o forse era Karen, o forse Juliet che ancora dormiva, i capelli biondi che ricadevano sulle spalle nude, il viso disteso in un'espressione serena. Forse non si ricordava il nome della donna con cui aveva passato l'ennesima notte di sesso senza amore, ma era sicuro che non era lei, non era la donna che amava.

Una doccia fredda lo risvegliò completamente e, troppo immerso nei suoi pensieri, non sentì Lydia, o Karen o Juliet salutarlo. Si tolse dal getto d'acqua, legandosi un asciugamano bianco intorno ai fianchi. Vide la donna rivestirsi, lanciargli uno sguardo carico di aspettative...Forse si aspettava che la salutasse con un tono gentile, o perlomeno educato. Ma come tutti sanno, Severus Piton non era gentile e dalle sue labbra sottili non uscì altro che un -Vattene.- perentorio e gelido. La bionda lo guardò senza dire niente e poi, in silenzio, uscì dalla porta, lasciando il Preside solo, come sempre.

Quel giorno non si prospettava diverso dagli altri, e non lo sarebbe stato. I compiti di Severus Piton erano tediosi e inutili, come li definiva lui, ma necessari. Necessari per non tradirsi, necessari per non far nascere dei sospetti, necessari per sconfiggere il Signore Oscuro.

Le ore passarono lente, senza che un qualcosa, che non fosse un tentativo di rivolta, o un tentativo di far ruzzolare i Carrow giù per le scale, succedesse. Niente poteva movimentare la giornata di Severus Piton. Ormai era così da anni, ma mai come in quel periodo si era sentito tanto stanco e usato.

Verso sera, il Preside decise di alzarsi dalla sedia per farsi il suo solito bicchiere di Whisky Incendiario prima di cena; con i suoi occhi gelidi e privi di luce, si soffermò a guardare lo spettacolo che la natura offre in quel particolare momento della giornata: il sole mandava bagliori infuocati e dorati, i suoi raggi facevano scintillare la superficie del lago e la candida neve sulle montagne nell'ultima luce prima del tramonto. Mai, in quasi vent'anni da insegnante in quella scuola, si era fermato un attimo ad ammirare il crepuscolo. Forse, mentre godeva di quella vista, sperava di riacquistare, almeno per qualche istante, quella pace che era scivolata via dal suo animo troppo tenebroso e contorto...

Come il suo passato, del resto. Passato fatto di sbagli troppo grandi per poter essere cancellati, fatto di ferite troppo profonde, ferite che non si sarebbero mai rimarginate.

Il sole calò dietro una montagna e sul cielo, di un rosso sanguigno, spiccava, in volo, un thestral.

Piton si girò dando le spalle alla sera che, ormai, scendeva inesorabile sul castello. Guardò il suo ufficio, ogni particolare, il Pensatoio, i ritratti quasi addormentati, gli strani oggetti che adornavano quella stanza circolare. Uno studio che non gli apparteneva, uno studio che non avrebbe mai sentito suo. Un fumo argenteo si alzò da uno strumento accompagnato da un fischio.

Silente e i suoi soprammobili....pensò acido il Preside, versandosi il suo liquore preferito.

Le lampade dell'ufficio si accesero quando l'ultima scheggia di sole scomparve. Alcuni ritratti parlottavano, Silente dormiva beato sulla sua sedia, morto, defunto.

La morte, il Tristo Mietitore, la tizia incappucciata con una falce. Quante volte Severus l'aveva invocata, desideroso di liberarsi da quel rimorso e da quel dolore lancinante che trafiggevano la sua anima da anni. Ma se l'era cercato, e soffrire era la punizione per lo sbaglio che aveva fatto.

Se lo meritava. Tutto.

I suoi occhi furono catturati da una luce azzurrina in un angolo della stanza.

Il Pensatoio lo tentava a tutte le ore del giorno e della notte, sempre. La voglia di tuffarsi in un ricordo si fece forte, prepotente.

Sei patetico Severus, continui a guardare quei ricordi in modo ossessivo, non te la riporteranno indietro, lo sai. Una vocina lo distolse dal suo intento. Ed era vero, niente e nessuno la potevano riportare indietro, ma Piton non era patetico, era soltanto un uomo innamorato e responsabile della morte della donna dai capelli rossi e dagli occhi smeraldo...Lily.

Il viso dolce e gentile che per anni aveva osservato, prima da vicino e poi da lontano, rubato da un Grifondoro popolare, orgoglioso, montato, gli tornò alla mente, accompagnato da una fitta che gli attraversò il cuore indolenzito. Doveva averci fatto l'abitudine a quella scarica di dolore, erano diciassette anni che andava avanti! Ma ogni giorno, a Severus mancava Lily, gli mancava la sua voce, il suo profumo, il suo sorriso, i suoi occhi.

Gli stessi occhi li aveva rivisti in lui, il figlio di Potter.

Una smorfia gli increspò le labbra, pensando al Prescelto, il Sopravvissuto, il Tizio che Poteva Salvare il Mondo. Chissà dov'era, cosa stava facendo, con chi, come, e soprattutto, chissà se ci sarebbe riuscito.

Ne dubito...pensò amaramente Piton, ricordando le sue catastrofi a scuola.

Ma l'aveva protetto, l'aveva tenuto in vita, aveva cercato sempre di salvarlo. Solo per lei.

Qualunque cosa...già, l'aveva promesso anni prima, in quello stesso studio, a Silente. E l'aveva fatto, aveva rischiato la vita, aveva fatto il doppiogioco, era passato per tutto fuorchè per ciò che era veramente...

Ma a lui non era mai interessato farsi vedere dagli altri per com'era, aveva fatto promettere a Silente che non avrebbe mai rivelato a nessuno la sua parte migliore.

Si voltò verso la finestra, una notte d'inverno, nera e senza stelle come i suoi occhi, era calata sul castello.

Ad un tratto, Phineas Nigellus Black apparve nel suo ritratto, distogliendo il Preside dai suoi pensieri.

-Preside!Sono nella foresta di Dean! La nata Babbana...-

-Non usare quella parola!- disse Piton, ricordando cosa aveva provocato l'averla detta a Lily.

-La Granger, hanno detto il posto quando ha aperto la borsa e l'ho sentita!-.

-Ottimo!- disse Silente, che non era mai stato così sveglio.

Piton prese la spada da una fessura nascosta, mentre il suo predecessore gli dava istruzioni.

Si avvolse in un mantello nero da viaggio, pesante. Prima di uscire dalla porta si rivolse a Silente.

Perché non gli diceva cosa stava facendo Potter?Era così frustrante!Lui era stato sempre dalla sua parte, si era lasciato usare, aveva fatto tutto, perché non glielo diceva?

Quella sera non fu diverso dalle altre volte che gliel'aveva chiesto. Silente gli negò quell'informazione.

Si incamminò per i corridoi deserti e freddi, bui e silenziosi. Mai, in tutti gli anni che era stato in quella scuola, prima da studente e poi da professore, i corridoi era stati così vuoti. Uscì dall'imponente porta d'ingresso, scese per il sentiero che portava ai cancelli, la neve cadeva dolcemente, il freddo avvolgeva ogni singola cosa, compreso il professore e la sua anima.

Fuori dai confini della scuola, Severus si Smaterializzò. La sensazione di strappo durò un secondo, il tempo che impiegò per arrivare nella foresta di Dean.

Lì non nevicava, ma uno spesso strato di neve ricopriva il terreno. Con un incantesimo rivelò la posizione degli accampati.

Certo che la Granger poteva informarsi un po' di più sugli incantesimi di difesa....

Individuò la tenda, Potter era seduto fuori, a fare la guardia. Poco più in là, percorrendo un tratto di vegetazione più o meno fitta, Piton vide un laghetto ghiacciato.

La spada deve essere presa in condizioni..Com'è che dicono?Coraggio...pensò sarcastico il mago.

Con un colpo di bacchetta aprì un buco nel ghiaccio e, dopo aver fatto scendere la spada sul fondo del laghetto, richiuse tutto. Cancellò le impronte lasciate nella neve e si andò ad appostare dietro un albero da cui poteva avere un'ottima visuale.

Respirò profondamente e poi, in un filo di voce, mormorò -Expecto Patronum-.

La cerva d'argento uscì dalla punta della bacchetta muovendo qualche passo delicato sulla neve fresca. Severus la guardò con occhi carichi di tristezza. Si inginocchiò davanti a lei e allungò una mano, come se volesse accarezzarla, ma non sentì altro che freddo...Era solo un Patronus, era l'unica cosa reale che gli rimaneva di lei.

Il mago fece in modo che la cerva trovasse Potter e si facesse seguire.

Il Patronus si mosse, elegante, in mezzo agli alberi, un bagliore argentato nel bel mezzo della notte, un barlume di speranza durante una guerra ingiusta e priva di senso.

Dal suo nascondiglio, Severus vide il ragazzo provare a recuperare la spada con un Accio.

Ghignò divertito nel buio.

Come aveva fatto lui prima, ruppe il ghiaccio, si spogliò e si tuffò nell'acqua ghiacciata.

L'arcigno Preside, tuttavia, non lo vide tornare in superficie. Pensando già al peggio e al fatto che non poteva certo andarlo a salvare, sentì dei passi affrettati dietro di sé. Si voltò e vide Ronald Weasley correre verso il laghetto e salvare l'amico.

La spada brillava alla luce della luna, mentre i due ragazzi parlottavano della cerva e di chi potesse averla evocata.

Si sarebbero aspettati di vedere tutti tra quegli alberi, anche i morti. Ma non si sarebbero mai immaginati di poter trovare lui.

In un vortice di neve, Severus Piton tornò ad Hogwarts.

Un vento gelido soffiava da nord, scivolando violentemente sui tratti affilati del mago. Da lontano, il castello sembrava un enorme baluardo inespugnabile, uno di quelli usati nei periodi di tirannia per le torture degli oppositori politici.

Il Preside si incamminò per il sentiero, una figura più nera della notte, solitaria, austera, silenziosa. 

  
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