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Autore: Sandra Voirol    10/04/2011    6 recensioni
Torniamo a Edward...
Spero che vi faccia piacere sapere cosa frulla nella sua meravigliosa testolina...
In questa Shot...i pensieri gli girano e gli rigirano...
Non è che non sapevo cosa scrivere...
E' che ho pensato che la sua testa non avesse pace...
Spero che vi garba...
Aspetto i vostri commenti...
Buona lettura
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
- Questa storia fa parte della serie 'L' Anima di Edward...ma non solo'
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Buonasera!!!!

Io continuo la mia opera di ripasso!!! ahahahah

Questo capitolo è stato molto intenso da scrivere per me!!!!

Stare nella testa di Edward in quel momento è stato impegnativo ma anche bellissimo!!!!

Quindi...ovviamente è un
POV. EDWARD !!!!

BUONA LETTURA !!!













VOLTERRA – FORKS  (SOLO RITORNO)
 
 
 


Era tra le mie braccia.
Ancora non ci potevo credere. Era viva. Eravamo vivi. Sorprendente. Meraviglioso. Riabbracciarla sotto la torre era stata un’esperienza mistica. Penso che nessuno mai a provato ciò che ho provato io. Non ci sono parole. Come non ci sono, per quello che ho passato pensando che fosse morta. Superare questi due giorni indenni, ha del miracoloso. La sua presunta morte, il dolore, i Volturi, siamo riusciti a scampare al pericolo, incredibile.
Era accoccolata tra le mie braccia, avvolta nella mantella “gentilmente” concessa da Aro. Il suo profumo m’inebriava. Non so come altro definire l’effetto del suo odore su di me. Erano tanti mesi che non lo sentivo. Ma invece di scatenare il mostro, come era logico. Com'era sempre accaduto, anche se avevo imparato a controllarlo. Ora tutto era diverso. Avevo sì la gola in fiamme, come se un ferro incandescente mi marchiasse la trachea. Ma il bruciore, era dolce. Era come se il suo profumo mi legasse a lei con milioni di fili invisibili, in un intreccio tenero e avvolgente. Anche se non avevo certo bisogno di questo per essere legato indissolubilmente a lei. Lo ero sempre stato, da quella volta nella sala della mensa. Non avevo mai avuto scelta in realtà. Io le appartenevo.
Dovevo saperlo. Lasciarla era stata la cosa più sbagliata che potessi fare. La mia scelta aveva scatenato un dolore atroce, insopportabile, in entrambi. I pensieri di Alice erano chiari. Bella aveva passato l’inferno in questi mesi.
E tutto per colpa mia.
Come potevo pensare che saremmo sopravvissuti separati. Ero stato un pazzo.
La tenevo stretta e respiravo a pieni polmoni il suo odore. Quanto mi era mancato. Ero meravigliato. Aspettavo che il mostro provasse con le unghie e con i denti ad uscire fuori, per saziarsi. Ma di lui non c’era traccia. Neanche l’ombra. Completamente scomparso. Il suo meraviglioso profumo di fresia mi penetrava nelle narici. Infiammava la gola e mandava in estasi il cuore, il cervello, l’anima e il corpo. Sì, l’anima. Perché dopo aver stretto la mia unica compagna possibile tra le braccia - sotto la torre campanaria, teatro della mia morte, diventato palcoscenico della mia salvezza e del nostro amore - non potevo non sperare, per lo meno sperare, che l’anima io ce l’avessi ancora.
“Edward”, sentire il mio nome sulle sue labbra era una cosa sconvolgente. Pensavo che non avrei sentito mai più quella dolce melodia e i brividi che mi aveva sempre provocato. Piangeva.
“Cos’hai?”. Sentirla tanto addolorata mi spezzava il cuore. Le accarezzavo delicatamente la schiena nel tentativo di calmarla. Si aggrappò alle mie spalle. Il contatto fisico con lei mi provocava ondate di elettricità attraverso tutto il corpo.
“E’ così strano se sono felice, anche se mi trovo in quest’inferno?”. La strinsi forte a me. L’emozione aveva spezzato la sua voce e a me, il fiato.
“Ti capisco perfettamente” le sussurrai all’orecchio. Fece cenno di sì con la testa.
Ecco, questo era un dei tanti momenti, in cui avrei pagato oro per sapere cosa pensava. Accidenti. Visto che a quanto pare, il mostro era sparito, non si poteva anche fare in modo che la sentissi? Anche se, visto che Aro non ci era riuscito, mi sembrava improbabile che la grazia fosse concessa a me. Ma in fondo andava bene così. A parte il fatto che continuavo ad impazzire perché non sentivo i suoi pensieri, dovevo ammettere, che questa sua anomalia era stata la sua salvezza nella torre dei Volturi. E il pensiero che non aveva dovuto subire l’attacco di Jane, valeva tutta la mia frustrazione. Non me ne sarei lamentato mai più.
Sentivo Alice in sottofondo, ma i miei pensieri erano tutti per Bella. Ci guardavamo negli occhi.
Quanto mi erano mancati i suoi profondi, limpidi occhi color cioccolato. Li avevo visti ovunque in questi mesi. Erano il velo che mi divideva dal mondo. Da qualsiasi cosa guardassi. Loro mi guadavano. Quanta sofferenza inutile.
Tornai con i pensieri alla luce dei miei occhi. Aveva delle profonde occhiaie. Chissà da quanto non dormiva. Le sfiorai lieve, “Sei stanca”. Lei fece altrettanto, “Da quanto non vai a caccia?”. Il suo viso trasmetteva preoccupazione. Volevo rassicurarla. Non doveva preoccuparsi di niente. “Sto bene”.
“Se è il caso, mi sposto”.
“Assolutamente no”. Solo il pensiero di staccarmi fisicamente da lei, mi provocava un dolore insopportabile al petto. Comunque, sembrava che l’idea non piacesse neanche a lei. Il tono della sua voce non sembrava entusiasta, all’idea di allontanarsi da me. “Sto benissimo”, cercai di rassicurarla. Ci guardavamo, persi l’uno nel viso dell’altra. Sembrava che i suoi occhi avessero mille domande, ma restava muta. In contemplazione di me, mentre io lo ero di lei.
Più la guardavo, più la stringevo tra le braccia, più respiravo a pieni polmoni il suo odore, più il suo calore si espandeva in me e più il mio cuore morto si allargava. L’amore infinito che provavo per lei, si riappropriava del suo posto. Il mio petto. In questi mesi il mio petto era stato una voragine senza fine. Ora era pieno d’amore, pronto ad esplodere. Il vuoto era scomparso. Come se l’abbraccio sotto la Torre Campanaria lo avesse cicatrizzato. Guarito magicamente, senza lasciare traccia.
Sì, a parte i ricordi.
Ma avrei avuto tempo per pensarci. Meglio concentrarsi sul presente. Sul ritorno a casa. Presto sarebbe stata sera e avremmo potuto lasciare finalmente questo posto maledetto. Mentre parlavo alla mia velocità con Alice - per organizzarci per il ritorno - non perdevo di vista il viso di Bella.
Alice mi raccontava della Porche gialla che avevano rubato per venire qui dall’aeroporto di Firenze. Sembrava innamorata di quella macchina. Ma lei l’aveva lasciata in bella vista per la polizia, così sarebbe tornata dal legittimo proprietario. Quindi ci toccava rubarne un’altra. Ci avrebbe pensato lei, dopo che saremmo usciti da quest’inferno. Poi saremmo andati all’aeroporto di Firenze e da lì, dritti a casa. Dritti a Forks.
Ad un certo punto Alice mi chiese dellamia cantantee le spiegai che era il termine che i Volturi davano agli umani che facevano l’effetto, che il sangue di Bella aveva su di me.
Ma tutto era un sottofondo al viso e agli occhi di Bella. Non riuscivo e non volevo staccarmi da lei. Tutta la mia concentrazione era rivolta verso di lei. E non riuscivo a fare a meno di sfiorarla lieve con le labbra. I capelli, la fronte, il naso, il bisogno era troppo forte. Era troppo, troppo tempo che le mie labbra non la toccavano. Cercavo di resistere alla tentazione di assaggiarle le labbra, per quelle avrei aspettato che parlassimo.
Dovevo sapere, prima. Sapere se era troppo tardi. Temevo che fosse troppo tardi. E non l’avrei biasimata se non mi avesse perdonato, per tutto il male che le avevo fatto.
Ad un certo punto sentii che Alec si stava avvicinando. Sentivo i suoi pensieri. Aveva l’ordine di lasciarci andare, ma l’istinto mi fece stringere Bella più forte a me. Che a sua volta si strinse ancora di più al mio petto. Tremava. Dopo che Alec fece il suo dovere e la segretaria che voleva diventare un vampiro c'indicò la strada, finalmente uscimmo - senza voltarci - da quell’inferno. Camminavamo per le stradine di Volterra, puntando dritto verso la porta della città. Nessuno notava il mio abbigliamento bizzarro. Tutti erano coperti da mantelle simili, c’era persino chi aveva i canini finiti dei cosiddetti vampiri.
Sentivo che era stremata, camminava a stento. Per aiutarla il più possibile le cinsi i fianchi per sostenerla. L’avrei presa in braccio, ma non volevo attirare l’attenzione su di noi. Sentii i pensieri di Alice. Ci aspettava con una macchina “presa in prestito”, giusto fuori dalla porta della città. Mentre passavamo sotto la grata di ferro dell’enorme portone, Bella tremava.
La infilai sul sedile posteriore della macchina scura e mi accomodai vicino a lei. Alice si scusò per non aver trovato di meglio, ma m’importava poco. Però, continuava ad elogiare la Porche che aveva usato per arrivare a Volterra. Doveva esserle piaciuta davvero tanto. Il suo desiderio d'averla era forte nella sua mente. Bene. Se una Porche voleva, una Porche avrebbe avuto. Le dovevo almeno questo. Anzi, molto molto di più.  
Spostai l’attenzione su Bella. Volevo che dormisse. Ma lei si rifiutò. La solita testarda. Non era cambiata di una virgola a quanto pare. La stringevo forte a me, avvolta nella mantella.
Mentre continuavamo a guardarci instancabilmente, cercai di analizzare le differenze che avvertivo stando vicino a lei. Nonostante stavamo in una macchina e il suo odore saturava l’aria, io non sentivo minimamente l’istinto della caccia. Il mostro era davvero scomparso. Non avvertivo assolutamente la necessità di imbrigliarlo con la mia volontà.
Semplicemente, non c’era.
Avevo il fuoco in gola, ma non sentivo minimamente il bisogno del suo sangue. Era una sensazione nuovissima per me. Ero abituato a contrarre i muscoli per bloccare il vampiro. Neanche il fatto che la tenessi stretta a me e che le sfiorassi i capelli con le labbra, scatenava una qualche reazione. Non avevo bisogno di essere allerta, rigido. Era una sensazione strana essere rilassato, vicino a lei.
Chissà se la baciavo? L’ultima volta che l’avevo baciata, il mostro aveva sofferto. Io avevo sofferto.  Mentre la baciavo con più passione del solito - nel bacio dell’addio - il dolore in gola e lo sforzo di tenere a bada il mostro, era tanto forte da farmi palesemente lamentare. Ma non era il momento.
Arrivati all’aeroporto di Firenze, lasciammo la macchina nel parcheggio, in mezzo ad una marea d'altre macchine. La polizia l’avrebbe trovata, ma noi saremmo stati lontani ormai. Alice si adoperò per farmi cambiare d’abito. Presentarmi al Check-in in mantella non era il massimo. Mentre mi acquistava un cambio completo d’abito, io vegliavo protettivo alla porta del bagno delle donne. Bella si stava cambiando. Decisamente aveva bisogno di un momento da umana. Quando uscì dal bagno e anch’io mi fui cambiato, le nostre mani s’intrecciarono nuovamente. Erano state lontane troppo tempo.
Sfiorarla, mi riportava a casa, leniva quel sottile dolore che sentivo se non ero in contatto diretto con lei. Il volo da Firenze a Roma fu breve. Solo il tempo di perderci un altro po’ negli occhi l’uno dell’altra. Senza parlare. Senza chiarire.
Il volo da Roma ad Atlanta sarebbe stato molto più lungo. Speravo che dormisse. Ne aveva un bisogno disperato. I suoi occhi avevano le pupille dilatate all’inverosimile, nello sforzo di rimanere aperti. Ovviamente non mi diede retta. Ero convinto che mi avrebbe mitragliato di domande, ma rimaneva in silenzio.
Chissà a cosa pensava? Potevo solo leggere i suoi occhi, come avevo sempre fatto. Sembravano…prudenti. Mentre le accarezzavo il viso, lei faceva altrettanto. Era come incontrarsi di nuovo per la prima volta. Ci riappropriavamo di noi. Seguivamo i lineamenti del viso, degli occhi, delle labbra. Le baciavo i capelli, i polsi, la fronte…mai le labbra. Era come se sentissi che non voleva. Mi sembrava terribilmente fragile. Sul punto di crollare, ma avvertivo che si aggrappava a me con tutte le sue forze. Sentivo quasi la sua disperazione aleggiare nell’aria.
Non volevo forzarla in nessun modo, quindi decisi di seguire i suoi ritmi e adeguarmi a lei. Se non parlava, non avrei parlato. I miei gesti parlavano da soli, comunque.
Se non parlavo, però, avevo tempo per pensare. Pensare a tutto quello che era accaduto. Certo, ancora non ne sapevo molto, ma i pensieri di Alice - mentre andavamo da Aro - mi avevano dato una panoramica abbastanza chiara. Solo affacciarmi a quei pensieri, mi dava il tormento.
Bella era stata malissimo dopo la mia partenza. La discussione di Alice con Charlie - che lei aveva pensato per me - aveva tracciato un quadro terrificante. L’avevo distrutta abbandonandola. La sua sofferenza era stata immensa e senza speranza. Come la mia, solo che per me il dolore era mille volte più potente. Ma penso che la devastazione sia stata identica alla fine. Insopportabile, sia per lei, umana; che per me, vampiro.
La mia decisione aveva solo fatto danni inimmaginabili. Non era certo quello che volevo. Ero convinto che mi avrebbe dimenticato. Avevo detto cose orribili per farmi dimenticare. La solita testarda. Perché non ne avevo tenuto conto? Forse non mi ero reso conto di quanto mi amava. Il solito presuntuoso.
Un altro tasto dolente erano i licantropi. Ma poteva mai essere? Io ero andato via per non metterla in pericolo con la presenza dei vampiri. E lei andava a fare amicizia con i licantropi? Questa cosa era veramente assurda. Insomma, se il pericolo non andava da lei; Lei andava dal pericolo? In effetti, questa già la sapevo. Era sempre stato così con lei. Era una calamita per i disastri. Pensavo che con la mia partenza, la sua vita sarebbe tornata normale, tranquilla. Invece No. Se l’andava a cercare.
Un brivido di puro terrore mi trapassò la schiena al pensiero di Bella vicino ad un licantropo. Troppo, troppo pericoloso. Non le avrei permesso mai più di correre un simile rischio. Sempre che mi volesse ancora.
Se.
Al solo pensiero il mio stomaco sussultò, la voragine, tanto familiare si fece sentire, pronta a squarciarsi nuovamente. Mi si spezzò il respiro. Bella se n'accorse e come se volesse consolarmi, mi accarezzo dolcemente il viso. Non meritavo tanto. Io dovevo consolare lei. Io l’avevo distrutta. Io ero la causa di tutto il nostro dolore. Le feci un sorriso stanco. Colpevole. Ma lei non diede voce ai suoi pensieri e io tacqui.
E mentre continuavo a perdermi nel cioccolato fuso dei suoi occhi, continuavo a tirare le somme di quello che avevo saputo da Alice.
La cosa più pericolosa. La cosa che meno mi aspettavo, che non avevo proprio preso in considerazione. Victoria. Non ci potevo credere. Bella, oltre che essere distrutta dal mio abbandono, aveva dovuto subire i continui tentativi d'attacco da parte di Victoria. Un brivido di puro terrore mi trapassò. L’avevo lasciata al suo destino, completamente inerme. Con un bersaglio sulla fronte. Pazzo. Ero stato un pazzo. Era questo il modo di proteggerla? Eppure avrei dovuto sapere che la mia partenza non l’avrebbe salvata dal pericolo. La vicenda di Port Angeles avrebbe dovuto insegnarmi qualche cosa. Invece niente. Il solito testardo, presuntuoso, cieco.
La cosa peggiore, era che dovevo ringraziare i licantropi, per averla protetta. Per averla salvata. Nonostante tutto il disprezzo che sentivo per i miei nemici naturali, dovevo essere loro riconoscente. Se potevo tenerla stretta tra le mie braccia, lo dovevo a loro. Era una pillola decisamente amara da mandare giù. Com’era amara la constatazione che Victoria mi aveva preso in giro per bene.
Mentre io le davo la caccia per il Brasile, lei se ne stava a Forks, a caccia di Bella. Uno smacco insopportabile. Ero stato veramente un emerito incapace. Ma non avrebbe avuto scampo. L’avrei uccisa con le mie mani. L’ira e l’odio divampavano dentro di me. Tanto da rendere tutto rosso. Perfino Bella, vedevo rossa. Appena possibile l’avrei distrutta, fatta a pezzi, ridotta in polvere. Il suo respiro non avrebbe più inquinato l’aria. La odiavo tanto quanto James, forse di più.
Quando atterrammo ad Atlanta, Bella era ancora sveglia, come lo era quando arrivammo a Seattle. Ma era al limite. La sorreggevo nell’aeroporto, mentre andavamo incontro alla mia famiglia.
Dopo l’accoglienza e la sgridata di mia madre, andammo alla macchina. C’erano Emmett e Rosalie ad aspettarci, un altro tasto dolente. Se Rosalie non si fosse affrettata a farmi sapere della morte di Bella, tutto questo casino non sarebbe successo. Era veramente arrabbiato con lei. Quando sarebbe cresciuta? Avrebbe imparato, prima o poi, a non mettere al centro di tutto se stessa?
Bella ed io salimmo in macchina con loro, dietro l’insistenza di Esme. Sempre la solita, cercava di tenere unita la famiglia. Rosalie cercò goffamente di chiedere scusa, sia a me che a Bella. Ma Bella ormai era stremata, parlava mentre dormiva.
Finalmente si abbandonò al sonno. Rilassata, tra le mie braccia. In macchina un silenzio colmo di rispetto, per la ragazza appoggiata al mio petto. Quando arrivammo a casa di Bella, sentivo le emozioni nella testa di Charlie, molto prima che parcheggiassimo. Come sempre, non leggevo i suoi pensieri, ma il tono delle sensazioni, sì. Era terrorizzato, nel panico più totale.
Appena Emmett fermò la macchina e io aiutai Bella a scendere, si precipitò fuori. Era arrabbiatissimo. Con Bella e soprattutto con me. La sua ira era tanto forte, che se non fosse stato l’uomo onesto che era, mi avrebbe sparato. Un pensierino ce l’aveva fatto. Cercò di togliermi Bella dalle mani, ma lei si teneva stretta a me. Io subivo passivamente l’attacco di Charlie, lo meritavo tutto. Per accontentarlo, Bella mi lasciò e cercò di camminare da sola. Ma per poco non cadde a terra. Solo il mio tempestivo intervento evitò il tonfo. Era talmente sfinita da non reggersi in piedi. Riuscii a convincere Charlie a lasciarmela almeno potare di sopra. Quando la depositai dolcemente sul letto, liberarmi dalla sua presa sulla camicia, fu una violenza al mio cuore. Non voleva lasciarmi. Per rassicurarla le sussurrai che non sarei stato lontano. Questo la tranquillizzò, perché sprofondò nel sonno.
Charlie non perse tempo a cacciarmi da casa.
“Fuori da casa mia. Guai a te se ti fai rivedere qui in giro. Non aspettarti di oltrepassare la porta di casa. Non voglio vederti intorno a mia figlia, hai capito? Hai già fatto abbastanza”. Mi sbatté in faccia la porta con violenza. Sicuramente avrebbe gradito darmi un pugno. Solo la sua etica professionale glielo impedì, probabilmente. Non potevo dargli torto. La pensavo esattamente come lui. A parte lo stare lontano da Bella, ovviamente.
Emmett, Rosalie ed io andammo via. Comunque, fintanto che Charlie non andava a dormire, non sarei potuto tornare da Bella. Ma non avevo intenzione di starle lontano per molto. Mentre loro andavano via con la macchina, io rimasi nei dintorni di casa sua - nella foresta che la costeggiava - finché non si liberava il campo dalla presenza di Charlie. Prima o poi, sarebbe andato a dormire, no?
Mentre sentivo la televisione in casa, sintonizzata sulla solita partita, mi concentrai sul respiro e il battito del cuore di Bella. Dormiva profondamente. Ogni tanto sentivo i passi di Charlie su per le scale. Andava a controllarla. Apriva la porta della sua stanza e ci metteva molto prima di richiuderla. Probabilmente rimaneva a guardarla. Chissà quanta paura aveva provato per lei. Stare tre giorni senza avere sue notizie, doveva averlo spaventato a morte. Il peso della colpa mi schiacciava. A quante persone avevo fatto del male?
Ad un certo punto la casa diventò buia e non ci volle molto, prima di sentire il lieve russare di Charlie. In un baleno salii su per la finestra ed entrai nella stanza di Bella. Il suo profumo invase le mie narici e il fuoco divampò nella mia gola. Ma nessun altra reazione si scatenò in me. Era davvero cambiato tutto.
Una parte del mio cervello era sempre allerta, per l’arrivo di Charlie. Ero certo che l’avrebbe controllata spesso. Andai vicino a lei e mi sedetti sul letto. Non avevo bisogno d’altro. Solo di esserle vicino. Mi era mancata così tanto. Non mi sarei separato mai più da lei. Solo per cacciare. Ma anche per quello, avrei aspettato il più a lungo possibile. Anche ora, la sete mi attorcigliava lo stomaco vuoto e il solo pensiero della caccia, mi riempiva la bocca di veleno. Era tantissimo, che non andavo a caccia.
Valutavo le mie sensazioni, neanche in queste condizioni, avevo voglia del sangue di Bella. Era una scoperta meravigliosa. La sofferenza provata per la sua presunta morte, aveva cambiato tutto. Io, ero cambiato. Probabilmente, la mia mente e il mio corpo, si rifiutavano di creare le condizioni che mi avrebbero portato a sentire nuovamente un dolore così straziante. Non riuscivo neanche a pensare, al dolore che avevo provato. Mi si spezzava il fiato e la voragine pulsava, pronta ad espandersi. Cambiai direzione ai miei pensieri, prima di essere sopraffatto dalla sofferenza.
Charlie. Non sarebbe stato facile riconquistare la sua fiducia. Già che probabilmente non l’avevo mai avuta. Ora sarebbe stato tutto molto più difficile. Anche se non potevo biasimarlo. Speravo solo, che in qualche modo, mi avrebbe permesso di stare vicino a Bella. Una soluzione doveva esserci.
Ma tutto questo non aveva senso, se Bella non mi avrebbe perdonato. Questo, era il cardine della questione. Sembrava molto legata a me. Non aveva lasciato il mio viso, i miei occhi nemmeno un attimo, per tutto il viaggio. E il “No” gridato, quando l’avevo lasciata, prima che Charlie mi cacciasse, sembrava disperato. Non voleva che andassi via. Questo voleva pur dire qualche cosa. Senza contare che aveva attraversato l’oceano per venire a salvarmi. Affrontando anche i Volturi. Era stata straordinaria. Con un coraggio incredibile. Ma era prudente, come se avesse paura, in un certo senso. Non sentivo alcuna certezza. Le avevo fatto troppo male. Se non mi perdonava e mi mandava via, non potevo biasimarla. Ne aveva tutto il diritto. Poteva essere troppo tardi. Chi mi assicurava che non avesse voltato pagina. Tutto era possibile. Eppure il suo amore per me era chiaro sul suo viso, nei sui gesti.
Ero lacerato. La mia intera esistenza dipendeva da cosa mi avrebbe detto la fragile ragazza che dormiva vicino a me. Non osavo pensare all’intensità del dolore, se mi avesse mandato via. Eppure non avrei fatto niente per convincerla a stare con me. Avrei rispettato la sua decisione, era il minimo che potevo fare dopo tutto il dolore che le avevo inflitto.
Ma c’era un’altra questione da non sottovalutare. I Volturi. La promessa di trasformare Bella era un maglio pesante sul mio cuore. Dovevo trovare il modo di aggirare la parola data. In effetti, non è che avessi proprio promesso. Aro aveva semplicemente visto la visione di Alice e lui l’aveva data per certa, senza pensare, che ogni decisione poteva cambiarla.
Ma il fatto era che sarebbero venuti, prima o poi, a controllare. Anche se il tempo per loro trascorre in modo diverso. Ero convinto che ci fosse il tempo necessario per trovare la soluzione giusta. Con le nostre abilità avremmo sicuramente trovato il modo di eludere il loro controllo. Probabilmente, Demetri non sarebbe riuscito a trovare Bella. Come Aro e Jane erano impotenti su di lei. Quindi ero certo che una soluzione l’avrei trovata.
Bella doveva rimanere umana. Su questo non si discuteva. Non avrei mai permesso che le rubassero la vita e l’anima. Tanto più che ora starle vicino, non mi costava più nessuno sforzo. Quindi il rischio per lei, di starmi accanto, era decisamente diminuito. Quando lei sarebbe morta, sarei tornato dai Volturi, senza perdere tempo stavolta. Cambiai direzione ai pensieri, non volevo pensare a quel momento. C’era tempo.
Ma i Volturi erano da tenere ben presenti. Anche se lei mi avesse mandato via, loro rimanevano comunque come una spada di damocle sulla sua testa. Questo voleva dire, che comunque fosse andata, io sarei rimasto a proteggerla. Discreto, più un’ombra impalpabile, che un vampiro. Ma sarei rimasto per vegliare su di lei. Non avrei commesso mai più l’errore di lasciarla senza protezione. E l’avrei vista vivere senza di me. Mi sembrava la punizione giusta, per tutto il dolore che le avevo provocato. Sarebbe stato un tormento senza fine. Peggio dell’inferno.
Ma dovevo sperare.
Sperare che mi perdonasse.
Sperare che il peggio fosse passato.
Sperare che avevamo una vita davanti a noi.
Sperare che mi amasse ancora.
Sperare che quando avrebbe aperto gli occhi, mi avrebbe sorriso.
Mi avrebbe abbracciato.
Mi avrebbe baciato.
Mi avrebbe concesso una seconda possibilità.    

 

   
 
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