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Autore: Scaramouch_e    12/04/2011    1 recensioni
Da quel momento incominciammo a inventarci i nostri rispettivi ruoli: io del ‘padre’ medico buono, lei della ‘mamma’ simpatica casalinga e mio ‘figlio’ dello studente modello.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Coltri di Nuvole.

Disclaimer: i personaggi non mi appartengono, sono tutti della Meyer e di chi ne detiene i diritti.
Buona lettura!

Conobbi i Masen nel lontano 1916 in America. Il capofamiglia era un dottore come me si chiamava Robert Masen era un uomo corpulento dai capelli rossicci e gli occhi neri giovali e estremamente cortese, la moglie si chiamava Elizabeht Masen era una donna molto giovane dai grandi occhi azzurri e i capelli neri acconciati sempre alla moda; di professione faceva la ballerina era una donna socievole e pronta alla risata. Il figlio Edward era un ragazzo a dir poco perfetto sia sotto l‘aspetto fisico che morale: era un ragazzo coraggioso che voleva intraprendere la carriera militare.

Erano una famiglia a dir poco unita; vivevano nel rispetto di tutti ed erano molto devoti a Dio.
Con loro mi trovai subito bene e incominciai a frequentarli; per Edward, ragazzo di 15 anni, divenni quasi un precettore uno zio, uno di famiglia.
Nel 1918 ci furono crisi di spagnola in tutta l’america e anche la nostra cittadina venne colpita: morirono migliaia di persone e io non potei fare nulla per loro, vedevo davanti a me ogni giorno in ospedale morire amici e persone sconosciute e quando anche Robert morì credo che quasi me lo aspettassi e che sapessi quello che stava per succedere; sua moglie non resistette al dolore di rimanere sola e man mano che passavano i giorni si spense, non mangiava, diventava sempre più magra e fu costretta a rimanere a letto aiutata dai macchinari e da farmaci, quando mi venne a chiamare  sapevo già cosa voleva.
Pioveva quel pomeriggio arrivai di corsa a casa sua, e entrai velocemente in camera sua, non accorgendomi del prete fermo davanti nella stanza attigua a dove avevano messo la malata.
Lei si trovava a letto, stringeva la bibbia fra le mani e la sua magrezza e il suo invecchiamento mi colpì come non mai.
Mi avvicinai quando lei mi invitò non sorrise e parlò piano, ma per me fu come se avesse urlato: “Carlise, sto per morire. Sto per raggiungere mio marito, nonostante tutto, sono contenta di potermene andare. Carlise ascoltami; so cosa sei, non ti giudico, ma ti chiedo un favore: se mai mio figlio dovesse trovarsi in fin di vita come me adesso, ti prego fallo diventare come te non voglio che soffra, me lo prometti Carlise?” la sua confessione mi lasciò stupito: non sapevo come l’avesse scoperto, ma dopo un attimo di smarrimento totale compresi che non era quella questione che dovevo esaminare bensì cercare di rispondere alla sua domanda.
E poiché ero un vigliacco, egoista che voleva vedere per l’ultima volta il sorriso, della migliore amica che un vampiro o un umano potesse mai avere, annui lei sorrise un’ultima volta: il suo sorriso mi sembrò bellissimo, sembrò rifiorire di colpo e di colpo diventare la giovane donna ventitreenne che era stata con suo marito.
Il sorriso si spense, e io mi trovai di nuovo solo, quasi avessi fatto un salto dalla luce al buio, poi parlò: “Grazie Carlise. E ora vammi a chiamare Don Mattiahs.” annuii ancora stordito e andai via, non scordandomi però di avvertire il prete che la signora Mansen lo voleva.
Arrivai a casa, dopo un viaggio che mi parve duraturo e folle, e fissai la parete della mia stanza con la  speranza che nessuna disgrazia avvenisse al giovane Edward.
Ma ciò  non accadde e un mese dopo arrivò in ospedale colpito dalla spagnola fra tremori e colpi di tosse.
Proprio quando la sua vita stava per finire io lo feci diventare un’immortale: fu una trasformazione lenta e dolorosa come la mia nel 600 ma alla fine fu trasformato.
Quando capì cos’era divento, il mostro che l’avevo fatto diventare mi vomitò contro di tutto e poi se ne andò, ma ritornò dopo pochi giorni da me e vivemmo della mia esperienza medica, andandocene ben presto da New York: viaggiamo, visitammo posti nuovi e in due fu più facile sopravvivere, infatti anche se lui era ancora un neonato non manifestò mai più la voglia di andarsene, ci nutrivamo solo del sangue animale.
Anni più tardi  incontrammo nell’ospedale della capitale del Wisconsin la giovane Esme Evason che aveva tentato il suicidio: la curai dalle gravi ferite riportate e divenni il suo dottore di fiducia.
Piano piano si innamorò di me e io di lei e ben presto visto che non era una stupida, scoprì la mia natura e mi chiese di trasformala in quel mostro che ero per potermi stare accanto e poter essere una mamma per Edward che aveva conosciuto e che adorava.  
Così con Edward come testimone trasformai Esme in una vampira: con lei fu più semplice che con Edward, forse perché era stato lei a volerlo, oppure perché sapevo come fare.
Quello era l‘inizio della mia famiglia: ci scegliemmo un nuovo nome, fu Edward a proporci il cognome Cullen, io sposai Esme in un soleggiato pomeriggio d’inverno, e da quel momento incominciammo a inventarci i nostri rispettivi ruoli: io del ‘padre’ medico buono, lei della ‘mamma’ simpatica casalinga e mio ‘figlio’ dello studente modello.
Viaggiammo per non farci scoprire e per non farci vedere dal sole: sotto al sole la nostra pelle brillava come diamante, per cui preferivamo sempre le nuvole.
Anni dopo la trasformazione di mia moglie conobbi in ospedale Rosalie una donna bellissima che aveva subito una violenza da parte del suo fidanzato e da cinque uomini adulti.
La trasformai per il mio solito egoismo, perché non volevo che si sciupasse nella vecchia e per trovare una compagnia a Edward: avevo visto in lei una compagnia veramente stupenda per il mio ragazzo, tutte e due bellissimi e intelligenti, ma se avessi potuto immaginare quello che fece dopo non lo avrei mai fatto: si vendicò del suo fidanzato e dei suoi amici uccidendoli tutti fino alla fine.
Le insegnammo che vendicarsi non sarebbe servito a nulla, le insegnammo a bere del sangue animale e lei, che in parte aveva bevuto il sangue umano, tardò un po’ a capire e accettare le ragioni del perché il sangue umano non fosse il nostro nutrimento, ma lei capì e accetto le nostre condizioni, però mi ero sbagliato: non era la donna giusta per Edward e lui non la amò mai se non come sorella; Rosalie non prese il nostro cognome perché si voleva sentire indipendente e si chiamò Hale come la sua migliore amica Vera e per viaggiare con noi si finse una nostra lontana parente.
Si innamorò perdutamente di un umano salvandolo da un orso nelle foreste del Tennessee, il suo nome era Emmet Mcarty e mi chiese di trasformalo visto che lei era troppo debole.
 All’inizio mi opposi con tutte le mie forze, ma poi accettai vedendo lo sguardo ferito di Rosalie e di Emmet e i miei canini si chiusero sulla sua gola rendendolo come noi, solo con più forza; lui non se ne andò mai, accettò subito la dieta che avevo svolto per i miei famigliari e stette sempre con Rose credendola un angelo.
Poi perdetti un ‘figlio‘ Edward, infatti pochi anni dopo, ci lasciò perché mal digeriva la nostra dieta. Incominciò ad uccidere assassini e stupratori poteva trovare questi esseri abbietti grazie al suo potere di  leggergli la mente; la polizia chiamò questo nuovo serial killer ‘l’angelo vendicatore’, e la nostra famiglia cominciò a spostarsi secondo la sua scia, così ci trovammo vicino allo cittadina di Forks, dominata dai Lincantropi.
Quando due anni dopo Edward ritornò da noi la nostra famiglia fu felice di riaverlo a casa, abbandonò per sempre i costumi sanguinari per quelli vegetariani che avevo imposto alla mia ‘famiglia’.
Nei primi anni cinquanta vennero a stare con noi due vampiri molto speciali: Alice Brandon e Jasper Wilcoth ognuno dei due con poteri speciali: Alice vedeva nel futuro e Jasper poteva trasformare le emozioni secondo il suo umore, ma non fu un periodo facile: Jasper era ‘nato’ da una vampira sanguinolenta con cui aveva formato un esercito di neonati che aveva devastato l’intera cittadina per fortuna dopo un periodo buio la sete di sangue umano, grazie anche all’aiuto di Alice, passò in Jasper e potemmo entrare a far parte delle 3.120 anime che si erano stabilite a  Forks, pervio un patto coi nostri nemici naturali; i licantropi: infatti noi ci saremmo trasferiti lì vicino e non avremmo morso nessun umano, e loro ci avrebbero lasciato vivere in pace.
Così è stato, noi adesso viviamo in una casa vicino al bosco, l’unico posto che ci permette di farci vedere per quello siamo.
I miei ‘figli’ sono studenti di liceo, io sono un dottore e mia ‘moglie’ è una casalinga.
Mi dice Edward che ci invidiano per le nostre macchine e i nostri soldi, ma per me non ci invidierebbero più se sapessero quelli che siamo: siamo dei mostri, dei succiasangue e farebbero bene a starci lontano.
Ma nonosntante tutto e tutti noi continuiamo a stare uniti sotto questa coltre di nuvole.

Fine.

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Per favore, non tiratemi addosso i pomodori, lo so che fa schifo questa shot. Una premessa: io non amo Twilight, ma mi ha sempre incuriosito la figura di Carlise e così eccomi qui; ancora: lo so che la famiglia di Edward era già 'sfasciata', ma concedetemi questa licenza poetica ^.^!
Un bacione a tutti coloro che passeranno di qui <3!
 





























   
 
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