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Autore: Silene Nocturna    10/04/2011    2 recensioni
Una storia –tipicamente studentesca- ancora una volta basata in parte tra i banchi di scuola. Amante del mistero quale sono, credo che anche questa prenderà una piega un po’ diversa dal solito, con i giusti scorci romantici che adoro. "Alexis, giovane studentessa, adolescente scalpitante, sognatrice nascosta si ritroverà catapultata in una curiosa quanto oscura vicenda che le permetterà finalmente di trovare la complicità tanto agognata da tutti... nella profondità di due occhi di ghiaccio, riuscirà ad ottenere qualcosa che solo lei sarà in grado di scorgere"
"...Trattengo il respiro mentre le sue dita sfiorano la pelle del mio collo e d’istinto cerco di allontanarmi leggermente, schiacciandomi più verso il sediolino. Inutile dire che ancora una volta annulla la distanza e prepotentemente continua ciò che aveva iniziato prima. Imita il folle gesto della stretta sul collo, poggiando i polpastrelli esattamente dove la volta precedente segni rossastri avevano solcato la mia pelle lattea. Nonostante la soggezione, la mia espressione è pur sempre arrabbiata, o quasi.
- Com’è che non ti sottrai e scappi come la volta scorsa?-
- Perché fai così?-
Ghigna sommessamente per poi avvicinarmi alle sue labbra, che sussurrano un: - Perché mi va.- Socchiudo le palpebre, mentre mantiene ancora la presa, non facendomi alcun male. – Smettila di recitare la parte della ragazza forte. Mi da i nervi.-"

[DALL'11° CAPITOLO DI DANNATO AMORE]
Non mi resta che augurarvi buona lettura.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Spero mi perdonerete per questo enorme ed ignominioso ritardo! Il fatto è che mi ritrovo ad aggiornare ben tre fanfic adesso, una come sempre originale, e una sul mitico mondo di Dragonball XD E credetemi, è davvero difficile… Tra impegni scolastici e fanfic sono riuscita a trovare il tempo per un piccolo capitolo di Dannato Amore di cui non sono neanche tanto soddisfatta, ma ammetto che questo serve più come intermezzo che altro.^^

Grazie di cuore a Gianno11, Giulz e Fiocco di Neve. Provvederò a rispondervi al più presto.

Buona lettura a tutti!

 

Cambiamenti

-Bene, bene, bene…-

Il clima dell’edificio non è come quelle centrali di polizia in cui servono ciambelle e interi contenitori di cola, in attesa che qualcuno sporga denuncia o si lamenti perché il vicino continua ad invadere il giardinetto di una proprietà privata; o ancora che si parli di un incidente d’auto.

L’ambiente in questione è grigio ed asettico, e le poche celle che ci sono non promettono nulla di buono. Chester è una cittadina tranquilla. Le persone che ci vivono sono serene e pacifiche; mi sono sempre chiesto se questo sia soltanto un aspetto ed ora ne ho la conferma. Rimango con lo sguardo fisso sulle sue pupille, e in qualche modo gioisco sadicamente al pensiero di trasmettergli tutta la repulsione che provo.

L’agente che mi tormenta dall’incidente accaduto a Boston girovaga nella stanza come se fosse pronto ad interrogare un serial killer. La cosa mi fa onore, sotto un certo aspetto. La consueta lampada fissa al centro della stanza mi ferisce gli occhi poiché va in contrasto con l’ambiente scuro e spoglio. Una sedia, un tavolo. Pareti. Nient’altro.

Comincio ad essere stufo di questi giochetti, ha intenzione di farmi finire dentro? Dovrei solo commettere il più grande crimine per passare il resto dei miei giorni come desidera, facendolo felice.

- Hai idea del modo in cui mi guardava quando ha perso l’utilizzo della gamba destra?-

Non distolgo lo sguardo dai suoi occhi, ed osservo ogni sua mossa tentando di carpire le intenzioni di quest’uomo. Allontanando la sedia dal tavolo grigio, si accomoda esattamente di fronte a me, come se si trattasse di un vero e proprio interrogatorio.

Le manette mi costringono ancora i polsi dietro la schiena, sistemati in modo tale da poggiare contro lo schienale ligneo di una sedia. Sospiro frustrato e tento di muoverle lievemente; sono gelide e trovandomi in una posizione scomoda credo fermamente che la circolazione cominci a risentirne.

- Hai idea del suo futuro, della sua vita distrutta da un moccioso come te?-

Mi affretto a voltare il capo in un’altra direzione, poco partecipe al discorso. Le parole pronunciate mi provocano un dolore all’altezza dello stomaco, e non perché abbia dei rimpianti o sensi di colpa per ciò che abbiamo fatto quella sera. Subito dopo è avvenuta la morte di mia madre. O almeno, quella che credevo fosse tale. Non mi rammarico per ciò che è accaduto a quel ragazzo, per come sono andate le cose, credo che la sorte peggiore sia capitata a me. Odio il vittimismo, odio anche l’atteggiamento che sta assumendo quest’individuo. La verità è che il colpo grosso l’ho ricevuto tornando a casa, scoprendo nella stanza dei miei genitori la madre di mio padre intenta ad occultare qualcosa. Non ho voluto lasciarle il tempo di distruggerla, ed anche lei si è dimostrata più che propensa a rivelarmi la verità. Ciò che recava in mano era una fotografia, una fotografia che ritraeva me in braccio ad una donna che non avevo mai visto prima. I lineamenti erano giovanili, sottili ed aggraziati. La scrutai dapprima non capendo, dopodiché non fu semplice per la nonna raccontarmi per filo e per segno come fossero andate le cose…

Litigai con mio padre, con Allyson, sputandogli in faccia tutta la verità. E poi, disgraziatamente, in un incidente morì. Morì prima che potessi dirgli di aver tenuto a lei come una madre, forse più di quella donna che se n’era andata per stupide ragioni.

In questo momento tirerei volentieri un pugno, fino a sporcarmi le mani di sangue sul volto arcigno di quest’essere che dal primo momento ha pensato alla sua situazione.

La Orange High School che frequentavo era uno strano istituto.

Mark Finnegan non faceva altro che farmi conoscere persone nuove, strane, ma che apparivano come miti scolastici. Lui si era creato la reputazione dell’anticonformista, io quella del cinico borioso. O almeno così continuava a strillarmi dietro qualche stupida ragazza con cui avevo avuto il piacere di trascorrere una notte. Facevo parte di un’elite, e questa stessa elite mi aveva messo nei guai.

Mark mi offrì l’opportunità di aprire i cancelli della scuola nel cuore della notte, accedendo così alla piscina e festeggiare l’arrivo delle stagioni più calde; una scusa per spassarsela e fumare un po’ di erba insieme.

Ero sul bordo della vasta, intento a mandar giù un martini offertomi da una ragazza bionda di cui non ricordo neanche il nome, quando il corpo a galla di un ragazzo estremamente fatto galleggiò sull’acqua, privo di sensi. I presenti cominciarono ad uscire velocemente dalla piscina; l’urlo di qualcuno aveva attirato il custode, e molti si erano dati alla fuga. Io e Mark ci tuffammo per recuperare lo sfortunato, ma una volta tentato di rianimarlo, il mio cosiddetto amico mi incitava di lasciarlo lì ed andarcene. Provo ancora pena di me stesso per quel stupido gesto. Più in là seppi che il ragazzo stava bene, ma durante la nostra fuga, Mark decise di incendiare uno dei laboratori di chimica, per sfregio ad un professore che minacciava di rimandarlo in qualche materia. Non so perché lo aiutai a dar fuoco a qualunque cosa di cartaceo ci fosse in quella stanza, fatto sta che l’incendio degenerò, e per paura che qualcuno scoprisse gli artefici, ci demmo alla fuga dalle finestre. Fu così che Mark perse la gamba, siccome fui io il primo ad uscire, mentre lui rimase incastrato, tutto il resto venne mangiato dalle fiamme.

Il poliziotto batte improvvisamente un pugno sul tavolo, afferrandomi per il bavero.

- Tu hai distrutto la vita di mio fratello.-

- Non è stata colpa mia.- Per la prima volta ascolto l’eco delle mie parole rimbombare per quelle spoglie mura.

- E allora di chi?! I soldi di tuo padre sono bastati a…-

- I soldi di mio padre non c’entrano nulla.- Lo interrompo mentre con un gesto brusco rilascia il colletto della giacca, facendomi riaccomodare sulla sedia.

- Il mondo va a rotoli perché persone come te, che dovrebbero marcire dietro le sbarre, sono in piena libertà. Hai fatto bene ad abbindolare una sciocca ragazzina, potrà esserti utile quando dovrai discolparti.-

Solo adesso ripenso al volto di Alexis… E deluso mi domando che cosa sia capitato a lei. Tornata a casa sicuramente avrà raccontato la faccenda ai genitori. Un po’ mi dispiace, sono persone a cui avrei voluto ispirare fiducia, mi hanno finalmente trattato come se il passato non fosse trascorso. Ma dopo ciò che è accaduto, credo che non ci sia altro futuro per me. Percepisco le palpebre pesanti, deve essere tardi, ma di mio padre ancora non c’è traccia. La telefonata concessa, ahimé, l’ho sprecata per rassicurare quella ragazzina. Sospiro ancora.

- Per quanto tempo ha intenzione di tenermi qui?-

Lo vedo alzarsi, storcere la bocca e poi uscire fuori dalla stanza irritato, sbattendosi la porta alle spalle. Almeno avrebbe potuto spegnere la luce.

***

Ho rimesso piede in casa completamente trafelata, spaventando non poco tutti i familiari riuniti nel salotto intorno al caminetto. Cercando di riempire i polmoni, ho adagiato entrambe le mani sulle ginocchia e con sguardo preoccupato, vedendo mamma e papà alzarsi dalla poltrona e raggiungermi, ho esternato ogni mia preoccupazione, tentando di spiegare il corso della serata. Sono venuta a conoscenza del fatto che i miei genitori sapevano la storia del passato di Caleb, e per tutto questo tempo non hanno fatto altro che lasciarla nel dimenticatoio… Adesso capisco perché Caleb prova piacere a stare insieme a loro. Abbasso lo sguardo dispiaciuta, in questo momento lui si trova in centrale da solo. Improvvisamente sento il telefono squillare. Mi precipito alla cornetta mentre mamma e papà sono intenti ad infilarsi i cappotti, decisi ad avvisare Rupert.

- Pronto?-

- Sei a casa allora. Meglio così-

Il cuore perde un battito, non sono mai stata più felice di sentire la sua voce.

- M-ma, tu! Caleb- dico presa dal panico.

- L’agente ti ha fatto qualche domanda?- chiede lui serio.

- No… Cosa c’entra questo?-

- Mi volevo solo assicurare che stessi bene. Non ho mai sentito parlare di un appuntamento simile a questo.-

Ridacchio nervosamente immaginando la sua smorfia di scherno. Vedo mamma farmi segno di sbrigarmi, mentre papà ha già messo in moto l’auto e nonna mi porge una sciarpa.

- Caleb, non muoverti di lì, stiamo arrivando!-

- Non vado da nessuna parte…- riaggancio rendendomi conto della stupidata appena detta e mi riverso in strada, andandomi a sedere sul sediolino anteriore.

Chiameremo il padre di Caleb dalla centrale.

Per fortuna il comando di polizia è collocato esattamente in centro, distante davvero poco dalla zona residenziale per fortuna. Mamma mormora qualche frase di apprensione dicendo che sarebbe stato meglio avvertir prima il signor Jones, ma allo stesso tempo rimane presa dalla convinzione di raggiungere al più presto la centrale e quindi concludere la serata nel migliore dei modi. Data l’ora tarda non ci mettiamo poi molto a sistemare l’auto; a quest’ora Chester non sembra così viva, tutt’altro. I luoghi di ritrovo sono per lo più la discoteca situata alle pendici della collina e il Pozzo dei Desideri, dove scorgo qualche figura nella neve che si destreggia lanciando mucchi soffici a tutto spiano. Mi chiedo che fine abbia fatto Ellie, domani non mancherò di metterla al corrente di tutta questa assurda faccenda.

Scendiamo dall’auto simultaneamente per salire a passi svelti tutti i grigi gradini dell’edificio del medesimo colore, adornato solo da una ghirlanda e dalla bandiera locale. Le porte nere sono l’ultima barriera, dopodiché all’interno si respira un’aria decisamente pesante, ma almeno si può dire di non essere nel bel mezzo di una tormenta. Papà resta all’esterno con il cellulare tra le mani, cercando di contattare il suo vecchio amico, mentre io e la mamma cominciamo a vagare alla ricerca di qualche forma di vita.

Come immaginavo, ritrovo la classica signora in carne che beve un contenitore di caffè e trangugia una ciambella piena di zucchero. Elizabeth le si avvicina decisa:

- Buonasera, mi scusi…- quella alza di poco lo sguardo scocciato su mia madre e con una mano posa la ciambella per afferrare il telefono schiacciando due o tre tasti.

- Sto cercando un ragazzo che è stato portato qui stasera, ci deve essere stato proprio un malinteso.-

- Sì. Cosa faccio? Va bene.- Mormora ancora quella maledetta donna non prestando attenzione ma rivolgendosi al suo misterioso interlocutore telefonico.

Vedo Elizabeth leggermente spazientita, con un gesto di stizza si sistema una ciocca ribelle e non posso fare a meno di pensare quanto le assomiglio certe volte. Incrocio le braccia al petto continuando a guardarmi intorno, l’ambiente è tutto grigio e le scrivanie sono stracolme di scartoffie di ogni genere, arricchite da alcuni computer e qualche oggetto personale. Più in là scorgo un ascensore circondato da una grata verdognola.

- L’agente Finnegan che si occupa di questo caso sta arrivando.- Sussulto non appena la signora nerboruta pronuncia quel viscido nome mentre Elizabeth inarca un sopracciglio ripetendolo.

- Caso? Mia figlia e il suo…- Ti prego non dirlo. -…il nostro vicino che si è trasferito da poco in città, hanno deciso di trascorrere la serata insieme e le assicuro che nessuno dei due ha commesso qualche crimine.-

- Mi risulta che il ragazzo portava una minorenne con sé a bordo, e il suo tasso alcolemico era elevato.-

- Non è vero!- Mi lascio scappare con troppa enfasi. Mamma e la poliziotta si voltano verso di me contemporaneamente, fortunatamente c’è papà a dissuaderle avendo varcato nello stesso istante le porte nere. Dopo aver salutato la signora grassa provvede a rivolgere la parola a mia madre, che lo mette al corrente di tutte queste stranezze.

- Ho fatto una telefonata al padre del ragazzo. Sarà qui a breve. Dove si trova adesso?-

- Lei è il Dottor Mayers, vero? Béh, mi creda se le dico che non è un piacere comunicarle che in questo momento Caleb Jones si trova…-

D’un tratto percepisco l’ascensore mettersi in moto e quindi rivelare dopo qualche secondo la presenza della persona al suo interno. Interrompendo la poliziotta sul concetto più importante che stava tentando di esprimere, muto la mia espressione in una maschera di astio e superiorità, mentre le porte si spalancano rivelando l’agente Finnegan. Capelli scomposti, cravatta disordinata e pantalone tirato fin sopra ai fianchi, lasciandogli la camicia in modo discinto. Mi sorride cordiale e non posso fare a meno di pensare quanto mi ripudi.

Porge la mano a mio padre, riservando solo un cenno di cortesia verso me ed Elizabeth.

- Dottor Mayers! Lei è famoso in questa zona, mi permetta di presentarmi: sono l’agente Gerald Finnegan e mi occupo del Dipartimento IX, che ha l’unico scopo di preservare l’igiene mentale ma la nostra branca di poliziotti si assicura più di tenere d’occhio i casi scolastici. Come ben sa, bullismo e violenza vanno di pari passo ed accomunano quasi tutti i giovani. Ho visto che lei ha una figlia, e se mi permette, non ho potuto fare a meno di intervenire. Sono stato trasferito da Boston. In cosa posso esserle utile?- Completa il suo discorso apparentemente preparato continuando a stringere la mano di mio padre con vigore ed un sinistro luccichio negli occhi.

- Piacere mio. Io credo che ci sia stato un malinteso.- Lo liquida papà cortesemente.

- Lei crede? Non capisco.- Ribadisce con fare sorpreso.

- Dove si trova Caleb Jones? Suo padre sta arrivando, ma abbiamo ricevuto una telefonata dal ragazzo e abbiamo ritenuto opportuno recarci qui. Era in macchina con mia figlia, non c’è stato eccessivo utilizzo di alcol, a quanto ho saputo.-

- Il test ha decretato il contrario, purtroppo.- Con un gesto della mano ci fa segno di accomodarci; mamma indispettita si accomoda afferrando il cellulare. Chiama la nonna e dice di non aspettarci sveglia. Sospetta anche lei che qui le cose andranno per le lunghe.

- Vogliate scusarmi solo un attimo. Telma, quando ricevi la mia telefonata fai accomodare i signori al piano sottostante.- Dopo si congeda velocemente per recarsi di nuovo nell’ascensore e sparire con un singolo rumore metallico.

***

Adesso sì che comincio a spazientirmi. E’ inutile tenermi ammanettato qui, e non capisco neanche il perché dell’assenza di mio padre. Ghigno sprezzante, da quando in qua me ne sorprendo e rammarico? Solo da quando ci siamo trasferiti in questo posto dimenticato da Dio ha cominciato ad essere più presente, ed intendo fisicamente. Gli impegni di lavoro ci sono, ma la piccola banca cittadina concede molte più libertà; alzo la testa avvertendo qualche ciocca attaccarsi alla fronte a causa della strana umidità presente qui sotto. Per non parlare del nervo che mi pulsa sulla tempia. Il silenzio è fin troppo opprimente e trovo subito una spiegazione a questo: le celle sono tutte vuote, fortunatamente. L’avevo detto fin da subito che questa fosse una cittadina troppo perbene.

Dei passi rimbombano nel corridoio che mi sta di fronte, oltre la porta in ferro. Mi sporgo verso il tavolo sperando che la persona che varcherà la porta sia qualcuno che non mi è ostile. E invece rimango deluso. Non è l’unico però ad avere cattive intenzioni qui dentro.

- Che cosa devo fare? Non ho alcun’accusa contro di te per il momento.- Varca ancora quella soglia lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia oltre il tavolo. Si massaggia gli occhi alzandosi le lenti da vista e poi torna a fissarmi come se avesse qualcosa in mente.

- Con tutto il rispetto, io credo che abbia passato la serata stavolta. Su, mi lasci andare adesso.- Altro che rispetto! Il tono utilizzato rasenta la derisione più totale.

- Hai il coraggio di ridere di me? Non provi rispetto né pietà. Tu sei pazzo!- Batte un pugno sulla superficie metallica.

- No, lei è un’idiota.- Rispondo sfidandolo. – E sa che le dico? Che non mi sento per niente colpevole per ciò che è successo. Se questo non le è chiaro è meglio che lo sappia. Ha deciso di non rendermi la vita facile? Io posso fare di peggio.-

- Stai parlando con un pubblico ufficiale!- Grida allo spasimo delle corde vocali mentre osservo le arterie sul collo farsi più evidenti. Rido ancora sadicamente.

Con irruenza avanza verso la mia postazione ed afferra un lembo della giacca per issarmi dalla sedia; il tempo di riconoscere le chiavi giuste in un mazzo davvero voluminoso e posso definirmi libero.

Mi ritrovo ad osservare due polsi arrossati ed indolenziti, almeno posso tirare un sospiro di sollievo ed aggiustarmi la sciarpa intorno al collo. L’agente mi guarda ancora con odio, dopodiché afferra il telefono affisso alla parete e pronuncia qualche breve frase che non mi prodigo di comprendere. L’osservo ancora dirigersi verso di me; eretto come sono lo supero di qualche centimetro. Non capisco che cosa abbia ancora intenzione di fare, comincio ad essere esasperato. Gli occhi mi bruciano data la tarda ora e l’ipermetropia di certo non migliora le cose.

- Mi sento in dovere di dirti che sarebbe sconveniente mostrare quei segni di costrizione. Dopotutto… A chi credi che darebbero ascolto, ad un pubblico ufficiale o ad un ragazzino con precedenti penali?-

Storco la bocca mentre un’idea folle di colpirlo mi balena nella mente.

La porta si spalanca velocemente e non ho neanche il tempo di replicare.

Riconosco a malapena la donna che varca la soglia, seguita da un uomo non molto alto e familiarizzo che si tratta forse dei signori Mayers. Mi aspettavo di tutto, la mia espressione deve essere leggermente sbalordita; quella ragazzina ha chiamato i rinforzi. Chissà perché sono qui.

***

Il corridoio è lugubre e puzza di chiuso, sarò anche una paurosa, ma ricorda molto l’atmosfera di un film horror… Con tutte queste luci fredde.

Papà avanza davanti alla fila, io sono in mezzo e mamma la chiude; percepisco qualche rumore proveniente dalla porta infondo e capisco che deve essere lì che si trova Caleb. Perché portarlo qui sotto? Tutto ciò per un po’ di birra, non avevo idea che si potesse finire dentro. La povera BMW giace sul ciglio della strada, abbandonata. Fortunatamente è stato così lesto da infilarmi il suo cellulare nella tasca del cappotto, solo quando la suoneria ha suonato una canzone assordate ho avuto il piacere di rendermi conto di quest’atto perfettamente calcolato. Nella macchina che mi ha portata fino a casa, sono riuscita a conversare con Heath e raccontargli per sommi capi la faccenda. Hanno raggiunto la BMW ma non ho idea di che cosa sia successo dopo.

Varchiamo la soglia in men che non si dica, ritrovandoci ad osservare un Caleb… stupito? Bèh, io l’avevo detto che sarei arrivata con la cavalleria. Chissà, questo viscidone avrà perfino avuto il tempo di giocare a psico-killer, e di certo dei due quello pazzo non è il ragazzo che mi sta di fronte, nonostante il suo sguardo abbia qualcosa di strano, che non riesco a comprendere con esattezza.

- Signori, siete riusciti a mettervi in contatto con il padre del ragazzo?- l’agente decide di interrompere quello strano silenzio dandogli una sonora pacca sulla spalla, gesto che non piace per nulla al mio coetaneo.

- A momenti sarà qui- pronuncia papà cordialmente mentre Elizabeth circondandogli le spalle con un braccio, conduce Caleb fuori dalla porta e quindi da quella specie di sotterraneo. Scommetto che quello di Hogwarts deve essere decisamente più accogliente e meno inquietante. Una volta fuori percepisco ancora quell’ambiguo pronunciare una frase che ha l’impressione d’essere di convenienza.

- Deve scusarmi, purtroppo sono costretto a rispettare la procedura…-

- Capisco perfettamente.- Lo liquida papà dirigendosi al piano superiore.

Ma voltandomi nella sua direzione per una frazione di secondo riesco ad osservare il repentino cambiamento accompagnato dal suo pugno contratto.

Ad accoglierci nell’angusta centrale troviamo il signor Jones intento a scambiare qualche parola insieme al padre di Ellie, lo sceriffo, decisamente dall’aspetto e i modi più bonari rispetto a quell’orrida signora grassa ed allo psico-killer che dietro di noi continua la sua scalata.

- Potevi almeno avvertirmi, ragazzo! Non è bello che sia il padre di chi è agli arresti a chiamarmi nel bel mezzo di una partita a poker.- Dice con voce tuonante, ma decisamente divertita il signor Wilson.

- La tua automobile era ferma, Caleb Jones?-

- Sì-

- Conferma, signorina Mayers?-

- Certo!-

- Finnegan, ti è balenato in testa che i ragazzi, decidendo di isolarsi, hanno avuto il tempo di bere una birra? E che il qui presente Caleb, non essendo uno sprovveduto, abbia deciso di sostare proprio per questo?-

- Ma…- Il tipo chiamato in causa ridacchia nervoso scusandosi per la propria “incompetenza”; non ha pensato di usare un simile termine, ha ovviamente allungato il brodo finendo col dire che la tarda ora ha contribuito a creare questi possibili disguidi… Ho voglia del mio letto.

Ci congediamo il più velocemente possibile, chi sollevato, chi astioso. Il signor Jones, dall’aspetto di un vecchio regnante fantasy, tiene il proprio rampollo sotto la sua ala protettrice e con sguardo severo ringrazia lo sceriffo riservando solo un cenno del capo all’agente novellino. Dal momento in cui l’ho visto non ho potuto fare a meno di notare l’austerità di quell’uomo, che ai miei occhi lo rende abbastanza affascinante. Mi concedo un sorriso per tali pensieri. Ho come l’impressione che Caleb rappresenti un leggendario Artù Pendragon!

In macchine separate abbiamo tempo di riflettere; sono di nuovo sola coi miei strani pensieri. Mamma e papà discutono su quanto sia tardi, sul fatto che tutto sia finito nel migliore dei modi e io taccio. Sono sul sedile posteriore ed ogni tanto lo sguardo vaga alla ricerca dell’auto dietro di noi, penso al mio primo appuntamento. Scendiamo ad appena venti passi di distanza. Abbiamo soltanto qualche minuto a disposizione, ma una volta rimasti soli nessuno ha il coraggio di esordire parola. Comincerei con un:

- Ehi, cosa si prova a stare in cella?- L’ho detto ad alta voce. Mi mordo la lingua. Mi sta guardando male. – Okay, scherzavo.-

- La prossima volta dirò “ehi, è lei la colpevole!”-

- Divertente-

- Tu di più.-

Abbasso lo sguardo dirigendomi titubante verso di lui.

- Non sapevo che altro dire, ribadisco che incuti soggezione!- Sogghigna. –Bè… L’agente ti ha fatto una sorta di interrogatorio?-

- Sì, curiosona- dice montando sul muretto. – Ma non mi aspettavo un pronto intervento simile-

- A me piace chiamarlo “cavalleria”-

- Adatto, direi. Adesso sono in debito con te-

Roteo gli occhi parandomi dinnanzi a lui.

- Posso chiederti di prostrarti?- Scherzo alludendo al suo orgoglio, mi ripaga sospirando e alzando ancora il capo verso la volta celeste brontola qualcosa di incomprensibile.

Comincia a far freddo e i minuti trascorsi stanno per decretare la fine del nostro appuntamento. Sarà stata un’impressione, ma dopo la faccenda in centrale si è comportato in modo più distaccato, come se prima non fosse successo nulla. Decido di dargli la buonanotte dopo aver pensato a mille modi in cui farlo. Un po’ insicura sventolo la mano quasi come se fossi ancora una bambina, ma prima di andare mi rendo conto di averlo sottovalutato.

- Te ne vai così?-

- Hai ragione. Ti auguro buonanotte- dirigo il passo verso la mia abitazione dandogli le spalle.

- Alexis- dice con tono canzonatorio, facendomi arrestare sul posto. Inutile dire che i passi percorsi erano soltanto due o tre. Col dito indice mi fa segno di avvicinarmi, ed è come se i miei sensi fossero inibiti. Non ci penso due volte a fare come dice e ad un passo dai suoi occhi chiari mi rendo conto di provare ancora imbarazzo a reggere uno sguardo simile. Prendendomi poi il mento tra due dita, percepisco lo stomaco fare una capriola, il cuore accelerare i suoi battiti. Sono quasi tentata di divincolarmi, e invece rimango lì, con le braccia penzoloni e le labbra schiuse, mentre il suo braccio mi circonda la vita con una presa salda. Attendo pochi istanti, ma Caleb continua ad osservare -con la sua tipica espressione indifferente- qualche piccolo particolare. Respiro ad un centimetro dalle sue labbra, premuta quasi contro il suo corpo e per questo colpita da quella strana sensazione di calore al bassoventre. Potevo aspettarmi un bacio passionale completato con uno schiaffo per il modo in cui cerca di approfittarsene, con prepotenza. E invece…

- Credo che per stasera possa bastare.-

E’ come se mi avessero buttato dell’acqua ghiacciata sulla testa. E non è finita qui…

- Ma sono in debito con te, se desideri ciò che è successo in auto non devi far altro che chiedere-

Anche se non è andata come avevo immaginato, lo schiaffo sono riuscita a riservarglielo ugualmente, ed anche per giusti motivi. Non è stato troppo forte, figuriamoci se per un piccolo gesto come questo il suo fisico allenato risenta le conseguenze.

- Senso dell’umorismo zero! E sei anche violenta- Esordisce trattenendomi ancora a sé con un braccio. Sono in procinto di divincolarmi ed andarmene, ma subito dopo, oltre le sue spalle, scorgo una lucente BMW parcheggiarsi poco distante dall’ingresso del vialetto di casa. Riconosco Heath scendere cautamente ed avvicinarsi circospetto a Caleb. Capisco le sue intenzioni quando passandogli un braccio intorno al collo, camuffa la voce tentando di mettergli paura. E ciò fa quasi ridere.

- Molesti le fanciulle ora?!-

- Ti sarei grato se mi togliessi le mani di dosso- Pronuncia infatti, lasciandomi andare e girando fulmineo il braccio dell’amico dietro la schiena.

Il rosso si lascia andare con una sonora risata mentre l’altro ragazzo, Daniel, ci raggiunge facendo una sorta di predica ai due.

- Te l’avevo detto di non farlo. Ti chiedo scusa Alexis, se abbiamo interrotto qualcosa- Dice affiancandomi esasperato, distaccandosi dai due compagni più rissosi.

- Dovresti vederci in classe!- Continua Heath rivolgendosi a me e cercando di liberarsi dalla presa di Caleb.

Trovo strano vederlo insieme a questi due ragazzi, senza inibizioni, alquanto spensierato ma dando sfogo comunque alle sue maniere non proprio gentili. I suoi modi di fare sono decisamente diversi e per mia fortuna posso dire che l’aspetto migliore del carattere di Caleb ho avuto il piacere di tenerlo per me. Poco a poco sto imparando a capire qualcosa in più sulla sua persona; anche vederlo così mi risulta nuovo.

- Non preoccuparti, avevi solo interrotto l’inizio di una battaglia- Risponde a Daniel cercando di liberare i polsi dalla stretta di Heath. I due ragazzi mi guardano stupiti. Incrocio le braccia indignata arrossendo un po’, borbottando qualche parola.

- E’ stato lui ad insultarmi, ed io l’ho colpito!-

- Colpito?- Domanda Daniel inarcando un sopracciglio.

- Uno schiaffo-

Heath si divincola finalmente mettendo fine a quell’assurdo scontro con un’altra risata, e stavolta anche Daniel non cerca di trattenersi, anche se il modo in cui dimostra la sua ilarità è ben diverso, celato da una mano avanti alla bocca. Potrebbe quasi somigliare ad un Lord.

Dopo veniamo a conoscenza del fatto che i due hanno compiuto una vera impresa per salvaguardare la BMW, togliendola dalla carreggiata di servizio. Sono tornati fino a Chester per ricevere le chiavi di scorta dal signor Jones, hanno consegnato il pik-up nelle mani del cugino di Heath che l’ha riportato a casa, nella loro villa –multiproprietà- soltanto dopo averli lasciati nel bel mezzo di Madison street, nel cuore della notte. Hanno cercato Caleb in lungo e in largo e infine hanno optato di riportarla direttamente al possessore.

- Porta anche la tua ragazza la prossima volta!-

- Dove?- Domando corrugando la fronte.

- A casa mia. E’ un privilegio che concedo a pochi, ma se prendi Caleb a schiaffi…- Scherza guadagnandosi un’occhiataccia che l’azzittisce subito.

Probabilmente ho sbagliato a giudicare male ogni membro della classe scelta; vedendoli così non sembrano gli snob che credevo, risultano perfino simpatici. Sbadiglio un po’.

- Stasera sono in debito con troppe persone!- dice Caleb affiancandomi.

- Perché non dici semplicemente “grazie”?- Osserva Daniel dubbioso. Un silenzio ci avvolge, rotto soltanto dal canto dei grilli.

- Okay, quanto volete?-

- Sei disposto a pagare piuttosto che dire un semplice “grazie”?- Domando ancor più sbalordita.

- Bene. E’ il momento di andare per noi, buonanotte ragazzi e non andateci troppo pesante. In tutti i sensi.-

Comincio a ricredermi su ciò che ho detto.

 

 

Eccoci alla fine del 13° capitolo (incredibile!) e spero davvero che gli errori siano pochi, che sia stato di vostro gradimento e che continuiate a seguirmi nonostante tutto^^

Importante: da adesso in avanti i capitoli saranno leggermente più corti, in modo tale da non togliere nulla ad altre mie fanfic, ma ahimé è difficile scrivere così tanto quando si ha poco tempo a disposizione. Di conseguenza gli aggiornamenti potrebbero essere più veloci; mi ritrovo a fare una domanda che leggo spesso XD Volete capitoli più lunghi aspettando più tempo o corti con aggiornamenti veloci?

Grazie per aver seguito ancora una volta Dannato Amore^^

Le vicende di Alexis si faranno man mano più complesse e dettagliate… Ringrazio infinitamente le TRENTA persone che hanno inserito la mia fanfic tra le seguite!!! 1 - AleAndDreams 2 - alina81 3 - antogirl97 4 - Barrowman 5 - BonnieMora 6 - bren 7 - Carocimi 8 - Carrie_brennan 9 - chicca923 10 - clarettina 11 - Desyree92 12 - FioccoDiNeve 13 - gianno11 14 - Giulz87 15 - In_my_heart 16 - kimberlina 17 - kitty0890 18 - Lady_Jessica Malfoy 19 - LauraG86 20 - Life_Love_Light 21 - LittleDia 22 - pinturicchia 23 - revy chan11 24 - romanticona2011 25 - Suncries 26 - Tennessee 27 - vampistrella 28 - Veronica91 29 - Yoursweetshadow 30 - _anda Grazie anche a chi ha inserito Dannato Amore tra le ricordate: AleAndDreams, nada650, saramontebianco E infine, le DODICI persone che hanno inserito la mia storia tra le preferite: 1 - AleAndDreams 2 - antogirl97 3 - Emmeti 4 - GiuxiDream 5 - Kikketta16 6 - LiAgIuZ 7 - LunaticMaki 8 - marytwilight27 9 - pirova 10 - robychan88 11 - smarty_05 12 - tj95p

Per il momento posso solo dirvi… alla prossima!

Nihila

   
 
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