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Autore: Lilith Hedwig    12/04/2011    6 recensioni
Prima classificata al "Dark Contest" di Robinki, sul forum di EFP , che ringrazio vivamente! Fic su Helena Corvonero.
"Lei era Priscilla Corvonero, la grande fondatrice, con l’intelligenza più acuta della Nazione e i capelli neri come l’ebano, con la pelle bianca alabastro e gli occhi bruni. Filosofa, pensatrice, insegnante.
E, naturalmente, mia madre. "

Buona fortuna, e grazie a tutti!
Genere: Dark, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Barone Sanguinario, Helena Corvonero, Priscilla Corvonero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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FORSE E' SOLO UNA STORIA D'AMORE

 


Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera. (Goethe)
 

Tutti mi chiedevano consiglio, tutti volevano da me un suggerimento. Mi consideravano la più bella, e la più intelligente.
Naturalmente, non quanto lei.
Lei era Priscilla Corvonero, la grande fondatrice, con l’intelligenza più acuta della Nazione e i capelli neri come l’ebano, con la pelle bianca alabastro e gli occhi bruni. Filosofa, pensatrice, insegnante.
E, naturalmente, mia madre.
Tutti, anche esterni alla scuola, si recavano da lei, tutti sapevano della sua grande e proverbiale saggezza. Ma solo pochi ne conoscevano la fonte.
Quel diadema, così perfetto, così raffinato ed elegante… la figura di mia madre era sempre accompagnata dalla sua presenza, ma perché?
Perché le donava? Perché le conferiva quel grado di nobiltà così evidente anche solo dal suo aspetto? No, assolutamente no.
Perché lei, in fondo, non era altro che una bella donna senza il diadema. Niente più di me: Helena Corvonero, una bella ragazza, con molti pretendenti, intelligente e con una madre famosa.
Solo questo.
 
Non che fossi sola, anzi. Ero sempre circondata da stupidi spasimanti, interessati più che altro alla mia bellezza ed alla celebre Priscilla Corvonero, piuttosto che a me od al mio cervello.
Ma mia madre, di questo devo darle atto, non mi costrinse mai a sposarne alcuno; forse perché anche lei era stata obbligata a prendere in sposo mio padre, che poi sarebbe morto, lasciandoci sole con quel diadema.
Però, tra quei pretendenti ce n’era uno ostinato, appassionato, che mi dichiarava il suo amore apertamente, e per il quale mia madre intercedette non poche volte presso di me, molto probabilmente per una sua richiesta.
Era un uomo bruno, dalla carnagione olivastra e dal fisico prestante, con una folta e corta barba, come si usava tra i Baroni di allora. Non seppi mai il suo nome. Giurò che me l’avrebbe detto se avessi accettato le sue proposte, ma io lo rifiutai sempre.
Sono altresì sicura che la sua passione, con il tempo, non diminuì, anzi che i miei dinieghi l’accrebbero; tant’è che un giorno, recandomi all’alloggio di mia madre, lo udii pregarla di avermi in sposa.
 
E potevo anche comprenderlo, ogni qualvolta mi capitava di specchiarmi.
La sera quando mi spazzolavo ammiravo i miei lunghi e setosi capelli neri, la mattina mettendomi la polvere sulle guance mi soffermavo ammirata sul candido pallore della mia stessa pelle. E poi, tutte le altre piccole cose: il riflesso negli occhi neri, il piccolo piede, la vita sottile e, non ultimo, il mio portamento regale, che mi veniva da una famiglia d’alto rango. Ero bella, e molto. Ma non mi bastava. Volevo anche essere ammirata, invidiata per la mia saggezza e la mia intelligenza.
Volevo essere lodata, richiesta come consigliera, adorata… come una dea.
Era da un po’ che meditavo. Meditavo di smascherare mia madre, di ottenere la gloria, e il diadema, solo per me. Vedevo le mani battere, tutte le dame ed i gentiluomini del regno venuti ad acclamarmi… ma lei era furba.
 
Non mi voleva, in camera sua.
Pretendeva che stessi in dormitorio con tutti gli altri Corvonero.
Io! Trattarmi come l’ultima delle studentesse! Io, con il sangue di una regina!
Pretendeva che mi trattassero tutti normalmente, come avrebbero trattato chiunque: non solo lei, addirittura Godric, Salazar e Tosca!
Per me, che ero cresciuta con loro, passando per le braccia dei grandi Fondatori, come in una famiglia, era un vero supplizio.
Ma nessuno se ne rese mai conto. Oh, no.
Ero furba anch’io.
Durante le lezioni ascoltavo come tutti la spiegazione (sebbene non ne avessi il minimo bisogno), dopo civettavo come tutte le ragazze dell’Istituto di pretendenti ed abiti.
L’unica persona che cominciò ad accorgersi che cambiavo sotto la mia maschera fu la migliore amica di mia madre.
La Fondatrice meno brillante, la “sempliciotta”: Tosca Tassorosso, considerata ufficiosamente così dal Mondo Magico (al di fuori degli studenti della sua Casa), era più brillante di quanto non sembrasse.
Mi stette molto accanto, quella donna bassa e corpulenta dalle unghie sempre sporche. Pensava di poter evitare che mi accadesse qualcosa.
In ogni modo, quello che intuì lo intuì troppo tardi.
 
Una sera, reduce dal Gran Ballo, ritornavo in Dormitorio.
Come al solito, bussai sul legno lucido, aspettando la domanda del Corvo. Ero anche abbastanza nervosa e, soprattutto, stanca. Non vedevo l’ora di farmi una doccia, per infilarmi sotto le lenzuola di seta del dormitorio femminile di Corvonero.
Finalmente, dopo quelle che mi parvero ore, la voce musicale del Corvo rivolse la sua domanda: -Di cosa è fatta, in fondo, una nuvola?-
Restai interdetta. Era la prima volta che non sapevo rispondere. Se mi avessero trovata lì sarebbe stato un gran disonore, ma questa era la regola: “Se risposta al quesito / non saprai trovare / la via ti sarà chiara, / resterai un sapiente ad aspettare.”
Lo ripetevano i Prefetti ad ogni nuovo Corvonero.
Dovevo conoscere quella risposta. Non potevo attendere fuori dalla Sala Comune. Non io.
 
Mia madre l’avrebbe pagata. Io non avrei neanche dovuto essere lì, ora. Avrei dovuto essere nella sua torre, dentro un gran baldacchino. Avrei dovuto essere servita, trattata al pari della grande Priscilla. Grande. Dal grande diadema, al massimo.
M’incamminai furiosa verso le scale, ma non feci in tempo a raggiungerle che una figura scura mi si parò davanti.
Il Barone, di nuovo. Mi ero dimenticata che oggi era al Castello in qualità di messaggero, avendo avuto la fortuna di non incontrarlo per un giorno intero.
- Dolce Helena, i vostri occhi risplendono come sempre.
Se mi è permesso, come mai non siete al Gran Ballo a mostrare la Vostra bellezza? Vi sentite forse male?- era nauseante, con tutte quelle premure. Noioso, ecco.
- No, Barone. Mi sento meravigliosamente. Desideravo colloquiare con mia madre prima di coricarmi. - al che, i suoi occhi s’illuminarono:
- Dunque, mia Regina, ci rechiamo dalla stessa persona! Quale piacevole coincidenza, anche se io preferisco chiamarlo Destino! Quando Vi deciderete ad accettare le mie proposte? Sapete quale profondo amore nutro per Voi, eppure continuate a respingermi… Così bella, eppure così insensibile… Ve ne prego, mia adorata: almeno permettetemi di accompagnarvi. -
Fantastico. Ecco che ricominciava. Al momento avevo cose più importanti alle quali pensare che ad un Barone in amore.
- Mi dispiace, Barone. Voi siete fin troppo gentile nei miei confronti, ma Vi prego, almeno per oggi, di non insistere. Non vorrei essere costretta a ferirvi, mio nobil’uomo. -
“Vi prego di non insistere mai più”, aggiunsi tra me e me. Non potevo perdere altro tempo, dovevo trovare un modo per impossessarmi del diadema.
- No, mia adorata! Io farei qualsiasi cosa per voi!-
Qualsiasi?
- Qualsiasi, Barone? Anche senza sapere a quale scopo?-
- Promettetemi solo che sarete mia, principessa. Una notte soltanto. Oserò qualsiasi cosa, allora. -
Subito mi venne in mente una soluzione. Katherine, una mia compagna, era segretamente innamorata del Barone: lo sapevo dai lunghi monologhi che faceva pensando di confidarsi con me.
Apparentemente, era la mia migliore amica, ma io so che segretamente era gelosa di me e mi odiava. Non che a me importasse.
Sorrisi, certa che ormai il Barone sarebbe sottostato ai miei ordini.
- Caro Barone… sarò Vostra, se me lo chiedete così fervidamente. -
- Mi date la Vostra parola, Milady Helena?-
- Vi do la mia parola, Barone. Osate dubitare di me, messere?-
- No, mai! Allora… allora vi aspetterò nella mia stanza. Voi sapete che non posso entrare nella Vostra, e…-
- Barone, Barone! Pazientate; è la virtù dei forti. Non dimenticate qualcosa?- e mi guardò interrogativo. Poverino, mi faceva quasi pietà.
- E cosa, se mi è concesso di chiedere?-
- Ma Barone, Voi dimenticate la Vostra promessa, disonorate la Vostra parola!-
- No, no mai! Ditemi, o mia bella. -
“Perfetto”, ricordo che pensai. Ormai era completamente mio, lo scorgevo dai suoi occhi. Traspariva dalla sua persona una bramosia, un desiderio che mai avevo visto e che mai vidi.
- Mio principe – cominciai – Vi prego di ascoltarmi fino alla fine. Sicuramente Voi avrete visto nelle stanze di mia madre il suo bel diadema. Sapete quale valore esso abbia per la nostra famiglia, ed in particolare per lei. Ebbene, una disgrazia si è abbattuta, se così mi permettete di dire, su quel bel diadema. A causa della mia disattenzione non mi sono accorta, fino a ieri peraltro, che il gioiello era scheggiato e graffiato, nonché sporco. Voi sapete che tra non molto mia madre dovrà tenere un discorso pubblicamente con indosso quel diadema, e non vorrei facesse una brutta figura per colpa mia. Inoltre ultimamente il rapporto con mia madre si è leggermente deteriorato, e vorrei farle un regalo… mi potete aiutare, o è troppo per il Vostro amore?-
- Voi… voi mi chiedete di rubare a Vostra madre?-
- No, Barone! Vi chiedo di aiutarmi a fare un regalo a mia madre! E’ forse troppo? Potrei ben chiederlo a qualcun altro, solo ho pensato che Voi…-
- Helena, Voi mi offendete! Prenderò quel diadema, a costo della mia stessa vita. Vi do la mia parola. Lo troverete questa notte quando verrete da me. -
Gli rivolsi un mezzo sorriso. Certo, Barone, a dopo. Me ne andai: oramai il Corvo doveva aver cambiato domanda, potevo entrare.
 
- Katherine… Katherine!-
- Helena, cosa c’è?-
- Avete un appuntamento. Il Barone vi vuole nelle sue stanze questa notte. –
- E… e cosa dovrei fare?-
- Niente: state semplicemente in gabinetto e quando vi verrò a chiamare uscirete, nel buio. -
- Grazie, grazie Helena! Non so come ringraziarvi!-
Ma lo sapevo io, e questo contava.
Poco più tardi mi recai dal Barone, presi il diadema e regalai un po’ di felicità a Katherine.
Quando il Barone si sarebbe accorto dello scambio, ormai io sarei stata molto lontana.
Salii sulla mia scopa e volai nella notte, controvento. Volevo andare lontano, lontano da mia madre, lontano da Hogwarts, lontano da tutto.
 
Nessuno mi doveva riconoscere, o riconoscere il diadema.
D’un tratto, mi venne in mente un episodio di quand’ero piccola.
Mia madre mi raccontava una favola francese, nella quale la principessa fuggiva in Albania. 
– Perché in Albania?- ricordo che chiesi.
Mia madre mi sorrise e mi disse: - Se cerchi un posto dove nessuno ti venga a cercare, vai in Albania. Eco perché, piccola. –
Sì, sarei andata in Albania. Lì nessuno mi conosceva, nessuno sapeva nemmeno cosa fosse Hogwarts. Avrei potuto chiedere in affitto una camera in una pensione di Babbani, certo. Prima, però, avrei dovuto nascondere il diadema. Una volta arrivata, ci avrei pensato.
 
Avevo trovato un albero perfetto per nascondere il diadema: una foresta dove nessuno osava addentrarsi era perfetta.
Mentre però ancora stavo ricoprendo il nascondiglio, sentii un fruscio alle mie spalle.
Mi girai di scatto, terrorizzata, e vidi un’ombra muoversi verso di me…
Il Barone.
Mia madre lo aveva mandato a riprendermi, sapeva che mi avrebbe trovata anche a costo della sua stessa vita.
- Barone! Non… ecco, io non Vi aspettavo qui…-
- Lo so, Helena… prima che possiate dire qualcosa, ho una lettera per Voi da parte di Vostra madre. Mi ha incaricato di trovarvi e di consegnarvela. -
La lettera recitava così:
 
Cara Helena;
so che il Barone ti troverà, dovunque tu sia. Spero solo che faccia presto, data l’urgenza in cui non solo io, ma tutti noi, ci troviamo in questo momento.
Lascia che ti spieghi la situazione qui ad Hogwarts: io non ho riferito a nessuno che avevi rubato il diadema.
L’ ho nascosto a tutti. Eppure… eppure si sente che qualcosa manca. Senza quel diadema, i miei consigli non vengono più ascoltati da nessuno.
Salazar ha ricominciato a insistere sulla faccenda dei Purosangue, e come al solito Godric non ha retto.
Fino ad ora ero riuscita ad arginare il problema, sperando che tutto si risolvesse: solo ora mi accorgo che sono stata una sciocca. Avrei dovuto eliminare il problema, non rimandarlo.
Salazar se n’è andato, e ha detto di aver aperto una Camera segreta che scatenerà orrori oltre ogni dove quando verrà aperta, solo dal suo erede.
Godric è diventato sempre più orgoglioso, sostenuto: cerca la Camera ogni volta che non ha lezione.
Tosca… Tosca ti sta scrivendo questa lettera, mentre io le detto.
Non riesco più a scrivere, sono immobilizzata a letto. Morirò, e presto.
Ma desidero rivederti almeno un’ultima volta, prima che il mio momento arrivi. Vorrei designarti quale mia erede.
Voglio dirti quello che non ho mai potuto.
Dunque, figlia mia, ti prego: torna a casa.
Il Barone può portarti da me più velocemente di quanto una scopa possa fare, torna con lui.
Spero di rivederti presto, piccola mia.
Con affetto ed urgenza;
tua madre Priscilla Corvonero
 
Sentii un vuoto in fondo allo stomaco. La odiavo, ma non volevo che mia madre morisse. Ma non volevo neanche tornare ad Hogwarts.
Mi sarei troppo disonorata. Non potevo affrontare mia madre, guardarla negli occhi.
- E’ vero, Barone? Quello che c’è scritto, è vero?-
- Oh, Helena, è verissimo. Ma leggo sul Vostro volto che non avete il desiderio di tornare dalla persona che ha scritto quella lettera. Potrei aiutarvi a fuggire. Vi ho perdonato l’oltraggio ricevuto. Fuggiamo insieme. Potremo costruirci una vita. Ho dei possedimenti, in Albania. –
- Ma… Barone…in nome dell’amore che mi professate, lasciatemi libera. Ve ne prego, solo questo.-
- E perché mai dovrei? In fondo – e mentre lo diceva, una luce minacciosa gli brillava negli occhi – Voi dicevate che mi avreste amato…- intanto si avvicinava – perché non potete? Perché? Perché, Helena: spiegatemelo!-
- Vi prego, Barone, non fate così…-
- Credete che non me ne accorga? Io Vi disgusto. Vi provoco ribrezzo. Vedo che avete paura… di cosa, principessa? Di venire scoperta? Avete un amante, non è così?-
- No, Barone, Ve lo giuro!- mi faceva paura. Si avvicinava lentamente, mettendomi con le spalle contro l’albero nel quale stavo nascondendo il diadema. Avevo sempre avuto paura di questo lato del Barone.
- Ah, Voi giurate! Ditemi, ditemi il suo nome! Lo ucciderò con questo stesso coltello, lo vedete?- e mentre mi diceva questo, mi sovrastava, agitando il coltello, non potevo più arretrare, non con l’albero alle spalle… d’improvviso, cercai il diadema. Ne avevo bisogno, e subito! Lo indossai, mentre il Barone declamava la sua ira: - Me la pagherà! Me la pagherete tutti e due!- e dicendo questo, mi trafisse nel petto con la lama.
Mi afflosciai a terra, con il diadema poggiato sul capo. Avevo ancora un filo di vita, che defluiva insieme al mio sangue. Sentii il Barone gridare. Gridare di dolore, di disperazione, di rabbia… un urlo che mai scorderò. Poi, più nulla.
 
Perché decisi di tornare? Ce l’avevo fatta. Avevo la possibilità di vedere una nuvola. Nemmeno il diadema, in punto di morte, mi aveva dato una riposta. E, in più, volevo vendicarmi. Non ero così altruista.
 
Lo vidi, chino sul mio corpo morto. Ammirava la mia bellezza. Poi, mi baciò.
A quel punto, fluttuai fino a lui, guardandolo con odio.
Gli vorticai attorno, urlando, come un uragano che tutto travolge… si sentì avvolto da una nebbia argentata, stretto in un vortice nero, si appiattì contro l’albero, cercando di fuggire… s’incatenò all’albero, in preda alla follia, dimenandosi e cercando poi di liberarsi, gli soffiai contro. Gli ululai il mio odio, la mia rabbia, la mia sete di vendetta, insensibile alle sue lamentele, al suo pianto.
Si accoltellò. Più e più volte. Cercò di sfuggire al senso di colpa, alla nuvola nera che vedeva in me, all’amore che provava… eppure tornò. Non so il perché. Una volta morto il Barone, potevo scoprire quello per il quale ero venuta a morire, la domanda alla quale neanche il diadema aveva saputo rispondere. Avevo compiuto la mia vendetta.
 
Salii sempre più su, nel cielo azzurro dell’Albania, cercando una nuvola. La trovai. Ne trovai migliaia, tutte identiche. Nessuna che mi sapesse rispondere.
Vi passavo attraverso, più e più volte: ne sentivo il freddo sulla pelle, accompagnato però da una piacevole sensazione.
Avevo come il presentimento che avrei dovuto sapere di cos’era fatta.
Era come se mi fosse mancato qualcosa. Non potevo, non potevo essere arrivata fino a lì solo per quello.
Sarei tornata ad Hogwarts. Da mia madre, dal mio passato.
 
- M-mamma?-
- Mmmmh… chi c’è?- dormiva, mia madre. I capelli sparsi sul cuscino erano più radi di quanto mai non li avessi visti. L’espressione sul viso era stanca e preoccupata. Era più malata di quanto non pensassi. D’improvviso si svegliò.
- Cosa? Helena? Ma sei… sei un fantasma! Perché mai avresti deciso di tornare?-
- Tornare? Non era quello che mi avevate chiesto, madre?-
- Intendo, come mai hai voluto tornare in forma di fantasma… perché?-
- Madre, sono morta… non potevo tornare, se non in altra forma. -
- Helena… è stato il Barone, vero? Quell’uomo mi ha sempre spaventata. Il suo amore era troppo in luce, troppo in vista, per non nascondere un macabro risvolto… Piccola mia, mi dispiace tanto. Io non tornerei mai come fantasma. -
- E perché mai, madre?-
- Sei felice, Helena? Ora sei finalmente felice?-
Ero felice? Avevo raggiunto quello che desideravo? Sarei mai potuta essere in pace?
- No, madre. –
- Ecco, Helena. Ora non potrai mai più cambiare la scelta che hai fatto. Un fantasma vaga per l’eternità dove non ha più nulla da fare. Qui, piccola, non potrai più fare nulla. Ma ora, raccontami. Perché mai sei fuggita? Perché proprio allora?-
E le raccontai tutto. Ogni singola cosa, dalla più insignificante al maggiore avvenimento del tutto.
Era triste. Lo vedevo dai suoi occhi. Triste per me, per la vita che non avevo avuto e che ora sarei stata costretta a vivere. Non vidi mai un filo di rabbia deformare il suo bel volto. Sapeva che avrebbe dovuto aspettare, non era arrabbiata con me. “Un ingegno smisurato / per il mago è dono grato”, ora capivo profondamente cosa voleva dire.
 
- Madre… di cosa è fatta una nuvola, dunque? Il diadema non mi ha dato risposta. Puoi farlo tu?-
Lei sorrise, un sorriso velato di dolce malinconia.
- Una nuvola? Non hai bisogno di sapere ogni cosa del mondo. E’ l’unica cosa che anche il più ignorante degli uomini sa, sin da bambino. Vieni qui, piccola. – e mi rannicchiai, per quanto possibile dalla mia nuova forma, vicino a quella che aveva voluto essere una madre: - Tu non hai mai imparato a sognare. -



ANGOLINO ME: O.O Non so che dire, sul serio. E' la shot più lunga che io abbia mai scritto, mi ci sono impegnata davvero molto. Ecco... se mi voleste lasciare un parere, uno piccolino...  mi farebbe immansamente piacere. Spero che vi possa essere piaciuta... intanto, vi allego il giudizio della GiudiciA, che ringrazio, comq pure tutte le altre partecipanti. Se volete, il contest, con bando e tutto, lo trovate all'indirizzo in basso, sul forum di EFP. Ah, il bando diceva di allegare un'immagine. Io non l'ho fatto: colpevole, me ne sono dimenticata. Ed è per scelta che non l'ho voluta poi inserire: ecco la storia come è stata presentata al contest (con le correzioni grammaticali ;) ) Ah, la storia ha vinto anche il premio speciale caratterizzazione!

Lilith Edwige Atena - Forse è solo una storia d’amore

Testo nascosto - clicca qui
- Grammatica e lessico: 9.5/10;
- Forma e stile: 9.9/10;
- Attinenza al tema: 10/10;
- Caratterizzazione dei personaggi: 10/10;
- Gradimento personale: 10/10
- Accezione di oscurità: 5/5
-Attinenza dell’immagine alla trama x/3
- Utilizzo del prompt (eventuale): 3/3

+ 3 punti bonus per l’utilizzo della frase del pacchetto

tot: 60.4/64

La tua è una storia meravigliosa! Ho adorato la tua Helena perché sei riuscita a giustificare tutte le sue azioni, compenetrandole al significato di ombra, richiesto dal contest! L'utilizzo del prompt è stato magistrale, veramente non ho nulla da dirti, la caratterizzazione dei personaggi è pressoché perfetta, così come la grammatica, nella quale ho riscontrato due virgolette vaganti e un “tantè”, che doveva essere un tant'è, infine per la forma, ho trovato un errorino di battitura (“Credete ce non me ne accorga? “). Per il resto è una one-shot che mi ha colpita enormemente. Sei stata bravissima a riadattare il racconto della Dama Grigia, rendendolo tanto interessante e tuo! In ogni riga percepivo una rielaborazione e una personalizzazione della vicenda che non ha fatto altro che aggiunge carattere agli episodi! Complimenti!
 
 Grazie, Robinki! Ti ringrazio ancora, davvero.


Ecco l'URL del contest: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9637827&p=4&#idm110533608
 
 
   
 
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