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Autore: Mayo Samurai    10/04/2011    4 recensioni
e se Arthur, per via di un suo stesso incantesimo tornasse piccolo? e se Alfred, costretto forze maggiori (il mio volere) dovesse prendersene cura?
un'altra long fic tutta made in Moniko-chan! :D
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Canada arrivò a casa di Inghilterra verso le dieci di mattina.
Era riuscito a strappare un paio d’ore al proprio capo ed era sicuro che Alfred avrebbe avuto bisogno d’aiuto.
Passò direttamente dalla cantina, accordandosi che fosse il modo migliore, così da tenere porte e finestre ben chiuse nel caso di una tentata fuga da parte di Arthur.
Sbucò in corridoio e si diresse in cucina, sperando che il fratello fosse già sveglio.
“Matt... sei tu?”
La voce di Alfred era strascicata e stanca, e Matthew si chiese cosa potesse essergli capitato.
Non appena entrò in cucina stentò a riconoscere il fratello, che aveva occhiaie scure che incorniciavano gli occhi azzurri e stanchi, i capelli spettinati e il Nantucket che ricadeva in mezzo agli occhi.
“Ma che...”
“Non mi ha lasciato dormire...” Sibilò Alfred, stringendo la tazza di caffè.
“Neanche per un benedettissimo secondo...”
“C-che ha fatto?”
“Rumore... per tutta la notte.. Spostava mobili! Faceva cadere libri... Scavava!”
“Scavava!?”
“Si... probabilmente stava smontando il pavimento.”
Matthew guardò il soffitto, in direzione della stanza di Arthur.
“Ora sembra silenzioso...”
“Si è addormentato verso le sei... ma io non sono riuscito a dormire lo stesso...” Borbottò America strofinandosi il viso.
Matthew sospirò. “Che hai intenzione di fare?”
“Non lo so... ieri gli ho portato la cena in camera... ma ci ha messo un’ora intera prima di decidersi a uscire per prenderla.”
“Beh, penso che possiamo provare a portargli la colazione...”
“Prenderlo per fame! Non male...”
“Smettila di parlare di lui come se fosse un animale! Dobbiamo esser
gentili se vogliamo...”
“...”
“stanarlo...” Sospirò infine Canada.
Matthew si mise a preparare dei pancake, mentre Alfred finiva il caffè e si ridestava un po’.
Poco dopo sentirono dei passi al piano superiore: Arthur doveva essersi svegliato.
“Ecco fatto.” Fece Matthew, posando su un piatto una pila ancora calda di frittelle.
“Waa... pancake!” Alfred si avvicinò famelico, tendendo subito le mani.
“Giù le mani! Sono per Arthur, se riusciamo a ottenere la sua fiducia riusciremo a farlo uscire.”
Salirono al piano superiore, fermandosi di fronte alla porta.
“Ing-Britannia! Ti abbiamo portato la colazione!” Disse Matthew bussando delicatamente.
Sentirono i soliti rumori, e poi silenzio.
“Non la voglio...” Rispose imbronciato Arthur.
“Ma che dici!?” Sbottò Alfred. “I pancake sono buonissimi! Dovresti almeno assaggiarli!”
“...Con te non ci parlo!”
“Urgh!”
“Su, non litigate.” Fece Canada, poggiando il piatto a terra.
“Te lo lasciamo qui, noi andiamo.”
Detto questo si allontanarono, nascondendosi sulle scale come aveva fatto Alfred la sera prima.
Questa volta non si fece attendere molto.
Dopo neanche dieci minuti -in seguito ad una dolorosa lotta interna di
cui si vedevano i segni sul visetto insicuro- uscì, si guardò attorno guardingo e, preso il piatto rientrò subito.
“Ecco fatto! Se continuiamo così, sono sicuro che entro poco si fiderà di noi.” Disse Matthew, rialzandosi, per poi rivolgersi al fratello.
“Se riesci a farlo uscire vedi di trattarlo come se fosse di cristallo... è molto insicuro... e non essere troppo brusco.”
Scese le scale e si avviò verso la cantina.
“Vai di già?” Chiese Alfred con una nota di insicurezza nella voce.
“Si, sono stato fin troppo tempo lontano da casa... il mio capo continua ad assillarmi sul lavoro che c’è da fare... sarà meglio che ti porti avanti anche tu con il mestiere, visto che ci vorrà un po’ per farlo uscire...” Rispose indicando il soffitto.
Salutò il fratello e uscì.
Alfred aspettò un po’ prima di salire e tentare di comunicare con Arthur, e così attese seduto di fronte alla porta, scrutandola attentamente, pronto e vigile.
A un certo punto sentì rumore di piatti infranti, seguito da un urlo e un tonfo.
“Arthur!” Alfred si alzò di scatto e bussò alla porta.
“Arthur, che è successo!? Tutto bene!?”
“V-vattene! Non ti voglio!”
“Ti sei fatto male?!”
Arthur si zittì, e Alfred potè sentire solo un leggere ansimare, poi un naso che tirava su.
“A-alla mano...” Pigolò Arthur.
Alfred sospirò preoccupato. “Esce tanto sangue?”
“... Si...” Piagnucolò Arthur.
America sentì che tratteneva un singhiozzo e sorrise.
“Se.. mi lasci entrare...” Attese. “Posso fasciarti la ferita...”
Era sicuro che Arthur stesse soppesando la proposta. Non si sentiva nessun rumore, neanche il respiro.
Poi la chiave nella toppa girò.
Sentì uno scalpiccio e poi un leggero tonfo.
Aprì lentamente e sbirciò all’interno, sbiancando alla vista della camera sfasciata:il pavimento era pieno di libri e piume, e le tre librerie erano rovesciate a mo’ di riparo sopra il camino.
Il letto era stato squartato, le lenzuola erano ammassate nel camino,
sporche di cenere, mentre al materasso -dopo esser stato trascinato
per metà stanza e poi abbandonato lì- mancava un quarto, tagliato via grossolanamente.
Al pavimento mancava qualche asse, usata per bloccare la porta, a giudicare dai segni che il legno riportava.
L’unica cosa intatta erano i cuscini, posti sul rialzo del camino, sul pezzo di materasso mancante, dove si era messo adesso Arthur, che reggeva il coltello con la mano sana.
Alfred sbatté le palpebre, chiedendosi come un bambino, anche se nazione, potesse combinare uno sfascio simile.
Notò che i piatti giacevano poco più in là. Dovevano esser caduti perché in bilico, ed erano sporchi di sangue.
Ignorando il caos che regnava si avvicinò lentamente al bambino, che lo guardava serio.
“Se non mi lasci vedere la mano, come faccio a curarla?” Chiese Alfred, notando che Arthur si ostinava a nasconderla.
Titubante, il piccolo la mostrò: il taglio non era né profondo né lungo, solo molto sporco, e sanguinava ancora.
“Non è grave... dobbiamo solo dare una ripulita al taglio.” Spiegò America, senza azzardarsi a toccare la mano.
Il bambino annuì.
“Dovremmo andare in bagno.” Arthur lo guardò senza capire.
“Dovremmo uscire.”
A quelle parole, il piccolo sbiancò e fece un balzo indietro, nascondendosi tra le lenzuola sporche di fuliggine.
“No! Così ti sporchi ancora di più!” Alfred si tese, cercando di acchiapparlo, ma si rese conto che il gesto aveva spaventato ancora di più Arthur, che ora lo guardava con occhi lucidi e sgomenti.
“Scusa...” Mormorò sedendosi e abbassando le braccia. “Ma così il taglio peggiora...”
Alfred si rialzò e si avviò verso la porta, voltandosi quando fu allo stipite.
“Vieni?”
Aveva capito che forzandolo non avrebbe ottenuto niente.
Doveva lasciarlo decidere, anticipando però gli aspetti positivi di ciò che voleva facesse.
Titubante, anche Arthur si alzò, tenendosi però a debita distanza e portandosi dietro il coltello.
Alfred si avviò verso il bagno e si inginocchiò di fronte alla vasca.
Il bambino si fermò sulla porta, scrutando il bagno con un cipiglio impensierito.
“Tranquillo, non ti succederà niente, vieni.” Lo invitò Alfred.
L’altro fece qualche passo, sobbalzando quando i piedini toccarono la superficie fredda e liscia delle piastrelle.
Alfred ridacchiò e aprì l’acqua della vasca, facendo sgranare gli occhi ad Arthur.
“C-cosa... è una... fonte magica?” Chiese il piccolo, torcendosi le mani e guardando impressionato il rubinetto.
“Hahaha!! No, è un rubinetto. Poi ti spiego.” Rispose America, prendendo un asciugamano e bagnandolo con l’acqua tiepida.
“Ora dovresti mettere la mano qui sotto” Fece Alfred, indicando il rubinetto. “Poi passo con il panno e puliamo bene la ferita.”
Arthur si avvicinò insicuro e mise la mano sotto l’acqua, chiudendo gli occhi e voltando la testa, spaventato a morte.
Ma quando il palmo toccò l’acqua calda li riaprì subito, guardando piacevolmente sorpreso il taglio che si ripuliva.
“Bene.. ora mi passi la mano?”
Senza pensare, Arthur gli tese la manina e Alfred passò delicatamente il panno sulla ferita.
“Haia!” Il piccolo fece per ritirarla, ma l’altro lo fermò prima, gli sfiorò la mano e gli fece un gran sorriso.
“Fa un po’ male, ma resisti, poi finisce tutto.” Mormorò.
Trattenendo ogni lamento, Arthur osservò il ragazzo pulirgli il taglio con grande precisione e delicatezza.
Quando America ebbe finito, il piccolo guardò sorpreso la ferita, oramai solo un segno rosso sul palmo.
“Prima di fasciarla preferirei pulire gli altri tagli.” Disse America, alludendo ai graffi che ricoprivano il viso di Arthur.
Il bambino portò la mano al viso e sembrò pensarci su.
“Riempio la vasca, così ti fai un bel bagno!” Fece Alfred, aspettando che l’acqua sporca venisse risucchiata, per poi riempire la vasca con acqua pulita.
“Dovresti toglierti la tunica e il mantello...” Lo incitò America, vedendo che non si era ancora mosso.
Lo vide anche arrossire violentemente e stringere la tunica, recuperando il coltello che aveva precedentemente lasciato.
“Stai... Lontano.” Sibilò allontanandosi dal ragazzo, che per tutta risposta lo guardò confuso.
“Eh?”
“Schifoso maniaco!” Ringhiò:“Sei come la rana... maniaco!” Continuò, sempre più rosso in volto.
“Non capisco...” Mormorò Alfred. Aveva già sentito il termine ‘rana’, solo che non riusciva a ricordare dove.
“Ti sbagli, puoi fare il bagno da solo. Io posso anche uscire!”
L’altro lo guardò sorpreso, per poi soppesare la proposta ed annuire.
“Va bene... ma che cosa sono quelli?” Chiese il piccolo, accennando ai vari saponi posti sui ripiani.
“Quelli?” Alfred si voltò. “...Sono pozioni magiche!” Esclamò prendendone uno.
“Guarda, questa fa comparire le bolle!” Continuò, versando il bagnoschiuma e agitando l’acqua.
Sotto lo sguardo sbigottito di Arthur, una nuvola di schiuma cominciò ad alzarsi dalla vasca, riempiendola.
“Ecco fatto! Strofinati bene i graffi, mi raccomando.” Disse Alfred, rialzandosi:“Se hai problemi, chiamami, ok?”
Il bambino non lo degnò di uno sguardo, intento com’era a toccare la schiuma e a guardare le piccole bolle arcobaleno che gli scoppiavano tra le mani.
Alfred sorrise e chiuse la porta del bagno, sedendosi accanto.
Sentì poco dopo il rumore di risacca d’acqua e provò ad immaginarselo nascosto tra le bolle, a saggiare la nuova scoperta di un bagno caldo.
Troppo curioso di saper cosa stesse combinando, Alfred aprì la porta, e guardò dentro.
Fortunatamente Arthur gli dava le spalle.
Lo vide giocare estasiato con la bolle: le prendeva e le soffiava via, trattenendo una risata alla vista della schiuma rosea volteggiare in aria.
Vide anche che lanciava occhiate preoccupate all’asciugamano e ai propri tagli.
Si sposò appena in tempo, per poi sentire Arthur che lo chiamava.
Entrò in bagno, trattenendo a stento un sorriso. Il piccolo lo guardava imbarazzato, nascosto tra le bolle.
“M-mi dai una mano? Non riesco... a pulirmi i graffi...” Borbottò, rosso in viso, tendendo le braccia.
Alfred sorrise e, preso il panno, lo strofinò delicatamente sui tagli.
Alcuni si riaprirono, ancora freschi, altri invece rimasero pallidi come prima.
Con grande imbarazzo di Arthur, pulì anche quelli sulle gambe.
“Bruciano...” Mormorò il piccolo, sfiorandosene uno sulla guancia.
“Non toccarli.” Lo riprese Alfred, scostandogli gentilmente la mano.
Arthur annuì e prese a tormentarsi l’asciugamano con cui era stata avvolto.
“Mi prometti che resti qui? Così prendo bende e vestiti puliti.” Il bambino annuì di nuovo e Alfred sorrise, come a ringraziarlo.
Andò a frugare nei cassetti di Arthur, quelli ancora intatti dopo il passaggio del bambino.
Non trovando altro che vestiti della dimensione di un adulto, prese una la maglietta che sembrava più piccola, di un bel verde chiaro.
Accontentandosi andò al piano inferiore e recuperò il kit di pronto soccorso e tornò su.
Arthur si stringeva l’asciugamano addosso e guardava con timore riverenziale la doccia. Probabilmente stava rimuginando sul soffione, chiedendosi se avrebbe potuto prendere vita ed attaccarlo.
“Ma quello... non è un serpente... vero?” Chiese titubante ad Alfred non appena lo vide, indicandoglielo.
America rise: “No, no, tranquillo. In questa casa no c’è nulla da temere.”
Disse, inginocchiandosi davanti a lui.
Aprì la custodia del kit tirando fuori bende, cerotti e disinfettante.
“E quello cos’è?” Domandò il piccolo, guardando intimorito la boccetta verdognola.
“E’ una pozione buona.” Spiegò Alfred. “Prima brucia un po’, ma cura benissimo le ferite.”
Arthur non replicò, ma continuò ad avere un atteggiamento guardingo nei confronti della boccetta.
Rimase in silenzio anche quando Alfred passò il cotone imbevuto del disinfettante sulla ferita alla mano. Digrignò i denti e si morse la lingua, ma rimase zitto.
Here!” Disse Alfred, mentre fasciava il taglio.
“Non toccarti nessun cerotto e nemmeno questa benda, ok?”
L’altro annuì.
“Ho trovato solo questa.” Disse poi, mostrandogli la maglietta.
“Però è pulita, basterà solo sistemarla...”
Gliela infilò, facendo attenzione a non toccare i graffi più fastidiosi.
Come sospettava, la maglietta restava abbondante, e solo se il piccolo teneva le braccia alzate aveva qualche speranza di restargli addosso.
Arthur guardò speranzoso Alfred, che si alzò e recuperò una spilla dal cucito dell’Inglese.
Dopo aver lottato un po’, riuscì a fissare il collo, in modo che fosse più stretto e comodo.
La lunghezza era perfetta. Il bordo inferiore gli sfiorava i piedini.
Well done!” Disse soddisfatto Alfred, mettendosi i pugni sui fianchi.
“Ora sei pulito e ordinato. Magari una spuntata ai capelli...”
“No!!”
Arthur fece un balzo indietro, coprendosi i capelli con le mani.
“I miei capelli vanno bene così!” Urlò, guardando Alfred in cagnesco.
“Vanno benissimo...” Borbottò ancora.
“Ok,ok...” Rispose l’altro, alzando le mani. “Non te lo chiedo più.”
Arthur arrossì improvvisamente, e le mani passarono dalla testa alle gambe. Cominciò a saltellare sul posto, con sguardo imbarazzato e lanciando occhiate nervose tutt’attorno.
“Uhm? Qualcosa no va?”
“D-devo... fare pipì...”
Alfred trattenne una risata. E’ così carino! pensò.
“Allora siediti lì.” Disse, indicando il water. “Vieni.”
Il bambino si avvicinò, ma guardò il water impaurito.
“E’-è... una fossa?” Chiese stranito, senza staccare gli occhi dal sanitario.
“Eh?... ah... si, una fossa rialzata, diciamo.”
Lo prese per le ascelle e lo mise seduto sul wc.
Arthur però lanciava di continuo sguardi preoccupati al buco sotto di sé.
“N-non è... che esce un mostro?”
Questa volta Alfred non potè trattenersi, gettò indietro la testa e rise forte.
“N-no! Hahahaha! Nessun mostro uscirà da nessuna parte! La casa è sicura e poi ci sono io! L’eroe!”
Il bambino lo guardò affascinato.
“Wow... e... che cos’è un eroe?”
Toccò ad Alfred stupirsi, ma ricordandosi del perché fossero lì si affrettò a sollevare la maglietta di Arthur.
“Ti spiego dopo, ora...”
“Hei! Lasciami!!” Urlò il piccolo, coprendosi imbarazzato.
“Va’ via! Mi arrangio!”
America sbatté gli occhi, ma non poté replicare di fronte a un’espressione così risoluta.
“Ok, ok... quella la puoi usare per pulirti.” Disse alzandosi e indicando la carta igienica.
Arthur gli lanciò un’occhiata imbarazzata e annuì.
“Sciò!”
Alfred uscì e aspettò alla porta, seguendo le azioni del bambino coi rumori.
Si rese conto che Arthur era un bambino davvero strano. Prima non voleva nessuno, cacciandolo malamente, poi invece chiedeva aiuto, mostrandosi impaurito e timoroso.
Non riusciva a capacitarsi di questo comportamento e si chiese se l’orgoglio di Arthur fosse già così grande anche quanto era piccolo.
“Alfred... ho finito...”
Il ragazzo entrò e lo trovò già in piedi, a qualche passo dal wc.
Alfred gli sorrise e tirò l’acqua, facendo fare un balzo ad Arthur.
“E’-è... cos’è?” Chiese mordendosi il labbro e giocando con le bende.
“L’ho scaricata...” Ma l’altro continuò a guardarlo confuso.
“...Lascia stare, cose difficili per un bambino.” Disse, molto imbarazzato del fatto di dover spiegare come funziona lo sciacquone.
“Alfred...”
“Si, che c’è?”
Arthur gli fece segno di abbassarsi e, quando il ragazzo si inginocchiò, borbottò imbarazzato un “grazie”.
“Oh! Di nulla!”
“E... mi dispiace...” Aggiunse, poggiando la mano sana in mezzo agli occhi di America, dove erano ancora visibili i graffi lasciati.
“...Ah, beh, non c’è problema... Sono l’eroe, io! Non mi sono fatto niente!”
“Ooh... e che cos’è un eroe?”
“Un eroe? Beh, è qualcuno che aiuta le persone, salva donne e bambini e protegge le città!”
“Come i cavalieri!” Esclamò entusiasta Arthur, con gli occhi che brillavano.
“S-si... forse...”
“I cavalieri sono coraggiosi e forti! E sono valorosi! Salvano le donzelle e combattono i cattivi! Anche gli eroi lo fanno?”
“Si...” Alfred sorrise. “Si, anche gli eroi...”
Arthur gli sorrise, ammirato.
A un certo punto il cellulare di Alfred squillò. Arthur sobbalzò e si guardò attorno.
“Da dove viene? Che musica è?”
“L’inno americano!” Disse Alfred, prendendo il telefonino dalla tasca posteriore dei jeans.
“Tranquillo arrivo subito.” Si alzò, diede un buffetto ad Arthur sulla testa e uscì dal bagno.
Hi Matt!”
Ciao Alfred, ho chiamato per sapere come va. Sei riuscito a farlo uscire?”
“Non solo! Gli ho fatto anche il bagno!”
Wow! E come hai fatto?”
Alfred raccontò velocemente al fratello gli eventi di quella mattina.
Capisco. Direi che quei piatti ti abbiano aiutato...”
“Dici giusto!”
E come sta ora?”
“Bene, anche se è sempre un po’ spaventato. Cavoli sembra... che sia venuto dal passato!”
Questo è ovvio! Dice di esser Britannia, ed è il vecchio nome di Inghilterra.”
“Ah... non lo sapevo...”
Ma come!”
Alfred arrossì.
“Hai chiamato per farmi la predica?” Borbottò offeso.
No, volevo chiederti se avevi bisogno di aiuto per il pranzo...”
“E perché?”
Perché solo tu sopravvivi mangiando tutti i gironi nei fastfood! E non dirmi che non l’avresti portato lì, ti conosco. Posso provare a venir a preparare qualcosa, però... ho un’idea! Perché non chiedi a Francis di aiutarti?
“Eh? Francia?”
Si, forse lui e Inghilterra non saranno in buoni rapporti ma è il miglior cuoco in circolazione, e di sicuro saprebbe preparare un pasto decente.”
Alfred annuì. “Ok, grazie... Ah, dimenticavo! Potresti comprare dei vestiti da bambino? E... dei pannolini, sai com’è...”
Certo, ci vediamo. Ciao!”
“Ciao...”
Mise giù e tornò da Arthur, che un po’ più sicuro si era seduto sul tappeto e si guardava i piedi, giocando con le dita.
Non appena Alfred entrò in bagno balzò in piedi e gli si avvicinò, sorridente.
“E ora che si fa?” Gli chiese eccitato. Passata la paura, in Arthur si faceva spazio una grande curiosità.
“Beh... prima di tutto ci tagliamo le unghie, così non si rompono e non ti fai male.”
“Le unghie? Non vanno bene così?” Alzò la mano, mostrando le dita, dotate di unghie fin troppo lunghe e rotte per un bambino.
“Si, ma tranquillo, non farà male.”
“Io sono tranquillo. Ho un cavaliere-eroe con me! Non devo temere nulla, no?” Disse entusiasta, e Alfred sentì il cuore sciogliersi.
Arrossì compiaciuto. “Si...”
Prese delle forbicine da un cassetto e si mise in grembo Arthur, che non protestò. Anzi, sembrava addirittura contento mentre guardava attentamente le lame tagliare con gran precisione le unghie rovinate.
“Certo che questo posto è strano... è tutto così diverso da casa mia!”
“Ah si? E com’era casa tua?”
Il bambino scrollò le spalle.
“Vivevo in un castello, anche se gli ambienti chiusi non mi piacciono...”
Alfred sudò freddo.
“Ma questa casa mi piace! Ha un buon’odore!”
America tirò un sospiro di sollievo. Arthur non aveva manifestato nessun desiderio d’evadere.
Finito di tagliare le unghie, si alzarono.
“Ora devo chiamare un amico, mi aspetti qui?” Chiese Alfred, tirando fuori il cellulare e digitando il numero di Francis.
“Con quello? Perché usi una pietra e non i piccioni?”
“Eh? I piccioni?” Guardò il telefono, poi il bambino, e capì.
“Ah, no! Questa è... una pietra magica! Puoi chiamare le persone con questa!”
“M-ma... allora oltre che essere un eroe sei anche un mago!” Esclamò ammirato Arthur, stringendo i pugnetti.
“Fai un sacco di magie! Fai scorrere l’acqua quando vuoi e comunichi con le pietre... è grandioso!” Concluse alzando le braccia e guardandolo estasiato.
“Sei il miglior cavaliere-eroe che abbia mai conosciuto!”
Alfred non poté che arrossire e sbattere le palpebre, guardando riconoscente il bambino.
“G-grazie...” Mormorò, allontanandosi per parlare con Francis, che non appena America poggiò il cellulare all’orecchio rispose.
Bounjour! A cosa devo la tua chiamata?”
“Ciao Francis, mi serve il tuo aiuto...”
Ok, dimmi pure, cherie.”
Alfred raccontò, come aveva fatto con Canada, i fatti di quei due giorni e quando finì, Francia rimase in silenzio.
Quindi... Arthùr è tornato piccolo?”
“Si.”
Alfred sentì suonare il campanello, scese, aprì la porta e si ritrovò di fronte Francis, che scostatolo con eleganza, entrò in casa piazzandosi in mezzo al salotto.
“Dov’è il piccolo?”
“Alfred, chi è?” In quel momento Arthur scese le scale, tenendosi al corrimano e scendendo con attenzione, per via dei gradini troppo alti.
Nel momento in cui vide Francis sbiancò e quasi inciampando sui suoi stessi passi, filò in camera, mentre Francis gli corse dietro, seguito da Alfred che tentava di fermarlo.
“Non puoi avvicinarti a lui in quel modo! L’hai terrorizzato!”
Protestò l’americano quando il francese si fermò di fronte alla stanza di Arthur.
“Tranquillo cherie, conosco Arthùr da sempre, ha sempre fatto così quando mi vedeva... ma poi lo riacchiappavo sempre!” Disse allegro, aprendo la porta.
Alfred capì che qualcosa non andava dalla facilità con cui Francis era
entrato in camera, lo sentì esclamare un mon Dieu! Davanti allo sfascio causato da Arthur, ma non si fermò
“Arthùr, dove sei?” Cinguettò, avvicinandosi pericolosamente al camino.
Nel momento in cui si chinò per controllare, Arthur uscì dal suo nascondiglio, fornito dalle librerie accatastate, e balzò addosso a Francia, riuscendo a mandarlo lungo disteso grazie al peso e alla posizione sfavorevole del francese.
Come aveva fatto ad Alfred, si mise sul petto di Francia e gli puntò il coltello alla gola, guardandolo con odio.
“Vattene via, stupida rana!” Sibilò minaccioso.
“O-oh, salut Arthùr! È da un pò che non ci si vede!”
Il bambino fece una smorfia.
Shut up stupid frog! Non sei il benvenuto qui...” Ringhiò il piccolo, facendo pressione sul coltello.
“Ah! Ma accogli così un vecchio amico?”
“Tu non sei un amico” Scostò il coltello, ma solo per alzarlo e sferrarlo su Francia.
Il colpo sarebbe andato a segno se non fosse che Alfred fu più veloce, agguantando per la collottola Arthur, sollevandolo e allontanandolo da Francis.
“Mettimi giù! Devo fare fuori il bastardo ora che ne ho l’occasione!!”
Sbraitò il bambino, agitandosi come un’anguilla.
“Sta’ calmo! E non ti permetto di far del male a nessun’altro! Francia
non è qui per conquistarti, ma solo per aiutarmi!”
Arthur si era bloccato non appena aveva sentito la frase del male a nessun’altro e ora stava fissando Alfred, profondamente offeso e dispiaciuto.
Alfred lo rimise giù, facendolo sedere a terra.
“E se ora ascolti senza tentare di uccidere nesso, mi fai un piacere.”
Continuò secco l’americano
“Francis è qui perché mi serve una mano per preparare da mangiare...”
“Io non mangio la roba della rana...”
“Tu fai quello che dico io!” Ribatté deciso Alfred.
“Francis, ti andrebbe di darmi una mano per il pranzo di oggi, e semmai anche per i giorni a seguire?”
“Io ti aiuterei volentieri, cherie...” Disse rialzandosi. “Ma non credo che Arthùr...”
“Non storpiare il mio nome!!”
“...Voglia che gli prepari qualcosa...”
Alfred passò lo sguardo da Arthur -che sedeva a braccia incrociate dando le spalle a tutti- a Francis, che studiava la camera con stupore.
“E se... preparo io?”
Tutti e due si voltarono a fissare America.
“Intendo... Francis mi dice come fare, ma cucino io.”
“Cherie... sei sicuro? Senza offesa, ma non credo che tu riesca...”
“Zitto rana!! Alfred è l’eroe! E lui può fare tutto!” Esclamò Arthur, balzando in piedi e mettendosi tra le due nazioni, guardando in cagnesco Francis.
Quest’ultimo guardò stupito Alfred che si limitò ad alzare le spalle.
“Ok, se il piccolo Arthùr lo vuole...” Mormorò uscendo. “Ti aspetto in cucina.”
Rimasti soli, Alfred lanciò un’occhiata ad Arthur, che rosso in volto e imbronciato, raccoglieva il coltello e lo nascondeva dentro ad un libro.
“Grazie per avermi difeso...” Cominciò Alfred.
“... Hmpf, prego... ma spero che tu non voglia che io ti ringrazi per avermi fermato” Borbottò. “Sono furioso con te...”
Alfred rise divertito.
“Ok, ok, scusa allora, ma il sangue non viene via facilmente...”
Anche Arthur ridacchiò.
“Mi dispiace che tu debba sopportare Francis, ma io non so cucinare bene e se stai male Matthew mi fa la pelle, he-he...”
“...Lo fai per il mio bene... lo capisco.” Rispose il piccolo, annuendo appena.
“Allora lo sopporterò.”
Alfred gli sorrise riconoscente e molto più rilassati, scesero al piano inferiore.
“Controllo io Francis.” Disse Arthur, prendendo arco e frecce.
Alfred sorrise. “Tranquillo, so difendermi.” Fece, scompigliandogli i capelli.
Quando arrivarono in cucina, Francis li aspettava già pronto.
“Allora cherie, che cosa vuoi da mangiare?” Chiese sorridente, chinandosi verso Arthur. Ma il bambino rimase in silenzio.
Tirò i jeans di Alfred e gli sussurrò ad un orecchio. America annuì.
“Certo, ok, ora glielo dico.” Si rivolse a Francis.
“Vorrebbe... un hamburger!”
“Che!? E come fa a conoscerli!?”
L’americano si portò una mano dietro la testa.
“Gliel’ho servito ieri sera, quando ancora non voleva uscire... Sembra che gli sia piaciuto!”
Francis lo guardò male e poi sospirò.
“Beh, ma non puoi mangiare quella roba per sempre...” Borbottò.
Alla fine Francis rimase solo per evitare che Alfred utilizzasse mezzo panetto di burro o mettesse troppo condimento.
Arthur, dal canto suo, non era felice della presenza del francese e continuava a dimostrarlo puntandogli addosso l’arco ogni qual volta che gli passavo troppo vicino e passando il resto del tempo a guardarlo in cagnesco.
Et voilà!” Esclamo Francis, mettendo in tavola la carne ben cotta.
“Oh... Alfred ha preparato anche delle patatine.”
Il bambino guardò incuriosito le patatine fritte.
“Ma che strane... sembrano d’oro!” Esclamò toccandone una, ma ritraendo la mano immediatamente. Scottavano ancora.
Quando fu il tempo di sedersi a tavola, Arthur rimase un po’ in disparte, guardando torvo Francia.
“Io non mangio con la rana...”
Alfred alzò gli occhi al cielo e sospirò. “Me lo fai questo piacere?”
“...”
“Per favore...”
“... Ok...” Borbottò il piccolo, mettendosi a sedere. Alfred aveva messo un paio di cuscini sulla sedia, in modo che Arthur fosse alla giusta altezza.
Avrebbero mangiato con tranquillità, se non fosse stato che Arthur e Francis continuavano a scambiarsi sguardi omicidi e il bambino facesse fatica a utilizzare forchetta e coltello insieme.
“Sono... capace... è solo che è difficile!” Sbottò dopo l’ennesimo stridio causato dalla forchetta contro il piatto.
“Non sono abituato...”
Alla fine ci rinunciò e mollò coltello e forchetta, facendosi aiutare da Alfred.
Scacciarono -a dire il vero lo fece Arthur- Francis verso le due, quando quest’ultimo non ebbe più scuse per rimanere.
Prima che se ne fosse andato, Alfred era riuscito a rifilargli le lenzuola sporche, chiedendogli di lavargliele.
“Fallo tu, cherie. Arthur sarà anche antiquato, ma la lavatrice c’è l’ha!” Aveva all’inizio risposto il francese.
“Sono io a non saperla usare... il bucato lo fa sempre Tony.”
“Tony? L’alieno?” Aveva esclamato Francis, incredulo.
“Tony non è un alieno! È mio amico!” Aveva invece risposto America, indignato.
Un po’ perplesso, Francis era tornato a casa con le lenzuola.

 

La giornata passò tra le diverse stanze della casa di Arthur, che correva qua e là indicando tutto e chiedendo puntualmente che cosa fosse e a cosa servisse.
E la risposta ricorrete era E’ magia!
Alfred, non potendo spiegare concetti che al tempo di Arthur non esistevano, trovava molto difficile esporre nozioni senza mandare in confusione il piccolo.
Finito il giro Arthur chiese di uscire, ma purtroppo era già calata la sera, e bravo cacciatore qual’era accettò di buon grado di restare in casa, a osservare il giardino scuro.
Quando fu ora di andare a dormire Alfred, si ritrovò davanti ad un quesito: chiedere ad Arthur se voleva dormire ancora in camera propria o con lui.
Da una parte moriva dalla voglia di stringere l’inglese, piccolo o adulto che fosse, e dall’altra sapeva che il bambino era restio ai contatti umani.
Ma vedendolo lì, solo su quel pezzo di materasso, non riuscì a trattenersi.
“Se vuoi puoi dormire con me...”
Si morse il labbro, dandosi più volte dello stupido. Perché avrebbe
dovuto accettare
? si chiese, vedendolo arrossire e pensarci su.
“N-non serve...” Borbottò infine. “Grazie lo stesso...”
Alfred doveva aspettarselo.
Gli diede delle nuove lenzuola, spiegandogli che anche se il camino era sicuro non era il posto più adatto per dormire. Così riuscì convincerlo di spostarsi almeno un po’, giusto per non sporcare ancora le lenzuola.
Gli diede la buona notte e se ne andò a dormire, sognando di poter riabbracciare Arthur senza problemi e questi, ritornato adulto, ricambiava l’abbraccio con gioia.
 
 
 
Questo è una piccola introduzione di Zazzy, la mia beta-reader (o che contentezza) trovarla è stata una vera fortuna! Devo ringraziare qualcuno lassù.
Bhè, ora cominciamo:
 
 

Mo:” Bentornati!! Grazie ancora per la quantità assurda di recensioni che avete lasciato!”
??:” Vai così! *sventola striscione*
AltraMe:” Ma se sono appena sei…”
Mo:” Ah, ciao AltraMe, ragazzi, questa è "l'AltraMe" il mio adorabile alterego, il mo contrario.
AltraMe: Evviva...
??: Simpaticissima, peraltro!
Mo:” Beh, siccome non sei d’utilità passiamo ad altro... Un ringraziamento speciale a Zazzy! Che si è offerta per farmi da beta reader! Un applauso!”
Zazzy: Marhaba/Bonjour/Hola/Hello/Ciao a tutti! °-^”
Mo: “Accidenti, ma quanti saluti sai? Cioè, che lingue sono?
Zazzy: “In ordine: Arabo, Francese, Spagnolo, Inglese etc etc…e Italiano XD Eh sai, poliglotta di sangue misto ^^
Mo”Sangue misto? Che forza! Chissà quali super poteri avrai ricevuto!”
AltraMe:” Idiota..”.
Zazzy: *ignorando l’alter ego di Monica* Huh, beh... da Spagna e Francia ho ereditato la malizia!”
Fr:” Bonjour! Parlavate di me?”
Mo:” Sparisci! Pussa via!”
Zazzy: “Heilà ‘parente’! :D”
Fr: “Parente’?”
Zazzy: “Oui! Almeno, ho degli avi francesi! ^^”
Fr:”Oh! Bene, direi di ritenermi fortunato ad avere una ‘parente’ così carina! *patta Zazzy*
Zazzy: *CoffCoff* Huh, beh... merçi beaucoup ^////^”
Mo: “Stavamo dicendo... anche da Spagna la malizia? A me Antonio non è sembrato tanto sveglio...
Sp: “Dicevate? :D”
Zazzy: “Hola Antonio! Como estas? Todo bien? ^^”
Sp: “Bien, bien! Y tu? :)”
*e i due iniziarono a chiacchierare amabilmente*
Mo:” ...mi sa che devo continuare da sola...”
Fr: “Ma non sei sola, ma cherie!”
Mo: “Aah! Statte lontano, vade retro Satana!”
Fr: “Devi ammettere che un Satana più bello no lo tuvée vouz...”
Zazzy: *finisce la conversazione con Spagna e si congeda* Francis, s’en aller! °-° Rischi la vita!
Fr: “Ma no, sono sicuro che non c’è nulla da temere, Monica è una ragazza dolce e cari-“
Mo: “Prova solo a toccarmi e ti trituro la faccia!”
AltraMe: “Ben detto!”
Fr: “Cherie, perché sei così cattiva? ç__ç”
Mo: “Tu non allungare le mani e io non ti uccido, semplice”
Fr: “Urgh... ok, starò lontano...”
Mo:” *CoffCoff* Dov’eravamo rimaste?”
Zazzy: “Huh, all’elenco delle nazionalità dei miei parenti ^^’’
Mo: “Ah, già! Dunque, oltre a Supein e Furansu, da che altre nazioni erano i tuoi avi?”
Zazzy: “Allora, meglio fare una scaletta: Austria, Germania, Russia, America, Inghilterra, Polonia e ho cittadinanza Svizzera ^^ Non mi sorprendo se salta fuori qualcos’altro XD”
Mo: “Forte! E io che al massimo sono mezza bergamasca-bresciana...Pazienza...”
Zazzy:“XD Ringrazio i miei avi emigranti...”
Mo: “Oooh, che bello! E io che spero tanto di riuscire a viaggiare per il mondo...”
Zazzy: Aww, anche io... i miei nonni mi hanno sempre portata in giro da piccola, ma mi ricordo poco, e poi adesso mio nonno non sta bene...”
*ricordi agrodolci di pomeriggi estivi* ...Ma suvvia! *CoffCoff* Non siamo qui per parlare di me! u__u”
Mo: “Io sono cresciuta in campagna, perciò adoro starmene all’aria aperta... Non so quanto darei per farmi una corsa per le praterie inglesi! ... Iggy! Arrivooooo!!”
AltraMe: “E tu andresti in Inghilterra solo per correre?”
Mo: “Si! Ah, e per bere il mio amato tè <3”
Zazzy: Io per andare a parlare Inglese *-* E’ una lingua tanto espressiva... >.<
Mo: “Anche quello... Solo che parlare in lingua madre con un inglese troppo orgoglioso un po’ mi demoralizza...
Zazzy: “Hai ragione... ce ne vorrebbe uno alla mano, abbastanza empatico…”
Fr: “Come me!”
Mo: “Zitto tu! Che voi Francesi siete peggio di loro! Parlate apposta con i vostri dialetti per non farci capire... sciò! Questa sera non sono in vena di difenderti”
Zazzy: “Su questo ha ragione...”
Fr: “Ti ci metti anche tu adesso? ç__ç”
Zazzy: “Nawh, io ti voglio bene, me su certi aspetti tutti sbagliamo ^^”
Fr: “Oh, grazie cherie!”
Zazzy: “Ne’ pas de probleme ^^”
Fr: “Oh! Parla anche Francese! Cherie!!
*e partirono pure loro a conversare amabilmente*
Mo: “Beh, ora -presentata la mia beta- mi dedicherò a voi cari recensori! ^^”
 
*si schiarisce la gola*
Marlot: grazie, fa sempre piacere sapere che il tuo modo di scrivere piace, e poi sentirsi dire che come descrivi i personaggi sono tutti IC… è perfetto!
Ora penso che dopo questo capito ti sia chiaro come Alfie riesce a ottenere la sua fiducia, d’altronde Arthur è solo un bambino, spaventato, e quindi, chi meglio di un Eroe-Cavaliere può aiutarlo? XD
 
 
Hanon993: bentornata! Davvero continui a leggere angelo custode? Oh che bello! Allora mi sa proprio che se voglio dare un… pizzichino in più di che so io dovrò svegliarmi! Bhè, grazie per aver recensito.
La tua duojiin preferita si chiama mica “appear”? perché se è quella che ho letto anch’io è magnifica, altrimenti vedrò di trovare il modo per ottenerla *W*
 
 
Zazzy: bhè, grazie per aver recensito e per esserti offerta mia Beta-reader, ^^ e mi fa moltissimissimo piacere che nonostante non sia il tuo genere, ti piace.
E poi non smetterò do ringraziarti, perché mi correggi le fic e mi insegni tante belle cose su come si scrive correttamente *W* *bambina ritardata mode on*
 
MagicLily:_ purtroppo ho dovuto interrompere accademia mondiale perché troppo presa da questa fic, ma non appena la sistemo per bene vedrai che riparto anche con quella! *W*
Mi sa che è troppo tardi per Arthur, adora gli hamburger, per lui carne cotta era un lusso e potersela mangiare ogni giorno è un sogno, ma tranquilla, ci tengo alla linea del mio adorato inglese, quindi imporrò ad Alfred di preparare qualcos’altro, giusto per evitare che ad Arthur scoppi il fegato per le troppe schifezze che ingurgita Alfred.
Grazie ^^
 
 
Konoha_Hellsign_94: non so se prendermela con te o con me stessa, dico, come si fa a riuscire a farsi spoilerare praticamente tutto il capitolo!?
Bho, tanto alla fine ti faccio leggere tutto, quindi è anche colpa mia… ma tanto su Accademia Mondiale terrò la bocca ben chiusa!
E il dissidio tra Danimarca e Russia è finalmente finito! Aprite le bottiglie festeggiate! Perché la pace è tornata!
: D
 
 
Ivan_kirkland: bentornata anche a te! Hehe, spero che questa storia riesca a prenderti come “Angelo Custode” perché ci tengo tanto! *W*
Come vedi non ha fatto troppa fatica a ingraziarselo, la fortuna è dalla sua parte (non proprio fortuna, diciamo un… volere superiore XD)
 
 
E quindi come al solito vi dico: commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!
   
 
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