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Autore: piccolalettrice    12/04/2011    9 recensioni
"...Lo fissai sbalordito. Se diceva la verità eravamo in pericolo. Se diceva la verità allora tutti i miei attacchi erano colpa sua. Se diceva la verità Talia aveva fatto bene a fare quello che aveva fatto. Se diceva la verità voleva dire che eravamo stati traditi di nuovo. Se diceva la verità tutte le cose successe negli ultimi tempi avevano trovato un’unica spiegazione: lui."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Solo intuendo'
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SPAZIO AUTRICE:
oh, cavolo, mi sorprendo di me stessa, sto facendo dei capitoli lunghissimi! E vi prego con tutto il mio cuore di dirmi se lo sono troppo e se stufano in qualche modo...
apparte questo... mentre scrivevo il primo POV ero davvero contenta e ho deciso di sfruttare questa contentezza anche se non ci acchiappava una mazza con il contesto... spero che non strida come le unghie marce della Dodds sulla lavagna della Yancy (notare il “meraviglioso” paragone)... lo so, oggi sono più pazza del solito, scusate...
vi lascio leggere prima che diventiate troppo vecchi...
ringrazio tutti (in particolare AnnieJ, che è “nuova”, che la pensa proprio come me su molte cose e che sta recuperando velocemente ...e mi scuso se non l’ho citata prima...)
buona lettura
piccolalettrice
 
 
14- Come deprimere un gruppo di semidei
 
Parte I: la felicità dura il tempo di una colazione
 
Aprii gli occhi nella luce di una di quelle mattine tipiche di Montauk che adoravo; con l’odore delle cialde azzurre di mia madre, la sensazione dei  granelli di sabbia nelle lenzuola, un paio spifferi che filtravano dalle pareti di legno e tanta, tanta contentezza, nemmeno fosse Natale.
Mi misi a sedere sorridendo. In quel momento ero davvero felice.
“ciao, mamma” dissi alzandomi e raggiungendola in cucina per darle un bacio sulla guancia.
“fai piano” mi ammonì lei indicando con il mestolo il salotto (che poi era anche la camera) dove dormiva Annabeth.
“certo” rubai una frittella beccandomi una mestolata sulla mano
“lasciane un po’ per la tua amica”
“Mh-mh”
Nascosi il sorriso nel sentire la parola “amica”.
Mi appoggiai al piano del lavandino mangiucchiando una frittella.
 “Percy, ti vedo tranquillo” fece mia madre, io le sorrisi.
“è che sono felice di essere qui... nonostante tutto”
Felice di essere lontano dai miei problemi, una volta tanto.
Anche mia madre sorrise, poi mise le frittelle in tavola.
“Forse dovresti svegliare Annabeth... so che ha bisogno di dormire ma ieri non ha mangiato...”
“vado!”
La sentii biascicare un “ma quanto entusiasmo...” che mi fece pensare che forse iniziava a sospettare qualcosa, ma non me ne curai molto e andai in salotto.
Diedi un’occhiata alla porta della cucina, poi mi avvicinai al viso addormentato di Annabeth, sfiorandole i capelli.
“ehi, dormigliona”
Per tutta risposta lei grugnì e si girò dall’altra parte.
“davvero, Sapientona, la colazione è pronta”
La sentii sospirare e alzarsi sui gomiti.
Aveva gli occhi un po’ arrossati e il viso ancora leggermente pallido, ma tutto sommato non aveva una brutta cera.
“ciao” mi disse
“la colazione è pronta” ripetei, finalmente si alzò, e tornammo in cucina.
“buon giorno, cara” disse mia madre rivolgendole uno dei suoi sorrisi. “come ti senti?”
“meglio”
“sicura?”
“sì, davvero”
Mia mamma le sorrise di nuovo e noi ci accomodammo in due posti vicini, davanti ad un piatto pieno di cialde azzurre.
“sono cialde?” chiese Annabeth guardando il piatto.
“si... mia madre cucina sempre in azzurro”
“per una vecchia scommessa, diciamo” disse con un sorrisetto soddisfatto, forse perché, in fondo, la sua scommessa l’aveva vinta.
“oh”
Mangiammo, mentre io e mia madre cercavamo di distrarre Annabeth e lei annuiva a tutte le cavolate che sparavamo... non volevamo che si perdesse in pensieri tristi, anche se sapevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare tutte le domande che ancora non avevano una risposta e che non erano poi troppo allegre.
La vedevo migliorata dal giorno prima, ma era ancora scossa, lo sentivo.
Quando finimmo sparecchiammo ed io, “da bravo ometto di casa” (come disse mia madre scompigliandomi i capelli) lavai i piatti mentre Annabeth li asciugava e li rimetteva a posto.
Ero davvero contento, malgrado dentro di me si facesse strada la consapevolezza che forse non avrei dovuto esserlo così tanto... ma non ci potevo fare nulla, e poi avere mia madre e il suo sorriso dolce vicini era davvero fantastico.
Come sospettavo poco dopo Annabeth tirò fuori gli argomenti che premevano ad uscire.
Mia madre andò a riassettare il salotto ed io e lei rimanemmo da soli.
“ Percy, credo che dobbiamo parlare” mi disse“dobbiamo decidere cosa fare”
“ok” risposi “andiamo fuori” ; non volevo preoccupare mia madre.
Lei annuì, ci vestimmo, io con un vecchio paio di jeans che mi andavano un po’ corti e una maglietta slabbrata che avevo trovato in fondo all’armadio e Annabeth con i vestiti di mia madre che le andavano un po’ larghi, nonostante mia madre fosse magra.
“noi usciamo, mamma!” le urlai
“sì tesoro ma...” ci raggiunse vicino alla porta con una coperta “non andate oltre al cartello con su scritto camping, è fin dove arriva l’influenza di tuo padre e...” sospirò “Percy, giurami che prima di andartene mi avviserai”
“certo mamma”
“e prendete questa, fuori inizia a far freddo e tu sei a maniche corte... io non ho nemmeno un’aspirina qui”.
“ok”
Ci sorrise e noi uscimmo, armati di coperta.
“è davvero dolce tua madre”
“è la persona migliore del mondo”
“forse lo è davvero” disse in tono malinconico, immaginai che la stesse paragonando a suo padre, così mi adoperai per distrarla
“hai un piano, Sapientona?”
Le sorrisi, ci sedemmo accanto ai resti del vecchio falò, ed io le buttai la coperta sulle spalle.
“dobbiamo capire cosa sta succedendo al campo” disse poi “ non è che hai delle dracme, vero?”
Scossi la testa,
“questo è un problema... non abbiamo contatti con l’esterno”
“non potremmo chiamare Hermes?”
“come?”
“invocandolo o pregandolo o che so io, no?” dissi poco convinto
“se non hai delle dracme  non puoi fare proprio nulla” scosse la testa “non ci resta che aspettare che siano loro a chiamare noi”
“dobbiamo anche capire come cavolo siamo arrivati qui” dissi
“ma quello non è importante... insomma, ormai ci siamo, è questo che conta, dobbiamo pensare a cosa fare adesso”
Alzai le spalle, pensando a quale dio o strana forza dovessi un favore, almeno di una cosa non dovevo preoccuparmi.
“e chissà cos’è successo al campo” disse, quasi sovrappensiero.
“sarà andato tutto bene, altrimenti ci avrebbero avvisato”
“ma non capisci? E se quel qualcosa che ci ha spedito qui l’avesse fatto solo perché non c’era più speranza per il campo?”
Oh, sotto quel punto di vista suonava peggio, ma mi ostinai ad essere ottimista.
“si, ma se tutti i semidei fossero morti qualcuno là in alto almeno uno squillo ce l’avrebbe fatto, no?”
“non so Percy... ma sono preoccupata... i mostri erano tanti...”
“dovremmo andare a vedere in prima persona?” le chiesi, con la tenue speranza che non me ne sarei restato con le mani in mano, dopo tutto.
“bè, in effetti dovremmo” la guardai, iniziando a pensare a come avremmo potuto arrivarci. Lei evidentemente scorse quel mio sguardo pensoso e disse:
“ma non pensare che ti lasci venire con me” sempre la solita storia.
“eh? Perché scusa?”
“se i miei calcoli sono esatti nessuno sa che siamo qui, altrimenti ci avrebbero davvero contattato, e poi questo posto è protetto da tuo padre e siamo al sicuro, più o meno... ma se usciamo di qui ci staranno col fiato sul collo come segugi... e io devo proteggerti, sei troppo importante per il destino dell’Olimpo”
“cosa?!” dissi, fissandola “te ne vuoi andare da sola?! Ma sei impazzita?! Non se ne parla nemmeno, proprio no!”
“Percy, ragiona...”
“è un’idea stupida, hai appena detto che ci staranno col fiato sul collo se usciamo... posso capire, o meglio non arrabbiarmi, per i tuoi piani suicidi se servono per salvare delle persone, ma non ti lascio andare al campo, probabilmente per lasciarti ammazzare dai mostri, solo per dare una sbirciatina, non se ne parla nemmeno”
“era solo un’idea... e poi devo ammettere che un po’ hai ragione... insomma, guardiamo in faccia la realtà, se ne saranno salvati in pochi e chi si è salvato spero che abbia avuto il buon senso di andarsene”.
“spero che Tyson e gli altri non siano morti” dissi.
La gravità della situazione mi si abbatté contro, così com’era.
Nel profondo sapevo bene che dovevano essere morti in tanti, mi chiesi se il mio dolce fratellone fosse salvo, se Grover fosse riuscito a cavarsela e se Luke fosse riuscito a proteggere Talia e viceversa... e poi ancora passai in rassegna tutti i nomi di coloro che conoscevo, ma anche si quelli che avevo solo visto, sperando che almeno qualcuno fosse riuscito a rimanere vivo.
“se la saranno cavata, ne sono certa”
“mica eri tu quella pessimista?”
“non c’entra... loro DEVONO essersela cavata”
“già” sospirai.
“quindi che facciamo?”
“aspettiamo”
“che bella prospettiva” dissi ironico
“dai, so che ti piace stare qui”
E in effetti mi piaceva solo che...
“sì, ma non voglio rimanere qui con le mani in mano, non l’ho mai fatto”
“bè, questa volta farai bene a farlo, anche perché la questione è seria, Crono sta prendendo il potere sul serio”
Sbuffai
“mi dispiace che tu non possa goderti il momento con tua madre”
“anche a me”
Lei appoggiò la testa alla mia spalla, stringendosi a me, sorrisi:
“in teoria dovresti essere tu quella da consolare”
“sto cercando di non pensarci”
“scusa”
“niente”
Le passai un braccio intorno alle spalle:
“e allora aspettiamo?”
“è l’unica cosa che possiamo fare”
Perfetto, adesso altro che essere tutto sorrisi e sorrisini, il morale mi era caduto del tutto sotto ai piedi.
 
Parte II- le perdite non sono mai una buona cosa
 
POV
 
Non potevo credere di averla persa sul serio.
Avevo giurato a me stesso che qualsiasi osa fosse successa non avrei lasciato la sua mano per nessun motivo al mondo.
E adesso non sapevo dov’era.
Me l’ero vista portar via, strappata dai fiumi di persone che cercavano di scappare, che battevano in ritirata.
Ovviamente non sapevo nemmeno che fine avessero fatto altre persone, come Grover e Clarisse o i miei fratelli, ma per lei era diverso.
E poi c’erano anche Percy e Annabeth. Volatilizzati.
Avevo visto Annabeth prima della battaglia, ma poi l’avevo persa di vista,  di Percy, invece, nemmeno l’ombra.
Quando quella luce bianca aveva distratto i mostri, accecandoli, c’era stata una fuga di massa... (normalmente saremmo rimasti a combattere, ma eravamo già decimati e i mostri erano tantissimi, rimanere sarebbe stato un suicidio). Mentre correvo tenevo la mano di Talia, ed ero consapevole della presenza del satiro accanto a me, ma appena eravamo giunti fuori dal campo, in molti si erano precipitati per i boschi e tra gli spintona menti io avevo perso di vista Talia e gli altri, ritrovandomi in mezzo alla strada con un gruppo di persone e un ciclope piagnucolante.
Confidavo, però, che non fosse morta, altrimenti sarebbe successo qualcosa come quello che era accaduto quando Talia si era trasformata in pino: tuoni che sembravano volessero spaccare il cielo, nuvole scure su tutta l’America e anche su buona parte del resto del mondo, e poi l’apparizione di un pino, ma niente di questo era successo.
“Amico-che-era-cattivo-di-Percy può dire a Tyson dov’è Percy?” chiese per l’ennesima volta quella sottospecie di neonato che era con me.
“Tyson, per la centesima volta, mi chiamo LUKE!”
“ok, Amico-che-era-cattivo-di-Percy, ma Percy dov’è?”
“non lo so Tyson”
Non  potevo vedere il suo grande occhio castano per via della foschia, ma lo immaginai pieno di lacrime.
“Tyson vuole Percy!” piagnucolò
Ed eccomi a consolare un ciclope, quando avevo i miei problemi a cui pensare e la mia tristezza in cui flagellarmi.
“su Tyson, tranquillo” gli disse la ragazza seduta davanti, una figlia di Afrodite, dandogli dei colpetti sulla spalla “Percy starà bene”
“sul serio?”
“ne sono certa” della serie “diamo false speranze a chi non può comprendere concetti complicati come la morte”, eh?
“Allora Tyson smette di piangere”
“bravo, Campione” la ragazza gli sorrise
“Percy chiamava Tyson Campione!” altri singhiozzi, sospirai.
“su, Tyson, se fai il bravo ti lascio usare i miei attrezzi quando torniamo” gli disse allora Backendorf, seduto accanto alla ragazza.
“Qu-quando torniamo?”
“sì, non appena torneremo”
“e ci sarà anche Percy?”
“certo, Campione”
Altri piagnistei.
Appoggiai la testa al finestrino ghiacciato dell’autobus, immaginando dove potesse essere Talia... se l’avessero presa... non so cosa avrei fatto a Time e a Crono.
Rimasi sorpreso nel constatare quanto dovessi a Talia, insomma, se non fosse stato per lei a quell’ora sarei stato al servizio di Crono a cercare di rintracciare tutti i semidei che erano riusciti a scappare... quella ragazza mi aveva davvero cambiato, mi aveva fatto conoscere cose che non avrei creduto possibili e mi aveva fatto provare dei sentimenti e delle sensazioni che non avrei mai pensato potessero appartenermi.
E non averla con me in quel momento era peggio di qualsiasi tortura.
 
POV
 
“e smettila di belare, capra che non sei altro!”
“Perché mi tratti così, che ti ho fatto di male?!”
“smettila di fare quei versi o giuro che le tue corna non saranno più tanto attaccate alla testa!”
“no! le corna no! ho fatto così tanto per guadagnarmele!”
“e allora stai zitto!”
Decisi di porre fine a quella conversazione idiota che andava avanti da quando ci eravamo separati dal gruppo che era finito in mezzo al bosco.
“ma la volete smettere di litigare?! Volete andare a sbattere?!”
“dillo a lei!”
“dillo a lui!”
“se non aveste rubato una macchina e non fossimo inseguiti da una marea di mostri e altrettanti poliziotti non belerei!”
“cuciti la bocca, satiro” sibilai
“tiè” sibilò la figlia di Ares a Grover
“non fare la bambina, Clarisse” le dissi, lei borbottò qualcos’altro ma non era più fastidiosa come prima, così tornai ai miei pensieri.
Il cielo era coperto da una coltre spessa di nubi, che non lasciavano intravedere il sole e ti trasmettevano un nervoso inimmaginabile, almeno era così per me. Odiavo quando il tempo era così, ma non feci nulla per cambiarlo, come invece avrei potuto, poiché era perfetto per il mio umore.
Già, perché ero elettrica e nervosa come non mai, arrabbiata direi.
Arrabbiata con quei due che continuavano ad urlare, arrabbiata con Crono e suo figlio per aver portato quei mostri, arrabbiata con Percy ed Annabeth perché non c’erano adesso e non c’erano stati durante la battaglia, arrabbiata con tutti i mostri che ci stavano dietro, arrabbiata con la polizia, che faceva lo stesso, ed infine arrabbiatissima con me stessa perché avevo lasciato la mano di Luke.
Avrei voluto trovarmi al suo fianco in quel momento, avrei dovuto trovarmi al suo fianco, ma per colpa di quegli idioti dei miei compagni che fuggivano come cani dal canile, senza un criterio mi ero ritrovata in mezzo al bosco, lontana da Luke e con un satiro frignone e una figlia di Ares odiosa.
Ma perché succedevano tutte a me? Essere figlia di Zeus è così... schifoso. Mi venne voglia di urlarglielo, a quel padre snaturato che mi ritrovavo, mi venne voglia di mettermi ad imprecare contro quel tempo odioso, contro tutti e tutto...
Strinsi il volante così forte che le nocche mi diventarono bianche.
Che nervoso.
In quel momento girai verso al scritta New York senza accorgermene.
“New York?” fece Clarisse con una smorfia
Alzai lo sguardo verso il cartello e feci la stessa smorfia, non avevo voglia di stare sotto l’influenza di mio padre, ma non volevo nemmeno darla vinta a Clarisse, così risposi:
“sì, problemi?”
Lei alzò le spalle ed io accelerai, beccandomi una suonata di clacson da parte di un autobus.
Bene, adesso ero anche arrabbiata con gli autobus.
 
 
 
 
 
 
 
  

   
 
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