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Autore: natalie1977    08/04/2011    11 recensioni
La festa delle donne ha molti volti, l'universo femminile è alimentato da tante storie personali. Ogni donna vive la propria femminilità e crescita in maniera diversa, maturandola sull'onda delle esperienze emotive, familiari e personali che la accompagnano nella crescita.
L'otto Marzo ha tanti occhi ed ogni coppia di occhi vede il mondo con filtri diversi. Io ho voluto dare voce agli occhi di chi questa festa la vive legata a ricordi meno...comuni.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La festa delle donne ha molti volti, l'universo femminile è alimentato da tante storie personali. Ogni donna vive la propria femminilità e crescita in maniera diversa, maturandola sull'onda delle esperienze emotive, familiari e personali che la accompagnano nella crescita.

L'otto marzo ha tanti occhi ed ogni coppia di occhi vede il mondo con filtri diversi. Io ho voluto dare voce agli occhi di chi questa festa la vive legata a ricordi meno...comuni.

Questa OS è dedicata alle mie donne myriavigliose, così essenzialmente vere e care al mio cuore, e a mio marito, che osservando silenzioso il mondo ha avuto la capacità di vedermi veramente.






IL MARCHIO


 

L’otto Marzo porta il marchio di mio padre con se e questo da sempre, da che ne ho memoria.

Da bambina invidiavo mia madre, che riceveva da lui le mimose tutti gli anni, omaggiandola con un gesto a cui davo un significato ed una sostanza che negli anni ho riconosciuto diversa. Pensavo fosse un gesto d’amore, una serena profferta di riconoscenza e di affetto, ed invece ho capito, poi, fosse in realtà una “considerazione” dovuta, una manifestazione di apparenza orchestrata ad uso e consumo delle vicine di casa, un altro tassello di quel mosaico di azioni svolte per il 'quieto vivere'….quel maledetto 'quieto vivere' che ha soffocato la mia intera esistenza, annegandomi in un mare di falsità.

Sono cresciuta ridefinendo il mio essere femmina in funzione di mio padre. Un uomo tutto d’un pezzo, che non ha mai manifestato i suoi sentimenti poiché non la riteneva una cosa pratica; ed io, unica figlia femmina con una madre arida come il deserto del Sahara e due fratelli maschi, che peraltro adoro, cercavo disperatamente la sua attenzione, in tutti i modi possibili, azzerando ogni verosimile crescita del mio lato di “donna”. Ad un padre che passava serate, sabati e domeniche davanti al televisore, a divorare col viso spento tutto quello che di sportivo sia mai stato concepito dall’uomo, io ho cercato di rubare attenzione guardandomi tutte le partite di calcio del campionato, dei mondiali, della fottuta Champions, ogni singola partita di tennis, di biliardo, di golf….ho visto “palle” in ogni forma e ho “indossato” quelle palle che madre natura non mi aveva fornito, facendomi una cultura su tutto ciò che mi poteva fornire un appiglio di conversazione con lui. Tutto in funzione di lui.

Sono cresciuta e prima dello scoccare dei miei 15 anni altri due uomini, definiti tali solo per questioni anagrafiche, mi hanno rubato anche quella scintilla di “femminilità” che ancora non avevo capito di dover coltivare con cura; me l’hanno strappata, violata, bruciata in tutti i modi che i loro cervelli vuoti e cattivi hanno potuto perversamente immaginare. E così quel sabato sera, prima di cena, quando sono riuscita a riportare a casa quei brandelli di me che avevano risparmiato, ho trovato la casa vuota, ed in quell’ora che mi separava dal ritorno dei miei genitori, il mio cervello mi ha urlato, con un singulto del mio istinto di sopravvivenza, che dovevo tacere, per il 'quieto vivere', per le minacce subite, per la vergogna che mi vestiva pesante l’anima. L’ho fatto per lui, che subconsciamente sapevo non avrebbe retto, l’ho fatto per i miei fratelli che, come me sarebbero rimasti macchiati, l’ho fatto anche per lei…

Quattro mesi dopo, era l’otto marzo, mio padre mi regalò per la prima volta un rametto di mimosa, perché ormai ero una “donnina” anch’io, ed io, che condannavo questo essere donna che mi aveva fatto morire dentro, ho sorriso e con quel sorriso ho squarciato ancor di più la voragine pulsante che albergava dentro me, i miei silenzi, il mio dolore.

Lentamente sono trascorsi altri anni, altri rametti di mimosa, altri silenzi, altri vuoti, ed io, non so dove, in quegli anni ho disperatamente cercato dentro di me la forza per non far trapelare nulla, per continuare ad essere la figlia perfetta, con la pagella perfetta, da mostrare come un trofeo e mortificare tra le mura di casa…perché niente era mai abbastanza per glorificare l’ego di mia madre e le sue pretese, per ottenere l’attenzione di mio padre…niente era mai abbastanza…IO non ero abbastanza.

Ma l’otto Marzo di ogni fottutissimo anno, io ricevevo il mio fottutissimo rametto di mimosa.

Poi arrivò Luca a cui io donai tutto quello che di buono avevo conservato dentro di me e che curò la mia anima e il mio cuore in ogni modo in cui un Uomo, che si possa veramente definire tale, avrebbe potuto fare.

Ho iniziato a sentirmi degna, a sentirmi donna…ma ero stanca di mentire…era troppo il peso…

Così andai da lui, da quell’uomo tutto d’un pezzo che mi aveva elargito metà del mio patrimonio genetico, e da mia madre, una donna con una carenza totale di empatia verso un qualsiasi altro essere umano, e gli raccontai tutto, tutto quello che era successo anche dopo, con i problemi fisici, l’emorragia, i lividi e gli ematomi nascosti dai maglioni a collo alto per mesi. Andai da loro e per la prima volta in vita mia chiesi il loro aiuto, per finire di superare tutto, per non dovermi più vergognare, per far loro comprendere.

Lui, dapprima, mi diede della bugiarda, poi, capì che era vero e non mi guardò in faccia per giorni. Passato del tempo, mi fece un discorso piuttosto asciutto nel quale mi suggeriva di murare tutta questa storia in un angolo recondito della mia memoria e di andare avanti, poiché ormai erano passati anni…

Mia madre, invece, se ne lavò le mani, affermando che contava sul fatto che Luca mi avrebbe dato tutto l’appoggio necessario.

E così venni violentata di nuovo, dai miei genitori.

Passarono poche settimane, ed arrivò di nuovo l’otto marzo, ed io ricevetti un altro mazzetto di merdosissime mimose. Perché tutto era tornato normale, per loro, il 'quieto vivere' imperversava tra le mura di casa e rombava assordante nella mia testa.

Nell'estate del 2004 è iniziata la mia vera vita, lontano da loro, dal loro veleno silenzioso.

Non mi sono più voltata indietro. Il loro rifiuto mi ha fatto capire di avere fatto la scelta giusta quasi 20 anni fa, che il mio istinto ha vegliato su di me. Mi sono salvata, Luca mi ha salvata, silenziosamente, sempre, con amore.

Non ho più ricevuto mimose, l’otto di Marzo, ma quest’anno, ancora una volta, questo giorno porta il marchio di mio padre e della notizia del suo cancro ricresciuto.

Guardo mia figlia che gioca con Luca e sorridendo gli dice “Guardami, guardami papà!”…ed in questo giorno in cui si celebra l’essere donna io ti penso e ti dico “Guardami, guardami Papà!..Sono una donna ormai, una mamma e una moglie, sono stata una figlia per tanti anni senza che tu te ne rendessi conto davvero; ed oggi lo sarò ancora una volta, ancora una volta e solo per te.”.

   
 
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