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Autore: ilGhiro    10/04/2011    1 recensioni
"Noi umani pensiamo troppo,ci dovremmo rassegnare all’esistenza dell’inspiegabile,ma non ci riusciamo quasi mai."
Tre racconti e tre modi diversi di vedere l'amore.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Questo racconto è il primo che ho scritto. Spero che vi piaccia. Ah,mi farebbe piacere una recensione,giusto per capire se sono riuscita a comunicare qualcosa o se devo sotterrarmi e darmi all’ippica. A presto. xd 



 
Camminavo verso casa quando ti ho visto.

Me lo sono chiesto dopo perchè sull’orlo della strada c’era una pozzanghera così strana, non pioveva da giorni e quell’acqua era profonda da non vedersene la fine e i fiori di loto non nascono in mezzo alla città, ma me lo sono chiesto dopo, ripeto-che c’è di male? Noi umani pensiamo troppo, ci dovremmo rassegnare all’esistenza dell’inspiegabile, ma non ci riusciamo quasi mai.

E io non mi ero rassegnato, infatti,ma i tuoi petali chiari erano così belli che dell'inspiegabile non mi importava poi più di tanto. Così ti ho visto e ti ho raccolto.

C’era un vento freddo che mi faceva piangere, no, aspetta, non è vero, piangevo perché ero triste, ma perché ero triste poi?Forse se non lo fossi stato non avrei tenuto lo sguardo in basso e non ti avrei visto, è così?

Sei un fiore astuto.

Comunque, c’era questo vento freddo che mi pungeva gli occhi e ho avanzato così per un po’, con te nelle mani a coppa e gli occhi umidi, era strano anche quel vento poi, era autunno ma dopo averti raccolto improvvisamente sembrava fosse inverno. E poi ho aperto il portone del mio condominio e sono arrivato al mio pianerottolo e ho aperto la porta e sono entrato, ti ho appoggiato sul tavolo e ho preso una coppa di vetro piccola nella credenza, l’ho riempita di acqua fresca e ci ho messo dentro te. E poi mi sono fatto una caffè caldo -era davvero freddo quel vento, accidenti- e siccome volevo soltanto mettermi al calduccio, ho lasciato la tazzina sporca nel lavello e mi sono messo il pigiama. Sì, erano solo le sei del pomeriggio, cavolo, ma faceva freddissimo quel giorno, l’ho già detto prima. Quindi mi sono messo il pigiama, ho spostato la coppa con te dentro sul guardaroba ai piedi del mio letto e ho cercato di dormire, ma non ci riuscivo, e dopo un po’ mi sono messo a sedere appoggiato alla testiera del letto, ti ho guardato e -lo so,sono pazzo- ho iniziato a parlarti.

E ti ho raccontato della mia vita, dei miei sogni infranti, del mio male di vivere, delle lamette invitanti nel bagno, del gas che volevo lasciare aperto, prima o poi, prima di andare a dormire, o a morire, che poi per me è la stessa cosa, neanche quando dormi sei sicuro di svegliarti. Del fatto che a volte odio tutti senza un motivo preciso, ma è che quando cammino vedo tutte queste facce vuote e penso di essere l’unico che vive davvero, e mi sento tanto solo, lo sono sempre stato ma è difficile abituarsi a certe cose, sai.

Ho continuato a parlare per un po’, e intanto piangevo, di nuovo, e la finestra era chiusa, non era il vento a farmi piangere stavolta, ma neanche prima era colpa sua, lo sappiamo entrambi. E adesso arrivo al punto della questione, ecco, perché non mi ricordo com’è successo, ma avevo appena finito di parlare e ho chiuso gli occhi un attimo o forse un’ora e quando li ho riaperti c’eri tu, a cavalcioni su di me, sentivo improvvisamente il tuo peso leggero e guardavo i tuoi occhi gialli. E non so perché te lo sto raccontando, lo saprai meglio di me perché sei comparsa così, all’improvviso, e perché hai sorriso un po’ quando ho aperto gli occhi e mi hai preso la maglietta tra le dita e hai chinato la testa fino a toccarmi il petto, e il tuo sorriso era quello di un fiore che ha cercato la terra dove crescere per tanto tempo e l’ha trovata e adesso si commuove un po’, e fa una smorfia strana, un po’ felice un po’ triste.

Avrei dovuto alzarmi e chiamare la polizia o farmi semplicemente una doccia e invece sono rimasto sotto di te a guardarti, perché eri così bella che non mi ricordavo più di prendere il respiro. Avevi i capelli lunghissimi,verdi,come le foglie del fiore di loto, e la pelle bianca come i suoi petali e quando ho guardato la coppa era vuota e non era una coincidenza, io nell’inspiegabile ci credo. E quando ho riavuto la voce ti ho chiesto chi eri, e tu non mi hai risposto, perché sapevi che avevo capito, e allora sei rimasta zitta a respirare sulla mia maglietta e siamo stati un po’ così.

Non so a cosa stessi pensando tu, io mi perdevo nel colore dei tuoi capelli, gli occhi li avevi chiusi ma il loro giallo era del polline scuro in mezzo ai tuoi petali, l’avevo visto prima.

Sembravi la ninfa di un quadro, eri così perfetta nell’essere un fiore coi polmoni e il cuore e tutto il resto che mi chiesi se avresti fatto le radici su di me -mi sarebbe piaciuto da morire, lo sai, ma non l’hai fatto.

Invece ti sei alzata, e mi hai preso per mano e mi sono alzato anch’io, mi hai accompagnato in bagno e hai aperto l’acqua fredda della doccia e ti ci sei messa sotto. Allora mi sono tolto i vestiti e sono entrato anch’io, ti sei avvicinata e mi hai accarezzato il viso bagnato, e tremavo di freddo ma non m’importava, l’acqua non era poi tanto fredda con te a fianco. Hai preso una spugna e mi hai lavato come un bambino, senza vergogna, e io avrei voluto saltarti addosso ma non l’ho fatto, ti ho guardato mentre sfregavi piano la mia pelle e ancora una volta mi sono chiesto perché tu fossi lì e mi sono detto, è l’inspiegabile.Poi hai chiuso l’acqua e hai preso un asciugamano e mi ci hai avvolto, e in quel momento ho capito che ero innamorato di te, mi hai di nuovo preso per mano e mi hai fatto sedere sul divano e ti sei ranicchiata lì di fianco, con la testa sulla mia spalla e i capelli bagnati sulle mie gambe.

Credevo che non avresti detto una parola e invece, a un certo punto, mi hai chiesto di non suicidarmi, e ti ho promesso che non l’avrei fatto, se fossi rimasta con me. Tu hai risposto che ero stanco, e dovevo dormire. E io non volevo, volevo restare con te ancora per tutta la vita ma mi sono addormentato, tu l’hai voluto e io l’ho fatto. E quando mi sono svegliato era mattino presto e tu non c’eri, e ti ho cercato dappertutto, poi ho visto la coppa ed eri di nuovo lì dentro, ma eri appassita.

Mi sono disperato,sono uscito di casa solo con l’asciugamano addosso e te tra le mani -la gente mi guardava male ma non m’importava, volevo soltanto ritrovare la pozzanghera dove ti avevo raccolto, e il vento, nel frattempo, aveva ricominciato a pungermi gli occhi, voleva che tornassi indietro forse, ma non l’ho fatto. E ho trovato la pozzanghera e ti ho rimesso lì, ancora piangendo, il vento era sempre più forte e non c’era nessuno, era appena l’alba, e ho aspettato per un sacco di tempo, sai, ti guardavo e piangevo in silenzio, non volevo che tu sparissi, eri il mio inspiegabile, il mio motivo per non morire, ed eri appassita.


E poi sei scivolata nell’acqua all’improvviso, come risucchiata da qualcosa, e ho cercato di afferrarti ma l’acqua era profondissima e tu andavi sempre più a fondo e io avevo tutte e due le braccia immerse nella pozza ma tu eri scomparsa.

E adesso ti sto raccontando questa storia perché quando sono tornato a casa le lamette erano sparite, e qualcuno aveva tolto il gas, e la corrente, e la finestra non si apriva, non potevo uccidermi in nessun modo, e così sono tornato qua, dalla pozzanghera, è pomeriggio e una vecchietta con il cane mi sta guardando mentre io guardo l'acqua e so cosa devo fare.

E allora mi tolgo l’asciugamano e sorrido alla vecchia e faccio un salto nella pozzanghera e vado a fondo, mi resta fuori solo la testa e poi mi sento risucchiare e vado sempre più giù e poi sei davanti a me, nell’acqua, e mi baci, e poi mi prendi per mano e continuiamo a scivolare, insieme, volevi andartene ma alla fine mi hai aspettato, vero? Scivoliamo ancora più in basso, in alto la luce è sempre più fievole, ormai è buio ma non ho paura.

L’acqua inizia a entrarmi nei polmoni, ma non fa male, se ho la tua mano nella mia va bene così.

E sto morendo, lo sento, ma adesso ho capito che morire è diverso dall’addormentarsi, perché sai, se mi addormento al mio risveglio son sempre lo stesso, ma se muoio, adesso lo so, al mio risveglio sarò qualcun altro, qualcos’altro, e potrò restare sempre con te, mentre mi schiudo accanto a te, e volgerò i miei petali al sole, e non avrò più pensieri nitidi, a parte uno, che poi è quello più importante, ed è solo per te, fiore.


Ti amo.
 
 


“Sorellina, sorellina, guarda!”
“Cosa c’è?”
“Guarda, c’è una pozzanghera che non si vede la fine, sembra un pozzo. E sopra ci sono due fiori di loto, non è strano che siano nati in una pozzanghera?”
“Potremmo portarli a casa, sono belli…”
“Ma no, lasciamoli qui, invece. Sembrano due innamorati, non ti pare? Sono sicura che hanno tante cose da dirsi. ”
   
 
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