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Autore: _Shantel    10/04/2011    10 recensioni
Liceo scientifico L.
Prendete Alice, liceale di diciotto anni che vive in un mondo fantastico; aggiungete Davide, il bello-e-dannato della scuola che è il suo sogno proibito: sommate anche Federico, il migliore amico di Alice, di cui lei si invaghisce; infine moltiplicate per Edoardo, il fidanzato immaginario della ragazza che assume le fattezze dell'affascinante "Blaine", uno gigolò. Risultato?! Un gran pasticcio per la povera Alice da lei stessa creato, senza immaginarsi quello che poteva succedere. Ma in questo caos riuscirà anche a scoprire l'amore per la prima volta. Già perchè, come dice lei stessa...
Mi chiamo Alice Livraghi e non ho mai baciato un ragazzo
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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C a p i t o l o 3


Assemblea d'istituto

Io e Federico camminavamo lentamente lungo la strada che ci separava dalle nostre case, solo sguardi furtivi tra di noi. Ad un tratto lui mi prendeva la mano e mi guardava intensamente con i suoi magnetici occhi castani, sorridendomi. Io facevo lo stesso.
Ci fermammo, uno davanti all'altro, ed io accompagnai la sua mano sulla guancia in una carezza che mi fece rabbrividire. Si avvicinò d'un tratto a me e sentii il suo respiro caldo sulla pelle.
«Ho sbagliato a farti scappate così» mi sussurrava a fior di pelle.
Rabbrividii. Con il pollice disegnò il mio profilo.
«Posso baciarti?» domandò con fare sensuale.
Non risposi, arricciai solamente le labbra pronto a baciarlo, il mio primo bacio, un bacio del tutto inaspettato e quasi deludente, peloso e bavoso. Aprii gli occhi, ritrovandomi la mia gattona sul cuscino che mi leccava.
«Milky!» esclamai, nascondendo la testa sotto il cuscino.
Non potevo nemmeno fantasticare in santa pace. Mi stavo davvero emozionando e convincendo che lo stavo baciando realmente. Sì , lo so, sono masochista. Chi me lo faceva fare di immaginarmi una splendida storia d'amore con un ragazzo che probabilmente mi avrebbe vista sempre e solo come un'amica? Era peggio che prendere una martellata negli zebedei! Anche se io non ho mai provato un calcio nei gioielli di famiglia, pare che faccia molto male.
Sbattei più volte le palpebre osservando con interesse il mio soffitto, sospirando sonoramente. Federico aveva monopolizzato i miei sogni. Ci ero uscita solo una volta e già mi immaginavo una storia romantica con lui. Ma era più forte di me, avevo la convinzione che lui sarebbe stato il mio primo ragazzo. Espirai l'aria dal naso rumorosamente, girandomi su un fianco a guardare la parete. Avevo pensato lo stesso di Alessio, il migliore amico di mio fratello che mi aveva rivolto solo uno stupido sorriso; avevo creduto lo stesso di Giorgio, uno dei numerosi amici, di Benedetta che avevo conosciuto durante un'uscita al centro commerciale. Avevamo parlato tutto il pomeriggio e la sera stessa lo avevo sognato, eravamo fidanzati ed io avevo dato il mio primo bacio. Questa mia stupida convinzione fu distrutta il giorno dopo da Germa che mi rivelò che Giorgio aveva una ragazza. Quel giorno lo passai deprimendomi davanti alla tv e mangiando un intero pacco di patatine giganti. Per cui non saprei dire perchè anche in quel momento mi tormentavo immaginando scene romantiche tra me e Federico, fantasticando sulla mia prima storia d'amore. Forse per il suo atteggiamento ambiguo che non faceva altro che peggiorare la situazione.
Sospirai affranta, girandomi nel letto e tornando a guardare il soffitto, mentre la mia gatta miagolava e continuava a leccarmi. Alice, smettila di vivere nel tuo mondo e torna sulla terra! mi ripeteva costantemente il mio subconscio, ma io, invece che ascoltarlo, lo zittivo stupidamente. Chiusi gli occhi cercando di prendere sonno con la speranza di non sognare più Federico. Ma, sfortunatamente, non accadde.

Il risveglio fu traumatico e non solo perchè a chiamarmi fu Raffaele con la sua finezza da elefante incattivito, ma soprattutto perchè aveva messo fine al matrimonio tra me e e il mio futuro fidanzato. Per giunta c'era anche Davide che urlava, disperato, “Io mi oppongo!” Meglio di così cosa potevo chiedere!
«Sbrigati!» mi incitò Smell, mentre io, con gli occhi ancora chiusi, mi rigiravo nel letto, cercando la forza per alzarmi. Era una tortura sbucare fuori dal caldo piumone in pieno Gennaio con -10 gradi. Mi aiutò Raffaele, che rientrò nella mia stanza come una furia, strattonando il piumone e scoprendomi.
«Pigrona! Devi andare a scuola!» mi urlò contro.
Mi rannicchiai, in cerca di tepore. Ma Smell aveva sempre il piano di riserva per svegliarmi, si avvicinò al mio orecchio e sentii subito il suo alito flatulento mattutino. Già quello bastava anche per resuscitare un morto. Come se non bastasse, mi urlò nell'orecchio, facendomi sobbalzare e alzare di scatto, sbattendo contro la sua testa dura e rasata.
«Stupido fratello!» esclamai massaggiandomi la fronte mentre lui rideva. Possibile che non avesse accusato il colpo?
Sbuffai, trascinandomi assonata e svogliata in bagno. Guardai la mia immagine riflessa nello specchio, gli occhi socchiusi, i capelli scarmigliati che mi facevano sembrare un leone e il viso cadente. Mi sembrava di vedere la Carla e non Alice. Infilai lo spazzolino in bocca e mentre sfregavo con forza ripensavo alla notte. Ero proprio disperata se sognavo addirittura di arrivare a sposare Federico. Eravamo solo amici ed io già volevo diventare la signora Abbate. Ero proprio una sfigata!
Finii di prepararmi e raggiunsi la cucina dove mia madre, già pronta per andare al lavoro – agguerrito avvocato divorzista fortemente femminista, felicemente separata da mio padre – trafficava con ciotole e cereali. Ogni volta che la osservavo mi chiedevo perchè il destino fosse stato così crudele con me. Perchè non potevo essere meravigliosamente bella come mia madre? Era quasi eterea e sì, ero gelosa di mia madre perchè avevo preso da mio padre, un orribile troll che, con una botta di fortuna, era riuscito a sposarsi con mia mamma. Non che non volessi bene a mio padre, ci mancherebbe, ma era brutto. Stupida genetica!
«Buongiorno» mi disse con un sorriso.
Rantolai una specie di saluto e mangiai i miei amati Nesquik. Mia madre smise di trafficare in cucina, diede una pacca sulla spalla a mio fratello e un bacio tra i capelli a me e, dopo le solite raccomandazioni, uscì.
«Chi è Federico?» mi domandò Raffaele curioso.
Un cereale mi si conficcò in gola e tossii per cercare di non soffocare.
«Fe-fe-de-ri-co?!» balbettai con le lacrime agli occhi. In quel momento avevo visto la mia vita passarmi davanti agli occhi. Tutta! Due secondi bastavano per riassumerla tutta.
«Stanotte lo chiamavi ardentemente» spiegò lui «Federico, Federico!» disse in tono orgasmico, abbracciandosi e fingendo di limonare con qualcuno. Raffaele scoppiò a ridere e lo fulminai. Lasciai cadere il cucchiaino e mi alzai. Era la prima volta che desideravo andare a scuola. Tutto pur di stare lontana da lui.


Ovviamente, chi fu la prima ad essere interrogata in filosofia? La sottoscritta. Ma grazie alla mia raffinata tecnica di supercazzola, perfezionata con il tempo, e occhi dolci riuscii a strappare al tirchio Ghida un bellissimo sette e mezzo. Record personale, come avrebbe detto un ragazzo di mia conoscenza. Ero abbastanza soddisfatta del mio operato, a parte per il fatto che Cristina Cariati, grazie alla sua super scollatura da danzatrice di lap dance aveva preso un otto e mezzo, ma anche, e soprattutto, per Federico che mi vagava nella testa calpestandomi i pensieri. Avrei potuto anche pensare ai koala drogati di eucalipto abbracciati a pantere bianche che partivano per un viaggio disperato in Madagascar, quindi qualcosa che lo esulava a priori, ma lui mi tormentava. FedericoFedericoFedericoFederico.
Quel nome era come un martello pneumatico nel cervello.
«Tutto bene Ali?» mi domandò Claudia, seduta a gambe incrociate di fianco a me sul muretto.
«No» piagnucolai abbassando il viso che venne invaso dai miei capelli stopposi.
«Che c'è?» chiese Germa, appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Problemi di ragazzi, immagino» ipotizzò Claudia con sguardo di soddisfazione.
«Sì» soffiai, tornando a guardare davanti a me.
«Edo?» domandò Benedetta.
Era come una sorta di partita a ping pong tra le due mie amiche ed io ero la rete. Quelle continue domande mi avrebbero fatto impazzire, soprattutto perchè non potevo di certo dir loro di Federico.
«È ambiguo» risposi, riferendomi però ad Abbate. Quel ragazzo mi avrebbe fatto vivere il resto della mia vita in una camera d'isolamento con una camicia di forza.
«E...» incalzò Benedetta, con occhi curiosi.
«A me lui piace» deglutii.
Lo avevo detto veramente? Colpo di fulmine o voglia di non essere diversa?
«Ma non riesco a capire se sono ricambiata» ripresi con le mani tra i capelli «È dolce, mi dice cose carine, mi abbraccia e mi fa credere che gli piaccio anche io. Poi se ne esce dicendo Ti voglio bene, Sei la mia migliore amica» pompai la voce per renderla maschile.
«Quindi è il tuo migliore amico» Benedetta mi guardò accigliata «Ieri mi avevi detto che lo avevi conosciuto alla fermata dell'autobus» incrociò le braccia sotto il seno quel giorno stretto in un push up che la rendeva una tettona. Dedussi che sarebbe andata in palestra a cuccare la sua nuova preda.
Sbarrai gli occhi e risi nervosamente, muovendo le mani da una parte all'altra, senza riuscire a dire nulla di senso compiuto.
«Bè, sì, l'ho conosciuto alla fermata dell'autobus tanto tempo fa e siamo diventati amici, solo da poco abbiamo iniziato ad uscire» annuii convinta.
Ben continuava a fissarmi con quell'aria dubbiosa, poi si aprì in un sorriso. Respirai a fondo chiudendo gli occhi. Fortunatamente l'avevo scampata.
«Secondo me è solo timido» intervenne Claudia «Dagli tempo, vedrai che si confesserà prima o poi»
Quel prima o poi mi preoccupava. Soprattutto il poi. Avrei dovuto aspettare altri cinque anni prima che Federico, semmai gli piacevo, si dichiarasse?!
«Tu invece?» mi rivolsi a Benedetta, cambiando argomento e indicandogli le tette gonfie «Palestra?»
Lei mi guardò con un enorme sorriso e i suoi occhi castani luccicavano come non gli aveva mai visto fare prima d'ora. Doveva essersi presa una bella cotta per il palestrato. Quasi quasi mi veniva voglia di conoscerlo.
«Sì!» cinguettò, battendo i piedi per terra e prendendosi le guance rosse tra le mani «Oggi dovrebbe venire per fare potenziamento»
«Ma ci parli almeno?» sogghignò Claudia.
«Certo!» rispose indignata Benedetta «Ho anche il suo numero» le fece la linguaccia «Tu come va invece sul fronte maschile?»
«Io mi sto vedendo con uno» rispose la rossa pulendosi l'angolo dell'occhio «Ma penso che lo lascerò andare» continuò avvicinando l'indice al pollice a indicare una misura di circa 2 centimetri.
La guardai confusa mentre rideva insieme a Benedetta. Che cosa stava a significare? Cosa c'era i tanto divertente in un indice e un pollice? Risi anche io, per non sentirmi esclusa da quel momento di felicità.
«È bello che tu finalmente ti sei aperta così con noi!» Benedetta tornò a guardarmi dopo aver ridacchiato.
«Già!» esclamò anche Claudia «Facciamo parte anche noi del tuo mondo, in fondo. Siamo le tue migliori amiche!»
Sorrisi nervosamente. Se avessero scoperto realmente che il mio mondo non era quello delle meraviglie che raccontavo loro, avrebbero sicuramente smesso di ridere.


Quel pomeriggio non sarei andata in biblioteca, il nostro appuntamento quotidiano da quasi due settimane. Quei giorni erano passati veloci, sempre all'insegna della sua stupida ambiguità. Non sapeva che facendo così mi uccideva! Mi piaceva, ecco lo avevo ammesso. E anche tanto, da quando era solo uno sfigato di terza media con l'asma. Fino a quel momento avevo represso quel sentimento nei suoi confronti, ma ormai non potevo più fare a meno di pensare che se mi fossi dichiarata prima ora non mi sarei trovata in quella situazione, seduta scompostamente su un divano a guardare La vita in diretta. Avrei voluto essere fortunata come Benedetta, affascinante, con tutti quegli uomini ai piedi, così sicura di se stessa, talmente tanto che era convinta che presto la sua nuova preda sarebbe caduta nella sua rete.
Le immagini scivolavano senza senso davanti a me, quando il campanello suonò aspettai qualche minuto, in attesa che andasse Raffaele ad aprire. Ma poiché dalla sua stanza non provenivano segni di vita se non una musica assordante, mi alzai scocciata con i capelli scompigliati.
«Fede!» esclamai quando me lo trovai davanti a me in tutta la sua bellezza. Per fortuna, quel giorno, non avevo indossato la tuta sformata.
«Il portone era aperto» sorrise.
Lo abbracciai e lui mi sollevò da terra stringendomi forte.
«Cosa ci fai qui?» domandai facendomi da parte per farlo entrare.
Lui appoggiò il borsone che si portava dietro ai piedi del divano e si sedette accanto a me.
«Visto che non venivi in biblioteca oggi, ho deciso di venire io da te»
«Non era necessario che ti disturbassi a venire» dissi flebilmente.
«Abito dall'altra parte della strada» sorrise.
Poi mi prese la mano e la baciò delicatamente facendomi ribollire il sangue nelle vene. Perfino le orecchie erano incandescenti.
«E anche se abitavo in Messico sarei venuto comunque» mormorò.
«Fede» lo guardai dubbiosa, con le labbra arricciate «Ci siamo visti ieri e sentiti questo pomeriggio. Intendevo dire questo»
«Ma io volevo vederti, ecco!» obiettò con voce da bambino, mettendo il broncio e stringendosi nelle spalle.
«Perchè mai?» domandai con il cuore che sussultava.
«Sto bene in tua compagnia, mi diverto con te. E poi sei...»
«La tua migliore amica» conclusi per lui la frase.
Se il sangue prima ribolliva per l'imbarazzo, ora lo faceva per la rabbia. Perchè continuava imperterrito con quella stupida storia degli amici? Mi era venuta voglia di affogarlo nella piscina in cui nuotava. L'unica cosa che mi distolse da quel pensiero era che sarei annegata prima io dato che riuscivo a nuotare solo ed esclusivamente con una ciambella o i braccioli.
«Bene, mi hai vista ora ciao» dissi dura, scivolando lungo lo schienale e tornando a guardare il programma.
«Che acida!» commentò Federico infastidito.
«Non sono acida» ribattei.
«Mi hai appena cacciato di casa! Perchè?»
«Non voglio stare con una specie di schizofrenico» risposi.
«Io sarei lo schizofrenico?!» ripetè indignato indicandosi.
«Stai insinuando che quella matta sarei io?!» tornai a sedermi compostamente, guardandolo, per la prima volta, dritto negli occhi.
«Non sono io quello che ha gli sbalzi di umore!» mi imbeccò.
«E non sono io quella che illude le persone!»
Uscì di getto quella frase, un vomito di parole incontrollate. Mi morsi subito il labbro inferiore, tornando a guardare il televisore perchè il suo sguardo era diventato insostenibile.
«Cosa intendi?» il suo tono si era ammorbidito.
Mi ero ammutolita e paralizzata, mi sentivo ingessata dalla testa ai piedi. Lo guardavo sottecchi ma non riuscivo né a dire né a fare nulla. Federico si passò una mano tra i capelli e scivolò verso di me abbracciandomi. Ancora. Cercai di divincolarmi, ma lui era troppo forte. Sentii le sue labbra poggiarsi sulla mia fronte, facendole scendere verso l'orecchio.
«Io non illudo mai le persone» mormorò mandandomi in estasi.
Mi voltai lentamente trovandomi il suo viso ad una distanza troppo ridotta per i miei gusti. Meidei, meidei! SOS, qualcuno mi aiuti!
Mi accarezzò la guancia sorridendomi. 1 battito perso. La sua mano sgusciò poi verso i mie capelli e sentivo le sue dita a contatto con la nuca che mi spingevano verso di lui. 2 battiti persi. L'altra sua mano libera si posizionò sulla mia coscia. 5 battiti persi. Il suo viso si avvicinava inesorabile al mio e sentivo il suo respiro caldo misto ad uno squisito profumo fruttato. Stavo per dare il mio primo bacio. A Federico Abbate, impossibile! 3567845 battiti persi.
Defibrillatore, stiamo perdendo la paziente!
Dischiusi le labbra pronta a quella nuova esperienza. Mi sentivo eccitata, scombussolata, impaurita, tremante e qualsiasi altra cosa. Eravamo a pochi millimetri di distanza, un momento che non avrei mai voluto dimenticare. Anzi, meglio di sì.
«Che cosa succede qui?»
La voce scocciante di Raffaele si insinuò nelle mie orecchie interrompendo il mio primo stupidissimo bacio. Federico appoggiò la fronte alla mia sorridendo.
«Direi di rimandare» mormorò.
Smell mi scansò violentemente sedendosi tra me e Federico con una mega ciotola di popcorn che appoggiò sul suo pancione gravido, impossessandosi anche del telecomando finendo su uno stupido show comico, di quelli che lo facevano sbellicare dalle risate e spargere pezzettini di patatine bavosi ovunque. Non lo sopportavo.
«Tu chi sei?» domandò d'un tratto, squadrando Abbate con uno sguardo assassino da fratello maggiore geloso.
«Federico» rispose timidamente.
Raffaele mi lanciò un'occhiata maliziosa, lanciandomi bacini. Ancora si ricordava quello stupido sogno in cui chiamavo Abbate. Lo odiavo, punto.
«Sei il suo ragazzo?» gli domandò poi.
Federico deglutì e con gli occhi cercava il mio sguardo. Sorrise scuotendo la testa. Raffaele appoggiò la sua ciotola sulle mie gambe, alzandosi a guardarlo. Seduto era più alto di mio fratello.
«Sicuro?» chiese ancora.
«Penso proprio di sì» rispose con le sopracciglia aggrottate.
Raffaele socchiuse gli occhi trafiggendolo con lo sguardo.
«Sono stato sedicenne prima di te e so cosa vuoi fare con mia sorella. Se la fai soffrire te la vedrai con la mia mazza da baseball» lo minacciò puntandogli un dito ciccione.
«Da quando fai il fratello geloso?!» sbottai io.
«Tu non ti intromettere» mi indicò con due wusteroni che dovevano essere il medio e l'indice, tornando poi a guardare Federico.
«Ci vuoi solo far sesso, vero?! Sono stato quindicenne prima di te!»
Nascosi il volto paonazzo tra le mani. Perchè mio fratello era così stupido?!
«Partendo dal fatto che ho diciotto anni» sorrise, visibilmente in soggezione Federico «Credo di non essere quel tipo di ragazzo»
Si alzò dal divano prendendo la sua borsa e rivolgendomi un sorriso prima di avvicinarsi alla porta. Scattai in piedi anche io.
«Vengo con te!» esclamai.
Sarei andata perfino nel fango piuttosto che rimanere con Smell dopo quel momento iper imbarazzante. Presi la giacca dall'appendiabiti vicino la porta e lo raggiunsi sul pianerottolo, sotto lo sguardo intimidatorio di Raffaele. Si era accorto di essere mio fratello maggiore proprio nel momento sbagliato.


«Sei uno scemo» gli dissi mentre camminavamo verso la palestra dove si allenava il mercoledì.
«Perchè?» mi guardò dubbioso.
«Cavoli, sembri uno Yeti e hai paura del mio grasso e basso fratello?!» sbottai.
Federico scoppiò a ridere e mi prese per mano. Ogni piccolo contatto con lui mi faceva avvampare, anche solo il tocco dei suoi polpastrelli. Deglutii, cercando di mantenere il self-control, anche se era molto più semplice pensarlo che farlo.
«Non conosci l'ira dei fratelli maggiori» bisbigliò ridacchiando «Una volta il fratello di una mia ex mi ha sorpresa in camera con lei senza maglietta. Mi ha cacciato fuori rincorrendomi con una sedia!»
«Si sarebbe frantumata su di te» commentai «Il fatto è che tu sei un fifone!»
«Vero! Però anche tu avresti fatto lo stesso se ti minacciavano con una mazza. Quella fa male! Chissà quanti fidanzati ha cacciato con quell'arnese!»
«Non mi ha mai...beccata» tentennai.
«Cosa hai intenzione di fare con me in palestra?» chiese dubbioso.
Già, non avevo messo in conto il piccolo enorme problema della noia. Di fare una corsa sul tapis roulant non ne avevo la minima voglia, di ciclette non ne volevo vedere e di aerobica non se ne parlava.
«Se vuoi c'è un bar. Puoi bere qualcosa lì. Ti posso presentare anche qualche amica, così stai con loro» propose.
La parola amiche, associata a quel ben di Dio che era Federico, non mi piaceva affatto e mi faceva ingelosire, anche troppo.
«C'è una ragazza che ti piacerà sicuramente! È davvero divertente!» esclamò aprendo la porta della palestra e facendomi entrare «Il bar è lì in fondo» continuò indicando una serie di tavoli e un bancone in stile americano «Aspettami qui» e mi diede un bacio sulla guancia.
Raggiunsi i tavoli di metallo e mi guardai intorno. No, quello non era per nulla il luogo adatto a me. Donne toniche e magre, uomini con muscoli da wrestler, schiamazzi. Mi sentivo spaesata e quegli sguardi dubbiosi rivolti a me non mi piacevano affatto. Quegli occhi sconosciuti si stavano sicuramente chiedendo che cosa ci facesse un bradipo in una palestra.
Unii le mani dietro la schiena dondolandomi avanti e indietro sui piedi guardando dritto davanti a me speranzosa di vedere arrivare Federico con la sua amica. Mi illuminai quando lo vidi avvicinarsi insieme ad una ragazza molto più bassa di lui con i capelli neri raccolti in una coda alta, un top rosa che mostrava la pancia piatta e un paio di leggins grigi. Spalancai gli occhi e la bocca quando furono abbastanza vicini da distinguere i lineamenti inconfondibili della moretta.
«Alice!» disse sorpresa «Cosa ci fai in palestra?!» ridacchiò.
«Ben» dissi sbalordita. Non dissi nient'altro, le parole mi erano morte in bocca.
«Vi conoscete?» esitò stranito Federico.
«È la mia migliore amica» rispose Germa abbracciandomi.
Mi lasciai trasportare dall'ondeggiare della mia amica, ero paralizzata da quella sconvolgente scoperta.
«Come è piccolo il mondo!» osservò divertito lui.
«Un buco direi» commentai a denti stretti.
«Io vi lascio qui. Sono già in ritardo di» prolungò quella monosillaba «cinque minuti e sto seriamente rischiando la vita e domenica ho una gara.»
Abbracciò Benedetta e sentivo un istinto omicida in me crescere a dismisura. Se il tavolo non fosse stato troppo pesante per le mie braccia flosce lo avrei scagliato contro quei due. Appena Federico si girò verso di me, sorrisi falsamente e credo che era anche visibile, dato che sembrava il sorriso di una con il volto di plastica. Si avvicinò a me stringendomi per i fianchi. Mi passò una mano tra i capelli e sfregò il suo naso contro il mio. Mi strinse le mani dandomi un bacio sulla fronte e iniziavo a sentirmi come un gelato abbandonato in un deserto.
«Ci vediamo dopo» sussurrò.
«Credo che questo ad Edoardo non piacerà affatto»
La voce tagliente di Benedetta fece mutare lo sguardo dolce di Federico in uno dubbioso e leggermente accigliato.
«Edoardo?!» ripetè indignato «Chi sarebbe?!»
«Rischi la vita!» gli ricordai in una cantilena spingendolo per farlo allontanare da me.
Perchè Germa aveva la lingua più veloce del cervello? Glielo avevo sempre detto di collegare le due cose prima di parlare, ma ancora non aveva imparato.
«Rispondi alla domanda. Chi è Edoardo?!» riprese con tono duro.
Avrei fatto meglio a fingere di svenire, ma in quel momento non ci riuscii. Annaspavo e basta, in preda ad una specie di crisi di panico.
«Sei geloso?!» gli domandò d'un tratto Benedetta, cingendomi una spalla.
«Non sono geloso!» ribattè istantaneamente Federico, rosso in volto.
«Allora che ti importa di chi è Edoardo?» continuò Germa ignara del caos che stava creando in quel momento. Caos generato dalla mia stupidissima bugia.
«Semplice curiosità» tentennò.
«Il suo quasi ragazzo» tagliò corto Benedetta con un sorriso.
Federico si passò una mano sul mento, rabbuiandosi.
«Io vado» disse poi in tono basso lasciandoci a passo svelto.
Avrei voluto fermarlo, ma ero congelata nella stretta di Germa, le gambe erano diventate un tutt'uno con il pavimento. Senza rendermene conto mi sedetti ad un tavolo insieme alla mia amica. Aveva rovinato tutto, ma non potevo darle la colpa. Se qualcuno aveva sbagliato quella ero io. Se non avessi detto a nessuno di Edoardo ora non mi ritroverei in quella situazione, ma tra le braccia di Federico a limonare con lui.
«Non si flirta in questo modo alle spalle del proprio ragazzo» mi rimproverò seria Benedetta «Soprattutto con il ragazzo che piace alla tua migliore amica»
Mi risvegliai d'improvviso quando sentii quelle parole.
«Co-come?» balbettai attonita.
«Ti ricordi il ragazzo tenerissimo e bello da paura?» mi guardò maliziosa.
«Federico?» chiesi, anche se la risposta era abbastanza ovvia. E dolorosa.
Benedetta annuì felice, stringendomi le mani sopra il tavolo.
«Non sapevo che lo conoscevi!» cinguettò «A saperlo ti avrei chiesto di aiutarmi a conquistarlo!»
Sorrisi non convinta. Non solo Edoardo mi stava rovinando la giornata, ma Bendetta, la mia migliore amica, era innamorata persa del ragazzo che piaceva anche a me e che era assolutamente incavolato con me. Poteva esserci qualcosa di peggiore, oltre, ovviamente, a mio fratello?! No, non credo proprio.
«Visto che è un tuo amico, che ne diresti di mettere una buona parola su di me?» mi fece l'occhiolino.
La mia faccia, contrita in una smorfia incredula e disperata allo stesso tempo, si mosse al ritmo di un sì. In quel momento capii che ero sorprendentemente ed inevitabilmente scema.
«Grazie, grazie, grazie!» esclamò, gettandosi sul tavolo e abbracciandomi all'altezza del collo. Se stringeva di più e mi strangolava sarebbe stato meglio.
«Quanto è bello, vero?!»
«Sì» risposi flebilmente.
Bello, dolce, sensibile, simpatico e questo bellissimo pacchetto all inclusive poteva essere mio. Mi maledissi mentalmente ogni secondo.
Non rimasi nemmeno venti minuti in quel bar perchè me ne andai prima, salutando senza entusiasmo Benedetta e lasciandola da sola al suo allenamento visivo a squadrare Federico.


«Ieri mi ha riaccompagnata a casa!» esclamò soddisfatta Benedetta a Cristina. Come poteva andare d'accordo con quella civetta?
Io, purtroppo, mi trovavo in mezzo a quei due fuochi che non facevano altro che parlare di ragazzi e di Federico. Il mio Federico.
Nemmeno quando l'inutile assemblea d'istituto iniziò, le due non smisero di ciarlare neanche un secondo. Con tutta la buona volontà che ci mettevo, non riuscivo a non ascoltare i loro discorsi, in cerca di qualche particolare su Federico, semmai l'avesse baciata, corteggiata o chessò io. Gelosa non era il termine adatto per descrivermi in quel momento. Ero più che gelosa! Mi imposi di ascoltare i rappresentanti di istituto che disquisivano sui problemi della scuola, dalla carta igienica mancante nel bagno delle ragazze ai preservativi disseminati in quelli maschili.
Dopo un'ora di questi discorsi, Camilla Scaramella, una ragazza del quinto con i capelli paglierini, gli occhiali spessi e qualche chilo di troppo prese la parola attirando su di sé l'attenzione con un sonoro Ehi! Il brusio che fino a quel tempo regnava si smorzò e anche Cristina e Benedetta smisero di parlare. Finalmente.
«Quest'anno abbiamo introdotto una novità per i ragazzi del terzo-quarto-quinto anno» esordì soddisfatta «Una cosa molto american-style»
Quel termine mi inquietò.
«Tra poco è San Valentino, giusto?!»
Un si levò alto nell'auditorium all'udire quella festa da me mai festeggiata e che quindi ritenevo assolutamente inutile, una trovata per spillare soldi a dei poveri fessi.
«Abbiamo deciso di organizzare una festa di San Valentino, qui a scuola. Saranno ammesse solo ed esclusivamente le coppie! Chi sarà da solo non potrà partecipare!»
Erano tutti entusiasti di quella notizia. Quale ragazza, vedendo i telefilm o i film made in USA, non aveva sognato di partecipare ad un romantico ballo scolastico? Perfino io mi ero immaginata in una situazione del genere insieme a Davide. Ma era ovvio che io non potevo partecipare e la cosa non mi dispiaceva nemmeno molto. Inutile mentire. Mi rattristava e tanto. Per prima cosa partecipare ad un ballo sarebbe stata una bella esperienza, poi festeggiare almeno una volta San Valentino mi sarebbe piaciuto. Perchè, sì, la critico, ma anche io faccio parte dei fessi. L'unica cosa è che non ho mai avuto l'occasione di spendere soldi.
«Un ballo!» cinguettò felice Benedetta.
«Oddio che idea fantastica!» esclamò Cristina elettrizzata.
«Così potrò conoscere Edoardo!» disse Germa assecondata dallo sguardo furbo della Cariati.
«Penso proprio che non verrò» sorrisi flebilmente. Avevo ben altri problemi per la testa, in realtà solo uno: chiarire con Federico.
«No!» urlò perentoria Benedetta «Tu vieni, punto e basta»
«No davvero, non mi va e non mi sento bene» mentii.
«San Valentino è tra due settimane. Già sai che starai male?!» ribattè la mia amica nervosa.
«Ciclo» risposi.
«Non cercare di prendermi per i fondelli con la scusa delle mestruazioni» si portò le mani sui fianchi «Io e te abbiamo quasi lo stesso ciclo. A fine mese!»
Troppo attenta ai particolari per i miei gusti.
«Forse Edoardo non può venire» miagolò Cristina con finti occhi dolci «Come può un principe uscire da una favola? Non è Come d'incanto» si stava chiaramente prendendo gioco di me.
«Alice» Benedetta mi guardò seria, penetrante, arrabbiata «Edoardo esiste, vero?» sembrava quasi una supplica.
Inspirai ed espirai più volte.
«Certo che esiste!» esclamai indignata.
Subito un sorriso si disegnò sulle labbra di Benedetta e lo sguardo furbo di Cristina si spense. Che soddisfazione.
Il guaio era che avevo creato un bel pasticcio da cui non sapevo come uscire
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Buona domenica a tutti!

Capitolo di svolta! Troppo veloce? Forse, ma  non volevo perdere troppo tempo su Alice e Federico e i loro pomeriggi in biblioteca. Penso magari che farò qualche missing moments per questi due ragazzotti. Nel prossimo capitolo, se non ho fatto male i conti, dovrebbe arrivare Edoardo, finalmente. Già c'è un bel casino per Alice: ha "litigato" con Federico e dovrà andare ad una festa degli innamorati nonostante non abbia un fidanzato.
Vi starete chiedendo che fine ha fatto Davide. Tornerà, anche lui avrà la sua bella parte nella storia u.u 
I soliti ringraziementi a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, a nes_sie per la recensione e a tutti quelli che leggono solo.
Vi ricordo, come sempre, che le foto e gli spoiler della storia li troverete sul mio profilo di Facebook.
Ho fatto una gif su Alice *-*
http://i52.tinypic.com/14e8mll.gif
Un bacio ♥

   
 
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