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Autore: Columbrina    07/04/2011    19 recensioni
Non è assolutamente ispirato ai Cesaroni!
Thiago Bedoya Aguero...Ha tutto ciò che si può desiderare. Soldi. Fortuna. Ragazze. E una sorella...Marianella.
Sua madre,Ornella,ritorna dall'Indonesia con questa buffa ragazzina dal carattere di fuoco che si rivelerà essere la sua sorellastra.
I due hanno un rapporto conflittuale...Sono i classici fratelli incompatibili. Ma i due hanno una cosa in comune:Un'attrazione talmente forte che presto si trasformerà in amore...Ma i legami di sangue saranno un problema? E Thiago sarà costretto a fare da terzo incomodo?
Alcune parti saranno Spoiler,a meno che non vengano trasmesse in Italia prima della pubblicazione dei capitoli.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Sono trascorsi tipo tre mesi, o forse due, no aspettate sei dall’ultimo colpo di scena che ha infestato la Casa Magica, oltre le orde di problemi che corrodono la mente dei poveri tutori, ora intenti a sfornare il sedicesimo pargolo in vista di un’ imminente scorribanda della CC. Il tempismo non manca mai in quella casa.
Prima di tutto, io sono La voce – fuori – dallo – spazio e dai prossimi capitolo in poi, narrerò fedelmente la guerra con la CC, insieme ai disastri amorosi e queste tresche che ormai ci stanno uccidendo un po’ a tutti.
Di solito, dopo un arco di tempo scandaloso,  si arriva al fatidico punto della situazione, credo: Caridad e Nacho sono alle prese con i loro soliti alterchi; Ines e il suo amletico dramma hanno contagiato un po’ tutti, per prima Tefi, a un passo dal lasciare lo zitellaggio per uno stangone, reincarnazione del concetto di sensuale, all’anagrafe Luca Franchini; Melody, dopo la triste e travagliata relazione con Bedoya, non si è più rifatta una vita; Jazmin ha scoperto il raggiro dell’Angelo Rosso e si è ripromessa di non cedere più alle voglie tentatrici, sebbene Tacho non sia tanto propenso a un ritorno di fiamma; Nico e Cielo sono orgogliosi genitori di un embrione, al terzo mese di gravidanza e i primi segni di lieta ventresca. Ma ora siamo arrivati al dramma che ci ha devastato più di tutti quanti: L’incesto scandaloso di Mar e Thiago.
I due non si sono più ripresi e in questi tre mesi, Thiago ha seguito sua madre, per un po’, in Indonesia, lasciando la sorella in balia dei drammi più confusionari e slanci di rancore, scanditi da voglie convulse di cioccolata per alleviare i dolori.
“Suvvia, dolcezza, il mare è pieno di pesci che aspettano solo di abboccare all’amo”
Queste erano state le parole di consolazione di Caridad, a una settimana dalla partenza di Thiago
“E che diranno quando vedranno la mia fedina? Colpevole di incesto!”
E pianto fu.
Ora, a tre mesi di distanza, Mar sembra essersi ripresa e trova sfogo nelle serate a base di discoteca con le amiche non – fidanzate, quindi solo Ines e occasionalmente Melody, nel trasgredire le regole e rimontarle a modo suo.
Torniamo ai giorni nostri, più esattamente al sessantaduesimo giorno dalla partenza di Thiago. E’ notte, le ragazze dormono placidamente. Eppure frotte di sudore rigano il fronte di Mar, visibilmente inquieta nel suo letto, ansimava, trovava sfogo nel cuscino, rivestendolo di chiazze d’acqua. Una riga di sudore solletica la pelle nivea della ragazza, che stringe il lenzuolo in una stretta morsa, che sfoga le sue inibizioni nell’urlare il suo incubo. Si ferma, con pause transitorie, per poi riprendere il ciclo. Un rantolo particolarmente acuto sveglia le ragazze, che attorniano il letto dell’amica, visibilmente impensierite e ancora un po’ frastornate dal jet – leg notturno.
“Che cos’ha?” La voce cristallina di Valeria sovrasta il tramestio generale che si era creato sin dal subitaneo e caotico risveglio
“Non lo so. Si contorce come fosse in calore” fu il commento di Tefi, decisamente di cattivo gusto
“Pensa a te, quando sogni Luca!” replica Ines, destando una caotica partizione di insulti e improperi.
Furono gli ammonimenti di Jazmin e l’ennesimo rantolo di Mar a fare da pacieri agli spiriti caldi di quella notte. Mar ansimò nuovamente, questa volta stringendo le lenzuola, quasi scardinandole dal materasso, in un groviglio di cenci.
Sui visi delle ragazze si intravedevano segni di compatimento e impotenza, anche quando Mar iniziò a contorcersi più velocemente e arditamente; il sudore scendeva insolente lungo il volto, spruzzandolo di gocce traslucide.
“Va a chiamare Cielo!” incitò Caridad a Ines, che fece velocemente capolino in corridoio.
Jazmin prese la mano dell’amica, subito imitata dalle altre, formando un castello di mani. Tutte mormoravano parole di consolazione e infondevano spirito e ostinazione a non arrendersi di fronte al demone dei suoi incubi.
Subitamente, lo spasmo cessò, sfociando in un’insolita dormiveglia. Mar rantolava ancora, sì, ma un nome. Un nome, sulle prime, confuso. Quasi non sembrava un nome, piuttosto una mistura di termini primitivi.
Cielo fece capolino nella stanza, insieme a Ines, dagli occhi arrossati a causa di un probabile sfogo di pianto.
“Fate passare, ragazze”
Cielo, in tutte le sue doti da infermiera gravida, si prostrò dinanzi al capezzale di Mar, prendendole la mano, proprio come in un buon film rosa, in cui la protagonista accorre in salvo dell’amica in fin di vita.
“Amore mio. Amore mio, svegliati…”
Le esortazioni impregnate d’affetto di Cielo andarono avanti, imperterrite, per una buona mezz’ora fino a quando non parve che Mar si fosse definitivamente addormentata.
Cielo si alzò, sebbene a fatica, e si aggiunse alla cerchia delle ragazze, stringendosi al loro abbraccio.
“Diagnosi?”
“Niente di che, Jazmin, ha solo avuto un incubo”
Rimasero per un po’ a vegliare a turno il letto di Mar, inclusa Cielo, fino a quando non fu persuasa dal sonno cronico, postumo della gravidanza, che la invogliò a tornare a letto. A detta di Valeria, sbatteva le palpebre come un vecchio proiettore, temporeggiando sempre sulla stessa scena grigia e dedita. Perciò Cielo venne accompagnata dalle premure di Caridad fino alla stanza in soffitta che, ora, era divenuta il perfetto nido d’amore di lei e Nico. Ines e Jazmin furono le perfette sostitute di Cielo, d’altronde che Tefi non ne voleva sapere niente dei sogni erotici di Marianella. Ovviamente, le due ragazze commentarono poco educatamente sulla petulanza di Elordi. Poi, alla veglia si aggiunsero Valeria e Caridad.
“Riuscite a stare sveglie?” chiese a un certo punto Ines, proprio allo scoccare della quarta ora del mattino.
Venne risposta da un’ orda di mormorii, che accertava l’operosità delle sue amiche, ormai afflitte dall’insonnia, incuranti dei postumi mattutini.
“Mi chiedo come saremo domani mattina” disse a un certo punto Valeria, leggendo nel pensiero di Ines
“Tranquilla, ci penseranno le urla di Tefi a svegliarci” commentò Jazmin, divertita quasi quanto un orso in un negozio pieno di caramelle e senza personale
“Perché si dimenticherà di togliersi la mascherina da notte” aggiunse Caridad, per una volta mostrando un livello d’ironia che andava al di sopra degli aneddoti di sua nonna
“Vi ho sentito!” esordì una voce contestatrice fuori dallo spazio, che si rivelò essere quella di Tefi, proveniente da sotto un cuscino
“Ma allora, era sveglia…” mormorò Ines alle altre
“Ho sentito anche questa!”
“Dormi che ti passa!” replicò Jazmin, visibilmente compiaciuta dalla reazione di Tefi, che preferì non accrescere l’indice di degradazione a cui era sottoposta. Si limitò, quindi, a mormorare un sincero vipere al suo amato cuscino, adagiato strategicamente sui padiglioni auricolari.
Forse perché sperava di captare qualche particolare indiscreto delle conversazioni delle ragazze, giusto per temporeggiare sulla veglia, ma in realtà quello che ottenne furono consigli sul migliore esfoliante per la pelle e un rustico modo di mungere una gallina (?).
“Caridad, ma come puoi pensare di mungere una gallina?” intervenne Valeria, visibilmente infastidita della svogliatezza logistica della sua amica
“In effetti, non funziona un granché!” rispose laconica. Le tre amiche si guardarono, patendo una latente sottomissione.
In tutta onestà, una situazione del genere andava avanti da circa tre mesi, sin da quando un provvidenziale attacco d’insonnia non ha inflitto una punizione peggiore alle nostre ragazze, esperte vedette della loro amica. A giudicare dal legame di parentela che aveva con un psicopatico telepatico, proprio come diceva Cielo. Tale padre tale figlio, si sa; quindi era la medesima cosa per la figlia, a rigor di logica. Quindi non si poteva far altro che assumere queste forme precauzionali, per il bene di tutti.
Il mattino, frattanto, si fece sentire con il tramestio degli uccelli, dei clacson della strada a due isolati da lì e dal fatto che splendeva un fulgido sole d’estate. Filtrava ancora poca luce dalla finestra; gli spicchi miracolosi erano adagiati sullo specchio, perché a detta della nonna di Caridad il sole è attratto dagli specchi e dalle persone con gli occhi chiari. Poi la luce si rifletteva, in un fulgido bagliore, in tutta la stanza, fino al viso di Mar, un ovale perfetto, circondato da un cespuglio di capelli color nocciola, alcuni disseminati sul cuscino fresco. La ragazza sorrise al contatto con quel caldo bacio e, d’altro canto, sorrise inconsciamente.
“Che bello…” mormorò, girandosi su un fianco e abbracciando il cuscino. Si strinse in una sorta di abbraccio mattutino, fino a portarsi il morbido oggetto al petto, stringendolo in una seconda morsa affettiva.
Sognava, a giudicare dal sorriso inebetito stampato sul volto.
La prima, tra le ragazze, a svegliarsi fu Tefi, la quale stavolta, si ricordò della mascherina e al posto di urlare come una forsennata agitò i capelli, quasi come fossero frustati dal vento o che una telecamera nascosta stesse immortalando quella fantomatica scena da film. Subito dopo, il suo sguardo dardeggiò in direzione delle ragazze, raggomitolate l’una sopra l’altra in un plaid viola, proprio ai piedi del letto di Mar.
Sentiva il russare imperterrito di Ines, che deformava un po’ il placido viso adagiato sulla spalla di Valeria; quest’ultima, a proposito, si contorceva quasi come avesse una polvere orticante nelle mutande e non vi dico Caridad, il viso contratto in una smorfia beata, mentre una riga umida pendeva dalla piega del suo labbro fino a macchiare il pavimento; Jazmin, invece, dormiva seraficamente, trovando agio sulla spalla di Ines. Era una scena, in modo suo, demenziale e faceva tale pressa su Tefi, da invogliarla a scattare una foto col cellulare per fare scandalo al mondo telematico.
“Questa è stupenda…”
Emise un risolino sommesso, compiacendosi dell’imbarazzante incaglio delle ragazze, una volta svelato al mondo le loro debilitazioni estetiche. Ne scattò una quintina, escluse due davvero indecenti e un’altra un po’ sfocata. Mise in rassegna le foto meno adatte a corroderle dall’imbarazzo, procreando un vero e proprio book di papere e gaffe; inclusa una carrellata sulla saliva di Caridad e il piccolo laghetto sul parquet.
“E se fossero reduci da una sbornia?” valutò questa sadica idea, dapprima propensa a rassegnarsi all’omissione, ma che prese definitivamente forma quando Tefi raccattò dai suoi cosmetici, un rossetto rosso vivo. Si avvicinò al volto pallido e perfetto di Jazmin, la più placida tra tutte, la guancia in bella vista, facendo risonanza al sadico stimolo di Tefi, che lo osservava con l’acquolina in bocca.
“Ecco, ci siamo…”
Schizzò un tratto deciso sulla gota in prominenza, conferendole l’aria di una rustica aborigena, insieme a quel pigiama dalla fantasia animalesca. Tefi era sull’orlo delle lacrime e della compiacenza assoluta.
“Che stupida! Non si è accorta di nulla…” rise Tefi, sfocando il rossetto con il polpastrello.
Ma la sua compiacenza cessò quando sentì una voce familiare cospirare alle sue spalle. Si voltò e vide il sorriso serafico e perfido della bionda gitana, stampato come un bollo da cui traspariva un drastico cambio di ruolo.
“Che dicevi, Tefi?”
Tefi rimase per alcuni secondi a boccheggiare parole confuse.
“All’attacco, ragazze!”
Davanti a sé, le palpebre di Valeria e Ines balzarono scattanti, mostrando occhi fulvi e vividi di perverso piacere nel percepire il palpabile nervosismo di Tefi; Caridad ostentò in un primo momento una smorfia frastornata, per poi assumere una condiscesa combattività.
“Che volete fare? Non è giusto! Siete in cinque!” protestò arditamente la ragazza, brandendo il rossetto a mo di scimitarra, sebbene ciò non smuovesse minimamente la schiera femminista che, come arma, si avvaleva dei propri intimidatori sorrisi beffardi.
“Addosso!” sentenziò Valeria, abbrancando con tale slancio e rapidità le esili gambe di Tefi, che Caridad ebbe il timore che si sbriciolassero come canne di bambù.
La replica di Tefi fu una disperata stretta alla sua bionda chioma, che ballava al comando della burattinaia in preda a schizofrenia, causa di uno sconquassante grido da parte di Valeria, subito accorsa dalla migliore amica Ines, che respinse con la stessa moneta
“Lasciami i capelli!” sbraitò Tefi, emettendo uno stridulo lacerante
“Jazmin, prendile il rossetto!” gridava Ines, prima che una traccia rossa potesse disegnarsi sul suo volto, conferendole l’aria di un emerito pagliaccio
“No, quello no!”
Caridad era l’unico mediatore di pace a cui nessuno prestava attenzione, dato che le sue parole erano soppresse dalle urla delle litiganti; purtroppo per lei erano come leoni in una gabbia con un solo pezzo di carne cruda al centro.
Tra tutte, la più valente era Ines, incentivata dal fatto che Tefi minacciava la sua integrità, sul punto di confessare la suddetta tresca con Rama a Valeria; prontamente la bionda gettava un qualsiasi ente contundente su quella boccaccia da tucano.
“E’ scoppiata la Terza Guerra Mondiale, per caso?” esordì la voce di Mar, inascoltata tanto per cambiare. Seguirono altri vani tentativi di placare le acque, ma alla fine preferì dissotterrare l’ascia e bearsi del caratteristico aroma del mattino, specifico in quella variazione di bucato pulito e pasta dentifricia alla menta.
“E va bene! Ai mali estremi, estremi rimedi!” borbottò Caridad, al limite della tolleranza consentita dai suoi standard da angelo del focolare. Portò il registratore – il fatidico registratore – in alto, alla distanza di un braccio e lo accese in modo che si sintonizzasse in quella frequenza.
“Basta!”
La voce di Nico ingerì la baruffa come una folata polare, tacendo persino il ticchettio dell’orologio adagiato sul comodino. Sul volto della paesana era stampato a marchio di fuoco un cipiglio a dir poco intimidatorio.
“Ora, tutte a lavarsi!”
Quella sottospecie di piramide di corpi si disfece; Ines, molto grossolanamente, spinse Tefi in fondo alla fila indiana che si dissolveva oltre la soglia della porta che dava sul bagno. Non si capirono le parole mormorate dalla biondina alla rivale, ma a giudicare dalla smorfia di Tefi, varcavano i limiti del legittimo.
Anche Mar parve rinsavita, una trasfusione di caffeina così abbondante che anche i solchi nella parte inferiore della palpebra scomparvero.
“Caridad, mio generale… Devo andare a lavarmi anch’io?” chiese, candidamente.
I toni languidi non smossero il volto cagnesco di Caridad, che le inviava un solo ed inequivocabile messaggio: Vai o ti trucido!
Inteso questo Mar gettò all’aria il lenzuolo fresco di bucato, per affastellarsi in quella marmaglia imbestialita che, tanto per cambiare, discuteva dei turni del bagno.
 
 
Di mattina, a colazione, gli animi erano più fervidi che mai, era un assioma alla Casa Magica e, più o meno, tutti ci avevano fatto l’abitudine, comprese le novelline (Caridad, Ines, Valeria e via discorrendo), l’infiltrato e i frequentatori assidui – o meglio i frequenti rompiballe – ovvero Nacho e Simon.
Sempre lo stesso film per la povera Marianella.
Simon che imboccava Ines, la quale riceveva cipigli gelosi da Rama e il più totale menefreghismo di Valeria; Caridad che tentava di sedurre Nacho con una frittella fatta in casa, guarnita con tutti i fronzoli possibili; Nico che recitava a memoria sermoni sulla corretta dieta in gravidanza a Cielo e i commenti poco graditi di Malvina… Insomma, la medesima pellicola riavvolta sempre allo stesso punto del nastro.
Nel fatidico pomeriggio del Ventisette Settembre, anno domini 2011, la situazione avrebbe preso un risvolto a dir poco imprevisto per lei, dopo mesi di puro tedio e sconforto.
Era iniziato con un semplice Mar, va a fare queste commissioni per Feli… Cioè Justina… Insomma, vai e basta! E alla lista si erano aggiunti alcune richieste di amici, amiche, bambini, lattanti e una donna incinta, quindi fate i vostri calcoli…
Sulla strada asfaltata soda e salda brillava il tramonto, proprio come sui riflessi ramati di una ragazza barcollante, con in mano, in braccio e persino in vita le buste delle richieste barra commissioni.
“E’ incredibile che mandano a me tutti i giorni a fare la spesa! Non hanno il benché minimo…”
Vacillò pericolosamente, rischiando veramente una grossa carta, ma una riequilibrio provvidenziale la rimise in sesto. Emise un sospiro di sollievo, per poi riprendere a camminare, a prescindere dal sole radente l’asfalto e la fronte, imperlandola di gocce.
Subitamente, vi fu un secondo attentato al suo equilibrio, stavolta ristabilito da una salda presa al polso destro. Le buste, adagiate a terra, parevano illese.
“Sei tu?”
Le parole di Mar si persero in un sospiro finale, per poi abbandonarsi in un tono piatto, senza alcun riserbo nel lasciar trasparire ogni minimo tentennamento da parte della ragazza, piantando sullo sguardo del suo salvatore due nocciole dilatate.
“Quanto tempo…” disse lui, raccogliendo le restanti buste e caricandole un po’ sulla schiena
“Ti hanno visto gli altri?”
Avrebbe voluto trafficarlo di domande sparate a tutta forza, ma l’ incredulità impressa come uno stucco sul suo viso, sbarrava fermamente ogni contatto con le facoltà della parola. Dal canto suo, lui si limitò a rispondere con un vago ghigno.
“Sei ridicolo con quegli occhiali, sai!” diceva “E cos’è quella piazza d’armi sulla testa?”
Continuava imperterrita lei, mordace, scrupolosa nel formulare ogni singola frase senza alcun tentennamento in modo da ostentare una finta passività nel rivederlo dopo un lasso di quasi sei mesi.
“Quanto tempo sono stato via?” disse lui, ascoltando solo passivamente la sfilza d’insulti che continuava a borbottare Mar
“Sei dannati mesi” rispose lei, con un’inflessione più sferzante del solito
Lui si fermò di botto, come a meditare su un pensiero abbastanza ambiguo.
“Cavolo…” sospirò lui “In Indonesia si perde proprio la cognizione del tempo”
“Già, la sai una cosa…” disse lei, schermandogli la strada e assumendo il comando della situazione
“Sono trascorsi proprio velocemente. I ragazzi si sono divertiti e io non sai quanto… Però si sentiva che mancava quel pizzico di acredine in più…”
“Comprensibile, non penso che gli altri litighino come due vecchie ciabattaie”
“Parla per te”
Sfoderò una risata sommessa, evidenziata solo da un ghigno impertinente. Lei, frattanto, continuava a impedire il passaggio. Tenace lei.
“E comunque, tra me e Simon è definitivamente finita, ma ho conosciuto un ragazzo… Anzi tanti ragazzi, non sai quanti. Ogni sera avevo l’imbarazzo della scelta…”
Lui le adagiò la mano sulla testa e batté due volte, con fare affettivo.
“Non avevo dubbi”
Detto questo si congedò, scansando di lato la sorella esterrefatta, salutandola con un ultimo cenno del capo.
“Ci vediamo dentro, sorellinafu il suo ‘saluto’, momentaneamente.
Frattanto lei meditava ancora sulla sua frase ambigua e quando finalmente capì cosa intendevano quelle parole, arrossì in una smorfia di sdegno.
 
 
“E’ tornato… Sicuro che è tornato, non è una presa in giro? Mi state grattando i fondelli oppure è solo per burlarvi di una povera vecchia?”
Justina e la sua sfilza di borbottii perseverarono fino a quando la figura di Thiago Bedoya Aguero, abbronzato e levigato, non emergesse dalla marmaglia di ragazzi urlanti. Detto questo, la dolce Medarda Garcia potette riposare in pace.
“Però, quanto sei diventato bello. Sai, sei bello quasi quanto me se non fosse che gli uomini un po’ più maturi vanno forte” disse Nico, carezzandogli in modo mascolino il mento levigato.
“Certo, guarda cosa hai fatto a Cielo”
Thiago sentì una forte pressione stringergli la nuca, mentre le narici dilatate di Nico alitavano sul povero ragazzo, troppo stupido e con la lingua troppo lunga.
“Ripetilo se hai il coraggio”
“Perdono… Tregua…”
“E non fare mai più una cosa del genere alla mia principessa” disse, facendo l’occhiolino verso Mar.
Nico lasciò la presa, tastando l’incavo tra il medio e l’indice, facendo un commento sulla sua forza bruta; mentre Caridad preparava un’ infusione di rosmarino e limone per placare il rodimento sulla nuca. Cielo non lasciò impunito il marito, riservandogli un sermone bello tedioso, che per poco non fece anestetizzare persino quella povera creatura che aveva in grembo.
Mar studiava la scena da un angolo strategico della stanza. Aveva provato una sadica soddisfazione nel vederlo urlare come un bambino sculacciato.
“Sta meglio con questo taglio” commentò Jazmin, serafica.
Mar avrebbe potuto tranquillamente ostentare il proprio fastidio nel sentire la propria migliore amica – (non) fidanzata, per giunta – dirle quelle parole.
“Già, che bella quella piazza d’armi… Soprattutto perché ha il problema dello shampoo giusto” fu la replica sadica di Mar. La sua ironia non perdeva nessun colpo.
“Andiamo non te la prendere e vieni a festeggiare con noi”
Mar, quel giorno, paragonava, con la stessa facilità di un gancio a boxe, la sua migliore amica a una fastidiosa spina nel fianco, specialmente con quel suo modo talmente languido di increspare i nodi con le dita intrecciate al biondo sporco dei capelli.
“Dai Jazmin, sai che…” intervenne provvidenziale Ines, lasciando sospesa la frase in modo da non ricevere il suddetto gancio
“E con questo! Saranno tipo due mesi che…”
“Sette, Jazmin!” la riprese Mar, sorridendo poi a Ines.
La bionda rimase visibilmente devastante e per rimediare le adagiò una mano sulla spalla in segno di sostegno; Mar, di ricambio, le sorrise per poi perdersi in un abbraccio con le sue tre amiche.
A un certo punto della festa – mentre le coppie si scambiavano tenere effusioni – Cielo alzò un bicchiere e tentennò un cucchiaio per richiamare l’attenzione. Lo scialbo suono argentino non bastò a destare l’interesse generale.
“Ragazzi… Mi ascoltate…”
Ora chiamerà Nico.
“Nico” disse lei, scambiandogli uno sguardo d’intesa
“Subito, amore” si schiarì la voce “Ragazzi!”
E come al solito, la provvidenziale voce da basso di Nico placò l’onta di fidanzatini, fidanzate e vecchie megere che mugugnava.
“Ora che è tornato Thiago…”
“Rama basta baciare Valeria” s’interpose Nico, puntando uno sguardo inquisitore anche su tutti gli altri per smascherare ulteriori doppi giochi
“Ora che Thiago è tornato, sarete certamente felici di sapere che i Teen possono prendere vita”
Tutti si scambiarono battute e bisbigli, innescando un altro borbottio.
“I Teen?” disse Tacho
“I Teen Angels, ragazzi, la vostra band” rivelò Cielo, rivolta in particolar modo ai sei, seduti in fila. Jazmin e Ines sorrisero a propria volta, Mar pareva indifferente, lo stesso Thiago, mentre Rama e Tacho visibilmente confusi, come se l’animo maschile potesse assimilare due concetti per volta.
“Congratulazioni!” esclamò Caridad, abbracciandoli uno ad uno.
In quella Casa si parlava di future band già da molto tempo ed era un progetto in stato avanzato, quindi non potevano astenersi dall’innescare reazioni scatenanti nelle giovani persone che attendevano solo il loro debutto. A quel punto Tefi iniziò a inveire sul fatto che anche lei voleva essere parte integrante di un gruppo musicale, ma subito ammonita da Melody e i suoi sermoni di contegno.
“Avrei anch’io una cosa da dire…” esordì Thiago
“Dì pure”
“In questi sei mesi in Indonesia ho avuto modo di meditare sulla mia situazione…”
Vi fu un riferimento implicito a Mar, ciò prescindeva dal fatto che non fosse stato presente per sette mesi e avesse, in un certo senso, lasciato intendere una richiesta di perdono. Eppure, da quando era arrivato, aveva partecipato attivamente ai giochi di famiglia, persino quelli che egli stesso definiva ridicoli, rivolto la parola a tutti che, di reazione, avevano reagito nel migliore dei modi, facendogli domande sull’Indonesia.
“Che barba! La solita arringa…” commentò sardonica Mar a Valeria, che rise sommessamente
“E ho conosciuto una persona”
“No, mi interessa!”
Jazmin e Ines si scambiarono uno sguardo che lasciava poco all’ottimismo.
“Mi ha aiutato nel mio rito spirituale e per ricambiare le ho promesso di farle visitare l’Argentina”
“Ma è qui?” chiese Mar, sinceramente interessata
“In realtà sì. E’ con zia Malvina”
Mar quasi balzò dalla sedia e rischiò di mandare di traverso il boccone appena imbeccato dal cucchiaio.
Distinse la voce di Malvina e i passi avvicinarsi, inarrestabili
“Che amore che sei, piccolina”
Sulla soglia della porta si stagliò la figura di una ragazza, di bella presenza, sulla quindicina o giù di lì, comunque col viso e il fisico di un’adolescente in fiore. Ciò scatenò nei ragazzi reazioni di compiacimento per la nuova arrivata. Mentre le ragazze commentavano poco carinamente il suo abbigliamento, piuttosto retrocesso agli anni del dopoguerra.
“Ciao”
Aveva una voce gradevole, almeno per i ragazzi, accecati da Cupido o dal fatto che loro stessi per contratto non vedono nulla oltre il loro naso.
“Lei è Luna, ragazzi”
“Si, tutto quello che vuoi… Resterà qui? Si, no, forse, una notte?”
“Mar, in realtà… Lei è venuta a vivere in Argentina, quindi…”
“Come?”
Thiago si avvicinò alla sua presunta amica, stringendole i fianchi amorevolmente e stampandole un bacio intriso d’affetto sulla guancia.
“Oh, merdaccia!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Saria :D
Ragazze, dopo quasi un anno, la storia è conclusa, ma – come potete dedurre dal finale ambiguo – non è finita qua! Pubblicherò il primo capitolo della seconda serie di Tu sei mia sorella e… Io ti amo! a breve, forse in occasione del primo compleanno della storia che mi ha dato tanto, comprese lacrime e sadiche risate per le disavventure dei miei protagonisti :D
In questo frangente dovrei ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuta, aiutata e via discorrendo, quindi dedico questo capitolo finale a tutte voi, fanciulle mie :D
In particolar modo:
  • Serena
  • Giulia
  • Barby
  • Noemi
  • Pixel
  • Dali
Che mi seguono da tanto! Ma grazie anche a voi :D
 
Ci sentiamo presto perché non vi libererete di questa storia! E di me… Saria.
   
 
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