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Autore: KanraChan    10/04/2011    3 recensioni
Per un lungo periodo di tempo, dal sedile opposto a quello di Hibari, Dino, si concentrò ad osservare senza un minimo di riservatezza nei confronti dell’altro la figura di Kyoya leggermente inclinata verso il finestrino, il gomito puntellato sul bracciolo ed il palmo della mano che sorreggeva svogliatamente il capo piegato verso la finestra.
Lo squadrava dalla testa ai piedi senza saziarsi mai di quella visione che, secondo le sue più temibili fantasie, sarebbe potuta evaporare dinnanzi al suo corpo da un momento all’altro.
Con uno sguardo di sbieco il corvino, ormai al limite della sopportazione, si voltò con la stessa ferocia di una tigre verso il biondo. – La smetteresti di osservarmi? E’ irritante. – berciò assottigliando lo sguardo e sibilando quella frase con tutto il disprezzo possibile.
Una sonora risata vibrò divertita dalle labbra di Dino che, tamburellando con le dita, si affrettò a rispondere. – Perché? Sei carino. – ammise con naturalezza, senza disfarsi di quel sorriso lievemente canzonatorio.
Hibari storse l’angolo destro delle labbra, senza scomporsi dalla sua posizione. – Potresti pentirtene. –
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Autumn~
















Con la medesima espressione loquace, che nei soliti momenti noiosi si ritrovava ad assumere quasi con irriflessione, analizzava atono tutto ciò che lo circondasse, come se in realtà niente che lo attorniasse lo catturasse particolarmente.
Solo adesso si ritrovava a riflettere con attenzione su come fosse finito in quel luogo, per quale mera ragione avesse accettato di andare ad un’allegra scampagnata con l’essere più idiota che popolava quella sconfinata landa di stupidi erbivori.
Uno di quei tipici momenti in cui avrebbe preferito trasferirlo con le sue stesse mani tre metri sotto terra.
Riteneva sciocco quel suo insensato sorriso eternamente smagliante, quell’accento straniero che lo rendeva un dislessico e, soprattutto, lui in particolare.
Lo odiava perché gli risultava inconcepibile sapere che uno stolto erbivoro potesse superarlo, da arrivare ad essere anche il suo maestro era al di fuori di ogni sua benché minima aspettativa.

 
- Ehilà, Kyoya. -  
Una mano calda si posò amichevolmente sopra la spalla di Hibari, inducendolo ad incenerire con un’occhiata truce il suo possessore. Le labbra del biondo erano stilizzate in un ampio e beffardo sorriso che bastò ad aumentare vertiginosamente l’istinto omicida che serbava amorevolmente nei suoi confronti.
- Cosa ci fai qui, erbivoro? – domandò, scrollandosi seccamente le dita del ragazzo che fino a pochi secondi prima lo stringevano con possessività.
Il capo di Dino dondolò appena, come se fosse stato colto dall’idea più geniale che avesse avuto sino ad ora.
Tuttavia, non si lasciò scoraggiare dalla riluttante freddezza che lo sguardo polverizzante di Kyoya gli mostrò. – Ho intenzione di concederti un re-match… - accennò, questa volta passandogli l’intero braccio intorno al collo.
Il corvino socchiuse le palpebre, apparentemente incuriosito dall’idiozia di quel cervello.
La lingua del Boss dei Cavallone schioccò sonoramente, felice di aver raggiunto almeno parte del suo obiettivo. – Ma ad una condizione. – ancora una volta quel sorriso canzonatore gli regalò l’input giusto per pestarlo a morte.
- Dovrai venire con me. –
Un paio di iridi glaciali si spalancarono.
- In Italia. –
Poi, un semplice scatto felino gli bastò per imbracciare i tonfa e sbranarlo a morte.

 
Eppure, non era ancora riuscito a realizzare una ragione valida che lo avesse miracolosamente costretto ad alzarsi dal divano della Reception e raggiungere un’ameba dal quoziente intellettivo di un bradipo.
Lo aveva rifiutato con un no secco, spedendolo a calci fuori dalla scuola e offrendogli la forma delle sue splendide armi su entrambe le guance.
Nonostante tutto, alla fine era riuscito a coinvolgerlo in quella inconcepibile follia architettata così dettagliatamente da indicare sopra il volantino che gli aveva meticolosamente inviato persino i vicoli più impensabili di questo mondo.
Ovviamente, aveva finito per stracciarlo in mille pezzi e gettarlo quasi con enfasi all’interno del cestino.

 
- Stupido erbivoro, apri bene le orecchie che lo ripeterò solo una volta. –
Una voce dura e abbastanza cupa fece voltare quasi con vivacità il biondo che, con sguardo inquisitorio, richiedeva maggiori informazioni.
- Detesto la folla, quindi trova una soluzione. – una smorfia che rimembrava strettamente il ringhio di un predatore riverberò quelle parole quasi con amarezza.
L’espressione di Dino si rivoltò positivamente, allargandosi pian piano in quella che doveva essere un’espressione di sconfinata felicità che irritò non poco Hibari.
Si scostò con velocità dalla finestra su cui poco prima era appollaiato, abbandonandosi con gioia sulla spalla del corvino. – Questo vuol dire che mi accompagnerai? – chiese, sperando di ottenere quella fatidica e semplicissima parola che lo avrebbe reso felice a vita.
- Prova a dirlo di nuovo e ti mordo morte. – asserì, stringendo saldamente i tonfa.
Come sempre, ottenne il risultato opposto.

 
Le sue iridi ciondolarono da una parte all’altra, speculando sprezzanti qualsiasi cosa rientrasse nel suo campo visivo.
Osservò con astio la fioritura dei ciliegi che gli riportava a mente quando in realtà detestasse la primavera ed i mesi ad esso correlati, una delle stagioni che avrebbe definito al primo impatto insulsa e stereotipata in maniera quasi struggente.
Era più che sicuro che chiunque ricorresse ad un’eventuale descrizione della primavera utilizzasse i soliti e banali luoghi comuni come uccellini cinguettanti, fiorellini che sbocciano, tiepide brezze e nevi che si sciolgono, pensieri di amore e una disgustosa atmosfera di gaia spensieratezza e felicità.
Hibari e la felicità erano due contrapposizioni pressoché incomparabili, la sola idea di accoppiarli stonava letteralmente con la figura del ragazzo.
Tuttavia, pian piano le sue attenzioni scemarono contro l’ambiente circostante e si focalizzarono nuovamente sopra la figura di Dino che, in lontananza, dava l’impressione di averlo adocchiato già da qualche tempo.
Forse per questa ragione si era ritrovato ad odiare sempre di più la primavera.
Forse perché Dino aveva la capacità di ricordargli quell’insulsa stagione, dal comportamento, dagli sguardi o anche solo quando lo sfiorava appena, dalla gentilezza che tenacemente continuava a mostrargli sempre con lo stesso caloroso sorriso che, ormai, aveva finito per imbrattare i suoi pensieri ogni volta che ascoltava la sua voce.
Era qualcosa di irritante, ma che, probabilmente, in quell’istante avrebbe definito anche piacevole.
Perché nonostante la primavera risultasse stereotipata, con il suo instancabile fascino riusciva ad incantare ancora tutti.
Perché nonostante gli mostrasse sempre il solito beffardo sorriso, riusciva ad attrarlo sempre con l’identica intensità.
Si scostò i capelli dal viso non appena fu abbastanza vicino al biondo che pazientemente lo stava aspettando accanto a quello che reputava essere un jet privato.
Ed ancora una volta non fece altro che sorridere, salutandolo con un debole cenno del capo.
- Kyoya, alla fine sei venuto. – ribadì quasi subito, lasciando scivolare una fugace occhiata lungo la sua figura e constatando infine che non avesse portato con sé alcuna valigia o, quantomeno, borsa.
Non ne fu particolarmente sorpreso ma, in fondo, l’idea che il corvino avesse deciso di accettare la sua proposta era già un piccolo passo avanti.
Hibari non lo degnò di uno sguardo, bloccandosi a metà degli scalini che conducevano all’interno del mezzo. – Ricordati insulso erbivoro che l’ho fatto solo per pestarti a morte. – terminò seccato prima di addentrarsi nel jet e cercare un posto su cui rilassarsi.
Dino sospirò, quella sarebbe stata l’impresa più ardua della sua vita, ma la semplice realtà che Kyoya avesse minimamente deciso di accordare alle sue idee gli bastava, prima o poi sarebbe arrivato a quel traguardo, ne era più che certo.
Silenziosamente, seguì l’oggetto dei suoi desideri conducendolo nei pressi di un sedile accanto la finestra che, ancora adesso, affacciava sul piccolo spiazzo di asfalto che ospitava quel velivolo assurdamente ingombrante per ospitare solo tre persone.
- Siediti dove preferisci. – sorrise, indicando la vasta scelta di posti confortevoli su cui accomodarsi. – Io vado ad avvertire il pilota della nostra partenza. – disse, calcando maggiormente la penultima parola e guadagnandosi tanto di sguardo omicida da parte del corvino.
Il biondo si lasciò sfuggire una risata divertita, ma al contempo tracciata ugualmente da un velo di malinconia. Gli risultava difficile, quasi un tormento non avere sotto le sue mani quella pelle che avrebbe voluto saggiate lentamente, centellinandone ogni singolo brandello; seppur per un misero secondo, avrebbe cercato il piacere di averlo stretto fra le sue braccia, contro il suo corpo.
Una fantasia che desiderava realizzare, che avrebbe richiesto ingenti sacrifici.

 
Per un lungo periodo di tempo, dal sedile opposto a quello di Hibari, Dino, si concentrò ad osservare senza un minimo di riservatezza nei confronti dell’altro la figura di Kyoya leggermente inclinata verso il finestrino, il gomito puntellato sul bracciolo ed il palmo della mano che sorreggeva svogliatamente il capo piegato verso la finestra.
Lo squadrava dalla testa ai piedi senza saziarsi mai di quella visione che, secondo le sue più temibili fantasie, sarebbe potuta evaporare dinnanzi al suo corpo da un momento all’altro.
Con uno sguardo di sbieco il corvino, ormai al limite della sopportazione, si voltò con la stessa ferocia di una tigre verso il biondo. – La smetteresti di osservarmi? E’ irritante. – berciò assottigliando lo sguardo e sibilando quella frase con tutto il disprezzo possibile.
Una sonora risata vibrò divertita dalle labbra di Dino che, tamburellando con le dita, si affrettò a rispondere. – Perché? Sei carino. – ammise con naturalezza, senza disfarsi di quel sorriso lievemente canzonatorio.
Hibari storse l’angolo destro delle labbra, senza scomporsi dalla sua posizione. – Potresti pentirtene. – sostenne, questa volta rivolgendo nuovamente le iridi blu scuro verso il Boss dei Cavallone.
Effettivamente, era più che cosciente che non stesse affatto scherzando e che, se avesse continuato con quelle battutine irritanti lo avrebbe gentilmente spedito al di fuori del jet privato a colpi di tonfa.
Tuttavia, il biondo non si lasciò intimorire, continuando a girare il dito nella piaga. – Davvero? E cosa hai intenzione di fare? Mordermi a morte? – si soffermò particolarmente sulle ultime parole, quasi come se cercasse una pericolosa sfida nel suo sguardo.
- Ti piacerebbe. –
Con una semplicità quasi straziante riuscì a far calare drasticamente l’autostima che, ingenuamente, Dino aveva riposto fiduciosamente in quelle richieste. Effettivamente, si sarebbe aspettato una reazione più… feroce, che gli fosse balzato al collo, magari esaudendo una dei più osceni desideri che riemergevano ogni volta che lo guardava.
Invece no, lo aveva liquidato con una banale risposta che aveva finito quasi per spiazzarlo.
Il biondo inarcò le sopracciglia, sospirando con tranquillità. – Mi chiedo se cambierai mai. -  replicò incrociando le braccia al petto, mentre una languida occhiata si scontrava contro la freddezza glaciale di Hibari.

 
Con un fluido movimento, un altro colpo di frusta cozzò contro il ginocchio di Kyoya, inducendolo ad accasciarsi contro il pavimento del tetto della Namimori mentre, con altrettanta naturalezza l’arma del Boss dei Cavallone si andava ad attorcigliare contro il polso del ragazzo che, ansimante a causa dello sforzo, lasciò cadere uno dei tonfa dalla sua presa indebolita.
Dino lo osservava quasi con soddisfazione, chinandosi verso di lui e alzandogli il mento con l’indice in modo tale da osservarlo attentamente.
- Non ti sei ancora stancato, Kyoya? – sorrise, ripulendo con la manica della giacca una delle numerose ferite presenti sul volto del corvino.
Hibari strinse i denti ed un sorriso schernitore comparve a sua volta sulle sue labbra. – Non dirmi che ti sei già stancato. – lo beffeggiò, scostandosi quella mano ancora intenta a ripulirgli le ferite.
Il biondo si morse il labbro inferiore, più che convinto della situazione che questa volta girava a suo vantaggio. – Assolutamente no. – rispose rilassato. – Ma non credo tu sia in condizione di continuare questa battaglia. –
Le iridi blu oltremare del ragazzo lo gelarono. – Chi ti dice che io non sia ancora in grado di pestarti a dovere? –
Dino sospirò ancora una volta, scostandogli questa volta alcuni ciuffi di capelli che gli ricadevano sulla chioma. – Hai le braccia immobilizzate. –
- Taci. –
- Non puoi neanche più muovere le gambe. –
- Ho detto taci. –
- Sai Kyoya? Voglio dirti una cosa. –
Lo sguardo di Cavallone si accese, mescolando il color cioccolata dei suoi occhi con gli zaffiri dell’altro. – “Ti amo”. –
Con un altro gesto del capo, il corvino si liberò ancora una volta del braccio del ventenne. – Smettila di parlare lingue che non conosco. – lo ammonì con arroganza, tentando di liberarsi dalla stretta allegata ai suoi polsi e sperando di riuscire a fare leva sulle gambe, che non avevano alcuna intenzione di muoversi.
Le labbra di Dino si allargarono in un ampio sorriso, distanziandosi a pochi centimetri da quelle di Hibari.
– E’ quello che voi chiamate “Ai”, o meglio “Aishiteru”. –

 
Dino scrollò appena il capo prima di ritornare ad studiare Kyoya che, nel frattempo, sembrava essersi apparentemente calmato.
- Ti piace la primavera? – domandò a bruciapelo il biondo, interrompendo quel silenzio imbarazzante che si era venuto a creare.
Hibari sospirò impercettibilmente, spingendo la leva del sedile e sdraiandovisi comodamente sopra. – No. – confessò, voltandosi verso il lato destro alla ricerca della tranquillità perduta più di qualche mese fa.
Il compagno inclinò il capo, colpito da quella risposta. – Eppure è così bella, da voi in Giappone è davvero uno spettacolo, soprattutto durante la fioritura dei ciliegi. –
Le sopracciglia del corvino si aggrottarono involontariamente, disgustate al solo sentir nominare quegli alberi che, con il tempo, aveva imparato a disprezzare con tutta l’anima.
- Io li detesto. –

 
Erano trascorsi minuti? Ore? Incurante dello scorrere dei secondi non ne era cosciente neppure lui, era conscio solo che, da un lungo lasso di tempo, era rimasto ad osservare serenamente la figura di Kyoya, stesa lungo il fianco sopra il posto da lui accuratamente scelto.
Ascoltava il respiro tranquillo con spensieratezza, accertandosi in fondo che sì, pacificamente Hibari si era addormentato con la stessa espressione pacata di un bambino in fasce, e questo bastava a tranquillizzarlo.
Era la prima volta che lo studiava mentre dormiva, ed era più che sicuro che si sarebbe gustato quella scena fino al suo risveglio.
Quasi con indecisione si alzò dalla sua postazione sgranchendosi le braccia e le gambe atrofizzate e formicolanti per essere state sedute dall’inizio del viaggio che si prospettava essere ancora lungo, lanciò una breve occhiata al finestrino assicurandosi con certezza che fra qualche ora il cielo si sarebbe oscurato del tutto.
Mentre cercava di spegnere l’aria condizionata che fluiva sul corpo del corvino, evitando di commettere gesti imprudenti, si lasciò ammaliare di nuovo da quello sguardo che, prima d’ora, non aveva avuto ancora il piacere di scoprire.
Le labbra leggermente dischiuse cercavano di catturare quanta più aria possibile, il petto si alzava ritmicamente ed alcune ciocche scure gli adombravano la fronte, coprendogli quasi le palpebre chiuse.
Se non avesse conosciuto la sua natura omicida, al primo impatto lo avrebbe definito anche un dolce angioletto.
Nonostante tutto, non poté fare altro che chinarsi verso di lui e coprirgli le spalle con la sua giacca, esaminando quegli occhi che, pian piano, si dischiudevano per rendersi conto di cosa stesse accadendo.
- Dormi ancora, ti sveglierò io più tardi per la cena. – mormorò con dolcezza coprendogli con la mano il viso, in modo tale che richiudesse le palpebre.
Hibari non si mosse, stringendosi contro cappotto del biondo e lasciandosi avvolgere da quel piacevole tepore. – Mh. –
Istintivamente affondò le dita fra i ciuffi corvini come la notte inoltrata, accarezzando quella chioma fluente e morbida, scendendo delicatamente lungo la guancia, sfiorandogli gentilmente ogni singolo lembo di pelle che riuscisse a controllare.
Kyoya non oppose resistenza, forse perché ancora immerso nei sogni, oppure fin troppo stanco per mollargli un gancio destro in pieno volto.
Ne fu contento, e continuò il suo lavoro in tutta sicurezza. – Ehi Kyoya, posso dirti una cosa? – domandò retoricamente, qualunque fosse la sua risposta.
- No. – sbadigliò educatamente l’altro, ritornando a concentrarsi su quel sonno interrotto.
- Mi ricordi molto… - tergiversò per qualche secondo, poi con un sorriso gli rispose. – L’Autunno. –
Un paio di iridi lo squadrarono sottecchi, scavando a fondo in quello sguardo perennemente solare.
- Questo non ha senso. – concluse, lasciandosi inevitabilmente trasportare da quella scia di carezze che il biondo, accuratamente, gli donava.
Dino sfoderò questa volta un sorriso più addolcito mentre poggiava la fronte nell’incavo del collo di Hibari.
- Nonostante tu riesca a dimostrarti così rigido, nonostante le persone vedano in te solo freddezza, si aspettino solo il gelo che porterai, nessuno ha mai pensato a ciò che tu hai nascosto, nessuno si è mai accorto della tua precedente calma, tranquillità, dolcezza. Vedono in te solo ciò che sarai, ma se sono in grado di guardarti a fondo, vedranno che dentro di te la verità. –

Una verità.
Una verità che avrebbe mostrato solo a lui.
Perché nonostante l’Autunno si dimostri rigido e freddo, nonostante le persone si aspettino solo il gelo che porterà, nessuno ricorderà ciò che è stato in precedenza, ciò che nasconde al suo interno.
Dino sorrise, assaporando il dolce profumo della sua pelle.
- Vero, Kyoya? –

 

 

 

Questa è la D18 più lunga che abbia mai scritto, onestamente, non ne ho la più pallida idea di come sia venuta e spero di non aver rovinato questa splendida coppia e reso OOC i personaggi.
In ogni caso, avete il dovere di avvertirmi se è illeggibile così me ne farò una ragione.
Spero comunque che vi sia piaciuta. : )

 

Golden Brown.

   
 
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