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Autore: Rocket Girl    08/04/2011    2 recensioni
Iniziai a scappare.
Fuggivo da quell’incubo.
Evadevo dalla mia realtà, che non distinguevo più.
Cercavo me stessa e la mia vita, lontano da ciò che ero.
Pregavo perché esistesse qualcuno sopra di me.
Impetravo perché mi sbagliassi tremendamente.

L'intero mondo distingue ogni singola persona fra i folli e i retti.
I folli fra gli psicopatici e gli anticonformisti.
Il problema è che, a volte, la linea fra malattia mentale e la semplice voglia di apparire e scandalizzare si fa talmente sottile da dubitare che esista.
Il problema è che, a volte, le differenze si riducono al nulla.
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Lo specchio, in quella topaia, rifletteva una figura tutt’altro che inquietante o minimamente degna di nota, e, quasi fosse annoiato da quel manierismo, pigro e sonnacchioso dava oscure immagini di uno spettacolo quotidiano. Un tempo era stato ambito, ammirato, persino combattuto; ora era nient’altro che un ornamento riflettente in un buco che aveva tutta l’aria di star per cadere a pezzi, il cui scopo segreto era coprire una crepa troppo profonda e grossa per esser casuale. Ciò ch’era più inquietante e lampante però era la ruggine che poco si distingueva dalle macchie di sangue, quasi fossero miste fra loro, con a volte percentuali diverse. La superficie era piuttosto lucida, tuttavia, e probabilmente l’unica cosa curata dell’intero appartamento. Il padrone, difatti, sembrava fosse tanto concentrato nell’analizzare i dettagli del suo aspetto da non accorgersi d’essere al mondo: ci si chiederebbe come una personalità simile sarebbe potuta esser tanto pacata nell’avere l’oggetto del suo amore incrinato, o perfino spezzato. Era un assurdo ragazzino rachitico infagottato nei suoi vestiti scuri, benché la temperatura fosse mite; a guardarlo così, con gli occhi infiammati da una causa sconosciuta e lo sguardo assente, si sarebbe pensato fosse sotto gli effetti di qualche siringa, o qualcosa comunque piuttosto simile. I capelli, che sembravano urlare pietà per un intervento drastico, erano tinti – neppure il proprietario probabilmente ricordava la loro colorazione originaria, tant’era netta la distinzione fra le gradazioni del colore – e dichiaravano chiaramente quanto fosse bizzarro il narcisismo di quel becchino fuori età. Gli unici abiti che, difatti, si vedevano oltre ad una voluminosa sciarpa nera – che fra l’altro gli copriva metà volto – e il lungo cappotto funereo era un paio di jeans troppo larghi e lunghi per lui, arrivando a coprire perfino i piedi. Le mani – che tentavano di coprire con il tessuto etereo quanto più possibile del volto, non arrivando peraltro ai profondi sfregi arzigogolati che deturpavano la pelle già malsana tesa al massimo sulle ossa sporgenti. Sorrideva, euforico, quando le dita guantate di nero sfioravano quelle fosse violacee che contenevano un paio d’occhi candidi da cui spiccavano le iridi corvine. Il suo sguardo era raddolcito, e tutto nelle movenze ricordava un amante che accarezzi le guance della sua personale ragione di vita; il motivo di quell’infatuazione era piuttosto oscuro.
Torniamo al primo punto di vista: lo specchio avrebbe potuto tenere un conferenza d’un anno senza pause, sul suo quanto mai inconvenzionale padrone e sull’incomprensibile idolatria verso i propri bulbi oculari.
Avrebbe potuto dare un fotografia di quello sguardo, tant’erano le volte che l’aveva visto; a volte lo sfiorava così da vicino che per un istante si sarebbe detto si fossero incollati. Tuttavia, quel riflesso niente ci poteva dire di cosa s’agitasse nella mente del ragazzino – che, in tutt’onestà, quanto più pareva all’esterno innocuo e banale, tanto più in realtà era il diavolo personificato. Lo si vedeva camminare per strada, come ad un piede nella vita ed uno – seguito a dire il vero da quasi tutt’il resto del corpo – nella fossa. Era il punto di riferimento degli sguardi sonnacchiosi e forzati degli abituali della metro – per un motivo o per un altro – e l’oggetto di pietà di crocerossini troppo utopisti. Quando tuttavia intralciava la solita via di un borghese, ansioso di tornar a casa pregustando la massima aspirazione - trovare al proprio rientro a casa un caldo pasto poco salutare, birre e gli amici – scatenava una violenta reazione contro l’improvvisato becchino, il carnefice in questione veniva dato per disperso dopo pochi giorni.
Nessuno aveva mai sospettato del ragazzino sudaticcio che camminava lentamente, inciampando nei propri stessi piedi.
Nessuno a dire il vero era mai a conoscenza della sua esistenza.
Eppure, lui non s’era mai mosso dal proprio paese.
Ed il paese non aveva mai protestato alle vittime che da diec’anni a questa parte sembravano sparire ritmicamente.
  
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