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Autore: Seras    09/04/2011    4 recensioni
Nulla a che vedere con la favola originale, il titolo è puramente metaforico.
"Furono proprio quegli occhi a rubarmi il cuore..neri come la notte più buia e cosi profondi da poterci annegare.
E mi colpì di essi fin dalla prima volta che lo vidi,la profonda tristezza che emanavano, velata dall’espressione cupa e seria del suo viso."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo scusa per l'enorme ritardo ma tra impegni lavorativi ed universitari non ho assolutamente avuto un attimo di respiro. Spero che questo capitolo riesca in qualche modo a ricompensare l'attesa e ringrazio di cuore tutti coloro che hanno deciso di recensire questa storia e l'hanno messa tra le preferite, le ricordate e le seguite. Ringrazio anche chi ha anche solo perso tempo nel leggerla, mi auguro in futuro di riuscire ad aggiornare in tempi modesti ed ovviamente mi aspetto i vostri pareri e i vostri consigli.  Grazie e buona lettura!



                                                                                                         Capitolo 2



Tutto ebbe inizio un lontano mattino del 25 Giugno.
Faceva caldo: talmente tanto che le strade della città parevano ardere di un fuoco invisibile cosi opprimente da togliere il respiro.
Quel giorno avrei dovuto presentare un importante progetto per conto della nostra società ma data la mia insofferenza per la temperatura afosa, avevo deciso di trascorrere l’intera mattinata barricata in casa a lavorare su un progetto da troppo tempo trascurato.
Non capitava ormai tanto spesso di potermi dedicare a qualcosa di mio: questo perché da quando papà mi aveva ritenuta matura a sufficienza, aveva deciso di lasciare tutti quegli affari più importanti alla mia gestione e ciò comportava necessariamente il dovermi recare agli uffici centrali in città allontanandomi molte ore da casa.
Avevo accettato subito con entusiasmo, eccitata all’idea di dovermi trovare a contatto con le grandi menti del mondo scientifico per discutere delle mie nuove invenzioni e dei miei progetti futuri, ma mi resi conto con delusione che il mondo del lavoro non è esattamente come ci si potrebbe immaginare.
Da piccola quando vedevo ogni sera mio padre rincasare,stanco ma con quel suo sorriso stampato sulle labbra, pensavo che nonostante le fatiche ne sarebbe valsa la pena confrontarsi con chi persegue i tuoi stessi obiettivi, con chi fa il tuo stesso mestiere.
Tutte balle!  I grandi uomini d’affari e tutti quelli che si definiscono professionisti non sono poi cosi diversi da dei bambini viziati un po’ troppo cresciuti.
Tante volte avrei voluto tirarmi indietro, mollare tutto dicendo semplicemente:
“ Non me la sento” ma il mio stupido orgoglio me lo aveva sempre impedito perché deludere il mio anziano genitore era una di quelle cose a cui non sarei mai voluta arrivare; per questo adesso non potevo far altro che piangermi addosso le conseguenze delle mie scelte.
Credo che lui se ne fosse reso conto ma non osava chiedermi spiegazioni perché sapeva benissimo del mio caratterino difficile, cosi una volta tanto quando potevo permettermelo lasciava che mi allontanassi da quel covo di squali senza obiettare.
Consideravo benedetti i giorni come quel 25 Giugno, santi come la libertà vigilata che si da al galeotto: peccato che non potevo immaginare che di li in poi la mia vita sarebbe cambiata drasticamente e che non avrei più potuto trascorrere momenti  sereni come quelli.
Pensate che ad annunciare tutto questo non fu nient’ altro che una pioggia di lampi,bianchi ed accecanti che solcarono il cielo squarciandolo come se fosse stato pugnalato da chissà quale male sconosciuto.
La terra tremò al loro contatto e per un momento pensai davvero che fosse arrivata la fine del mondo meravigliandomi di come i nostri apparecchi più sofisticati non fossero riusciti a rilevare un evento del genere, ma poi compresi ogni cosa.
La Terra, il mio amato pianeta era stato preso d’assalto da esseri mostruosi e sanguinari provenienti dallo spazio aperto che non avevano perso tempo a sterminare gran parte della popolazione, saccheggiando e distruggendo tutto ciò che si trovava sul loro cammino.
Un’avanzata inarrestabile insomma che interruppe il suo procedere quando raggiunse la città dell’Ovest dopo mesi di guerre e tentativi vani da parte dell’esercito di contrastarla.
Era come un incubo da cui non era concesso svegliarsi e nascosta nei sotterrai della mia grande casa, pensai che non ne sarei uscita viva.
Ero spaventata, distrutta da quelle settimane interminabili trascorse nell’oscurità, ma nonostante questo ero convinta che qualcosa sarebbe accaduto e tutto sarebbe tornato alla normalità; avrei ripreso il mio lavoro senza più lamentarmi  e mi sarei costruita una vita migliore, magari cercandomi un uomo perché no.
Che fossero inutili vaneggiamenti o i sogni patetici di una donna sola non saprei dirvelo fatto sta che quel qualcosa che avevo tanto desiderato avvenne permettendomi cosi di salvarmi da morte certa.
Era successo tutto cosi in fretta ma ricordo ancora bene il viso animalesco dell’alieno che minaccioso mi aveva presa per i capelli vomitandomi addosso tutto il suo disprezzo per l’insulsa forma di vita che per lui rappresentavo:
 
“ Sei tu Bulma Brief?” mi ringhiò selvaggio a pochi centimetri dal viso rimanendo scioccata per il semplice fatto di essere conosciuta.
 “ Allora? Hai perso forse la lingua?” mi strattonò nel vedere che non ero riuscita ancora  a metabolizzare la situazione mentre con attenzione scrutava ogni centimetro del mio corpo.
 
“ Si.. sono io. Ma cosa volete da me? Chi siete?” ebbi il coraggio di dire sentendo il cuore scoppiarmi in petto, ma l’essere per tutta risposta ignorò le mie domande venendo subito al dunque:
 
“ Abbiamo setacciato in lungo e in largo questo insulso pianeta per trovarti, era questa la nostra missione e ti basti sapere che se ci tieni alla tua vita e a quella delle persone che ami dovrai venire con noi senza opporre resistenza” mi sorrise perfido pregustando tutto il terrore che il mio sguardo emanava.
 
Mi sentì completamente schiacciata da quelle parole non riuscendo a capire il perché di tutto ciò che stava accadendo ed ero cosi confusa da sentire mancarmi il respiro. Tornai in me solo quando per la seconda volta, come intimidazione, uno degli alieni presenti aveva trascinato al centro della sala i miei genitori spaventati e sconvolti quanto me.
 
“ Cosa volete fare? Lasciateli andare vi prego” urlai disperata nel vedere mio padre schiacciato al suolo urlare per il forte dolore che quell’essere riusciva ad infliggergli con tanta facilità.
 
“ Forse non ti è chiara una cosa. Non abbiamo tempo da perdere, vogliamo una risposta e la vogliamo adesso e ti consiglierei di stare bene attenta  a ciò che dirai” mi riferì tagliente.
 
Fu in quel momento che presi la mia decisione facendo appello a tutta la mia diplomazia ed il mio sangue freddo:
 
“  Va bene.” asserì “ Ma se vengo con voi promettete di lasciare andare tutti coloro che avete fatto prigionieri?”
 
“ Non credo che tu sia nella condizione adatta per stabilire un accordo, tuttavia dato che la nostra missione qui è giunta al termine non abbiamo motivo di restare ” mi disse liberandomi dalla sua micidiale presa.
“ Adesso alzati e seguici senza fare troppe storie. Abbiamo già perso troppo tempo.” mi ordinò freddo ed improvvisamente le grida strazianti di mio padre tacquero.
 
“ Papà, mamma state bene?” mi alzai ancora dolorante per avvicinarmi a loro.
 
“ Tesoro..” mi si rivolse mio padre con un filo di voce “ Non andare via con loro, non sai cosa potrebbero farti” mi supplicò.
 
“ Ma se non lo faccio uccideranno tutti ed io non voglio, non posso permetterlo” gli risposi risoluta, consapevole di aver ormai scelto il mio destino.
Gli accarezzai il viso con tristezza e poi abbracciai mia madre prima di essere trascinata via violentemente:
 
“ Tempo scaduto dolcezza” mi sentì dire con cattiveria.
 
“ Mamma, papà!” urlai con tutto il fiato che avevo in corpo “Vi prometto che tornerò, in un modo o nell’altro io riuscirò a sopravvivere” continuai mentre i mostri che avevano deciso di impadronirsi della mia esistenza ridevano sadicamente.
 
Pochi minuti dopo mi ritrovai nell’abitacolo buio di un’enorme navicella spaziale: era una stanza minuscola, munita solo di un letto sudicio e di un piccolo oblò in vetro doppio da cui dissi addio alla mia vecchia vita, alle persone care, ai miei sogni e alle mie speranze prima di lasciarmi andare al suolo in lacrime..
 
 
Il viaggio durò molto, o forse non riuscì a rendermi conto del tempo che scorreva data la mia reclusione permanente in quella specie di prigione volante.
Non mi era concesso infatti uscire dalla mia cella ed anche se frequentemente mi veniva portato del cibo, io mi ero sempre rifiutata di mangiare.
Avevo paura e non mi fidavo, ed anche se il mio stomaco reclamava pensai che forse sarebbe stato meglio lasciarmi morire, in questo modo sarei andata incontro ad una sorte senz’altro migliore di quella che mi attendeva.
Il mio corpo però non voleva abbandonarmi: c’era una parte di me che mi diceva ogni volta di non mollare, cosi quando lo sconforto non mi tormentava, mi affacciavo dall’oblò per ammirare quel cielo che tante volte avevo visto dalla mia finestra sperando che la sua visione mi avrebbe fatta stare meglio.
Ma ciò che mi si prospettò davanti era ben diverso dalla distesa luminosa che conoscevo : un cielo buio, senza stelle, completamente deserto e questo fu l’unico scenario che vidi per molti giorni fino a quando un pianeta rosso  fece la sua  comparsa nello spazio catturando la mia attenzione.
Sentì i motori indebolirsi, l’atmosfera farsi più pesante e poi atterrammo provocando  all’impatto un gran boato.
Presi un respiro profondo e dopo pochi minuti, l’alieno che qualche tempo prima mi aveva portata via dal mio pianeta, si presentò a me ordinandomi di seguirlo in silenzio.
Io ovviamente, non avendo né la forza né il coraggio per controbattere obbedì, cosi accompagnata da altri due soldati fui scortata verso quello che sembrava essere il palazzo principale. Non mi soffermai più di tanto nell’osservare il paesaggio poiché dovunque mi girassi ero completamente circondata da esseri mostruosi che non facevano altro che divorarmi col solo sguardo come se fossi stata carne fresca da macello.
Potevo sentire i loro fiati famelici su di me ed il loro commenti scurrili rendevano ancor più insostenibile l’atmosfera già di per sé pesante, solo quando chiusero dietro di me le porte dell’immenso castello mi sentì leggermente sollevata e potei scrutare il luogo con più tranquillità.
Era maestoso, pieno di quadri e lunghi tappeti rosso cardinale, i massici portoni erano interamente placcati in oro ed i numerosi mobili d’arredamento intarsiati erano prova tangibile che in quel posto doveva abitare una persona di gran gusto.
Rimasi a dir poco estasiata da tutto il lusso che era concentrato tra quelle mura che mi accorsi  solo in un secondo momento dell’alieno alle mie spalle che con insistenza mi faceva cenno di proseguire per  entrare cosi in un magnifico salone dove vi era collocato un trono vuoto.
Mi fecero attendere al centro della sala  e dopo qualche istante  i due guerrieri mi lasciarono sola con il loro generale richiudendo l’imponente uscio alle nostre spalle.
Non tirava affatto una buona aria: c’era un silenzio a dir poco inquietante che venne accentuato maggiormente da un sinistro rumore di passi che lentamente si stava dirigendo verso la nostra direzione.
Sudai freddo nell’udire quel suono quasi irritante ed anche i miei occhi provarono disgusto quando si posarono sull’essere ripugnante che fece il suo ingresso poco dopo.
Non riuscì a capire bene che razza di animale fosse ma metteva ribrezzo e somigliava tanto ad una lucertola.
Aveva una corporatura minuta e bianca, cinta da una strana armatura dalla vita in su, un lunga coda che volteggiava in aria in un movimento quasi ipnotico, occhi rossi come rubini e delle affilatissime corna nere che gli sormontavano il capo.
Era un mostro: forse più di tutti quelli che avevo visto in quelle settimane passate nello spazio e notai che nonostante fosse nettamente più piccolo in confronto all’alieno che mi stava vicino, quest’ultimo ne pareva quasi intimorito.
Anch’io fui attraversata dalla medesima sensazione senza riuscirne a capire la ragione:
 
“ Vedo che la missione ha avuto un buon esito, mi complimento con te generale” disse in un sibilo andandosi a sedere sulla sua regale poltrona.
 
“ La ringrazio Signore. Come avete ordinato ecco qui la terrestre: Bulma Brief” gli rispose l’altro con tono sommesso, inchinandosi.
 
“ Oh ma che graziosa signorina!” mi disse cordialmente, poi riprese “ Spero che i miei uomini non vi abbiano spaventata..”
 
 
“ Spaventata?” lo interruppi incollerita “ Hanno praticamente raso al suolo il mio pianeta, distrutto la mia città e rubato..non sarebbe stato meglio chiedere pacificamente di venire con voi?  Vi rendete conto che a causa vostra molti innocenti hanno perso ingiustamente la vita?” gli urlai contro senza tener conto minimamente della situazione in cui mi trovavo.
Non era di certo il momento né il luogo adatto per poter dare sfogo a tutta la mia rabbia ma la mia indole non me lo aveva permesso e solo successivamente mi resi conto dell’errore che avevo commesso pregando che il mio caratteraccio non mi avesse condannata  a morte certa.
Con grande stupore però vidi che l’alieno non aveva affatto reagito male alle mie accuse, anzi con sorrisino beffardo mi rispose:
 
“ Ma che bel caratterino, non me lo sarei mai aspettato da una terrestre” rise perfido “Ad ogni modo non vi ho convocata qui per parlare di simili sciocchezze, c’è un motivo ben preciso per cui ho deciso di  averla  al mio cospetto” mi disse ignorando completamente le mie parole “ Ma che maleducato non mi sono neanche presentato, il mio nome è Freezer” continuò.
 
“ Un motivo preciso?” dissi confusa.
 
“ Lo troverete strano eppure la sua grande fama di scienziata non mi ha lasciato indifferente. Nonostante il vostro sia soltanto l’ultimo dei pianeti meno avanzati
dell’ universo, sono venuto a conoscenza delle grandi capacità di cui è in possesso.”
 
“ Ma come può lei?”  balbettai disorientata.
 
“ Mia cara, sono un mercenario che viaggia attraverso infinite dimensioni, conosco ogni singolo buco della galassia cui appartenere. Pensate che mi sarebbe sfuggito un particolare di tale rilevanza?” lo vidi sorseggiare del vino rosso.
 
“ Che cosa volete da me?” gli domandai più risoluta.
 
“ Oh speravo che me lo avreste chiesto perciò ve lo dirò senza troppi giri di parole” fece una pausa posando il bicchiere di cristallo che teneva tra gli artigli, poi
si alzò con estrema lentezza e battendo le mani gli venne portato un piccolo bauletto da cui estrasse una strana sfera di un forte color arancio.
“ Vedete questa sfera? È uno dei tesori più inestimabili che siano mai stati creati” affermò mostrandomela.
 “ Furono  plasmate su un lontano pianeta della galassia del Sud chiamato Namek e si dice che esse racchiudano un potere immenso che va ben oltre ogni immaginazione” disse osservandola con desiderio.
“Ce ne sono altre sei sparse su quel pianeta ed il mio scopo è quello di raccoglierle tutte per sprigionare la loro energia” concluse soffermandosi sulla mia reazione.
 
“ Ma io non so se ne sarei capace, non saprei neanche da dove cominciare, e poi perché dovrei aiutarvi?” gli chiesi
 
“ Perché se vi rifiutate di collaborare sarò costretto a terminare io stesso ciò che i miei uomini hanno iniziato” mi rispose ora più serio “ Naturalmente non dovete preoccuparvi di nulla, se accettate di restare qui sarete trattata come si deve ed avrete, oltre agli alloggi speciali a palazzo, anche dei laboratori sofisticati in cui potrete lavorare con serenità” mi spiegò “ Vi consiglio di fare bene la vostra scelta perché è raro che io conceda tutti questi lussi ad un essere inferiore come voi” sottolineò bene le sue intenzioni.
 
Rimanemmo in silenzio per minuti che sembrarono interminabili in cui mille pensieri si fecero strada nella mia mente,tutto quello che mi stava accadendo aveva semplicemente dell’incredibile e solo la vocina stridula del mostro mi fece tornare alla realtà:
 
“ Allora?” Avete preso una decisione?” mi domandò.
 
“ Ho forse scelta?” gli dissi infine abbassando lo sguardo.
 
“ Vedo che oltre ad essere una donna estremamente bella siete anche intelligente” affermò lui trionfante.
 
“ Ma vorrei subito mettere in chiaro una cosa” lo interruppi per la seconda volta “Promettete  che una volta finito il mio lavoro potrò tornare a casa?” osai patteggiare nonostante sapessi benissimo che la mia posizione non me lo permetteva.
 
“ Pensi a svolgere bene il suo compito e poi ne riparleremo” fece una pausa
“ Benvenuta su Argon 5 signorina Briefs,  a breve la servitù vi mostrerà le vostre stanze. D’ora in avanti questa sarà la vostra casa e sentitevi libera di visitare il luogo come meglio credete” disse con tono falsamente cordiale dirigendosi verso l’uscita con il suo tirapiedi. “Ora se non vi dispiace avrei alcune questioni urgenti da sbrigare” mi rivolse queste ultime parole, poi svanì dalla mia vista lasciandomi li impalata senza sapere cosa fare, dove andare..
Adesso era completamente sola.. 

   
 
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