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Autore: piccolalettrice    09/04/2011    7 recensioni
"...Lo fissai sbalordito. Se diceva la verità eravamo in pericolo. Se diceva la verità allora tutti i miei attacchi erano colpa sua. Se diceva la verità Talia aveva fatto bene a fare quello che aveva fatto. Se diceva la verità voleva dire che eravamo stati traditi di nuovo. Se diceva la verità tutte le cose successe negli ultimi tempi avevano trovato un’unica spiegazione: lui."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Solo intuendo'
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SPAZIO AUTRICE:
ed ecco qui la battaglia... vado piuttosto fiera di questo capitolo, anche se si discorda un po’ troppo con il precedente... (le prime tre righe sono appunto per omologare un po’)
credo sia venuto bene, e finisce con un bel po’ di phatos... o almeno nelle mie intenzioni c’era il phatos, spero sia riuscito.
Questo è scritto interamente dal POV di Percy, spero vi piaccia.
Ok, chiuso con le informazioni tecniche... adesso... ma non recensisce più nessuno?  Davvero, apparte quelle 4 persone che recensiscono sempre (grazie, vvb!) gli altri mi fanno sapere cosa pensano solo ogni tanto...
Bè, comunque grazie anche a chi non recensisce e a chi segue, legge e preferisce ecc...
Buona lettura...                                                             
piccolalettrice
 
12-  Ormai ci vado a spasso con la morte.
 
Quella notte ero andato a dormire presto, per preparami alla battaglia del giorno dopo... ma i nostri piani non erano andati esattamente come avevamo previsto...
 
Mi svegliai di soprassalto sentendo quel frastuono, quel boato.
Cosa stava succedendo?
Mi alzai in fretta, precipitandomi a svegliare Tyson, fuori il cielo era ancora buio.
“Tyson!” lo scrollai “Tyson, devi svegliarti!”
Lui aprì l’occhio e mi fissò spaventato: “cosa succede?! Tyson ha paura!”
E detto questo scattò a sedere, abbracciandosi le ginocchia.
“Tyson, devi sbrigarti, dobbiamo uscire da qui” se stava succedendo quello che immaginavo allora eravamo davvero nei guai.
Infilai velocemente un paio di jeans e mi precipitai fuori trascinando mio fratello.
Quando uscii dalla capanna mi sembrò che fosse l’inferno in terra.
Non me lo aspettavo.
Questo non me lo aspettavo, davvero.
Aveva capito. Aveva colpito prima che potessimo prepararci.
Dei boati arrivavano dalla foresta; urla di battaglia.
Odore di tragedia si affacciava nel campo, odore di chi non capisce e che è certo solo di una cosa: è in pericolo.
I mostri si erano riversati nel campo, a flotte, io non capivo più nulla.
“Tyson, presto... dobbiamo cercare Grover e gli altri” gli urlai
Prendemmo a correre, attenti a passare inosservati, per quanto un ciclope possa passare inosservato.
“Tyson ha paura! Perché tutti urlano e fanno a botte?!” disse, io non risposi  e lo presi per una mano, cercando di indurlo a correre, in quell’inferno non avrei mai trovato tutti.
I mostri erano troppi, alcuni combattevano anche contro più eroi in una volta, altri si dedicavano a distruggere le capanne, altri ancora a incendiare gli alberi, era davvero un inferno.
Polverizzai un’arpia che mi veniva contro ad artigli protesi e proseguii la corsa. Non mi accorsi della meta fino a che non me la ritrovai davanti: la casa di Atena.
Con l’ampia scelta di capanne da controllare e amici che avrei potuto salvare avevo scelto...
Corsi dentro senza nemmeno pensare, ma ovviamente la trovai vuota, vestiti e pergamene sparsi per terra di chi si è svegliato velocemente, ma apparte quello era vuota.
Cercai di fare in modo che il mondo non mi crollasse addosso; niente era sicuro.
Mi precipitai fuori di nuovo, seguito da  Tyson che piagnucolava come un bambino.
Mi guardai in torno, gli occhi cercavano una figura in particolare e sembravano volessero prendere completa autonomia dal corpo.
Nessun posto era sicuro, e in poco tempo mi ritrovai a subire gli attacchi di diversi mostri.
Tyson faceva lo stesso, era occupato con un’idra a cui tentava di calpestare le teste.
Io combattevo contro un minotauro inferocito e a una chimera, appena potevo, alzavo lo sguardo, cercando.
Niente, non vedevo nulla.
Con un affondo conficcai Vortice nel petto del minotauro e decapitai la chimera,  mi sorpresi di quanto fossi migliorato, mi guardai attorno spaesato ed ansimante, vedevo solo gente che combatteva, non riconoscevo nessuno.
Ad un tratto sentii distintamente una risata tra la folla.
Mi voltai appena in tempo per vedere Time venirmi incontro, con un ghigno malefico in viso.
“Perseus Jackson” disse “ti vedo spaesato... ho deciso di cambiare un po’ i miei piani... piaciuta la sorpresina?”
“tu...” sibilai
“che c’è?, impressionato? Davvero credevi che mi sarei fatto fregare da un gruppo di ragazzini?”
Mi si avvicinò, tra le mani qualcosa di argenteo, a mezza luna, una... falce.
“sì, Jackson, è di mio padre... carina, non è vero?”
Si avvicinò ancora.
“volevo inaugurarla con il tuo sangue!” mi disse, in modo quasi delicato e per questo ancor più terribile, menando l’arma in direzione della mia testa, mi abbassai e feci roteare le spada, per poi iniziare a colpire.
La falce splendeva di un baluginio sinistro, la sua forma era perfetta per amputarti una mano e se non stavi attento rischiavi davvero.
Feci una finta al fianco destro per poi gettarmi su quello sinistro, ma parò il colpo con facilità, era davvero bravo, anche troppo. Capii che non poteva essere normale... quel tipo non aveva nulla di umano, nulla, era impossibile che fosse nato da un’umana.
Poi mi ricordati del sogno che avevo fatto la notte prima di incontrarlo, ma non mi lasciò il tempo di perdermi in quei pensieri perché gli attacchi si fecero più fulminei e pretesero tutta la mia attenzione.
“hai perso, Jackson, arrenditi!”
“mai!”
“in tal caso...” mi disarmò con un gesto semplice che mi fece intuire quanto avesse solo giocato, fino  a quel momento.
“mio padre ha fatto bene a colpirti con una parte di sé... io ora posso avere una piccola influenza su di te... ma forse conosci la sensazione...”
Questa volta ero pronto, serrai i pugni e lo fissai negli occhi con aria di sfida, vedevo le capanne in fiamme dietro di noi riflettersi nei suoi occhi, che in quel momento si fecero completamente neri.
Sorrise, poi aggrottò impercettibilmente le sopracciglia e... la fitta che aspettavo mi dilaniò.
Tentai di resistere, di rimanere in piedi, e per poco ci riuscii. Ma il dolore cresceva e con lui anche la consapevolezza che quella volta poteva davvero essere la fine.
Sentii vagamente il terreno sotto le ginocchia e Time che avanzava verso di me.
“eccolo qui, il salvatore del mondo, piegato al mio volere!” rise “morirai Jackson, morirai...”
Sapevo che mi stava lasciando quel briciolo di lucidità per sentire la vita fluirmi dalle membra, vidi il bagliore della falce quando la alzò sopra di me, mi preparai ad accusare il colpo.
Era davvero la fine.
Ma proprio mentre serravo gli occhi e la falce arrivava verso il mio collo sentii un urlo: “no!”
Un clangore metallico si frappose tra la vita e la morte, distraendo Time e permettendomi di riacquistare la lucidità completa.
Alzai lo sguardo per vedere la figura che avevo riconosciuto fin da subito, per la quale sapevo che non poteva finire. Annabeth.
Approfittò della sorpresa di Time per tirargli un calcio nello stomaco e sbatterlo a terra, poi mi afferrò per una manica della maglietta e mi trascinò via.
Ci perdemmo tra la folla di combattimenti, mi lasciai trascinare verso un punto indefinito del campo.
“dov’è Grover? Talia? Gli altri?” le urlai, sopra il frastuono che c’era intorno a noi.
Lei non mi rispose ma si mise due dita in bocca e fischiò, un pegaso bianco, che riconobbi dalle lezioni dell’anno scorso arrivò dal cielo.
“che cosa...?”
Mi fissò dritta negli occhi, con uno sguardo risoluto.
“prendi il Pegaso e vai a Montauk, non voltarti” disse sospingendomi verso il cavallo
“cosa?”
“lì sarai al sicuro... devi andare Percy”
“ma... il campo...”
“è in buone mani, tu devi pensare a scappare, adesso... corri!”
“io...”
“Percy ti prego... devi andartene... devi... Time starà arrivando...”
“ma Tyson...”
“se la caverà... giuro che lo difenderò... anche con la vita... vai, però, ti prego...”
un’arpia fece per colpirla alle spalle, io la spinsi di lato e mozzai la testa al mostro con uno scatto, stavo davvero migliorando.
Alla fine, quasi spinto a forza, montai.
“non voltarti”
“vieni con me” la bocca sembrava aver preso anche lei autonomia propria, la mano si allungò verso di lei, mentre il pegaso scalpitava, nervoso.
“cosa?... non posso...”
“Annabeth, senza di te non me ne vado”
“il campo ha bisogno di me...”
Quella mi sembrò la risposta più stupida che avesse mai dato.
“IO ho bisogno di te!” le urlai afferrandole il polso.
“monta!” rimase interdetta, tra la folla di combattenti, una figura pallida e illuminata da una luce argentea spuntò, armata di falce.
Appena ci vide ci venne incontro spedito.
“Annabeth, ti prego!” lei si voltò e si affrettò a montare con un balzo agile, fino a ritrovarsi dietro di me.
Mi misi in contatto con i pensieri spaventati del pegaso e ordinai di partire un secondo prima che Time arrivasse sul posto brandendo la sua arma.
“vai!” urlò Annabeth stringendosi alla mia maglietta, io ordinai al pegaso di andare più veloce, come mi aveva chiesto, prima che quello strano potere, che ormai sapevo essere dovuto al contatto che avevo avuto con Crono e che mi provocava quella reazione avesse effetti.
Indirizzai il cavallo verso l’entrata del campo, in modo da poter seguire la strada, sotto di noi le case in fiamme e le urla popolavano quello che una volta doveva essere il campo, la mia casa.
Ogni volta era sempre più difficile lasciarlo.
E poco dopo superammo il pino e il Vello, Cerbero doveva essere anche lui a difendere il campo e aveva lasciato il Vello senza custode.
Un secondo... Crono voleva anche il Vello perché l’avrebbe aiutato a ricomporsi, non potevo permettere che lo prendesse.
Ordinai al pegaso di scendere.
“Percy, ma che fai?!”
“il, Vello... non può restare lì!”
Quando il cavallo toccò terra scesi velocemente e mi feci strada nell’erba alta fino ad arrivare all’albero.
Feci leva sul tronco e mi detti la spinta, afferrando la lana ruvida e dorata.
Sapevo che nel pino di Talia c’era una cavità, non volevo portarlo via, ma nasconderlo.
“Percy, che vuoi fare?!”
“zitta un secondo” mi abbassai e grattai il muschio dal tronco... ecco, la cavità dove si era infilzato il corno del minotauro, appallottolai il pelo in modo che ci stesse e lo spinsi a forza nella cavità, quando fui certo che non se ne vedesse nemmeno la minima parte chiusi il buco con il muschio, in modo che non si vedesse.
“Percy...?” mi disse Annabeth, in piedi al mio fianco.
“così non possono trovarlo” spiegai
“bene... dobbiamo andare, presto i mostri arriveranno anche qui.
Ci mettemmo a correre verso il pegaso, a cui avevo ordinato di rimanere fermo, ma che scalpitava nervoso, feci leva al ginocchio di Annabeth per farla salire e proprio mentre tentavo di issarmi sulla groppa del cavallo sentii un rumore provenire dall’entrata del campo.
Time.
“sapevo di trovarti qui, eroe” disse, poi si lanciò in una corsa verso di noi,
salii sul cavallo e mi alzai in volo, ma non fui abbastanza veloce.
Sentii Annabeth urlare, sotto di noi il sorriso malefico del cronide.
La vidi cercare di combattere la morsa che le attanagliava la caviglia, la mano bianca di Time, non demordeva e tirò, facendole perdere l’equilibrio.
Ordinai al pegaso di abbassarsi, in modo che se fosse caduta non avrebbe accusato un colpo tropo forte, appena gli zoccoli del pegaso sfiorarono terra quella figura pallida strattonò la ragazza facendola finire nell’erba alta, io scesi velocemente e il pegaso, spaventato a morte, prese il volo, abbandonandoci.
-grazie tante!-
-padrone... mostro!... uccidere... sete di sangue... paura!- questo è quello che percepii nei pensieri del cavallo.
Non ebbi tempo per inveire contro la mia mala sorte.
“Jackson,, davvero credevi che ti avrei lasciato andare così?”
Corsi da Annabeth e le diedi una mano a rialzarsi.
“riesci a correre?” le sussurrai all’orecchio, mentre la mettevo in piedi, lei annuì, io guardai Time in faccia.
“sei un mostro” gli dissi, poi mi voltai e iniziai a correre nell’erba bagnata e lambita da quel vento fortissimo, che, grazie agli dei, era a nostro favore.
Corsi verso la strada a tutta velocità.
Dietro di me percepivo le urla del cronide che ci inseguiva, e dei mostri che, ovviamente, erano con lui.
Ci precipitammo lungo il versante della collina, talmente veloci che più di una volta rischiai di cadere per la collina ripida e scivolosa.
Ovviamente i mostri dietro di noi erano veloci, ma noi avevamo quel briciolo di vantaggio consentitoci dal fatto che fossimo partiti prima e che fossimo più agili.
Ovviamente non avevo pensato che non potevamo correre all’infinito.
Arrivammo oltre il versante della collina, sull’asfalto.   E ci mettemmo a correre in una direzione qualsiasi.
“non puoi scappare, Jackson!” alzai gli occhi per vedere Time  su un carro nero e lucido trainato da un pegaso alato completamente nero... i cui pensieri mi ricordarono molto quelli delle cavalle di Diomede.
Il cronide si fermò davanti a noi, sbarrandoci la strada, ci voltammo per vedere i mostri che formarono una vera e propria barriera tra noi e la strada.
“morirai... sei davvero stupido... pensavi davvero che ti avrei lasciato vivere?” chiese fermando il suo carro e scendendo lentamente da esso, io e Annabeth facemmo un passo indietro.
Per la seconda volta in quella sera fissai quegli occhi infidi e vuoti, lui sorrise e vidi i suoi occhi farsi sempre più neri.
“prima di ucciderti volevo fare in modo che provassi quello che ha provato mio padre... mentre era rinchiuso nel tartaro” disse dolce, brandendo la falce
“l’hanno fatto di nuovo a pezzi, sai?... quel poco che eravamo riusciti a ricostruire è stato di nuovo fatto a pezzi”
Il vento soffiava impetuoso, e quasi non sentivo le sue parole, indietreggiavo ad ogni suo passo.
“e poi, l’umiliazione di non essere riuscito nel suo intento... di venire sbeffeggiato da un dio pomposo... sai cosa vuole mio padre? Vuole vendetta. Vuole uccidere colui che ha salvato il mondo, vuole che gli dei sappiano quanto è grande la sua potenza!”
I suoi occhi a quel punto si fecero completamente neri e le tempie iniziarono a bruciare di nuovo, lo stomaco sembrò volermi uscire dalla pelle. Caddi in ginocchio sull’asfalto ruvido.
“no!”  sentii la voce di Annabeth supplicare... “ti prego...”
“come sei patetica, figlia di Atena” le disse.
Il dolore crebbe, e gemetti, tenendomi la testa.
“ti prego... David...”
sapevo che Time  mi stava lasciando un briciolo di lucidità, probabilmente per lasciarmi vedere tutto quello che aveva intenzione di fare.
Vidi Annabeth, la camicia da notte bianca bagnata, a causa della scampagnata nell’erba alta, che le frustava le ginocchia mossa dal vento, si avvicinò a Time, guardandolo negli occhi.
“David... io so che non sei un mostro... ti prego...”
“ma io non sono un mostro Annabeth.” Le disse “sono molto di più, e adesso levati dai piedi” disse spingendola via e venendo verso di me.
“no!” lei gli sbarrò la strada, frapponendosi tra me e lui.
“togliti se non vuoi morire” le disse gentilmente
Non si spostò.
“ok, l’hai voluto tu”
Ad un tratto seppi che non era più davanti a me, la sentii poco distante urlare...
Provai ad aprire gli occhi, non ostante mi facesse male persino muovere i muscoli delle palpebre e la vidi alla mia destra, che sgomitava, tra le mani di un minotauro.
“Percy!”
“davvero adorabile... ma torniamo a noi...” Time mi guardò dall’alto in basso, poi strinse gli occhi e un’altra fitta mi dilaniò la testa.
Mi sferrò un calcio nello stomaco e sentii il viso sbattere contro l’asfalto.
“eccolo, l’eroe... vi sembra tanto glorioso?”
Sentivo le urla di Annabeth e le risate dei mostri, ma tutto era attutito dal dolore che mi rimbombava dentro.
Un’altra fitta. Cercai di non urlare, ma alla fine cedetti.
“ti farò a pezzi, Jackson” sussurrò.
“Percy... ti prego... Percy!”
Risate generali.
Ad un tratto il dolore fluì via abbastanza da farmi capire quello che avevo intorno ma non abbastanza da farmi smettere di tremare.
Vidi chiaramente la falce brillare sotto la luce della luna.
Le urla di Annabeth si fecero sempre più forti.
Questa volta era finita sul serio.
Pensai a Tyson, e a come lo avevo lasciato a combattere... anche se dopo tutto era stato un bene che non fosse venuto.
Poi pensai a Talia, al suo orgoglio e a come doveva essere felice, in quel momento, del fatto che questa volta non era scappata, e Luke, che sapevo l’avrebbe protetta, poi a Grover, a mia madre, a mio padre, e ancora a tutte le persone che avevo conosciuto.
Era tutto finito, Crono aveva vinto. Stavo per morire, stavo per salutare definitivamente la vita. Guardai in faccia il mio assassino.
Se dovevo affrontare la morte l’avrei affrontata a testa alta.
Ad un tratto una luce bianca poi più nulla. 

   
 
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