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Autore: _Shantel    07/04/2011    8 recensioni
Liceo scientifico L.
Prendete Alice, liceale di diciotto anni che vive in un mondo fantastico; aggiungete Davide, il bello-e-dannato della scuola che è il suo sogno proibito: sommate anche Federico, il migliore amico di Alice, di cui lei si invaghisce; infine moltiplicate per Edoardo, il fidanzato immaginario della ragazza che assume le fattezze dell'affascinante "Blaine", uno gigolò. Risultato?! Un gran pasticcio per la povera Alice da lei stessa creato, senza immaginarsi quello che poteva succedere. Ma in questo caos riuscirà anche a scoprire l'amore per la prima volta. Già perchè, come dice lei stessa...
Mi chiamo Alice Livraghi e non ho mai baciato un ragazzo
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C a p i t o l o 2

Cioccolata con panna


«Sono confusa» cominciò Benedetta, mentre camminavamo verso l'aula.
Strinsi le spalline dello zaino e sospirai, facendomi forza mentalmente ad affrontare l'ennesimo problema di cuore della mia amica, la solita routine.
«Ieri ho beccato Marco in metropolitana mentre andavo in centro» esordì nervosa «Abbiamo fatto il viaggio insieme. Fin qui tutto ok. Ma poi ha cominciato ad abbracciarmi, a darmi i baci sulla fronte, a stringermi la mano, a dirmi cose carine»
«Dove sta il problema?» domandai dubbiosa, lasciando cadere la cartella sul pavimento.
«Il problema è che mi piace un altro e vorrei combinare qualcosa con lui» mi guardò maliziosa «Ma se Marco fa così mette in crisi i miei ormoni!»
Corrugai la fronte e mi sedetti sul tavolo per aspettare l'arrivo del professore.
«Non mi hai mai parlato dell'altro» ero davvero dubbiosa. Solitamente ero la prima a sapere delle sue conquiste.
«L'ho conosciuto in palestra» mi prese le mani elettrizzata guardandomi con occhi dolci «È tenerissimo ed è bello da paura!»
Sorrisi, annuendo, anche se non mi interessava affatto sapere vita morte e miracoli di quel palestrato da strapazzo, il tipico ragazzo che piaceva a Benedetta. Tutto muscoli ed apparire, ma privo di qualsiasi vita cerebrale. Non ascoltai più quello che mi diceva anche se davo l'impressione di farlo inframezzando il discorso di Germa con qualche Mh di finto interesse.
Dopo poco tempo, quasi tutte le ragazze della classe di riunirono intorno a me, cominciando a parlottare tra di loro. Mi misi ad ascoltare le loro storie, soprattutto avventure amorose, che mi ingelosivano e non poco. Ero sempre quella che ascoltava aneddoti sessuale e su biancheria intima, che rideva anche se non sapeva di cosa si stesse parlando, senza però mettere mai becco in nulla. Mi stupii nel sentire che anche ragazze che non credevo avessero una vita sociale, come Francesca Lamira, 90 kg di brufoli, pelle grassa e vanità e la faccia rubata ad un pesce lesso, insomma, non il massimo della bellezza, in realtà erano regine della movida e corteggiate da numerosi ragazzi -ciechi, ovviamente. Ecco, Francesca Lamira aveva un fidanzato. Lo scoprii solo in quel momento e il mio morale era andato a finire sotto le scarpe di Galeazzi, con lui dentro ovviamente. Immaginatevi la sofferenza. Ero convinta che anche lei avesse la mia stessa vita e mi consolava pensare di non essere sola. E invece lo ero eccome. Era anche un bel ragazzo! Stava propinando a tutte la foto del suo fidanzato, un tamarro di prima categoria, con i capelli rasati e un fisico da urlo. Che cosa c'entrava con Lamira?
«E tu Alice? Cosa ci racconti?» mi domandò ad un tratto Cristina, la bella della classe, con i capelli biondi e ricci e il viso da gatta. Il suo tono era sarcastico, mi riteneva una sfigata e sapevo da fonti certe -il mio sesto senso ipersviluppato - che rideva di me alle mie spalle.
«Una favola?!» azzardai.
Cristina ghignò e mi guardò nuovamente con aria di sfida.
«Sempre sola soletta?» chiese con voce stridula.
In quel momento avrei voluto strappargli i capelli ad uno ad uno o anche prenderla a schiaffi a due a due finchè non diventavano dispari. Ma mi limitai a sorriderle alzando le spalle.
«No, non è sola soletta!» intervenne in mia difesa l'avvocato Sago «Ha un ragazzo. Oh, oh, oh!» imitò la risata di Babbo Natale.
Mi tenni la fronte con la mano. Sarebbe stato più facile trovare l'elisir della vita eterna piuttosto che tenere a freno la bocca di Germa.
«Si chiama Edoardo» continuò la mia amica «Diglielo te!» continuò rivolgendosi a me.
Avrei voluto sparire sottoterra piuttosto che parlare di quel ragazzo immaginario. Già mi trovavo in difficoltà a parlarne con le mie due amiche, parlarne con la iena Cristina era un supplizio. Non sapevo che cosa inventarmi e lo sguardo felino di lei mi metteva in soggezione.
«E com'è?» chiese con la sua solita aria di superiorità. Che cosa mi trattenne dal prenderla a schiaffi non saprei dirlo.
«Bello» sospirai.
«Bello come?» continuò. Sapevo che lo faceva per mettermi in difficoltà. Cristina era sempre stata dubbiosa sui miei immaginari flirt, lo capivo dal tono ironico con cui mi parlava di ragazzi. Dovevo sembrare sicura di me, sennò addio reputazione.
«È moro, con gli occhi scuri, abbronzato e un fisico da sballo» descrissi più o meno come doveva essere il mio ragazzo ideale. Lo immaginai, descrivendolo, bello davanti a me, peccato che fosse solo un'illusione.
Cristina sogghignò. Forse ero stata un po' troppo eccessiva e quindi poco credibile. Anche Benedetta mi guardava dubbiosa.
«Anche quel cesso di Lamira ha un fidanzato figo, ma nessuna ha fatto storie» dissi, beccandomi poi uno sguardo di fuoco da Francesca.
«Il suo ragazzo lo conosco» ribattè Cristina a braccia conserte sotto il seno evidentemente gonfiato da calzini o chessò io «Gliel'ho presentato io. Dei tuoi fantomatici fidanzati» fece le odiose virgolette «non ne abbiamo visto nemmeno uno»
«Di certo non li vengo a presentare a te, sennò diventeri cornuta» ribattei scocciata. Cristina mi guardò con aria di sfida, prima di tornare al suo posto, in fondo alla classe, a farsi la manicure, pedicure e la seduta dal parrucchiere.
Mi ritrovai lo sguardo inquisitorio di Benedetta addosso e già avevo capito che, istigata da quella gallina bionda, pensava che Cristina avesse ragione. Bene, ero stata smerdata ufficialmente.


Era la prima volta, in quasi diciotto anni di vita, che mettevo piede nella biblioteca del mio paese, non sopportavo il silenzio che regnava in quel luogo ed era anche fin troppo serioso per un tipo come me. Ma quel giorno avevo ritenuto necessario rintanarmi in quel posto in cerca di una tranquillità che a casa mi potevo solo sognare. Mio fratello aveva avuto la grande idea di invitare i suoi fantastici e simpaticissimi compagni di corso, una serie di rumorosi e fastidiosi Smell.
Anche in una biblioteca, però, riuscivo a non studiare. Il libro di filosofia era aperto davanti a me e Leibniz mi implorava di leggere le sue stupide teorie. Ma non mi riusciva proprio concentrarmi su di lui, preferivo dondolarmi sulla sedia con la matita sulle labbra arricciate e le mani dietro la testa.
Quella stupida Cristina mi aveva distrutto la mattinata e ora anche Benedetta aveva cominciato a sommergermi di domande dettagliate, tormentandomi per cercare di capire se i dubbi dell'arpia sulla mia vita sentimentale fossero veri. Non contenta delle mie risposte, voleva anche conoscerlo. Le avevo detto che per il momento era solo una frequentazione e che glielo avrei presentato più avanti. In che guaio mi ero cacciata?!
«Ciao» sentii mormorare da dietro.
Sobbalzai e per lo spavento persi l'equilibrio, cappottandomi con tutta la sedia, con tanto di urlo. Uno Shhh! generale si levò dalla biblioteca, nemmeno lo avessi fatto a posta ad urlare. Ero caduta e mi ero anche fatta male. Sentii una risata soffocata, poi vidi apparire sopra di me il volto sorridente di Federico.
«Stai bene?» mi chiese, allungandomi una mano, trattenendosi a stento dal ridere.
La afferrai e mi tirai su pesantemente quasi fossi un pachiderma.
«Stavo meglio prima» risposi ricomponendomi. Era più il tempo che passavo per terra in seguito ad una caduta che in piedi.
Tornai a sedermi, facendo finta di nulla.
«Non pensavo di trovarti qui» mormorò sedendosi accanto a me.
«Nemmeno io» era più rivolto a me stessa questo commento che a lui.
«Io vengo sempre in biblioteca a studiare» sorrise sornione.
«Da quando sei diventato un secchione?» domandai.
«Da quando, l'anno scorso, ho rischiato di essere bocciato» rispose con un sorriso «E tu, invece, cosa ci fai qui? Per giunta al mio tavolo personale»
«Raffaele sta facendo baldoria e non riesco a studiare» sospirai «E non mi pare che qui ci sia scritto proprietà di Federico Abbate! Se sapevo che era il tuo posticino avrei scelto un altro tavolo» ridacchiai divertita.
Lui mi pungolò il fianco parecchie volte con il suo enorme dito indice, facendomi sobbalzare sulla sedia, mentre lui si divertiva come uno stupido.
«Mi fai male» piagnucolai, dandogli un leggero schiaffo sulla mano.
Federico mi strinse per una spalla tirandomi verso di lui e facendo combaciare la mia guancia con i suoi pettorali. I pensieri impuri su di lui si sprecarono a sentire quei muscoli così sviluppati sotto la mia pella. Sentivo le guance infuocate e sicuramente il mio volto aveva assunto uno strano colore rossastro. Il mio cuore batteva all'impazzata, voleva schizzare fuori dal petto. O soffrivo di tachicardia, ma lo escludo anche perchè avevo solo diciotto anni, oppure Abbate aveva uno strano effetto su di me. Una sua mano accarezzò delicatamente i miei capelli scivolando lungo la mia guancia. Il suo indice andò sotto il mento sollevandomi il viso dal suo petto e costringendomi a guardarlo negli occhi. Se non morivo in quel momento, mi sarei potuta dire immortale.
Mi diede un bacio.
Sulla guancia.
Un maledettissimo bacio sulla guancia, quando, per un momento, avevo sperato che le sue labbra potessero sfiorare le mie.
«La mia piccola Alice» mi disse, stringendomi più forte e dondolandomi a destra e a sinistra.
«Come mai queste coccole?» domandai non appena mi liberò, mentre mi ricomponevo. Fortunatamente il cuore aveva ricominciato a battere regolarmente.
«Dobbiamo recuperare gli anni di lontananza» rispose sorridendomi «Che ne dici di chiudere Leibniz e andare nel nostro ritrovo invernale? Almeno possiamo parlare tranquillamente» mi chiuse il libro davanti agli occhi.
«In realtà dovrei studiare» obiettai, riaprendo al capitolo, ma lui lo chiuse nuovamente «Deduco che non fosse una proposta ma un ordine»
Federico sorrise con aria furbetta. Leibniz non avrebbe apprezzato il fatto che preferii Abbate a lui e nemmeno il mio libretto che di lì a poco sarebbe stato marchiato con un altro voto insufficiente. Ma come potevo resistere agli occhi dolci di Federico? E come ai suoi pettorali, alle sue addominali, alle sue braccia...
Smettila Alice!
I miei buoni propositi di studiare filosofia affogarono in una cioccolata calda. Il nostro ritrovo invernale altro non era che un piccolo bar in piazza della Vittoria specializzata in deliziose cioccolate. Ce n'erano di ogni gusto, alla frutta, con liquori, bianche, rosse, verdi. Ok, sto esagerando. Un ottimo modo per passare un gelido pomeriggio di Gennaio. Io e Federico avevamo il nostro appuntamento quasi quotidiano in quel posto, lì erano racchiusi tutti i nostri ricordi e le nostre chiacchierate da bambini delle medie.
«Pensavo che avesse chiuso» commentai entrando. Non era cambiato nulla dopo cinque anni, nemmeno la proprietaria e sua figlia, così come i clienti scarseggianti. Sembrava che quel locale fosse stato ibernato nell'anno 2006.
«Federico, Alice!» esclamò Gianna, la proprietaria del locale, una minuta e simpatica signora dai capelli rossi.
Mi stupii che, nonostante fossero passati anni, si ricordasse di noi, soprattutto che avesse riconosciuto Federico, dato il suo cambiamento radicale da ragazzo-sfigato-tredicenne-basso-rachitico-e-cesso a ragazzo-alto-figo-con-un-fisico-pazzesco.
«Debora» chiamò sua figlia eccitata di rivederci «Te li ricordi?» domandò.
La donna, che ormai aveva superato i 35 anni, dai capelli crespi e castani, stretta in un grembiule evidentemente troppo piccolo per i suoi fianchi generosi, ci guardò roteando uno straccio nel bicchiere. Socchiuse gli occhi, mettendoci a fuoco, scoppiando poi in un sonoro Oh! annuendo.
«Quanto siete cresciuti!» commentò Debora.
«È bello vedervi insieme» prese nuovamente la parola Gianna «Avevo sempre saputo che voi due vi sareste fidanzati» disse maliziosa.
Mi irrigidii all'istante al solo pensiero che io e Federico davamo l'impressione di essere una coppia, una di quelle adolescenti che fanno...ehm...sesso. Il sangue non mi arrivava più al cervello, avevo disconnesso con quello che c'era intorno a me, sentivo solo il mio cuore che pulsava nelle orecchie e quel caldo punzecchiante e fastidioso a causa dell'imbarazzo.
«Siamo una bella coppia, eh!» esclamò divertito Federico acchiappandomi per un braccio e stringendomi a lui. Omicidio, questo era un omicidio! Lui mi voleva morta. Mi diede un bacio dulla fronte per poi rivolgere un altro sorriso alle due donne.
«Ma mi dispiace dirvelo, non siamo fidanzati»
Gianna battè le mani portandosele al petto con una faccia disperata come se le fosse morto il gatto.
«Però stareste bene insieme!» continuò Gianna.
«Ci penserò» ribattè lui. Il suo tono era inquietante. Serio, troppo serio per essere una risposta ad una sciocchezza di una povera donna di sessant'anni. Quel pomeriggio avrei fatto meglio a rimanere a studiare filosofia.
Federico le sorrise, lasciandomi imbambolata in mezzo al locale, andando a sedersi ad un tavolo rotondo.
«Io non me lo farei scappare» mi sussurrò Gianna «Hai visto come si è fatto bello?»
Grazie signora, un ottimo modo per farmi passare un momento di totale timidezza.
«Alice» mi chiamò Federico «ti sei pietrificata?»
Avrei voluto rispondere di sì, per colpa tua, ma mi limitai a raggiungerlo camminando come un robot, tesa e rigida, con la faccia rimpiazzata da un peperone rosso acceso.
«Stai bene?» tentennò lui dubbioso, guardandomi con un sorriso seducente che peggiorò la situazione in cui mi trovavo.
«Sì» risposi con voce tremante, togliendomi il giubbotto e abbandonandolo sullo schienale della sedia.
Debora arrivò subito a prendere le ordinazioni. Per fortuna, almeno avrei avuto il tempo di riprendermi.
«Cosa prendete?» domandò.
Prima che potessi aprire bocca, una manona di Federico mi apparve davanti al volto facendomi tacere.
«Cioccolata bianca alle nocciole con stelline di zucchero» disse «Ho ragione?»
Boccheggiai, portandomi nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio, guardando il tavolo di marmo ad un tratto interessante. Se si ricordava una cosa del genere, dovevo essere molto importante per lui. Dio, che imbarazzo!
Debora segnò l'ordinazione e tornò a guardare Federico interrogativa. Ma questa volta fui io a prendere la parola.
«Cioccolata fondente con panna» dissi intimidita «con una spruzzata di cannella»
La donna ci rivolse un sorriso lasciandoci da soli. Lui mi guardò stupito, con la bocca spalancata e le braccia aperte sul tavolo.
«Te lo ricordi?» domandò.
Mi strinsi nelle spalle, facendomi piccola, più di quanto già non fossi.
«Bè, anche tu ti ricordavi»
«Sì, ma ti ricordavi anche il piccolo particolare della cannella» continuò abbassando il tono e passandosi una mano tra i fluidi capelli biondi.
«I piccoli particolari delle persone importanti si ricordano facilmente»
«Importante?» balbettò.
Rise nervosamente e io mi unii a lui. Sembravamo due deficienti. Vederlo cosí imbarazzato e paonazzo era come avere me stessa dopo un incontro con Davide. E a me Saronno piaceva. Facendo un rapido calcolo...Oddio! Qualcuno mi salvi da questa situazione!
Debora sembrò aver ascoltato le mie preghiere arrivando con un vassoio con le nostre ordinazioni. Appoggiò le due cioccolate sul tavolo insieme ad un piattino di biscotti e si dileguò con un sorriso. Ne afferrai subito uno, inzuppandolo, e mangiandolo avidamente. Ero più che convinta che questa era una vendetta da parte di Leibniz nei mie confronti per averlo abbandonato.
«Quanti pomeriggi passati qui, ricordi?» finalmente Federico, riacquistata la calma, aveva ripreso a parlare.
«Già» risposi solamente evitando il suo sguardo.
«Ore intere a sparlare dei nostri compagni!» si portò un cucchiaio di panna alla bocca, leccandosi via quella rimasta sulle labbra. In quel momento avrei voluto essere la panna.
«Tu eri una portinaia!» esclamai «Sapevi tutto di tutti e spettegolavi! Sembravi una vecchiette di paese! Ti mancavano solo i ferri e un gomitolo ed eri perfetto» risi e Federico si unì a me.
«Tu non eri da meno!» esclamò sorseggiando la sua cioccolata.
«Sì ma eri sempre tu che iniziavi il discorso!» gli ricordai.
«Bè la mia vita era talmente piatta che dovevo per forza parlare di qualcun altro»
Bevve l'ultimo sorso e si pulì le labbra con un tovagliolo.
«Sei ancora una portinaia?» gli domandai.
«No» ridacchiò «Ora ho una vita sociale, per cui mi faccio gli affari miei»
Quindi l'unica che ancora doveva parlare degli altri per poter chiacchierare con qualcuno ero io, che bello! Affogai quel mio dispiacere in un altro biscotto e nella mia cioccolata bianca ormai tiepida. Avrei voluto ordinarne altre due per la disperazione ma avrei fatto la figura dell'ingorda e della depressa incallita.
«Ce l'hai il ragazzo?» mi domandò alla sprovvista.
L'ultimo goccio di cioccolata mi andò di traverso. Tossii cercando di non morire soffocata, colpendomi forte al petto. Federico si precipitò da me e stava per prendermi a schiaffoni sulla schiena, ma riuscii a fermarlo in tempo prima che mi sfasciasse.
«Sto bene!» annaspai con le lacrime agli occhi «Comunque, no, non sono fidanzata» gli dissi, dopo essermi ripresa. Di certo non potevo dirgli di Edoardo, sarei stata una sciocca a farmelo scappare, come aveva detto la saggia Gianna.
«Avrai un sacco di spasimanti, allora» commentò.
«Sì, un sacco» dissi in un misto tra l'ironico e lo scocciato «E tu, sei fidanzato?» chiesi, anche se sapevo che era single.
«Io mi sono appena lasciato» sospirò «Ci siamo lasciati dopo due anni»
«E come mai?» fu la mia curiosità a parlare.
«Cornuto!»

Avrei voluto che il motivo per cui si era lasciato fosse stato un altro, almeno lo avrei usato come scusa per la rottura con Edoardo. Ma sempre e comunque c'erano di mezzo le corna.
«Avrai un sacco di spasimanti» dissi sogghignando.
«Sì, abbastanza» rispose soddisfatto, scoppiando poi a ridere. ma ero sicoro che una decina di ragazze che gli morivano dietro c'erano.
Federico mi offrì quella cioccolata e ci avviammo verso casa. Cercai per tutto il tragitto di non capitare più sul discorso fidanzati. Pensavo che il voler mettere il naso nella vita sentimentale altrui fosse una cosa da ragazze, ma mi sbagliavo. Perchè mai era così importante sapere se l'altro aveva o meno il fidanzato?
«Sai Alice, c'era una cosa che volevo dirti» mi disse Federico davanti al portone del mio palazzo. Aveva le mani nelle tasche dei jeans e si guardava i piedoni.
«Dimmi» incalzai.
Si morse il labbro inferiore e si avvicinò a me. Addio mondo, mi dissi quando lui mi strinse a sé. Gli arrivavo a malapena al petto, ma riuscivo a sentire il battito ipnotizzante del suo cuore. Esitò qualche istante, prima di dirmi...
«Ti voglio bene» tentennò insicuro.
Uno stupidissimo T.V.B?! Rimasi di sasso a sentirmi dire quelle cose. Mi aspettavo che mi dicesse una cosa del tipo Sai, tu mi sei sempre piaciuta, oppure Sono cinque anni che ti aspetto e finalmente posso dirti che ti amo. Mi sarei accontentata anche di un semplice bacio a stampo!
Mi baciò delicatamente sulla guancia prima di andarsene. Confusa, ero stramaledettamente confusa. Cosa dovevo pensare? Di piacergli, visto l'imbarazzo con cui mi aveva parlato al bar,per gli abbracci e i baci che dispensava oppure mi considerava solo come un'amica ed ero io a vedere e sentire cose che non esistevano?


Ero sdraiata sul letto ad accarezzare amorevolmente Milky guardando la prima ed emozionante sfida di Amici. Avevo anche tirato fuori il pigiama blu dall'armadio per sentirmi più vicina alla mia squadra preferita, cellulare sul cuscino pronta a votare. Cantavo a squarciagola insieme ad Annalisa quando vidi il display del cellulare lampeggiare.
«Pronto» risposi delusa di non potermi seguire la sfida in santa pace.
«Hai molta voglia di sentirmi noto» la voce di Federico era sarcastica.
Scattai seduta a gambe incrociate e tutto d'un tratto quella trasmissione non catturava più il mio interesse.
«Per fortuna non hai cambiato numero» ridacchiò.
«C'è qualche problema?» domandai. Perchè mai avrebbe dovuto chiamarmi alle 22? «Ci siamo visti oggi pomeriggio»
«No» trillò «Volevo solo sentirti»
«Co-me?»
«Anche se dovrei essere arrabbiato con te» disse con tono scherzoso.
«Perchè?»
«Mi hai fatto scendere sotto il mio record personale» rispose.
«Tu non mi hai fatto studiare filosofia, siamo pari!»
Ma neanche tanto. Se andavi sotto il record personale non rischiavi di avere il debito in filosofia.
«Sì ma io non ti ho costretta a venire con me!»
«Mi hai guardato con la faccia da cucciolo bastonato! Sai benissimo che funziona anche troppo con me!» ridemmo entrambi «E spiegami come io ti ho fatto scendere sotto il tuo record personale!»
Ci fu un istante di silenzio che mi fece credere in una morte improvvisa di Federico.
«Ti stavo pensando» sospirò «Pensavo a quanto fossi stato scemo a farti scappare così. Abitavi vicino a me, avevo il tuo numero ma non ti ho mai calcolata. E me ne pento»
Ancora mi chiedevo come era possibile che fossi ancora viva quel giorno e come mai il mio cuore aveva deciso di continuare a battere nonostante i numerosi e piccoli infarti subiti.
«Cosa vorresti dire?» cercai di capire.
« Nulla» rispose Federico «Era solo un pensiero che mi assillava. Siamo o no migliori amici? E i migliori amici non stanno lontano cinque anni»
Arieccolo con quella storia del siamo amici e blablabla. Prima mi illudeva con frasi carine, abbracci e carezze, poi mi bastonava con i ti voglio bene amicona mia! Lo avrei volentieri strozzato.
«Se vuoi ti aiuto con Leibniz» mi disse poi sogghignando.
«Non ce n'è bisogno» risposi con tono leggermente duro.
«Domani ci vediamo in biblioteca?» mi chiese.
«Va bene» risposi in un sospiro. Ma solo per stare con lui.
«Buonanotte Alice» mi disse dolcemente.
«Notte» risposi seccata.
Se c'era in commercio un manuale per capire gli uomini ne avrei subito acquistata una copia. I suoi sbalzi improvvisi mi mettevano ansia e confusione. Soprattutto questa chiamata senza senso mi lasciava dubbiosa. Stava cercando di farmi capire qualcosa o come al solito ero la regista di uno stupido film romantico? Solo di una cosa ero certa: Federico Abbate provocava tachicardia.

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Ciao a tutti!
Eccomi con il nuovo capitolo e scusate per l'attesa. Più corto dell'altro. Magari troppo lunghi possono essere pesanti.
Wow! Sono davvero troppo felice per il riscontro che sta avendo questa storia! E poi mi rende contenta il fatto che Alice vi piaccia ^^
Guai in vista per la povera Alice e riavvicinamento con Federico. So che voi tutte state apsettando Edoardo, anche io, devo essere sincera. Tra poco arriverà, forse già nel prossimo capitolo la notizia sconvolgente per Alice.

Passiamo ai ringraziamenti.
Un GRAZIE enorme a chi ha recensito la storia, a chi l'ha inserita nelle ricordate/seguite/preferite e anche a chi legge e basta.
Sono davvero felice che vi stia piacendo.
Se volete vedere le foto dei personaggi potrete trovarle sul mio profilo Facebook.
Ci vediamo al prossimo capitolo! Manu ♥

   
 
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