Era di una bellezza che avviluppava a sé gli occhi, li violentava, vi scavava la sua immagine e rimaneva lì, irraggiungibile.
Frank voleva quella fottuta chitarra.
Ed era abbastanza sicuro che lei, mentre gli ammiccava accattivante da dietro la vetrina del negozio di musica, volesse lui.
Poi, come al solito, i suoi occhi trasognati si posarono sul cartellino del prezzo.
Troppi, troppi soldi.
Sospirò sconsolato, non l’avrebbe mai avuta, era inavvicinabile… A meno di spaccarsi la schiena con qualche lavoretto part-time, cosa che non gli andava minimamente.
-Hey, mi appanni il vetro della vetrina-.
Una voce familiare con una scherzosa punta di acidità lo scosse da quei sogni ad occhi aperti.
-Fenny!-, esclamò felice, girandosi verso la commessa del negozio che lo fissava con le chiavi in mano.
-Yo-, si limitò a rispondere lei, per poi inserire le chiavi nella toppa ed entrare.
Il ragazzo la seguì rapidamente e si appoggiò col gomito al bancone.
-Allora, novità dal mondo della gente responsabile e in affari?-, chiese con un sorrisetto.
L’altra ridacchiò tirandogli un gentile pugno sulla spalla.
-Una sì, scansafatiche-, rispose mentre sventolava il giornale del giorno –Forse ti ho trovato un lavoro-.
Frank mugugnò contrariato. Conosceva la ragazza dai tempi del liceo e lei era sempre stata quella responsabile e assennata dei due, quella che si preoccupava del futuro e che tentava di convincere anche lui a preoccuparsi.
Tuttavia ogni suo tentativo di inculcare un minimo di sale in zucca allo scapestrato compagno di classe era stato vano, anche se lei non si arrendeva.
-Ovviamente non comporta il minimo sforzo intellettivo o fisico, come si addice a un decelebrato come te-, continuò Fenny sarcastica.
-Oh, questo cambia tutto. Di che si tratta?-.
-Di fare da modello all’accademia di belle arti. Devi stare fermo e zitto, così non combini disastri-.
Il ragazzo ci rifletté per un attimo, forse non era il massimo e sarebbe stato remunerato assai poco ma dopotutto era meglio di niente… E la chitarra lo chiamava ancora con voce suadente dalla sua nicchia nel negozio di musica.
-...Ok, ci sto!-, esclamò con determinazione improvvisa.
-Così mi piaci, Frankie!-, ribatté la commessa, per poi dargli il giornale –Qui ci sono il numero di telefono e l’indirizzo del posto, vedi di darti una mossa-.
L’altro avvolse il suo corpicino esile in un abbraccio stritolante, al settimo cielo.
-Oh, come farei senza di te?-.
-Non faresti, dormiresti sotto i ponti-.
Ridacchiò e la lasciò andare, ormai abituato alle sue battutine caustiche, per poi precipitarsi fuori dal locale gridando un “grazie”.
Avrebbe avuto un lavoretto facile e poco impegnativo, avrebbe comprato quella chitarra.
Controllò
l’indirizzo dell’accademia scritto a chiare ed
eleganti lettere nere sul foglio di giornale e si accorse che era
abbastanza
vicino a casa sua, nello stesso quartiere.
Sorrise raggiante, non doveva neanche fare troppa strada.
Si diresse nella direzione indicata e in pochi minuti si
ritrovò davanti all’edifico, un sobrio complesso
di mattoni bruni che si apriva
su di un cortile vasto e ben curato, pieno di ragazzi che disegnavano o
chiacchieravano seduti su qualche panchina e sull’erba.
-Bel posticino qui-, commentò tra sé e
sé, per poi varcare
il cancello in ferro battuto ed entrare spedito nell’edificio.
Notò un gabbiotto e una donna con un paio di occhiali che
aveva un’aria molto professionale, quindi decise di chiedere
informazioni a
lei.
-Emh, mi scusi-, esordì per richiamare la sua attenzione
–Sono qui per il lavoro da modello nelle sessioni di disegno
dal vero, cosa
devo fare?-.
La segretaria parve illuminarsi a giorno, fissandolo come
fosse un santo a cui baciare i piedi scalzi e fece un sorriso
smagliante.
-Menomale che è arrivato qualcuno, quei poveri ragazzi non
sanno più chi ritrarre!-, esclamò, per poi uscire
dal gabbiotto e guidare un
alquanto confuso Frank lungo i corridoi chiari e tappezzati di quadri
sino a
un’aula piuttosto grande e illuminata dove alcuni ragazzi
stavano discutendo
seduti sui banchi con il professore che fissava le finestre afflitto.
-Prof, abbiamo un volontario!-, si annunciò febbrile la
donna, sospingendo Frank nella stanza.
-Davvero? Oh, che notizia meravigliosa-, rispose con voce
profonda e serafica l’uomo, mentre gli alunni osservavano
incuriositi il nuovo
arrivato.
-Emh, salve a tutti. Mi chiamo Frank Iero, piacere-, si
presentò lui con un sorriso abbozzato.
-Benvenuto, ragazzo. Prego, siediti pure su quella sedia e
rimani immobile. Ragazzi, a lavoro!-, comandò il docente.
Tutti obbedirono e l’aria si riempì
all’istante di fruscii
di fogli, punte di grafite che tracciavano linee dolci e precise sulla
carta e
gomme da cancellare che le annullavano in un attimo.
Frank si sentiva leggermente in soggezione, quell’ambiente
calmo e sereno gli sembrava quasi fuori dal mondo, lontano dai pub
chiassosi e
chiazzati di alcolici che frequentava lui. Si chiedeva poi se fosse
normale farlo lavorare così su due piedi, senza neanche un
colloquio di due parole.
Decise di far vagare lo sguardo per svagarsi un po’, giusto
qualche istante, ma mentre stava scrutando i vari alunni il suo sguardo
vacuo
incontrò quello incredibilmente concentrato di un ragazzo.
Due grandi iridi verdi erano fisse su di lui, concentrare a
cogliere ogni minimo dettaglio, ogni curva dei suoi lineamenti per
riportarla fedelmente sul foglio con un'altalenante danza del polso e
della mano, delle spalle che si incurvavano e alzavano a tratti.
Rimase folgorato dall’attenzione e dalla forza di quello
sguardo e per tutta la seduta lo sorresse incantato, stregato.
-Bene la lezione è terminata-.
La voce pacata del professore lo riportò bruscamente alla
realtà e gli occhi verdi fuggirono lontani dai suoi,
rivolsero la loro
attenzione agli oggetti da rimettere nello zaino.
Frank si alzò frastornato e fece per andare verso il
ragazzo, quando il vecchio insegnante gli si parò davanti.
-Volevo ringraziarla di cuore, i modelli scarseggiano in
questo periodo-, disse con voce quasi commossa, prendendogli le mani.
-Oh, eh?- balbettò lui –Ah, di nulla!-.
Dannazione, se ne stava andando.
-Per il pagamento si senta libero di riscuoterlo quando
vuole-, continuò l’altro, ma ormai Frank non lo
stava più ascoltando, aveva
borbottato un “certo, ovviamente” e si era
precipitato fuori alla ricerca dello
studente ma di lui nessuna traccia.
-Spero di rivederla ancora!-, sentì urlare la segretaria.
Le sorrise, sarebbe tornato.
Quel lavoro gli piaceva parecchio.
Yu's corner.
Salve,
gente! Eccomi di nuovo qui con la mia seconda fic sulla frerard, questa
volta un'AU.
Che dire, il primo capitolo è un po' corto ma
tenterò di
ampliare e rimediare con i prossimi, intanto perdonatemi...
Di solito scrivo one-shot, questa volta invece ho deciso di cimentarmi
in una long-fic, tanto per provare, e spero di riuscire a sviluppare
bene la trama.
Vorrei dedicare questa fiction alla mia Becky, santa e paziente, per
tutte le volte in cui il mio computer non mi fa postare nulla su Efp e
lei interviene gentilmente per aiutarmi e trarmi d'impaccio.
Concludendo, spero di avervi incuriositi almeno un po' e attendo
qualche recensione, positiva o negativa che sia.
Bye bye.