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Autore: Sesshy92    07/04/2011    2 recensioni
Caos.
Il mondo è nel caos.
La terra trema e si apre, inghiottendo qualsiasi cosa indiscriminatamente. Fiamme e lava zampillano dal suolo, bruciando tutto ciò che si trova sulla loro strada. I venti abbattono, le acque sommergono.
Sì, è il caos.
La terra è sconvolta.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'inizio

Questo racconto nasce grazie all’iniziativa di un mio amico di scrivere qualcosa per il Giappone. Io non ho scritto riguardo al Paese del Sol Levante, ma ho solo preso spunto da quanto successo. In realtà il racconto non è nato così lungo e nemmeno così complicato (non so per voi, ma per me lo è , almeno rispetto alla mia idea iniziale).E’ una storia inventata ovviamente, ma vorrebbe racchiudere in sé una piccola riflessione che spero chi leggerà possa cogliere. Non sono una brava scrittrice, ma ci ho provato e spero possiate apprezzare.

 La scelta di nomi elfici è dovuta al fatto che esprimono meglio di altri nomi il ruolo dei personaggi. Ciò grazie al loro significato:

L’inizio

Caos.
Il mondo è nel caos.
La terra trema e si apre, inghiottendo qualsiasi cosa indiscriminatamente. Fiamme e lava zampillano dal suolo, bruciando tutto ciò che si trova sulla loro strada. I venti abbattono, le acque sommergono.
Sì, è il caos.
La terra è sconvolta.

* * *

Un piccolo gruppo di uomini, vivi per miracolo, ma ancora per poco.
Non c’era più speranza ormai, la fine era vicina.
Tra loro vi erano un vecchio pellegrino, Mithrandir, un giovane, Sàro, e la sua compagna Palarran. Mithrandir aveva ancora un compito da assolvere. Una leggenda.
“Vi è una leggenda – disse – di tempi immemori, quando il mondo andava incontro alla sua fine. E un giovane. Un giovane prescelto, destinato ad affrontare un viaggio che lo porterà al ritrovamento di un luogo. Del luogo. Il luogo dal quale tutto ebbe inizio, dove tutti gli elementi confluiscono con armonia, donando la vita. Questo giovane aveva per compagno la Fedeltà e per giuda la Saggezza. Grazie a questa trovarono il luogo, nascosto agli occhi umani. A quel punto il giovane poté riportare stabilità sulla terra.”
“Solo – disse ancora – solo colui che è stato prescelto potrà affrontare questo viaggio. Solo colui che la guida sceglierà, un giovane dal cuore puro.”
Detto questo, sapendo di aver adempiuto il proprio dovere, morì, felice di essersi liberato dalla morsa del destino.
La paura, già palpabile a causa della situazione, si fece ancora più pressante. Che senso ha ormai? Chi rischierebbe tanto? Ormai è la fine! Chi sarà il prescelto? Questi erano i pensieri che aleggiavano nelle menti del gruppo. Pensieri spaventati, ma allo stesso tempo rassegnati. Tutti avevano perso la speranza. Tutti tranne Palarran. Ella era coraggiosa e fiduciosa. Era certa che una soluzione si sarebbe trovata, che qualcosa sarebbe accaduto.

* * *

Scese la notte, se ancora si poteva fare distinzione tra giorno e notte. La terra si era calmata, ma l’inferno avrebbe potuto ricominciare da un momento all’altro.
Il gruppo cercò di trovare riposo presso una fonte.

* * *

Due occhi gialli osservavano quegli uomini. Tra la poca vegetazione rimasta scrutavano attentamente in cerca di qualcosa. Improvvisamente scattò uscendo dagli arbusti. Un lupo, un lupo grigio. Corse verso il gruppo. Era velocissimo, era impossibile sfuggirgli. Afferrò Sàro per la gamba, strattonandolo e trascinandolo via senza che il ragazzo potesse opporsi.
Le urla erano strazianti. Palarran, senza pensarci due volte, corse cercando di inseguire il lupo. Gli altri rimasero fermi, quasi indifferenti. Tanto prima o poi tutti sarebbero morti.
Le urla cessarono.
Palarran si fermò un istante, un brivido freddo le percorse la schiena. Ricominciò a correre senza sosta.
“Non può essere – si disse – non può essere morto!”
Improvvisamente cadde, scivolò per un dirupo e , quando si alzò, le apparve davanti agli occhi uno spettacolo sorprendente. Si trovava in una radura, intoccata, pura, intatta. Strano! Eppure erano passati di là e non avevano notato nulla.
Un fiume scorreva placido, gli uccelli cinguettavano, gli alberi si innalzavano possenti. Ma la cosa più sorprendente era un’altra. Accanto al fiume il lupo grigio stava leccando le ferita procurate a Sàro, le quali si stavano rimarginando velocemente. Era sconvolto, lo vedeva, ma era vivo!
Lui alzò lo sguardo, sorpreso di vederla, e le fece cenno di avvicinarsi. Lei lo abbracciò e poggiò le sue labbra su quelle di lui. Dio! Quanto si era preoccupata! Le sorrise. Poi, attoniti, si voltarono ad osservare quello strano lupo.
“Piacere di conoscervi Sàro e Palarran.”
I due sobbalzarono. La voce! Era dentro la loro testa!
“Chiedo scusa per come mi sono comportato, ma era necessario. Il mio nome è Thingol e sarò la vostra guida. Leggo tante domande nei vostri occhi. Non c’è molto tempo, ma vi spiegherò velocemente.”
Il lupo si sedette davanti ai due e cominciò a spiegare. Sàro era il prescelto, colui che avrebbe riportato la stabilità sulla terra, e Palarran, essendo la sua compagna, lo avrebbe accompagnato per il viaggio, mentre Thingol li avrebbe guidati. Il viaggio non sarebbe stato lungo né difficile. Grazie al lupo il luogo sarebbe stato facilmente individuabile. Ma cosa sarebbe accaduto una volta entrati non era dato sapere. Tutto sarebbe dipeso dalla scelte del ragazzo.
Entrambi i giovani erano sconvolti. Non si aspettavano di certo che la storia del vecchio Mithrandir fosse vera! Sgomenti e con più domande di prima i due tentarono di dormire sotto consiglio del lupo. Allo spuntar del sole si sarebbero messi in cammino.

* * *

All’alba, dopo aver raccolto provviste, i tre partirono. Sàro non era riuscito a dormire. Troppe domande gli affollavano la testa. Mentre camminavano, rifletteva. Ci provava almeno… Cosa lo aspettava una volta arrivato? Perché il lupo non aveva rivelato nulla riguardo al luogo e al suo compito? Si sentiva confuso, terribilmente confuso. Cosa avrebbe trovato? Cosa avrebbe dovuto fare? COSA?
Ma le domande che affollavano la sua mente rimasero senza risposta. Si fermarono per mangiare qualcosa e si misero nuovamente in cammino.
Anche Palarran era tormentata. Vedeva il volto di Sàro cambiare continuamente espressione e ciò la preoccupava. Sapeva che, quand’era così, non doveva disturbarlo, quindi non aprì bocca. Si permise solo di prendergli la mano. Gli avrebbe almeno fatto capire che gli era vicina. Avrebbe aspettato finché non si fosse deciso lui a parlare.
Osservava anche quello strano lupo che li precedeva. Da quando erano partiti, non aveva più sentito la sua voce. Era stato così poco chiaro su quello che li attendeva. Perché? Non sapeva oppure non aveva voluto dire? E nel secondo caso, perché?
Era frustrante non avere risposte, ma avrebbe atteso. Sarebbero sicuramente arrivate prima o poi.
Thingol osservava i due giovani di tanto in tanto. Entrambi erano silenziosi, assorti nelle proprie riflessioni. Immaginava quali dubbi turbinassero nelle loro menti, ma non poteva parlare. Soprattutto con Sàro, avrebbe scoperto tutto da solo, man mano. Avrebbe invece parlato con Palarran quella notte stessa.
Intanto il viaggio proseguiva e i giovani cominciarono ad accusare la stanchezza. Il cielo era diventato rosato e la luce scemava lentamente. Quando si fece totalmente buio si fermarono. Erano stanchi e nessuno parlò. Mangiarono qualcosa e si misero a dormire.
Durante la notte Palarran venne svegliata da una leggera scossa. La terra non aveva alcuna intenzione di calmarsi. Guardandosi intorno vide Thingol. La stava osservando intensamente. Le fece cenno di seguirlo e lei, lanciando una rapida occhiata a Sàro che ancora dormiva, lo seguì incerta nella notte.

* * *

Spuntò l’alba. Un’alba fioca, incerta. Ormai il sole non illuminava più la terra.
Sàro era sveglio, Palarran, stretta al suo fianco, dormiva ancora. Sul volto aveva un’espressione inquieta. Si guardò intorno, Thingol non c’era. Strano… Posò lo sguardo su Palarran. Sicuramente l’aveva fatta preoccupare, non era da lui essere così taciturno. Con la mano le carezzò la guancia, si chinò e le diede un bacio. Strano come, in una situazione simile, potesse sopravvivere un sentimento come l’amore. La chiamò dolcemente. Ella si svegliò. Negli occhi di lui vide ancora tanta confusione, ma anche rassegnazione. Lei invece era inquieta e lui lo notò. Le prese la mano e la osservò con sguardo interrogativo, ma lei, cercando di nascondere l’inquietudine, si sollevò e lo abbracciò, dandogli un bacio.
Era un momento idillico, contrastante con la distruzione che li circondava.
Quando Thingol arrivò, li trovò pronti per partire. Disse loro che mancava ancora poco, circa mezza giornata di cammino. I tre si misero in marcia, decisi a raggiungere il luogo quanto prima.
Sàro e Palarran parlavano, tenendosi per mano. Parlavano di cose futili, di ricordi, cercando di non pensare a ciò che li attendeva. Sàro notò che di tanto in tanto la sua compagna gli lanciava occhiate piene di angoscia. Ciò lo confondeva, ma lo associava alla paura per il futuro sconosciuto.
Ad un certo punto si fermarono.
Il paesaggio che li circondava era devastato. Gli alberi erano secchi, privi di vita. Ad eccezione di uno. Una quercia enorme, ancora verde e rigogliosa, lottava per sopravvivere. Un fiume, diventato ormai fanghiglia, attraversava quel luogo. Alcune crepe nel terreno erano piene di lava che ribolliva. E il vento sferzava con forza.
Si avvertiva una strana elettricità nell’aria.
Sotto consiglio di Thingol mangiarono qualcosa.
E attesero…
Cosa lo sapeva solo il lupo.
Si fece notte e una luna piena, come non se ne vedevano da tempo, apparve.
Improvvisamente la terra cominciò a tremare con violenza, il vento li colpiva, come schiaffeggiandoli. I due erano spaventati, non capivano. Solo Thingol era tranquillo e volgeva lo sguardo verso il grande albero che si stava lentamente aprendo. Al suo interno, uno spazio luminoso, di una luce accecante.
Una figura apparve davanti all’albero. Un’entità certamente non umana.
Indossava un kimono e un’armatura, sulla sinistra teneva una katana. Sulla spalla destra poggiava un qualcosa di bianco e all’apparenza morbido, peloso, che scendeva con grazia verso terra. Una coda! La luna illuminava i suoi capelli argentei e i suoi occhi, giallissimi. Sul viso aveva strani segni rossi ai lati e una mezza luna blu sulla fronte. La sua espressione avrebbe potuto sembrare indifferente se non fosse stato per quel sottile sopracciglio destro leggermente alzato.
Era una visione meravigliosa e allo stesso tempo terrificante.
La sua bellezza attraeva, ma il suo sguardo, i suoi occhi, mettevano in guardia.
“Buonasera Sesshomaru-sama. Ne è passato di tempo dall’ultima volta.”
L’essere alzò maggiormente il sopracciglio.
“Buonasera a te Thingol.”
E voltandosi verso i due aggiunse con una nota di sarcasmo – “Sono questi i prescelti? Sicuro di non aver sbagliato?”
“Sono quelli giusti, non temere. Dubiti forse delle mie scelte?”
“No affatto. Mi fido del tuo giudizio. Solo… – aggiunse penetrando Sàro con lo sguardo – non mi sembrava abbastanza. Ma non mi immischierò nelle tue decisioni, sai quel che fai.”
Mentre i due si scambiavano queste parole, Thingol spiegava mentalmente a Sàro e Palarran chi fosse quell’entità.
Si trattava di uno youkai, un essere superiore. Il suo nome era Sesshomaru ed era il guardiano dell’Eden, il luogo dove avrebbero dovuto entrare. E l’entrata era proprio lì, lo spazio luminoso nell’albero.
“Ebbene – disse lo youkai – sia quel che sia.”
Si volse verso i giovani dando loro le poche indicazioni che poteva. Una volta varcata l’entrata si sarebbero ritrovati divisi.
“Ma come?” – esclamò Sàro sorpreso.
“Tu, umani, incontrerai quattro entità e poi dovrai fare una scelta. Questo è tutto ciò che posso dirti. Rivedrai Palarran e Thingol alla fine, quando avrai preso la tua decisione.”
Sconcertato e intimorito Sàro guardò la propria compagna e il lupo. Entrambi ricambiarono lo sguardo cercando di rassicurarlo. Negli occhi di Palarran un velo di tristezza.
“Così sia” – disse il giovane.
Ad uno cenno dello youkai Palarran e Thingol si avviarono per l’entrata. Prima di varcare il passaggio la giovane schioccò un fuggevole bacio sulle labbra del compagno e poi sparirono.
“Non posso dirti più di quanto ti ho già detto. Se Thingol ti dà fiducia, te ne darò anch’io. Va e salva questo mondo.”
Detto questo Sesshomaru incitò Sàro a varcare la luce. Quando anch’egli scomparve, l’albero si richiuse.
Lo youkai si mise seduto sulle sue radici osservando la luna.

* * *

Buio. Era buio totale. Gli occhi non vedevano nulla, le orecchie non percepivano alcun suono, non vi erano odori. Era il nulla.
“E’ dunque questo l’Eden? – pensò Sàro – Il nulla?”
Era sconcertato, non capiva, cosa doveva fare? Quattro entità aveva detto lo youkai. Ma chi erano? Come avrebbe dovuto comportarsi?
Come in risposta alle sue domande si ritrovò improvvisamente in un’immensa pianura senza fine. I venti soffiavano con forza. Era impossibile muoversi in una qualche direzione, ma anche restare fermi era un’impresa, poiché veniva trasportato da una parte all’altra.
Ad un certo punto tutto si bloccò. I venti confluirono in un unico punto, si intrecciarono fino a formare una figura: una donna. Una donna che era… vento!
“Incredibile…”
Avvertiva la potenza e l’ira di quell’essere: era terrificante. Avrebbe potuto spazzarlo via da un momento all’altro.
“E’ tempo… – disse con voce potente – E’ tempo che l’uomo paghi per la sua superbia.”
Sconcertato e incapace di qualsiasi azione, Sàro rimase lì, a osservare quella creatura mentre si avvicinava. Allungò lentamente il braccio e poi con forza lo afferrò per il collo. Il contatto fu terribile:caldo e gelido allo stesso tempo.
“Dimmi umano – disse – dammi un solo buon motivo per non interrompere qui il tuo viaggio.”
Sàro si divincolava inutilmente. Un’espressione di disgusto si dipinse su quel volto femminile e la morsa attorno al collo si strinse.
“Luridi umani! Quante volte ancora volete commettere gli stessi errori? Per quanto ancora vi chiuderete nel vostro egoismo? Cosa fa l’uomo per me? Mi distrugge, mi inquina con i suoi fumi, rilascia radioattività, costringendomi a trasportarla ovunque, portando sofferenza. Non capite che in questo modo distruggete voi stessi? Perché siete così stupidi?”
“Parla umano! Rispondi!!”
Con scatto repentino lo scaraventò a terra. Il giovane si alzò con fatica, con fiato corto, nella testa il vuoto. Cosa rispondere? Come giustificare? In fondo era tutto vero.
“Io… Io non lo so.”
Alzò lo sguardo e lo posò su quella figura splendida e terribile insieme.
“E’ vero. Non vi è nulla di falso in quello che dici e io non so come replicare. Ciò che l’uomo fa è imperdonabile. L’avidità lo porta a perdere di vista e distruggere le cose veramente importanti. Ma non siamo tutti così, vi è anche bontà nel nostro cuore…” – aggiunse in un sussurro.
Con un gesto di stizza lo interruppe.
“Bontà… Come se ciò bastasse a cambiare le cose!”
Il suo sguardo si spense. Non era più irato, bensì rassegnato.
“Tanto è tutto inutile. Non sta a me decidere o scegliere. E’ diventato un circolo vizioso ormai…”
Dopo queste parole la figura si scompose e i venti tornarono a sferzare quella terra con violenza. Una potente raffica e poi il nulla. Il paesaggio cambiò e Sàro si ritrovò in quella che sembrava una grotta.
“E ora cosa accadrà?”
La confusione imperversava nella sua mente. L’ultima frase della donna che significato aveva? E ora quel luogo. Aveva pensato fosse una grotta inizialmente, ma guardando meglio si accorse dell’errore: non era una grotta, ma un vulcano! Si trovava all’interno di un vulcano!
Sembrava spento, ma non si fidava. Notò più in alto uno spuntone di roccia e vi si arrampicò con fatica.
Improvvisamente tutto tremò e la lava sgorgò dal fondo. Era uno spettacolo che incuteva terrore, sembrava l’inferno.
Dalle fiamme uscì un uccello di fuoco. Un’enorme fenice. Con lo sguardo infuocato osservava Sàro che, paralizzato dal terrore, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi profondi.
“Fai bene ad aver paura umano. – disse – Io sono il Fuoco e non ho pietà di nessuno.”
Ancora tremante il giovane azzardò una domanda.
“Perché? Perché fuoco non conosci la pietà?”
“Ti sbagli umano. Io conosco la pietà, ma è inutile con l’uomo. Egli pensa di potermi domare, controllare, ma si sbaglia e lo sa! Ma voi non imparate mai. Nonostante facciate un insuccesso dietro l’altro, avete la presunzione di provarci ancora e ancora. Cosa pensi accadrebbe se io provassi pietà e mi lasciassi domare? Ah! Non vi accontentereste di ciò, ma vorreste ancora di più.”
Come con l’Aria, Sàro non sapeva cosa replicare.
“Nonostante ciò – aggiunse con tono amaro – non posso distruggervi totalmente. Che ironia della sorte! Senza noi elementi voi non potreste vivere, ma noi…”

Acqua! Come fosse spuntata dal nulla, l’acqua inondò il vulcano. Il giovane tentò di prendere aria e dalla violenza delle acque chiuse gli occhi e venne trascinato via. Durò un istante, poi tutto si calmò. Quando riaprì gli occhi, del vulcano non c’era più traccia. Capì di trovarsi in una bolla d’aria, in una distesa infinita d’acqua, e respirò.
“A quanto pare le entità che devo incontrare sono i quattro elementi. Se adesso è la volta dell’acqua, poi toccherà alla terra. Non capisco però. Non riesco a capire qual è il mio ruolo in tutto questo!”
Mentre rifletteva su queste cose, notò un movimento accanto alla bolla. Si voltò e lo vide. Una figura d’uomo identica la dio Nettuno, ma non era un dio, era l’Acqua. Non era spaventato, ma quell’austera figura incuteva timore.
“Leggo domande nei tuoi occhi giovane umano.”
“Sì – disse – sì! Tante domande vagano nella mia mente. Cosa faccio io qui? Qual è il mio ruolo in tutto ciò? Non capisco…”
“Tu sei qui per compiere una scelta che porterà grandi conseguenze. Quali però non si sa. Alla seconda domanda non posso rispondere, lo scoprirai al prossimo incontro.”
“Ma…”
“Nessuna ma umano. Non ti è concesso obbiettare. Non temere, tra non molto avrai risposta a tutte le tue domande, ma ora…”
Il suo sguardo si accese d’ira.
“… Lascia che io esprima la rabbia che provo verso di voi.”
Scese un lungo silenzio. Le acque cominciarono ad agitarsi in reazione all’ira dell’Acqua.
“Voi! Voi umani insulsi! Mi avete inquinato senza provare alcun rimorso. Veleni, sporcizia, petrolio, radioattività. Tutto ciò l’avete gettato in me, come se io non valessi. Come se non fossi colui che vi permette di vivere! Le piogge, l’acqua che bevete, quella che usate per i campi, per ogni vostra attività. Io. Sono io! Eppure siete così ingrati da inquinarmi!”
Il silenzio.
“Ma nulla si può cambiare…”
La bolla d’aria cominciò a riempirsi. Sàro prese aria e attese impaziente. L’acqua calò, fino a prosciugarsi del tutto. Alberi enormi e varia vegetazione cominciarono a spuntare dal suolo e crebbero. Tutto ciò nell’arco di un attimo.
“Eccola, la Terra.”
Una donna dagli occhi neri e i capelli verdi si avvicinò.
“Benvenuto Sàro. Io sono la Terra. Seguimi, per favore.”
Egli la seguì. Il dubbio dipinto sul volto.
“Non si può dire che voi umani mi abbiate trattata bene. – esordì lei – Avete sradicato i miei alberi, mi avete avvelenata, mi avete sporcata di sangue, molto sangue. Mi avete distrutta…”
“Ma non sono qui per parlarti di questo – disse sorridendo – bensì per rispondere a tutti i tuoi dubbi e per accompagnarti fino al luogo in cui compirai la tua scelta.”
“Ti prego spiegami allora!” – disse il giovane.
“Come ben saprai, il mondo non è sempre stato come l’hai conosciuto tu. Un tempo era un luogo pacifico, ogni cosa era in armonia. Poi l’uomo ha cominciato a corrompersi e ciò ha lentamente eroso l’equilibrio, fino a giungere al più completo caos: la tua epoca. Avrai sicuramente notato le frasi enigmatiche di Aria, Fuoco e Acqua. Noi elementi vorremo distruggere l’uomo, poiché egli ci usa sempre violenza, ci rovina, ci avvelena. Noi moriamo a causa sua. Allo stesso tempo però non lo vogliamo. E’ una contraddizione, sì. Ma se l’uomo non esistesse, nemmeno questa terra esisterebbe e di conseguenza neanche noi. La stessa cosa vale al contrario: se gli elementi non esistessero, non ci sarebbe vita. E’ un circolo vizioso, senza fine. Vita e morte, morte e vita. Raggiunto l’apice, la terra si autodistrugge. Ogni volta, però, arriva il prescelto a ristabilire l’ordine.”
“E qual è il mio ruolo? Cosa devo fare io?”
I due arrivarono ad una piccola radura. Al centro vi era un vecchio salice accanto ad un corso d’acqua.
“Ebbene. Tu dovrai scegliere se salvare questo mondo oppure no.”
“Ma è ovvio che…”
“Non essere affrettato. – lo interruppe lei – Non sai ancora qual è il prezzo da pagare.”
Sàro la guardò perplesso.
“Affinché la terra non venga annientata per sempre, il prescelto dovrà dare in cambio la propria vita.”
Con una mano attraversò l’albero e ne estrasse una sfera piccolissima, luminosa, ormai in procinto di spegnersi.
“Questo è ciò che resta di colui che prima di te si donò per la salvezza di questo mondo. Dovrai fonderti con questo salice ed essere l’energia vitale di questa terra.”
La donna osservò il giovane. Ora il suo sguardo era terrorizzato.
Come fare? Pensava di poter salvare la terra, ma non ad un prezzo così alto. E Palarran, che ne sarebbe stato di lei? Che fine avrebbe fatto?
“In ogni uomo coesistono bene e male. Egli è egoista, ipocrita, avaro, falso, malvagio, prepotente. Ma anche altruista, buono, dolce, veritiero, benevolo. Vi è chi è più propenso da una parte, chi dall’altra, ma è proprio in questi caso che si capisce la vera indole di una persona. Non perché fa una scelta rispetto ad un’altra, ma per come la fa. Sicuramente ti starai chiedendo se ne vale la pena, ma sappi che più tentenni, peggio sarà. Ormai siamo agli sgoccioli.”
Lo sguardo di Sàro si posò sul salice. Sui suoi occhi si lessero sgomento, paura, rabbia, rassegnazione e infine determinazione. Si avviò verso l’albero e vi posò sopra le mani.
Cominciò così la fusione.
Una luce abbagliante lo avvolse, si sentiva risucchiato, ma non era una sensazione spiacevole.
Prima di essere totalmente assorbito apparvero Palarran e Thingol. Lo sguardo del lupo esprimeva gratitudine, quello della sua compagna amore e rassegnazione.
Infine si addormentò.

* * *

Fuori tutto bruciò finché non divenne cenere. Tutto tranne la quercia sulle cui radici sedeva lo youkai.
Essa si aprì e la ragazza e il lupo uscirono.
“Infine ha scelto” – disse Sesshomaru.
“Sì” – affermarono i due all’unisono.
La cenere scomparve mostrando una nuova terra, pura, intoccata.
Cominciava così un nuovo ciclo.
Forse, in futuro, si sarebbe arrestato. Forse sarebbe arrivato il momento in cui uomo e natura avrebbero coesistito in armonia. Ma il tempo non era ancora giunto.
Una lacrima, una sola sgorgò dagli occhi dei tre e cadde a terra.
Una lacrima per dare vita all’uomo.
Una lacrima per dare vita agli animali.
Una lacrima per dare vita al sovrannaturale, allo spirituale.
Così i tre si divisero, ognuno per assolvere il proprio compito.
Palarran cominciò il suo lungo errare in attesa di tramandare la storia, come il vecchio Mithrandir.
Thingol rientrò nell’Eden, dove avrebbe dormito in attesa del risveglio per guidare un nuovo salvatore.
Sesshomaru volò nel cielo. Guardiano del luogo detto Eden, la culla della vita.
Era l’inizio.

 

Note:

Mithrandir – Grigio pellegrino
Thingol – Saggio grigio
Sàro – Il Salvatore
Palarran – Colei che vaga lontano

Simboli:
Quercia – vita, stabilità, forza
Salice – immortalità, spiritualità, eternità

  
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