Con
la medesima espressione loquace, che nei soliti momenti noiosi si
ritrovava ad
assumere quasi con irriflessione, analizzava atono tutto ciò
che lo
circondasse, come se in realtà niente che lo attorniasse lo
catturasse
particolarmente.
Solo
adesso si ritrovava a riflettere con attenzione su come fosse finito in
quel
luogo, per quale mera ragione avesse accettato di andare ad
un’allegra scampagnata con
l’essere più
idiota che popolava quella sconfinata landa di stupidi erbivori.
Uno di
quei tipici momenti in cui avrebbe preferito trasferirlo con le sue
stesse mani
tre metri sotto terra.
Riteneva
sciocco quel suo insensato sorriso eternamente smagliante,
quell’accento
straniero che lo rendeva un dislessico e, soprattutto, lui
in particolare.
Lo
odiava perché gli risultava inconcepibile sapere che uno
stolto erbivoro
potesse superarlo, da arrivare ad essere anche il suo maestro era al di
fuori
di ogni sua benché minima aspettativa.
Una mano calda si
posò
amichevolmente sopra la spalla di Hibari, inducendolo ad incenerire con
un’occhiata truce il suo possessore. Le labbra del biondo
erano stilizzate in
un ampio e beffardo sorriso che bastò ad aumentare
vertiginosamente l’istinto
omicida che serbava amorevolmente nei suoi confronti.
- Cosa ci fai qui, erbivoro?
– domandò, scrollandosi seccamente le dita del
ragazzo che fino a pochi secondi
prima lo stringevano con possessività.
Il capo di Dino dondolò
appena, come se fosse stato colto dall’idea più
geniale che avesse avuto sino
ad ora.
Tuttavia, non si lasciò
scoraggiare dalla riluttante freddezza che lo sguardo polverizzante di
Kyoya
gli mostrò. – Ho intenzione di concederti un
re-match… - accennò, questa volta
passandogli l’intero braccio intorno al collo.
Il corvino socchiuse le
palpebre, apparentemente incuriosito dall’idiozia di quel
cervello.
La lingua del Boss dei
Cavallone schioccò sonoramente, felice di aver raggiunto
almeno parte del suo
obiettivo. – Ma ad una condizione. – ancora una
volta quel sorriso canzonatore
gli regalò l’input giusto per pestarlo a morte.
- Dovrai venire con me. –
Un paio di iridi glaciali si
spalancarono.
- In Italia. –
Poi, un semplice scatto
felino gli bastò per imbracciare i tonfa e sbranarlo a morte.
Lo
aveva rifiutato con un no secco,
spedendolo a calci fuori dalla scuola e offrendogli la forma delle sue
splendide armi su entrambe le guance.
Nonostante
tutto, alla fine era riuscito a coinvolgerlo in quella inconcepibile
follia
architettata così dettagliatamente da indicare sopra il
volantino che gli aveva
meticolosamente inviato persino i vicoli più impensabili di
questo mondo.
Ovviamente,
aveva finito per stracciarlo in mille pezzi e gettarlo quasi con enfasi
all’interno del cestino.
Una voce dura e abbastanza
cupa fece voltare quasi con vivacità il biondo che, con
sguardo inquisitorio,
richiedeva maggiori informazioni.
- Detesto la folla, quindi
trova una soluzione. – una smorfia che rimembrava
strettamente il ringhio di un
predatore riverberò quelle parole quasi con amarezza.
L’espressione di Dino si
rivoltò positivamente, allargandosi pian piano in quella che
doveva essere
un’espressione di sconfinata felicità che
irritò non poco Hibari.
Si scostò con velocità dalla
finestra su cui poco prima era appollaiato, abbandonandosi con gioia
sulla
spalla del corvino. – Questo vuol dire che mi accompagnerai?
– chiese, sperando
di ottenere quella fatidica e semplicissima parola che lo avrebbe reso
felice a
vita.
- Prova a dirlo di nuovo e ti
mordo morte. – asserì, stringendo saldamente i
tonfa.
Come sempre, ottenne il
risultato opposto.
Osservò
con astio la fioritura dei ciliegi che gli riportava a mente quando in
realtà
detestasse la primavera ed i mesi ad esso correlati, una delle stagioni
che
avrebbe definito al primo impatto insulsa e stereotipata in maniera
quasi
struggente.
Era
più che sicuro che chiunque ricorresse ad
un’eventuale descrizione della
primavera utilizzasse i soliti e banali luoghi comuni come uccellini
cinguettanti, fiorellini che sbocciano, tiepide brezze e nevi che si
sciolgono,
pensieri di amore e una disgustosa atmosfera di gaia spensieratezza e
felicità.
Hibari
e la felicità erano due contrapposizioni
pressoché incomparabili, la sola idea
di accoppiarli stonava letteralmente con la figura del ragazzo.
Tuttavia,
pian piano le sue attenzioni scemarono contro l’ambiente
circostante e si
focalizzarono nuovamente sopra la figura di Dino che, in lontananza,
dava
l’impressione di averlo adocchiato già da qualche
tempo.
Forse
per questa ragione si era ritrovato ad odiare sempre di più
la primavera.
Forse
perché Dino aveva la capacità di ricordargli
quell’insulsa stagione, dal
comportamento, dagli sguardi o anche solo quando lo sfiorava appena,
dalla
gentilezza che tenacemente continuava a mostrargli sempre con lo stesso
caloroso sorriso che, ormai, aveva finito per imbrattare i suoi
pensieri ogni
volta che ascoltava la sua voce.
Era
qualcosa di irritante, ma che, probabilmente, in
quell’istante avrebbe definito
anche piacevole.
Perché
nonostante la primavera risultasse stereotipata, con il suo
instancabile
fascino riusciva ad incantare ancora tutti.
Perché
nonostante gli mostrasse sempre il solito beffardo sorriso, riusciva ad
attrarlo sempre con l’identica intensità.
Si
scostò i capelli dal viso non appena fu abbastanza vicino al
biondo che
pazientemente lo stava aspettando accanto a quello che reputava essere
un jet
privato.
Ed
ancora una volta non fece altro che sorridere, salutandolo con un
debole cenno
del capo.
-
Kyoya, alla fine sei venuto. – ribadì quasi
subito, lasciando scivolare una
fugace occhiata lungo la sua figura e constatando infine che non avesse
portato
con sé alcuna valigia o, quantomeno, borsa.
Non
ne fu particolarmente sorpreso ma, in fondo, l’idea che il
corvino avesse
deciso di accettare la sua proposta era già un piccolo passo
avanti.
Hibari
non lo degnò di uno sguardo, bloccandosi a metà
degli scalini che conducevano
all’interno del mezzo. – Ricordati insulso erbivoro
che l’ho fatto solo per
pestarti a morte. – terminò seccato prima di
addentrarsi nel jet e cercare un
posto su cui rilassarsi.
Dino
sospirò, quella sarebbe stata l’impresa
più ardua della sua vita, ma la
semplice realtà che Kyoya avesse minimamente deciso di
accordare alle sue idee
gli bastava, prima o poi sarebbe arrivato a quel traguardo, ne era
più che
certo.
Silenziosamente,
seguì l’oggetto dei suoi desideri conducendolo nei
pressi di un sedile accanto
la finestra che, ancora adesso, affacciava sul piccolo spiazzo di
asfalto che
ospitava quel velivolo assurdamente ingombrante per ospitare solo tre
persone.
-
Siediti dove preferisci. – sorrise, indicando la vasta scelta
di posti
confortevoli su cui accomodarsi. – Io vado ad avvertire il
pilota della nostra
partenza. – disse, calcando maggiormente la penultima parola
e guadagnandosi
tanto di sguardo omicida da parte del corvino.
Il
biondo si lasciò sfuggire una risata divertita, ma al
contempo tracciata ugualmente
da un velo di malinconia. Gli risultava difficile, quasi un tormento
non avere
sotto le sue mani quella pelle che avrebbe voluto saggiate lentamente,
centellinandone ogni singolo brandello; seppur per un misero secondo,
avrebbe
cercato il piacere di averlo stretto fra le sue braccia, contro il suo
corpo.
Una
fantasia che desiderava realizzare, che avrebbe richiesto ingenti
sacrifici.
Lo
squadrava dalla testa ai piedi senza saziarsi mai di quella visione
che,
secondo le sue più temibili fantasie, sarebbe potuta
evaporare dinnanzi al suo
corpo da un momento all’altro.
Con
uno sguardo di sbieco il corvino, ormai al limite della sopportazione,
si voltò
con la stessa ferocia di una tigre verso il biondo. – La
smetteresti di osservarmi?
E’ irritante. – berciò assottigliando lo
sguardo e sibilando quella frase con
tutto il disprezzo possibile.
Una
sonora risata vibrò divertita dalle labbra di Dino che,
tamburellando con le
dita, si affrettò a rispondere. –
Perché? Sei carino. – ammise con naturalezza,
senza disfarsi di quel sorriso lievemente canzonatorio.
Hibari
storse l’angolo destro delle labbra, senza scomporsi dalla
sua posizione. –
Potresti pentirtene. – sostenne, questa volta rivolgendo
nuovamente le iridi
blu scuro verso il Boss dei Cavallone.
Effettivamente,
era più che cosciente che non stesse affatto scherzando e
che, se avesse
continuato con quelle battutine irritanti lo avrebbe gentilmente
spedito al di fuori del jet privato a colpi di tonfa.
Tuttavia,
il biondo non si lasciò intimorire, continuando a girare il
dito nella piaga. –
Davvero? E cosa hai intenzione di fare? Mordermi
a morte? – si soffermò particolarmente
sulle ultime parole, quasi come se
cercasse una pericolosa sfida nel suo sguardo.
- Ti
piacerebbe. –
Con
una semplicità quasi straziante riuscì a far
calare drasticamente l’autostima
che, ingenuamente, Dino aveva riposto fiduciosamente in quelle
richieste.
Effettivamente, si sarebbe aspettato una reazione
più… feroce, che gli fosse
balzato al collo, magari esaudendo una dei più osceni
desideri che riemergevano
ogni volta che lo guardava.
Invece
no, lo aveva liquidato con una banale risposta che aveva finito quasi
per
spiazzarlo.
Il
biondo inarcò le sopracciglia, sospirando con
tranquillità. – Mi chiedo se
cambierai mai. - replicò
incrociando le
braccia al petto, mentre una languida occhiata si scontrava contro la
freddezza
glaciale di Hibari.
Dino lo osservava quasi con
soddisfazione, chinandosi verso di lui e alzandogli il mento con
l’indice in
modo tale da osservarlo attentamente.
- Non ti sei ancora stancato,
Kyoya? – sorrise, ripulendo con la manica della giacca una
delle numerose
ferite presenti sul volto del corvino.
Hibari strinse i denti ed un
sorriso schernitore comparve a sua volta sulle sue labbra. –
Non dirmi che ti
sei già stancato. – lo beffeggiò,
scostandosi quella mano ancora intenta a
ripulirgli le ferite.
Il biondo si morse il labbro
inferiore, più che convinto della situazione che questa
volta girava a suo
vantaggio. – Assolutamente no. – rispose rilassato.
– Ma non credo tu sia in
condizione di continuare questa battaglia. –
Le iridi blu oltremare del
ragazzo lo gelarono. – Chi ti dice che io non sia ancora in
grado di pestarti a
dovere? –
Dino sospirò ancora una
volta, scostandogli questa volta alcuni ciuffi di capelli che gli
ricadevano
sulla chioma. – Hai le braccia immobilizzate. –
- Taci. –
- Non puoi neanche più
muovere le gambe. –
- Ho detto taci. –
- Sai Kyoya? Voglio dirti una
cosa. –
Lo sguardo di Cavallone si
accese, mescolando il color cioccolata dei suoi occhi con gli zaffiri
dell’altro.
– “Ti amo”. –
Con un altro gesto del capo,
il corvino si liberò ancora una volta del braccio del
ventenne. – Smettila di
parlare lingue che non conosco. – lo ammonì con
arroganza, tentando di
liberarsi dalla stretta allegata ai suoi polsi e sperando di riuscire a
fare
leva sulle gambe, che non avevano alcuna intenzione di muoversi.
Le labbra di Dino si
allargarono in un ampio sorriso, distanziandosi a pochi centimetri da
quelle di
Hibari.
– E’ quello che voi chiamate
“Ai”,
o meglio “Aishiteru”. –
- Ti
piace la primavera? – domandò a bruciapelo il
biondo, interrompendo quel
silenzio imbarazzante che si era venuto a creare.
Hibari
sospirò impercettibilmente, spingendo la leva del sedile e
sdraiandovisi
comodamente sopra. – No. – confessò,
voltandosi verso il lato destro alla
ricerca della tranquillità perduta più di qualche
mese fa.
Il
compagno inclinò il capo, colpito da quella risposta.
– Eppure è così bella, da
voi in Giappone è davvero uno spettacolo, soprattutto
durante la fioritura dei
ciliegi. –
Le
sopracciglia del corvino si aggrottarono involontariamente, disgustate
al solo
sentir nominare quegli alberi che, con il tempo, aveva imparato a
disprezzare
con tutta l’anima.
- Io
li detesto. –
Ascoltava
il respiro tranquillo con spensieratezza, accertandosi in fondo che
sì,
pacificamente Hibari si era addormentato con la stessa espressione
pacata di un
bambino in fasce, e questo bastava a tranquillizzarlo.
Era
la prima volta che lo studiava mentre dormiva, ed era più
che sicuro che si
sarebbe gustato quella scena fino al suo risveglio.
Quasi
con indecisione si alzò dalla sua postazione sgranchendosi
le braccia e le
gambe atrofizzate e formicolanti per essere state sedute
dall’inizio del
viaggio che si prospettava essere ancora lungo, lanciò una
breve occhiata al
finestrino assicurandosi con certezza che fra qualche ora il cielo si
sarebbe
oscurato del tutto.
Mentre
cercava di spegnere l’aria condizionata che fluiva sul corpo
del corvino,
evitando di commettere gesti imprudenti, si lasciò ammaliare
di nuovo da quello
sguardo che, prima d’ora, non aveva avuto ancora il piacere
di scoprire.
Le
labbra leggermente dischiuse cercavano di catturare quanta
più aria possibile,
il petto si alzava ritmicamente ed alcune ciocche scure gli adombravano
la
fronte, coprendogli quasi le palpebre chiuse.
Se
non avesse conosciuto la sua natura omicida, al primo impatto lo
avrebbe
definito anche un dolce angioletto.
Nonostante
tutto, non poté fare altro che chinarsi verso di lui e
coprirgli le spalle con
la sua giacca, esaminando quegli occhi che, pian piano, si
dischiudevano per
rendersi conto di cosa stesse accadendo.
-
Dormi ancora, ti sveglierò io più tardi per la
cena. – mormorò con dolcezza
coprendogli con la mano il viso, in modo tale che richiudesse le
palpebre.
Hibari
non si mosse, stringendosi contro cappotto del biondo e lasciandosi
avvolgere
da quel piacevole tepore. – Mh. –
Istintivamente
affondò le dita fra i ciuffi corvini come la notte
inoltrata, accarezzando
quella chioma fluente e morbida, scendendo delicatamente lungo la
guancia,
sfiorandogli gentilmente ogni singolo lembo di pelle che riuscisse a
controllare.
Kyoya
non oppose resistenza, forse perché ancora immerso nei
sogni, oppure fin troppo
stanco per mollargli un gancio destro in pieno volto.
Ne
fu contento, e continuò il suo lavoro in tutta sicurezza.
– Ehi Kyoya, posso
dirti una cosa? – domandò retoricamente, qualunque
fosse la sua risposta.
-
No. – sbadigliò educatamente l’altro,
ritornando a concentrarsi su quel sonno
interrotto.
- Mi
ricordi molto… - tergiversò per qualche secondo,
poi con un sorriso gli rispose.
– L’Autunno. –
Un
paio di iridi lo squadrarono sottecchi, scavando a fondo in quello
sguardo
perennemente solare.
-
Questo non ha senso. – concluse, lasciandosi inevitabilmente
trasportare da
quella scia di carezze che il biondo, accuratamente, gli donava.
Dino
sfoderò questa volta un sorriso più addolcito
mentre poggiava la fronte nell’incavo
del collo di Hibari.
-
Nonostante tu riesca a dimostrarti così rigido, nonostante
le persone vedano in
te solo freddezza, si aspettino solo il gelo che porterai, nessuno ha
mai
pensato a ciò che tu hai nascosto, nessuno si è
mai accorto della tua precedente
calma, tranquillità, dolcezza.
Vedono
in te solo ciò che sarai, ma se sono in grado di guardarti a
fondo, vedranno
che dentro di te la verità. –
Una
verità.
Una
verità che avrebbe mostrato solo a lui.
Perché
nonostante l’Autunno si dimostri rigido e freddo, nonostante
le persone si aspettino
solo il gelo che porterà, nessuno ricorderà
ciò che è stato in precedenza, ciò
che nasconde al suo interno.
Dino
sorrise, assaporando il dolce profumo della sua pelle.
-
Vero, Kyoya? –
In ogni caso,
avete il dovere
di avvertirmi se è illeggibile così me ne
farò una ragione.
Spero comunque che vi sia
piaciuta. : )