Nickname: June_
Titolo: Scherzo del
Destino.
Pacchetto: 7. Destino.
Citazione(se presente): “Come fai a dire che ami una persona, quando
al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le
incontrassi?
Genere: Drammatico,
Romantico, Triste.
Avvertimenti: Flash Fic, Spoiler!.
Rating: Verde.
Personaggio/i: Severus
Piton, Lord Voldemort, Lily Evans.
Introduzione: «Ma chi si crede di essere?! Trattarti così,
poi!» sbraitò Lei, addolcendo un po’ lo sguardo quando i suoi occhi verdi si
posarono su di me. Mi sorrise, e da quel momento seppi che per quel sorriso
avrei fatto di tutto, avrei dato tutto pur di vederla sorridere.
Eventuali NdA: Questa fan
fiction partecipa al concorso “L’ultimo pensiero…” indetto da Freddy16 sul
forum di EFP. I pezzi della morte di Severus sono ovviamente presi dal libro,
io ho provato ad aggiungere quelli che, secondo me, erano i suoi pensieri.
Scherzo del Destino.
La battaglia imperversava,
riempiendo Hogwarts di buio e paura. Era difficile credere che quella fosse la
stessa Hogwarts di vent’anni prima, quando c’era ancora lei, quando c’erano ancora loro.
Sentii i botti e le urla delle persone, giovani e vecchi, uomini e donne. Il
ragazzo non si vedeva, forse aveva capito il segreto di Voldemort. Sapevo che
era lì, ne ero certo. Non avrebbe abbandonato i compagni in quel momento, per
quanto potesse essere arrogante e pieno di sé non lo avrebbe fatto.
Percepii il Marchio Nero
bruciare, e la pelle chiara tendersi sotto esso; ero conscio da molto del fatto
che ormai quel momento sarebbe arrivato, anche se volevo poterlo rimandare il
più possibile. Ma l’avevo promesso a Silente, avevo assicurato di salvare il
figlio di Lily, e lei se lo meritava. Lo feci per lei, per il mio amore per
lei. Forse è stato solo uno scherzo del destino,
la nostra amicizia. Evidentemente doveva andare così, per quanto possa fare
male, anche dopo tutto questo tempo. Credo sia stato il suo ricordo a tenermi
su, senza sarai affondato, probabilmente.
Le mie gambe si mossero, e
quasi non me ne accorsi finché non mi ritrovai davanti al Platano Picchiatore.
Quel posto mi aveva sempre
messo inquietudine; forse perché è lì che ho rischiato di morire, o peggio: di
diventare un ibrido, oltre che Mezzosangue. Forse perché è lì che James Potter
mi ha salvato la vita, per salvare se stesso e i suoi amici. E, per un’assurda
scelta del fato, è lì che sarei
morto, perché ormai ne ero praticamente certo. Sapevo che sarebbe successo,
Lord Voldemort non era così stupido, e, anche se non ha mai creduto o ceduto
all’Amore, lo avrà capito. O almeno, così credevo io.
Non sempre quello che pensiamo sia
ovvio finisce con l’esserlo veramente. Alla fine l’uomo più intelligente può
non capire la cosa più ovvia di tutte, pensando sia troppo comune, o, per
l’appunto, ovvia.
Presi la bacchetta da
sotto il mantello nero che mi svolazzava attorno alle gambe e la puntai su un
ramo caduto a pochi metri da me. «Wingardium
Leviosa.» mormorai a bassa voce, cosicché nessuno mi sentisse. Il bastone
si alzò da terra, e, sotto il comando della mia bacchetta, andò a premere il
grosso nodo sulla base del Platano Picchiatore, che smise di sbattere i suoi
possenti rami per aria, permettendomi di scendere per il passaggio che portava
alla Stamberga Strillante.
Sentii un brivido
risalirmi rapido la spina dorsale, e uno strano senso di freddo mi pervase.
Mi abbassai un po’ per
passare meglio per il contorto passaggio sotterraneo, iniziando a camminare nel
buio del cunicolo. Arrivai in una stanza sporca, e vidi Nagini muoversi come
una biscia sott’acqua, dentro una bolla luminosa che la teneva al sicuro,
sospesa a mezz’aria. C’è un tavolo al centro della stanza, dietro al quale era
seduto Voldemort, intento a giocherellare con la bacchetta di Sambuco.
«…mio Signore, la
resistenza sta crollando…» dissi, con il capo chino, guardando la polvere sul
pavimento alzarsi e riabbassarsi dopo ogni mio passo.
Avevo paura, non sarei
tornato indietro, non avrei più rivisto niente di Hogwarts, la mia casa.
«…e il tuo aiuto non serve»
ribatté Voldemort con la voce nitida e acuta. «Per quanto tu sia un abile mago,
Piton, non credo che tu possa fare molta
differenza, ormai. Ci siamo quasi… quasi.»
Ma Potter non sapeva
niente… non potevo permetterlo.
«Lasciatemi cercare il
ragazzo.» lui deve sapere, deve sapere
quello che Silente voleva sapesse, aggiunsi mentalmente. «Consentitemi di
portarvi Potter. So che posso trovarlo, mio Signore. Vi prego» passo davanti a
una fessura e sento qualcosa muoversi dietro, ma non ci faccio caso. Devo
ucciderla, devo uccidere Nagini. Devo facilitare il compito a Potter, per
questa volta; ma non potevo osare, perché se avessi fallito mi avrebbe scoperto.
Voldemort si alzò e iniziò
a camminare per la stanza, lanciando qualche occhiata a me o al serpente nella
bolla.
«Ho un problema, Severus.»
mormorò, guardandomi con i suoi occhi rossi.
«Mio Signore?»
Lui prense la bacchetta di
Sambuco tra le mani e me la mostrò.
Capii dove voleva
arrivare, ma in quel momento era meglio fare finta di niente…
«Perché con me non
funziona, Severus?»
Calò un silenzio freddo, pieno
di aspettative che non si mostrarono. Sentii il sibilio di Nagini dalla bolla
in cui era chiusa.
«Mio… mio Signore»
mormorai, cercando di nascondere tutto, di nascondere tutto quello che provavo,
tutti i sentimenti. «Non capisco. Voi… avete compiuto magie straordinarie con
quella bacchetta.»
Sapevo che non era vero,
lui non era il vero possessore di quella bacchetta… E lo sapeva anche lui...
«No.» obiettò Lui
tranquillamente. «Ho compiuto le mie magie consuete. Io sono straordinario, ma
questa bacchetta… no. Non ha mostrato le meraviglie che prometteva. Non avverto
alcuna differenza tra questa bacchetta e quella che mi procurai da Olivander
tanti anni fa. Nessuna differenza.»
Rimasi zitto, come sempre
nella mia vita. Sapevo che non dovevo ribattere, Lui non voleva, la sua domanda
era retorica.
Che cosa potevo fare?
Dovevo difendere Potter ad ogni costo, l’avevo giurato, ma come potevo adempiere
al mio compito se quella era la mia fine? Perché
era la mia fine, lo sapevo.
È tutta colpa mia, Lily.
Sono io che ho messo la parola
‘Morte’ accanto al tuo nome prima del necessario.
Eri un fiore, eri il mio fiore, e io
ti ho calpestato senza ritegno, Lily.
Non sarei uscito da lì, e
l’unica cosa che volevo era rivedere quegli occhi verdi che il destino mi aveva portato via come se
nulla fosse.
Non era la prima volta che le osservavo giocare in
quel parchetto babbano vicino casa, ma ogni volta era come la prima. Sapevo che
quella bambina dai capelli rossi era una strega, aveva qualcosa di magico e
dolce. Già solo gli occhi avevano qualcosa di magico. Non ne avevo mai visti
altri simili, erano unici nel loro genere. Verdi speranza credevo allora, ora
direi anche Verde Invidia, ma questa è un’altra storia.
«Lily, non farlo!» strillò la ragazza dai capelli
castani e la faccia cavallina.
Solo allora mi accorsi che la bambina dai capelli
rossi aveva preso a dondolare sempre più in alto, molto più della sorella, ed
era arrivata al punto più alto e si lanciò verso il cielo ridendo, iniziando a
librarsi in aria come una bella ballerina, finendo con l’atterrare leggera come
una piuma.
«La mamma ti ha detto di non farlo!» disse la più
grande, alzandosi in piedi con le mani sui fianchi e un cipiglio severo dipinto
sul viso.
«Ma non mi sono fatta niente» ribatté Lily ridendo.
«Tunia, guarda. Guarda cosa so fare.» raccolse un fiore vicino al cespuglio
dove mi nascondevo per guardarle e tese il palmo della mano verso la sorella,
che la guardava curiosa e disapprovante. Il fiore iniziò ad aprire e chiudere i
suoi petali come un’ostrica a valvole.
Quel giorno ne ebbi la conferma: Lily Evans era una
strega.
Quel giorno iniziò la nostra amicizia, amicizia poi
distrutta dal destino, che si
divertì a prendersi gioco di me e del mio cuore.*
Voldemort iniziò a
camminare per la stanza.
«Ho riflettuto a lungo e a
fondo, Severus… sai perché ti ho richiamato dalla battaglia?»
Lo ascoltavo, ma il mio
sguardo era fisso sul serpente che si contorceva nella sfera luminosa sopra di
noi. Mi sentivo osservato, non sapevo perché, ma avevo questa assurda
sensazione. Eppure c’eravamo solo noi in quella stanza…
«No, mio Signore, ma vi
supplico di lasciarmi tornare laggiù. Permettetemi di trovare Potter.»
«Parli come Lucius.
Nessuno di voi capisce Potter quanto me. Non serve cercarlo. Potter verrà da
me. Conosco la sua debolezza, vedi, il suo grande difetto. Non sopporterà di
vedere gli altri cadere attorno a lui, sapendo di esserne la causa. Vorrà porvi
fine a ogni costo. Verrà.» disse, freddo, continuando a giocare con la
bacchetta e a camminare.
«Ma, mio Signore, potrebbe
venire ucciso per errore da qualcun altro…» provai io, cercando di risultare
convincente.
Lui non doveva morire, non
in quel momento. Lui doveva batterlo e rivendicare Lily, doveva farlo. Io avevo
messo a repentaglio la mia vita per salvare la sua. Lui doveva farlo. Lui
poteva farlo. Lui voleva farlo, lo sapevo.
«Ho dato istruzioni molto
precise ai miei Mangiamorte. Catturare Potter. Uccidere i suoi amici – più ne abbattono,
meglio è – ma non lui.» dice, scocciato e crudele. «Ma è di te che desideravo
parlare, Severus, non di Harry Potter. Mi sei stato molto prezioso. Molto
prezioso.»
«Il mio Signore sa che io
desidero solo servirlo.» riprovo, schifandomi di me stesso e della mia falsità,
ma in quel momento era necessario, lo sapevo bene. «Ma lasciatemi andare a
cercare il ragazzo. Lasciate che ve lo porti. So che posso…»
«Ho detto di no!» sbottò
il Signore Oscuro, guardandomi con una luce maligna negli occhi. «La mia
preoccupazione al momento, Severus, è cosa accadrà quando finalmente incontrerò
il ragazzo!»
Spero ti uccida.
«Mio Signore, non ci può
essere questione...»
Sarà Lily? Sarà Lily, la
questione? Sarà il suo amore per il figlio?, per il marito?, per l’amore, in
generale?
«… ma una questione c’è,
Severus. C’è.» continuò lui, annoiato, facendo scivolare la bacchetta tra le
dita. «Perché entrambe le bacchette che ho usato hanno fallito quando le ho
puntate contro Harry Potter?»
«Io…» non sapevo che
rispondere, ero terrorizzato, in un certo senso. «io non sono in grado di
rispondere, mio Signore.»
«Non sei in grado?» chiese
ancora lui, fissandomi con i suoi occhi vermigli e innaturali.
«La mia bacchetta di tasso
ha sempre fatto tutto quello che le ho chiesto, Severus, tranne uccidere Harry
Potter. Due volte ho fallito. Sotto tortura, Olivander mi ha parlato dei nuclei
gemelli, mi ha detto di cercarne un’altra. L’ho fatto, ma quando la bacchetta
di Lucius ha incrociato quella di Potter si è spezzata.»
Proprio come tu hai spezzato la mia
Lily, bastardo.
«Io… non so spiegarlo, mio
Signore.»
Continuavo a fissare quel
serpente contorcersi dentro quella bolla sicura. Ma non vedevo solo il
serpente, no. Rivivevo, attimo per attimo, tutta la mia vita. La mia vita con Lily.
Lily sbatté forte la porta dello scompartimento,
rabbiosa.
Non l’avevo mai vista così. James Potter l’aveva
davvero fatta infuriare, e, conoscendo Lily, la rossa gliel’avrebbe fatta
pagare.
«Ma chi si crede di essere?! Trattarti così, poi!»
sbraitò Lei, addolcendo un po’ lo sguardo quando i suoi occhi verdi si posarono
su di me. Mi sorrise, e da quel momento seppi che per quel sorriso avrei fatto
di tutto, avrei dato tutto pur di vederla sorridere.
«Ho cercato una terza
bacchetta, Severus. La Bacchetta di Sambuco, la Bacchetta del Destino,»
rabbrividii appena quando disse quella parola che per alcuni versi
rappresentava il tutto, per me. «la Stecca della Morte. L’ho presa dalla tomba
del suo precedente proprietario. L’ho presa dalla tomba di Silente.»
L’immagine di Voldemort
che profanava la tomba di quell’uomo che mi aveva dato fiducia quando altri non
me l’avevano data mi si parò davanti al viso, e chiusi gli occhi, cercando la
calma per non dirgli tutto quello che pensavo di lui.
«Mio Signore… lasciatemi
andare dal ragazzo…» mormorai, inutilmente.
«Per tutta questa notte,
vicino ormai alla vittoria, sono rimasto qui a riflettere, a chiedermi perché
la Bacchetta di Sambuco si rifiuta di essere ciò che dovrebbe, di comportasi
come la leggenda dice che deve fare nella mani del suo legittimo proprietario…
e credo di avere la risposta.»
Non parlai, come al solito
stetti zitto. Le mani mi tremavano freneticamente, cercavo una via di fuga, ma
non ce n’erano. Eravamo solo noi lì, in quella stanza: io, Voldemort e la
Morte.
Solo un’altra cosa c’era:
il ricordo di Lei.
«Sev, sai che non sei obbligato a girare con
quelli…» mormorò una ragazza di tredici anni dai capelli rossi all’amico,
accennando a due ragazzi con la divisa di Serpeverde addosso.
«Sono miei amici, Lily.» ribattei, guardandola
stranito. «Che hanno di sbagliato?»
«Sono malvagi, Sev, usano la magia nera!»
«E Potter e i suoi amici? Nemmeno loro sono dei
santi!» dissi di rimando, arrabbiato e scocciato.
Lei sgranò gli occhi, sorpresa e confusa. «Che c’entrano
Potter e i suoi amichetti ora? E comunque loro non usano la magia oscura.»
«Non sono meglio dei miei amici.» continuai, sempre
più infervorato.
«Tu li consideri amici, quelli?» chiese lei, a
bassa voce, così bassa che feci fatica a sentirla.
«Cosa sennò? Loro sono miei amici, Lily, proprio
come te.» mi pentii subito di quelle parole dette di getto, dopo aver visto il
lampo di delusione passare per quegli occhi tanto belli. «No… non volevo dire
quello. Tu sei- tu sei più importante.»
«Certo, Piton.» replicò lei freddamente. «Vai dai
tuoi amici, vai!»
«Ma… Lily…»
«Vai ho detto! Vattene!»
«Forse la conosci già? Sei
un uomo intelligente, dopotutto, Severus. Sei stato un servitore bravo e
fedele,» mi trattenni dallo scoppiargli a ridere in faccia, quando pronunciò
quelle parole. Lui non sapeva, non immaginava, a quanto sembrava. «e mi dolgo
di ciò che deve accadere.»
«Mio Signore…»
«La Bacchetta di Sambuco
non può servirmi in modo adeguato, Severus, perché non sono io il suo vero
padrone. La Bacchetta di Sambuco appartiene al mago che ha ucciso il suo ultimo
proprietario. Tu hai ucciso Albus Silente. Finché tu vivi, Severus, la
Bacchetta di Sambuco non può essere davvero mia.»
La verità delle sue parole
mi colpì piano e crudelmente, squarciandomi dentro. Eppure, da come aveva
espresso quelle parole, la mia mente si collegò a Lei…
Ero seduto sotto un grande faggio, vicino al Lago
Nero, e leggevo uno di quei pesanti libri presi in prestito dalla biblioteca.
Era l’anno dei MAGO, e la tensione per me era alle
stelle, come per la maggior parte del settimo. Ma c’era lo stesso qualcuno che,
tra lo studio e tutto, riusciva anche a divertirsi.
Sentii una risata, quella risata,
e il suo eco prese a rimbombarmi in testa.
Mi girai verso il punto da cui proveniva quella risata,
e quello che vidi bastò a guastarmi la giornata, la giornata che si sarebbe poi
trasformata nella mia vita futura.
C’era Lily, appoggiata al muro, sorridente, con una
mano poggiata sulla spalla di un ragazzo che mi dava le spalle che invece aveva
le mani attaccate al muro, accanto alla testa di Lei.
La guardavo ridere, buttare avanti la testa e
coprirsi il viso con i capelli cercando di nascondere il rossore che le
imporporava le guance.
Non c’era nessun’altro in cortile quel giorno, a
parte me e loro.
Non ero lontano da loro, sentivo le loro voci, ma
loro non mi avevano visto.
«Eddai, Lils! Lo so che ti va!» la voce di Potter
mi mandò in bestia, ma cercai in tutti i modi di calmarmi, non dovevo farmi
scoprire.
«Chi ti dice che voglia? Non dare tutto per
scontato, James.» ribatté lei, divertita.
James? Da quando era James? Lui
era Potter, solo Potter.
«Beh, da quello che è successo non pensavo non
volessi…» rise il ragazzo, facendosi più vicino.
Avevo lasciato perdere il libro, che ora giaceva
accanto a me, spiegazzato.
«Successo? Che è successo?» chiese Lily,
ingenuamente. Faceva la finta tonta, lo conoscevo bene quel tono. Si divertiva
a fare così…
«Oh, lo sai, Lils.»
«No, invece.» «»ripeté lei, sorridendo.
«Mi hai baciato. Quindi, Lily, verresti ad
Hogsmeade con me sabato?»
Mi cadde il mondo addosso. Lily, la mia Lily
aveva baciato James Potter.
Mi sporsi un po’ di più, il sorriso di Lily era
limpido e puro come sempre. Mi bastò vedere i suoi occhi verdi, per vedere la
mia fine sul suo viso. La nostra amicizia, ormai roba vecchia, che si
disperdeva nell’aria, nel vento, venendomi contro.
«Certo che ci vengo.»
«Grandioso…» mormorò Potter, avvicinandosi e
chinando il capo per posare le sue labbra su quelle di Lily, che ricambiarono e
non si tirarono indietro.
Ricordo, sono morto in un momento.**
«Mio Signore!» protestai,
alzando la mia bacchetta, anche se sapevo di non avere speranze contro di lui.
«Non può essere altrimenti»
concluse lui. «Devo dominare la Bacchetta, Severus. Se domino la Bacchetta,
finalmente dominerò Potter.»
Ed è proprio per questo che non voglio! Non lui,
non i suoi occhi…
La Bacchetta di Sambuco si
mosse veloce nell’aria, e la bolla di Nagini mi rotolò incontro, catturandomi
la testa e le spalle.
Iniziai a sudare freddo, e
la verità mi piombò addosso. Potter non sapeva ancora nulla…
Potter… L’uomo che la mia
Lily aveva amato… Potter, sempre Potter…
«Uccidi.»
Urlai, il mio viso perse
quel poco calore che aveva, i miei occhi si dilatavano mentre il serpente
affondava sempre più i denti nel mio collo. Le ginocchia cedettero, e caddi a
terra.
«Mi spiace.» commentò
Voldemort, gelido. Non c’era rimorso in lui, non c’era colpa, non c’era niente.
Sentii i denti di Nagini
sfilarsi dal mio collo lentamente, e lasciarmi lì, morente, sul pavimento
freddo.
Dei passi attutiti mi
sorpresero leggermente, mentre sentivo i sensi intorpidirsi fino a scomparire.
Il volto di James Potter
mi comparve davanti, e temetti si trattasse di un incubo… non lui. Ma poi posai
lo sguardo sugli occhi, quegli occhi così verdi e veri. Così belli e sinceri,
che io avevo distrutto.
Strinsi la mano sui suoi
vestiti, per non farli andare via. Non potevo perderli ancora…
Cercai di parlare, ma non
uscì niente dalla mia bocca se non un orribile gorgoglio.
«Prendi… Prendi…»
Qualcosa di argenteo
usciva da me. Non era liquido, non era gassoso. Usciva dalla mia bocca, dai
miei occhi, dalle mie orecchie. Evidentemente Harry Potter capì cos’era, perché
lo rinchiuse in un’ampolla trasparente.
La presa sui vestiti di
Potter si allentò, mentre gli ultimi ricordi affioravano.
«Guar…da…mi» sussurrai.
Incontrai quegli occhi
verdi per un’ultima volta, la mia mano crollò a terra, e i miei occhi si
spensero dell’unica cosa che vi fosse rimasta, lasciandoli completamente vuoti.
«Lo ami?» domandai, fissandola, con gli occhi
vuoti.
«Co- come scusa?»
«Lo ami?, ami Potter?»
Lily boccheggiò un attimo, prima di riprendersi. «Sì, lo amo.»
«Bene. Sono felice per voi, e spero che anche voi
lo siate, assieme. Addio Lily, stammi bene.» ribattei, prima di girarmi e
ritornare sui miei passi, verso la Sala Comune dei Serpeverde, cercando di
reprimere il dolore.
“Come fai a dire che ami una persona, quando al
mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le
incontrassi?
Il fatto è che non le incontri.”
E io non ho mai incontrato persona
migliore di te, Lily, amore mio.
* è un pezzo tratto da "Harry Potter e i Doni della Morte", ma visto dal punto di vista di Severus.
** l’ultima frase è presa dalla canzone “Mi ritorni in mente” di Lucio Battisti.
3° Posto:
Nickname: June_
Titolo:
Scherzo del Destino.
Lessico e Grammatica: 10/10 punti
Attinenza alla morte già descritta: 10/10
Utilizzo del pacchetto: 10/10
Utilizzo del personaggio assegnato: 3;
Utilizzo del prompt: 3;
Utilizzo della citazione/Attinenza alla citazione: 4
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Tempi di narrrazione: 5/5
Originalità della storia: 9/10 punti
Sulla morte di Piton sono state
scritte tate di quelle storie che potrei perderci il conto e tutte anche se non
in maniera proprio identica dicevano le stesse cose per questo non ho potuto
darti molto per l’orginalità.
Giudizio personale: 9.5/10
La
storia è stupenda, sei l’unica che non è stata banale troppo banale descrivendo
la morte di Piton, hai descritto il suo pssato e il suo presente in maniera
esemplare complimenti!.
Totale:63.5/65
Ringrazio Freddy16 per il giudizio, grazie davvero.
Sono felice che la storia ti sia piaciuta, e, soprattutto, di non essere caduta nella banalità, visto che la morte di Piton è purtroppo molto usata.
Grazie.