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Autore: Macchia argentata    10/04/2011    21 recensioni
Parigi non è più un luogo sicuro per la nobiltà: un misterioso Cavaliere dal volto coperto ha iniziato a saccheggiare l’aristocrazia per favorire il popolo. Oscar è sulle sue tracce, e una notte, scorgendo una figura in nero che si aggira sui tetti di Parigi, crede di aver finalmente messo le mani sul tanto discusso criminale. Ma l’uomo da lei catturato si rivelerà essere ben altro che un ladro. Chi è il Cavaliere dalla piuma bianca? E in che modo opererà nelle vite di Oscar e Andrè?
Mi avvicinai a lui: “Siete un tipo bizzarro. Un originale dei più strambi…Con voi si imparano strane cose.” L’uomo mi scrutò, portandosi una mano al mento. “Potreste avere ragione, dopotutto. Sapete cosa ho pensato? Scriverò un libro.” Portò la mano davanti a sé, disegnando un arco nell’aria, “Storia della mia vita. Che ve ne sembra?”
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson, Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cavaliere dalla piuma bianca 1 - L'uomo dei tetti

Gli zoccoli dei nostri cavalli battevano lentamente il selciato dei vicoli bui di Parigi.
Trattenni a stento uno sbadiglio e lanciai un’occhiata sconfortata alla schiena perfettamente retta di Oscar, davanti a me, e ai suoi riccioli biondi che sobbalzavano leggeri all’andatura fiera di Cesar.
Dio, se mi avesse trascinato ad un altro ballo, mi sarei buttato da una finestra alla prima occasione.
Avevo la schiena a pezzi, e la mancanza di una buona notte di sonno, da tre giorni a quella parte, stava iniziando a dare i suoi risultati. Per di più, non ero nemmeno certo di essermi contenuto nel numero di bicchieri che avevo portato alle labbra quella sera, al ballo dei de Lambert.
Oscar, al contrario, sembrava trarre giovamento da questo tour de force di feste della nobiltà parigina. Ma avrei dovuto sapere che, quando aveva un obbiettivo da raggiungere, niente poteva fermarla. E da quando si era messa in testa di catturare questo famigerato Cavaliere Nero, che da qualche tempo terrorizzava l’aristocrazia francese trafugando oggetti preziosi che poi elargiva tra la povera gente, non c’era pace nel suo animo.
Il mio sfinimento, era solo una conseguenza della sua determinazione.
Mi portai una mano alla schiena e provai a riportarla in posizione eretta, solo per rendermi conto che era un impresa tutt’altro che semplice. Mi dolevano tutte le articolazioni.
Feste danzanti di notte e duro lavoro di giorno. Ancora ventiquattrore come quelle e, alla prima occasione in cui avremmo incrociato il Cavaliere Nero, l’avrei supplicato di portarmi con lui.
Spronai leggermente il cavallo, affiancandomi ad Oscar.
“Dovremmo tagliare per Rue Saint Honorè se vogliamo fare prima per tornare a casa.” Provai a suggerire, piuttosto intirizzito.
“No.” Ribatté semplicemente Oscar. Il suo volto era una maschera di disappunto per l’ennesimo insuccesso della serata.
“…No? Si invece, facendo questa strada stiamo allungando.”
“Già.”
Le risposte monosillabiche non erano mai un buon segno. Tuttavia, decisi di insistere.
“Stiamo allungando…volutamente?”
“Mmh.”
Pessima idea, quella di insistere.
Sospirai.
“Oscar, si può sapere perché ti interessa tanto catturare questo cavaliere? Non dovrebbe essere nemmeno tuo compito…E poi, in fondo, non fa niente di male. Ho sentito dire che dona la refurtiva alla povera gente…”
Oscar voltò il viso verso il mio, guardandomi sdegnata.
Se non altro, avevo attirato la sua attenzione.
“Andrè, di cosa stai parlando? Un ladro resta un ladro!”
“Si, ma…”
“Niente ma. E’ un fuorilegge, un furfante. E io non posso lasciare che un uomo del genere se ne vada in giro per Parigi terrorizzando la gente…”
“Terrorizza solo un certo tipo di gente.” mi uscii spontaneamente, senza che riuscissi a fermarmi in tempo.
Oscar assottigliò leggermente gli occhi, e io distolsi lo sguardo, concentrandomi sulla strada.
Non era mia intenzione offenderla. Ma non mi sarei rimangiato quanto appena affermato.
“Questo non lo giustifica.” Fu il solo commento di Oscar.
Cavalcammo in silenzio per alcuni minuti.
Il freddo della notte mi aveva completamente avvolto, eppure, nonostante tutto, sentivo le palpebre farsi sempre più pesanti sugli occhi.
Se dovevo proprio essere sincero, le ultime tre notti non erano state le uniche, nell’ultimo mese, in cui avevo fatto le ore piccole.
Le riunioni a cui partecipavo da qualche tempo a quella parte, in un piccola chiesa poco fuori Parigi, mi stavano assorbendo più di quel che avrei immaginato. Non ne avevo fatto parola con Oscar, perché non ero sicuro che avrebbe capito, e tutto sommato non mi dispiaceva lasciarla fuori da questa questione, seppur la coinvolgesse più di quanto avrebbe potuto immaginare.
C’erano parecchi nobili che si riunivano con noi, noi plebei, a quelle riunioni, e dovevo ammettere di essere rimasto favorevolmente sorpreso della cosa. Forse, chi pativa non era il solo a rendersi conto di quanto i problemi concernenti le diverse classi sociali si stessero facendo, ogni giorno di più, sempre più pressanti, e una mano dai ‘piani alti’ non avrebbe certo guastato.
Sentivo che, seppur in piccolo, stavamo lavorando per un mondo migliore, e forse, se fossimo riusciti a concretizzare anche solo alcuni dei punti su cui discutevamo da giorni, ormai, le cose avrebbero potuto essere diverse.
Un futuro diverso.
Lanciai un’occhiata ad Oscar.
Cavalcava altera, lo sguardo fisso, lontano, perso in pensieri che non aveva nessuna voglia di condividere.
Lo stavo facendo anche per lei, negarlo sarebbe stato inutile.
Se un giorno avessimo avuto gli stessi diritti, forse…
In quel momento, un improvviso latrare di cani, poco distante da noi, fece sollevare di scatto le nostre teste, e agitare lievemente i cavalli.
“Oscar…”
“Shhh!” Mi ammonì lei, allertando tutti i sensi e tirando le redini di Cesar per intimarlo a fermarsi.
Ci trovavamo ancora in una delle zone più ricche di Parigi e non era da escludere che, proprio in quel momento, a pochi passi da noi, il famigerato Cavaliere Nero stesse svaligiando una dimora nobiliare.
Scendemmo dai nostri cavalli, e, conducendoli a mano, lentamente ci avvicinammo al cancello in ferro battuto da cui avevamo sentito abbaiare tanto furiosamente, e appurammo che era semiaperto. Oscar mi passò le redini di Cesar.
“Faccio un giro di ricognizione, non allontanarti da qui.” Mormorò.
“Scherzi? Non ti lascio andare da sola…”
“Andrè, non discutere, devi guardarmi le spalle.”
“Ma…”
In quel preciso istante, un fruscio di foglie, proveniente da uno dei cespugli di siepe che bordeggiavano il viale della villa confermò che, inevitabilmente, qualcuno vi si stava nascondendo all’interno. Io e Oscar ci guardammo negli occhi per alcuni secondi, poi lei annuì, estraendo lentamente la spada dal fodero.
Si avvicinò di soppiatto, mentre io la seguivo guardingo. I nostri passi scricchiolavano leggermente sul selciato, ma giunti a poca distanza dalle frasche che si muovevano davanti ai nostri occhi, mi sembrò distintamente di udire la risata di una donna.
Subito mi venne in mente che forse stavamo prendendo fischi per fiaschi, ma non feci in tempo ad avvisare anche Oscar, che, imperterrita, aveva raggiunto l’obbiettivo e adesso stava puntando la spada al cespuglio.
“Chiunque tu sia, esci con le mani alzate!”
Un silenzio di tomba accolse l’immobilità improvvisa che si era creata attorno a noi.
Poi, lentamente, una testa scarmigliata fece capolino dal verde, fissandoci con occhi sgranati dalla paura.
La candida cuffietta le penzolava su un lato del volto, sopra ai capelli dorati. La giovane cameriera ci fissava smarrita e intimorita, mentre al suo fianco compariva il volto piuttosto accigliato di un uomo.
“Ma…ma...” Oscar, ancora la spada levata, era rimasta a corto di parole.
Anche nel buio della notte riuscii a scorgere il rossore che le stava velocemente imporporando le guance, per aver stanato due amanti dal loro nascondiglio scambiandoli per un temibile ladro.
“Monsieur, posso chiedervi chi siete, e cosa ci fate nella tenuta dei Chevalier a quest’ora della notte?” L’uomo, supponevo si trattasse di un maggiordomo, si era velocemente ripreso dallo spavento, e adesso ci fissava esattamente come si fissa un intruso sospetto, cosa che effettivamente eravamo.
“Io…Scusate, signori. Sono il capitano della guardia reale, ho sentito dei rumori sospetti e ho creduto necessario venire ad appurare.” Oscar ritirò velocemente la spada, e lanciò un’occhiata di disapprovazione alle guance colorite della graziosa servetta, e al suo corpetto semi slacciato.
“Mi rincresce avervi causato…hem…disturbo.” Sempre mantenendo un tono altero Oscar fece due passi indietro, dopodiché si voltò e si incamminò impettita lungo il viale d’ingresso, senza guardarmi, mentre io, senza una parola mi voltavo seguendola, imbarazzato quasi quanto lei dalla spiacevole situazione in cui ci eravamo ritrovati.

“Dopotutto, non potevi saperlo, Oscar…”
Oscar, se possibile, era diventata ancora più silenziosa. Percorrevamo una strada piuttosto ampia, tra due file di case alte e suntuose. Dovevano essere all’incirca le tre del mattino e Oscar non parlava da quasi una ventina di minuti.
“Io…avevo il dovere di controllare!” Sbottò alla fine, rossa in viso.
“Nessuno ti sta facendo una colpa di quello che è successo…anche se in effetti è stato piuttosto imbarazzante. Fortunatamente quei due avevano ancora i vestiti addosso…”
“Andrè!” Oscar mi guardò scandalizzata.
“Cosa, Oscar? Sai bene quanto me che i vestiti, per quanto si stavano accingendo a fare, erano un orpello decisamente inutile.”
Mi rendevo conto che potevo sembrarle volgare, ma la stanchezza stava avendo la meglio sul mio lato razionale.
“Non ho alcuna intenzione di intrattenermi con te in una simile discussione!” Esclamò lei, stringendo le redini di Cesar con tanta violenza che mi sembrò di vedere le sue nocche sbiancare.
“Dicevo così, per sdrammatizzare un po’…” Sbuffai e tornai a guardare verso la strada, e fu in quel momento che mi sembrò di scorgere qualcosa con la coda dell’occhio, qualche metro sopra di noi.
Levai il viso, e scrutai il palazzo in cui avevo scorto quel movimento, ma, non riuscendo a vedere nulla, attribuii la mia visione alla stanchezza.
‘Perfetto, comincio anche ad avere le traveggole…Se non torniamo a casa nel giro di un’ora, mi accascio sul cavallo.’
In quel momento un tonfo sonoro, pochi metri davanti a noi, ci costrinse a fermarci di botto.
La tegola di un tetto si era appena schiantata sul selciato della strada.
Levammo seduta stante i volti al punto da cui presumevamo entrambi che fosse volata giù, e quello che vedemmo ambedue ci lasciò di stucco.
La sagoma di un uomo in nero, avvolto in un mantello, si stagliava contro al blu della notte, in bilico su un tetto.
Doveva aver avuto qualche difficoltà, perché era rimasto immobile, con una mano posata davanti a sé, e immaginai gli fosse scivolato il piede sulla tegola che si era appena staccata precipitando. Dopo alcuni secondi si sollevò, e, con inaspettata agilità, riprese la sua barcollante corsa.
“E’ lui.” Fu tutto ciò che uscì dalle labbra di Oscar. Il suo sguardo era quello del cacciatore che ha puntato la preda.
L’uomo in nero saltò, non senza qualche difficoltà, sul cornicione del palazzo adiacente, e lo vidi aggrapparsi con le mani ad un balcone, e issarsi sopra di esso. Da lì penzolava una corda, da cui supponemmo si fosse servito per salire precedentemente. Ci si attaccò e, con movimenti abbastanza esperti si calò fino alla strada.
Oscar spronò Cesar.
“Fermo!” gridò, galoppando verso di lui.
L’uomo si voltò quel tanto che bastava per lasciarci scorgere, nell’oscurità, che aveva il volto coperto da una maschera.
Sospirai.
Doveva essere proprio il tanto discusso Cavaliere Nero, e, purtroppo per lui, la sua carriera di principe dei ladri stava per giungere a termine.
Tuttavia, indifferente ai moniti di Oscar, l’uomo prese a correre e, proprio mentre lei stava per raggiungerlo a cavallo, svoltò in un vicoletto troppo stretto affinché Cesar potesse seguire le sue orme. Oscar non si lasciò scoraggiare, smontando da cavallo come una furia e dandosi all’inseguimento, mentre io facevo lo stesso.
Mentre correva Oscar estrasse la pistola dalla giacca.
“Fermati o sparo!”
Il Cavaliere , tuttavia, non sembrava prestare minimamente orecchio alle sue minacce.
Oscar si fermò e puntò la pistola nell’oscurità. Io trattenni il respiro.
Avrei voluto gridarle di non farlo, e allo stesso tempo sperare che il colpo fallisse, ma la conoscevo troppo bene per sapere che nessuna delle mie aspettative sarebbe stata soddisfatta.
Il colpo di pistola bruciò l’aria intorno a noi, lasciando dietro di sé una leggera nuvola di polvere da sparo, mentre l’uomo, qualche metro davanti a noi, si accasciava al suolo di colpo, con un lamento.
‘Spero che tu non l’abbia ucciso’ riuscii solo a pensare, sgomento, mentre ci avvicinavamo lentamente alla sagoma scura riversa a terra.
Una nube di polvere si era alzata dalla strada su cui l’uomo era stramazzato, e una macchia di sangue andava allargandosi sotto di lui. Lo sentimmo gemere, mentre si contorceva portandosi la mano destra al braccio sinistro, e posando la fronte a terra.
Quando fummo più vicini, tuttavia, mi resi conto che l’abbigliamento del Cavaliere, per quanto di colori rigorosamente scuri, era piuttosto bizzarro …per non dire, appariscente. Due qualità che certo non si addicevano ad un ladro.
Il cappello che portava era rotolato a pochi passi da lui. Lo sollevai da terra, scuotendolo dalla polvere e lo osservai incuriosito.
Era un cappello spagnolo a punta, su cui spiccava una piuma bianca.
Decisamente stravagante. Anche troppo per un uomo che svolgeva la propria professione in incognito.
Oscar, intanto, si era affiancata al ferito, guardandolo dall’alto in basso.
Il proiettile, ormai era evidente, l’aveva colpito all’avambraccio sinistro, e, per quanto doloroso doveva essere, potevo supporre che l’uomo non fosse in pericolo di vita.
Ancora una volta Oscar si era rivelata una tiratrice migliore di quanto credessi.
“Voltatevi.” Gli intimò.
L’uomo respirava a rantoli. Levò mestamente il capo e lanciò un’occhiata sofferente alla sua aguzzina.
La maschera, sul volto, si era leggermente abbassata, e aveva tutta l’aria di essere una maschera da festaiolo, piuttosto che da malvivente.
Ma fu il parrucchino incipriato che aveva in testa a convincermi definitivamente che non poteva trattarsi del famigerato ladro nero.
Quale furfante si agghindava con tanta cura prima di compiere una rapina?
“Monsieur, siete solito sparare a tutti i passanti?” Chiese a quel punto l’uomo, in un francese perfetto, ma non abbastanza da non lasciar intendere il suo accento straniero.
“Solo a quelli che passeggiano sui tetti. Toglietevi la maschera.” Replicò Oscar senza scomporsi.
L’uomo, non senza difficoltà, si voltò, mettendosi seduto davanti a noi, sempre tenendosi la mano premuta sulla ferita, da cui il sangue sgorgava piuttosto copioso.
“Perdonatemi la goffaggine, Monsieur, ma temo di avere qualche difficoltà di movimento…” Esclamò impacciato, mentre lasciava cadere la maschera, macchiandosi di sangue le guance.
Piuttosto sorpreso, mi resi conto che, nonostante l’agilità appena dimostrata, l’uomo doveva avere abbastanza anni sulle spalle, come mi dicevano le sue rughe d’espressione. Eppure, il suo volto era estremamente piacevole, reso più intenso dalle folte sopracciglia scure sopra agli occhi color carbone.
“Oscar…Io non credo che costui sia il Cavaliere Nero…” le sussurrai avvicinandomi a lei, sempre tenendo fra le mani il bizzarro cappello con la piuma bianca dello sconosciuto.
Oscar sospirò.
Evidentemente, doveva essere giunta alla mie stesse conclusioni.
Gettò un’occhiata piuttosto sprezzante allo straniero.
“Cosa ci facevate su quel tetto? E perché vi siete introdotto in una casa usando una fune?”
“Sono solito non usufruire dell’entrata principale quando ho da compiere visite di piacere senza un regolare appuntamento con il padrone di casa, non so se mi spiego, Monsieur.” L’uomo rivolse un sorriso amichevole ad Oscar, cercando evidentemente un certo tipo di complicità.
Lei, già irritata per l’ennesimo granchio che aveva preso quella notte, si irritò, se possibile, ancora di più.
“Visite di piacere? Devo dunque dedurre, Monsieur, che voi vi siate introdotto in un abitazione con scopi tutt’altro che nobili!”
“Al contrario, Monsieur, i miei scopi sono sempre dei più nobili. Io, sapete, sono un maestro, e avevo da fare lezione.”
Oscar levò un sopracciglio.
“Dal vostro accento deduco che non siete francese.”
“Avete colto nel segno, signore. Sono italiano, veneziano, mi sento di aggiungere, la più seducente e nobile delle città.”
“Siete dunque un precettore, dite. E cosa insegnate, monsieur, se è lecito chiedere?” Oscar era tutt’altro che convinta.
“Vita, signore. Sono un maestro di vita, se ci tenete a saperlo.”
Oscar aprì la bocca, poi la richiuse, indignata.
L’italiano, nel frattempo, aveva rivolto lo sguardo nella mia direzione.
“Oh, bene, vedo che avete recuperato il mio cappello, vi ringrazio. Mi sarebbe spiaciuto perderlo, sapete, ci sono molto legato. E adesso…potrei, cortesemente, sapere qual è il motivo per cui mi avete freddato come un criminale qualsiasi nel bel mezzo della strada, Monsieur? Non ero al corrente che in Francia voi foste avvezzi a simili barbare usanze…”
Oscar arricciò le labbra mentre io pensavo a come avrebbe potuto spiegare allo straniero che abbigliarsi di nero e passeggiare sui tetti a notte fonda, in tempi come quelli, era un modo sicuro di trovare grane.
“Vi avevo scambiato per un criminale. Un ladro che, di recente, sta terrorizzando Parigi. Mi rincresce di avervi recato danno, e farò quanto in mio potere per assicurarmi che vi ristabiliate. Ma voi, dal canto vostro, avreste dovuto fermarvi quando vi ho intimato di farlo.”
“Capisco.” L’uomo annuì. Il suo volto era piuttosto pallido e notai che premeva sempre più forte la mano sulla ferita.
“Vi sono obbligata, signore. Avete le mie scuse.” Mormorò Oscar, nonostante tutto, piuttosto rincresciuta per l’incidente.
In quel momento, il volto dell’uomo assunse un’espressione incuriosita.
Obbligata? Siete dunque una donna?”
Oscar si mosse, piuttosto a disagio dalla scintilla che improvvisamente aveva preso a brillare nello sguardo dell’italiano.
Uno sguardo che non mi piacque per niente.
“Sono il capitano delle guardie reali, Oscar François de Jarjayes, e sì, sono una donna, anche se la cosa non deve avere rilevanza alcuna, per voi.” Oscar si schiarì la voce, levando un sopracciglio.
 “E voi? Chi siete voi?”
L’italiano si mosse a fatica, togliendosi la mano dalla ferita e sollevando un lembo del suo mantello si esibì in una piccola riverenza, per quanto la posizione e il dolore glie lo permettessero. Quando sollevò il volto verso Oscar vidi che lo sguardo non aveva smesso di scintillargli, brillando di malizia.
“Giacomo Casanova, per servirvi, Madame.”
Esordì, prima di ruotare gli occhi all’indietro e cadere al suolo svenuto.

Nota dell’autore:
Lo so, lo so. Sono nuovamente qua…XD Chi ha seguito la ‘Villeggiatura’ saprà che avevo in mente un'altra storia, beh…eccola qua. Ora, prima di tutto, è doveroso per me fare un paio di premesse:
Giacomo Casanova. Semplicemente perché è un personaggio che, parlo per me, non si può non amare. E’ un uomo di cultura, intraprendente, ingegnoso, galante, fantasioso, pieno di energia, ma soprattutto, è un inguaribile ottimista, che supera ogni ostacolo con adattabilità e perseveranza. E' un uomo innamorato della vita, che non vuole lasciarsene scappare neppure un morso.
Si potrebbe obbiettare che era un maschilista e uno sciupa femmine, ma non è così. Giacomo ebbe decine e decine di donne, che amò tutte, tanto che alla fine della sua vita poteva ricordarne il nome e ogni particolare. Si intratteneva soprattutto con donne di cultura e non ha mai sedotto per il semplice gusto di farlo, per stilare liste. Questo semplicemente per spiegare che, all’interno di questa storia, il suo ruolo sarà soprattutto positivo, e spero di riuscire a rendere giustizia ad un personaggio tanto complesso^^
Seconda premessa: mi sono presa una grossa, grossa licenza poetica…e ho ringiovanito Casanova di una ventina d’anniXD Essendo nato nel 1725, all’epoca dei fatti doveva avere circa una sessantina d’anni. Troppo vecchio, tanto che, in ‘Storia della mia vita’, lui stesso afferma che verso i quarantasei aveva iniziato a sentirsi esausto. Senza contare che, sempre in quel periodo, aveva già lasciato Parigi per diventare il bibliotecario del castello di Dux, in Boemia, dove condusse il resto della sua vita.
Il mio Casanova, perciò, ha una quarantina d’anni…lasciatemela passare^^
Ultima cosa, il cappello spagnolo con la piuma bianca, che da il titolo alla storia, è il cappello che Giacomo indossava quando si esibì nella sua celebre fuga dal carcere dei piombi di Venezia, passando sul tetto del palazzo dei Dogi. Una visione che mi ha sempre affascinato...
Bene, detto questo, spero che chi vorrà seguire questa storia voglia anche lasciarmi il suo parere, in positivo e in negativo. Come sapete, i vostri commenti sono sempre importantissimi per me!
Un abbraccio!
  
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