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Autore: Sandra Voirol    10/04/2011    3 recensioni
Ho sempre pensato che non era sufficientemente messo in luce…tutte le sensazioni e i pensieri di Edward. Edward come vampiro.
Io leggendo la saga lo tengo molto presente. Per questo era parecchio che mi frullava per la testa quello che state per leggere.
Sicuramente fra le Fan Fiction ci saranno racconti come questo…ma sentivo l’esigenza, comunque di farvelo leggere.
Spero che vi piaccia...aspetto i vostri commenti...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
- Questa storia fa parte della serie 'L' Anima di Edward...ma non solo'
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Buongiorno !!!!!

A questa Shot ci tengo tantissimo...è stata la prima in assoluto che ho scritto!!!!

Quella che ha dato il via alla mia ossessione meravigliosa di scrivere!!!!

L'ho scritta in tre ore...presa da un istinto incontrollabile di scrivere le emozioni di Edward...e da lì non sono più riuscita a fare a meno di stare nella sua testa.

Qunidi...ovviamente è
POV. EDWARD !!!!

BUONA LETTURA !!!!















LA  FINE
 

 


“Mi sono fatta male”…
Sentii solo queste parole …ed arrestai all’istante il respiro.
Guardai il suo dito, da dove usciva una goccia di sangue, e solo quella vista mi mandò la gola in fiamme, molto più del solito bruciore che sentivo, ogni volta che mi era vicina.
Un ringhio terrificante mi fece girare la testa di scatto nella direzione di Jasper. Il suo viso era trasformato, non era più mio fratello, ma un vampiro sconvolto dalla sete.
Agii d’istinto. Il mio primo pensiero fu per Bella, ovviamente. Per allontanarla dal pericolo imminente, la spinsi via, con la meno forza possibile. Volò sul pianoforte, dove vi erano la torta, i regali e la pila di piatti. Una frazione di secondo dopo, era a terra fra una miriade di vetri rotti, e dal suo braccio colava copioso il sangue.
M'irrigidii a quella vista, il vampiro cercava con le unghie di uscire fuori e saziarsi. Sentivo dietro di me Carlisle ed Emmett che trattenevano Jasper, sconvolto dal desiderio di placare la sua sete. Alice cercava di tranquillizzarlo, ma anche lei aveva difficoltà a mantenere il controllo. Rosalie aveva un sorriso maligno sul volto. Istintivamente mi misi in posizione di difesa, tra Bella e la mia famiglia. La constatazione di questo mio gesto mi sconvolse. Avrei attaccato un mio familiare per proteggere Bella? SI!
Carlisle prese in mano la situazione, per fortuna che c’era lui. Disse ad Emmett e Rosalie di portare fuori Jasper, che ancora tentava di divincolarsi, poi, si rivolse a Bella. Guardavo la scena, timoroso, temendo che il vampiro avesse la meglio sull’uomo innamorato.
Carlisle aveva le mani insanguinate, mentre controllava la ferita di Bella. La disinvoltura con cui aveva a che fare col suo sangue mi sconvolgeva, sarei mai riuscito a gestire una situazione del genere? Carlisle era un vampiro eccezionale, non sarei mai riuscito, a seguire il suo esempio.
Rigido come un palo, per trattenere la sete urlante che sentivo, la presi in braccio e la portai in cucina, dove mio padre l’avrebbe curata. Tutto sommato lei mi sembrava tranquilla, visto la sua reazione alla vista del sangue. Controllava il bisogno di vomitare, quasi come me che controllavo la sete. Ero combattuto tra la voglia di assaggiarla anzi di dissanguarla e il desiderio irrefrenabile che mi provocava portarla in braccio. Mi fermai vicino a lei, mi sentivo una guardia del corpo, anche se la guardia in questione doveva fare uno sforzo titanico per non uccidere la sua protetta.
“Edward, esci da qui, non voglio che stai male”….
Ecco - non solo - l’avevo scaraventata in mezzo al vetro dei piatti, ora mi proteggeva pure dal mio essere vampiro.
Carlisle - ed Alice che era rimasta lì - ma a distanza di sicurezza, mi convinsero ad andare da Jasper. Tutti contro di me.
Io volevo stare con lei, non m’interessava quanto dovevo trattenere il vampiro dentro me, il mio dovere era stare con lei in quel momento, assisterla, rassicurarla. Invece mi avevano mandato via. Stavo cominciando a sentirmi veramente male, il mio sogno di stare con Bella, si  sgretolava sotto la consapevolezza di quello che era appena accaduto.
Il sollievo che provavo, mentre mi allontanavo da lei, con la gola che mi bruciava sempre meno, a mano a mano che prendevo le distanze, era una ferita insopportabile per il mio cuore.
Io non dovevo stare con lei.
Ero un danno.
Ero un mostro.
L’avevo ferita anche con l’intenzione di proteggerla. Io sarei sempre stato, la spada di damocle sulla sua testa. Il dolore dei miei pensieri mi spezzò il respiro. Un respiro che avevo ripreso solo un minuto prima, quando la distanza da lei era stata sufficiente.  Fossi stato umano sarei svenuto per il dolore che provavo. Ora però, Jasper aveva bisogno di me, dovevo cacciare in un angolo della mia mente, tutti questi pensieri, e concentrarmi su di lui. Avrei concesso alla mia testa di riprendere il discorso, quando sarei stato solo.
Ma solo non rimasi per un bel po’.  E questo non fece che aumentare la mia rabbia, il mio odio verso quello che ero, verso il destino che ci aveva fatto incontrare a cent’anni di distanza l’uno dall’altra. Perché.
Dopo aver cercato inutilmente, di placare il senso di colpa di Jasper. Aver sopportato le occhiate preoccupate di Esme, Emmett ed Alice - mentre Rosalie se la godeva - tornai in cucina da Bella. Ero assillato dai pensieri di tutti - come sempre - ma la loro preoccupazione, per quello che era appena avvenuto, era come acido per me. Cercai di chiudere tutti fuori dalla mia testa, trattenni il respiro e mi avvicinai a Bella. Sentivo i discorsi tra lei e Carlisle, ben fuori della cucina. Carlisle le stava raccontando della mia trasformazione. Feci un sospiro triste ed entrai. Appena varcata la soglia della cucina, la mia gola prese fuoco, come sempre accadeva in sua presenza, ma di sangue fresco non c’era più traccia, quindi il dolore era quello standard, quello che sopportavo per stare con lei.
Sentivo un peso immenso nel petto e una tristezza sconfinata. Bella mi guardava timorosa, quasi ad occhi bassi, la sua camicetta incrostata di sangue e la fasciatura al braccio non mi facevano dimenticare l’accaduto. Alice la potrò di sopra per cambiare la camicetta, soprattutto per non allarmare Charlie. Una rabbia folle mi saliva dentro, mentre aspettavo che tornasse da me. Tutti stavano zitti, l’aria era pesantissima. L’accaduto pesava come un macigno sull’animo di tutta la mia famiglia. Sapevano quanto avevo combattuto contro me stesso per stare con lei, e quello che era appena successo, dimostrava che avevo sempre avuto ragione.
Non potevo stare con lei.
Mentre l’accompagnavo a casa, guardavo, nero di rabbia, attraverso il parabrezza del pick-up. Il silenzio era assordante. Lo scambio di battute che seguì era il risultato di tutta la tensione e la rabbia accumulata. Mentre Bella come sempre, mi giustificava, mi amava comunque, senza riserve. Odiavo che mi rendesse così difficile fare quello che stavo per fare. Ma mi strappò comunque un sorriso. L’amore sconfinato che provavo per lei soffocava la realtà, e mi concedeva di sognare un altro po’.
Mentre l’aspettavo in camera sua, la mia mente di vampiro cominciò a tirare le somme, a mettere tutti i tasselli al loro posto.
Io ero un pericolo troppo grande per lei.
La mia famiglia, era un pericolo troppo grande per lei.
Ci avevo provato, ma la realtà mi dimostrava che non era possibile stare con Bella.
L’avevo quasi persa a causa di James, ma questo ero riuscito a sopportarlo, era un nemico esterno.
 Ora il nemico era la mia famiglia – come - come avrei potuto gestire una situazione come questa.
Finché fosse rimasta vicino a me, sarebbe stata in pericolo, e io non potevo permetterlo.
Quando entrò nella stanza e si accoccolò addosso a me, il mio cervello si annebbiò.
Una nebbia che mi permise di godere un altro po’, della sua presenza. Nonostante la gola in fiamme. Era un dolore a cui davo il benvenuto. Era il prezzo da pagare per starle accanto, lo pagavo - grato. Era calda, morbida e profumata.  Nel mio cervello - come sempre - si scontravano il desiderio del vampiro e quello dell’uomo. Quanto l’amavo. L’amavo di un amore immenso, sconfinato.
L’amavo abbastanza da lasciarla?
Mentre ascoltavamo il cd che le avevo regalato, piangeva.
Volevo piangere anch’io.
Le avevo suonato le mie canzoni più belle. Con tutto l’amore che provavo. Quando ancora credevo che tutto fosse possibile. Quando ancora credevo che sarei rimasto per sempre con lei. Illuso.
Volle un bacio.
Il bacio d’addio - anche se lei non lo sapeva.
La baciai.
Ma non fu il solito bacio.
Il bacio prudente.
Il bacio controllato.
La baciai con tutto l’amore, la disperazione, la passione, ed anche il dolore, che mi era possibile - senza farle del male.
Perché un bacio, voleva dire mettere le mie labbra sulle sue.
Voleva dire mettere i miei denti affilati e zeppi di veleno a contatto con la sua pelle.
 Il desiderio che provavo, quando ero con lei era il desiderio di un vampiro, un desiderio troppo forte per un umana.
Se da una parte venivo travolto dall’impeto e dall’ardore propri della mia specie, dall’altro dovevo mantenermi lucido, per non ucciderla. Una lotta difficilissima.
Senza contare la gola che subiva un attacco tremendo, come se esplodesse un sole al suo interno.
Il bacio d’addio.
Mentre la baciavo, oltre a sentire tutto questo, la consapevolezza che avevo deciso, che era inevitabile, che questo sarebbe stato l’ultimo, mi trapassò il cuore. Un cuore che non pulsava da quasi cento anni. Ma che lei aveva risvegliato. Ora moriva. Di nuovo. Per sempre.
Allontanandola da me, cercai di ricompormi. Non volevo che leggesse sul mio viso tutto il dolore che provavo.
Non tardò a addormentarsi.
Mentre le davo un bacio sulla fronte, sospirò - dovevo andare, dovevo scappare, stare con lei era come una droga. L’astinenza sarebbe stata terribile. Più rimanevo e più rischiavo di cambiare idea, di fare il furbo e trovare una soluzione che non avrebbe risolto niente. Che ci avrebbe portato ad altri rischi, ad altri incidenti.
Mi misi a correre, come facevo prima di cedere al suo fascino e arrendermi all’amore che provavo per lei.
E mentre correvo, pensavo.
Pensavo a cosa fare. A come farlo.
 Il dolore della perdita imminente era troppo forte e il mio cervello perdeva lucidità, rimaneva sconvolto dall’elettroshock provocato dalla separazione.
Mi fermai non so dove.
Ero scosso dai sussulti e dai singhiozzi, anche se le lacrime non c’erano.
Perché? Perché? Perché?
La disperazione e lo sconforto mi travolsero e per parecchio tempo, non riuscii ad uscirne. Dovevo elaborare la perdita. Almeno concedermi qualche ora di verità, per poi essere in grado di chiudere tutto, in un angolo del mio cuore, e recitare una parte.
Lentamente uscii dal tunnel e presi coscienza che dovevo elaborare un piano.
Lasciarla.
Cosa comportava?
Dovevo andare via, ma come?
E la mia famiglia?
Sparire?
Salutarla?
Solo al pensiero mi si contrasse lo stomaco.
Cos’era meglio per lei?
I vampiri dovevano sparire.
Bene, io e la mia famiglia ci saremmo dileguati. Avrei chiesto a tutti di fare i bagagli e andarcene altrove, per me l’avrebbero fatto. Anche se non ero sicuro di sopportare la loro vicinanza, la loro compassione.
Forse era meglio che loro sparissero da un giorno all’altro. Per Bella sarebbe stato più semplice. Un taglio netto.
Ma io?
 Fossi sparito sarebbe impazzita, questo non potevo permetterlo. Dovevo trovare il modo di prepararla.
 Dovevo accertarmi che stesse bene, che il braccio guarisse.
Si, sarei rimasto altri due, tre giorni, ma avrei cercato di creare distanza, per prepararla alla separazione definitiva.
Avrei congelato il mio cuore, sarei tornato vampiro, e l’aria intorno a noi si sarebbe raffreddata. L’istinto l’avrebbe preparata, era sempre stata brava, a cogliere il senso delle cose.
Con la morte nel cuore, ripresi a correre verso casa, mi aspettavano, anche loro dovevano prepararsi.
Prepararsi all’addio.
 
  
  

   
 
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