Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Alie    13/04/2011    0 recensioni
Driiin! Driiiiin!! DRIIIIIIN!!!
Il suono sempre più insistente della sveglia del cellulare perfora le orecchie di Marco senza il minimo rispetto, interrompendo quelli che quasi di sicuro sono i primi 15 minuti di sonno continuo dopo molte notti.
Cazzo, odio questa vita!, pensa ancora mezzo addormentato
Storia riveduta e corretta. Amie sono sempre io, ma con un altro nick...ho tolto quell'account per utilizzare questo ormai.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La giornata-tipo di Marco A.

 
Driiin! Driiiiin!! DRIIIIIIN!!!
Il suono sempre più insistente della sveglia del cellulare perfora le orecchie di Marco senza il minimo rispetto, interrompendo quelli che quasi di sicuro sono i primi 15 minuti di sonno continuo dopo molte notti. Dalla finestra entra una debole luce, segno che fuori il cielo è ancora coperto dalle nuvole. È mattina presto (sì, per un ragazzo in vacanza le 7 sono un orario equiparabile all’alba) e sa che deve alzarsi alla svelta se non vuole essere in ritardo.
Cazzo, odio questa vita!, pensa ancora mezzo addormentato.
Si alza a sedere sul materasso e spenge il cellulare da 300 euro che gli funge da sveglia sistemato in modo strategico ai piedi del letto. Con un’occhiata di assonnata sufficienza guarda il suo degno compare di stanza e  (purtroppo) di disavventure: Filippo Betti. Dorme ancora, dato che lui è uno di quelli che non lo svegliano neanche le cannonate; continua a russare in mutande e canottiera dei San Francisco Giants spaparanzato in una posa scomposta, le coperte appallottolate in fondo al letto.
Marco lo odia, è bene metterlo subito in chiaro. Dai più sono visti come migliori amici sin dal primo giorno di scuola: stesso umorismo, stessa visione del mondo, stessi ideali. E invece Marco non lo sopporta: a suo avviso Filippo è solo un’inutile e stupido bietolone, fine come una palata di mer*a su un abito da sposa e di una pochezza infinita. Inoltre è solo colpa sua se non è riuscito a chiudere occhio sin da quando hanno messo piede a San Francisco per quella vacaza-studio. Giusto quella notte, tanto per farvi un esempio, Filippo era stato in giro fregandosene altamente delle lezioni del giorno dopo, così Marco non aveva potuto chiudere a chiave la porta di camera. E naturalmente tutti gli idioti del piano (quei romani del cazzo!) erano venuti a rompergli i maroni, a fargli scherzi, a svegliarlo di proposito. Bastardi pidocchi! Quando finalmente il principino s’era degnato a ricomparire (verso le 2 o 3 di mattina), aveva fatto un casino mastodontico per mettersi quei due cenci che lui chiama ‘pigiama’, mentre Marco faceva finta di dormire per non dover ascoltare stupidi discorsi sul suo ultimo rimorchio della nottata. Infine si era coricato, ma appena addormentato aveva cominciato a russare come una motosega circolare, al che Marco si era rassegnato a dover passare l’ennesima notte in bianco.
E così giungiamo alle nostre 7 di mattina. Marco si stiracchia di fronte allo specchio: certo che perfino sua madre stenterebbe a riconoscerlo la mattina appena sceso dal letto! I corti capelli castani cadono flosci ai lati del viso sul quale spiccano gli occhi gonfi per la stanchezza. La t-shirt rosa confetto con sopra un elefantino blu che ha fregato a sua sorella è tutta stropicciata, talmente enorme da fargli da vestito; niente a che vedere con la maglietta blu di Superman e i boxer neri da ‘vero duro’ che indossa finchè non si rifugia lontano da occhi indiscreti. Nessun abito firmato a fare la differenza, solo lui col suo riflesso e la sua semplicità di ragazzo. In fondo, come dicevano i Blues Brothers: “Non è importante chi sei o cosa fai per vivere, avere successo o sopravvivere. Ci sono sempre alcune cose che ci rendono tutti uguali”.
Ah, parole sante! Marco vorrebbe tanto che il mondo capisse questo messaggio una volta per tutte. E invece nisba!
Tirando il primo accidente della giornata, agguanta accappatoio e bagnoschiuma per impegnarsi nel sacro rituale della doccia. Fondamentale alla mattina perché, oltre a svegliarlo, è il primo passo per renderlo come minimo presentabile agli occhi della gente. Non sta più un giorno senza lavarsi da anni ormai, almeno da quando ha capito che quest’industria estetica e multimiliardaria che noi chiamiamo mondo è basata solo sulla bellezza esteriore. E dire che lui da piccolo odiava l’acqua e odiava fare il bagno! Ogni volta sua mamma doveva rincorrerlo per tutta la casa e gettarlo di peso nella vasca, e anche allora opponeva una strenua resistenza.
Se ne ritorna in camera dopo 20 minuti completamente pulito, rinfrescato e profumato. E adesso il momento cruciale: la scelta dei vestiti dal suo fornitissimo guardaroba. Magliette, camicie, pantaloni, cinture, scarpe, ce n’è per tutti i gusti. Potrebbe aprirci un negozio con tutta quella roba di marca e fare soldi a palate, ma non si sognerebbe mai! Quelli sono gli strumenti necessari alla sua sopravvivenza là fuori. Prendere una decisione di solito gli porta via un quarto d’ora come minimo, perché deve trovare la giusta coordinazione tra i colori che allo stesso tempo lo faccia sembrare ‘figo’. Opta per dei jeans strappati in punti strategici e una camicia azzurra con sopra un gilè di lana blu scuro; cintura di Gucci, le sue amate Converse bianco panna e un maglione color champagne completano l’opera.
Bene, ci siamo quasi. Deve solo sistemarsi i capelli, cosa importantissima perché se non gli vengono perfetti non avrà nemmeno il coraggio di uscire di camera. Marco ha la fortuna di averli lisci e abbastanza disciplinati (della serie come-li-metti-stanno); un notevole aiuto gli viene dato poi dalla cera invisibile ma dalla tenuta pressochè eterna in ogni condizione atmosferica che abbondantemente si da’ per spettinarli tutti. Il risultato finale è che assomiglia da morire a un idol giapponese, ma nessuno glielo fa notare conoscendo l’odio di Marco per i musi gialli e per l’Oriente in generale.
Una spruzzata di Pino Silvestre (ormai divenuto il suo marchio) e il gioco è fatto. Pronto per affrontare il mondo e fare una strage! Peccato che quei jeans siano scomodissimi, le maglie troppo pesanti e le scarpe troppo leggere per il clima che c’è fuori. Marco detesta vestirsi così: non è libero nei movimenti, ha sempre paura di sporcarsi (visto che quella roba l’ha pagata un occhio della testa), eppure è convinto che senza tutto ciò non otterrebbe quel rispetto che invece ha da sempre. Di conseguenza, piuttosto che cambiarsi si ucciderebbe. D’altra parte il risultato è più che soddisfacente: è sempre stato un bel ragazzo e tutte quelle ore d’inverno passate in palestra hanno dato i loro frutti (anche se ora deve fare gli esercizi di mantenimento).
Aggiustandosi un ciuffetto ribelle sulla guancia, torna a guardare l’ameba che sta ancora ronfando sul letto.
“Filippo, è tardi, svegliati” gli dice con voce già annoiata. Nulla. L’intero college potrebbe andare a fuoco e quello continuerebbe a dormire indisturbato.
“Io vado a fare colazione, tu muoviti però! Sei sempre in ritardo”
Mossa tattica: alla parola ‘colazione’ le sinapsi di Filippo sembrano riacquistare vita e il loro proprietario schizza subito in piedi cominciando a vestirsi alla rinfusa.
Senza aspettarlo, Marco esce per dirigersi alla mensa incurante dei tonfi e i moccoli che provengono da dentro la stanza. Non è mai riuscito a capire come, ma due minuti dopo Filippo è sempre al suo fianco in ascensore a parlare del suo argomento preferito: figa.
Marco finge di divertirsi e di ridere di gusto alle sue battute; è diventato un bravissimo attore per queste cose, a un occhio poco allenato sembrerebbero esattamente una coppia di migliori amici. Tutto deve essere calcolato e perfetto: non deve trapelare assolutamente niente.
Dio, Filippo, ma quanto sei stupido?!? Cosa vuoi che me ne freghi della tua nottata con la milanese dalle tette come Pamela Anderson?!
L’arrivo alla mensa e la materializzazione del cibo davanti ai loro occhi interrompono l’appassionato discorso del bietolone che concentra così tutta la sua attenzione altrove, lasciando Marco in pace per qualche millisecondo.
Finalmente  un po’ di silenzio!
Con il vassoio in mano comincia a ponderare le varie opzioni:
-         yougurt? No, in America fanno schifo e poi gli verrebbe fame a metà mattinata.
-         pancakes e marmellata? No, non gli ci dice il dolce.
-         pane e burro di arachidi? Per l’amor di Dio, no! Dopo gli lasciano tutta la bocca impastata di quella poltiglia.
Decide di buttarsi su uova e pancetta. Chissene frega se è fritto, tanto lui fa i suoi esercizi per la palestra. E poi nei paesi stranieri bisogna provare i cibi tradizionali.
Nel frattempo cominciano a comparire anche gli altri membri del gruppo. Marco non dimostra particolare interesse per nessuno di loro; forse solo per Alberto, venuto quell’anno per la prima volta in America con lui. A una prima occhiata può sembrare il classico ragazzo ordinario, di quelli che dimentichi dopo due secondi che li hai conosciuti…ma quanto inganna l’apparenza al giorno d’oggi! In realtà è un matto che sa fare pressochè tutto, specie ballare musica da discoteca e giocare a calcio. È probabile che sia l’unico di cui Marco ha davvero stima.
Col vassoio in mano si dirige verso la Salvezza: la cassa. Paga in fretta e furia prima che qualche altra testa disabitata lo disturbi, visto che si sta già sfavando. Cerca di individuare un tavolo a cui stare da solo ma naturalmente non ne esistono in una mensa, quindi deve accontentarsi di un tavolino striminzito dove a malapena ci si riesce a mangiare in 4 coi rispettivi vassoi. Oltretutto vicino al via vai principale per cui gli pare di mangiare in vetrina.
CHE PALLE!!!!
Non fa in tempo a godersi neanche il primo boccone di pancetta e uova che Filippo piomba al tavolo quasi rovesciando il vassoio col suo contenuto: pancakes, una ciambella gigante al cioccolato e un cappuccino. W la dieta equilibrata, eh?
“Marchinoooooooooooooooooo”
Il secondo boccone gli va letteralmente di traverso. No, per favore, NO! Non LEI, non a quell’ora del mattino!
E invece eccola, con quella voce irritante e la faccia a pesce lesso: Ginevra, da tutti chiamata Ginny. Forse la ragazza più stupida e mentalmente chiusa che Marco conosce ma purtroppo appartenente al ‘suo’ gruppo.
Vedere lei e Filippo accanto, la mattina alle 8 è una delle esperienze più agghiaccianti che abbia mai avuto in vita sua. Ma le sue doti di attore non lo tradiscono neanche stavolta. Saluta Ginevra come se fosse la sua migliore amica e si rassegna a passare una colazione impregnata da ciance su vestiti, iPod e vaneggiamenti vari da femmina.
Forse è questo il momento in cui l’ammirevole pazienza di Marco è messa a dura prova. Le ore pasti, si sa, sono sacre per tutti e se uno non ti lascia godere nemmeno quelle, il primo impulso è quello di ficcargli una forchetta nei bulbi oculari e di rigirarcela per bene. Ma niente di tutto questo accade; oltre alla pazienza infatti, Marco possiede anche un solido autocontrollo. Gli viene da vomitare a vedere Filippo ingozzarsi di schifezze, ma riesce comunque a finire la sua colazione senza troppi incidenti. Sospirando sbriga la faccenda del vassoio da riportare a posto per poi andare fuori a fumarsi una cicca in santa pace. Ma non c’è verso. In questa successione incontra le seguenti persone:
1.     Lavinia, Marella e Federica. Le 3 Grazie (Grazia, Graziella e Grazie al cazz…). Ogni volta che  le vede ha come una reazione allergica dalle parti dell’inguine. Profonde come pozzanghere e con un cervello in comune.
2.     Stefano e Valeria. I due inseparabili fidanzatini. Un giorno sono tutti pucci-pucci/amore mio/tesorino e il giorno dopo si infamano per aver litigato su una minima cosa. Marco non vorrebbe una fidanzata come Valeria neanche se lo pagassero! È una tale stinfia!
3.     Alberto. Il suo amicone preferito. Probabilmente si è appena alzato e si sta avviando verso la mensa con la testa tra le nuvole, ma con lui ci parla sempre volentieri.
Quando finalmente rimane solo, sfila con sollievo una sigaretta dal pacchetto convinto che una bella fumatina adesso non gliela toglie nessuno. Ma ancora non ha imparato a fare i conti con la sfiga: rovista in tutte le tasche ma dell’accendino neanche l’ombra.
Merda! Merda! Merda!
“Oh, Marco! Aspettami!”
Quella voce! Mio dio, che qualcuno lo uccida! Filippo sta caracollando verso di lui con una cicca in bocca.
“Oh, ce l’hai un accendino?” chiede Marco. Magari quell’incontro non sarà un fiasco totale. Filippo gli porge il suo e insieme cominciano a fumare. Tra una boccata e l’altra l’idiota spara qualche stronzata mentre Marco è sempre più insofferente. Ma il fumo, invero, lo aiuta a sopportare.
Inspira…espira…inspira di nuovo…e butta fuori…aaaaaah, mi sento già meglio.
Nel giro dei due minuti seguenti si aggiungono anche il resto delle persone comunemente note come ‘suoi amici’. Gioia e gaudio. Tutti idioti che non hanno né capo né coda ma coi quali è costretto a stare per scelta di stile. Maledetto lui e la sua vanità!
Ebbene sì: bisogna dire che in effetti Marco è un po’ vanitoso. Cammina per le strade con passo sicuro di sé e l’aria da galletto, pienamente consapevole delle occhiate che le ragazze lanciano a lui e al suo fonodschiena. Ma si trattassero solo di adolescenti in piena crisi ormonale! Addirittura donne che potrebbero avere l’età di sua madre e commesse dei negozi gli sbavano dietro, cosa alquanto utile perché, complice qualche parolina gentile, riesce ad ottenere considerevoli sconti. Anche tutte le cretine del suo gruppo se lo farebbero volentieri, specie Lavinia (che però è tollerata perché ha gusti musicali simili ai suoi) e l’insopportabile Ginevra. Lei è davvero una di quelle persone convinte di piacere al mondo intero, quando invece questo la vorrebbe uccidere.
Una volta, mentre lui camminava tranquillo per le strade di San Francisco facendosi ampiamente i cazzi suoi, ecco che quelle due assatanate l’avevano preso a braccetto (una a destra e una a sinistra) e cominciato a squittire e sgallinare. In quel momento un brivido d’orrore e disgusto gli era salito su per la schiena, ma lo aveva trasformato abilmente in una risata un tantino esasperata. È tutto quello che era riuscito a concedersi, mentre dentro di sé imprecava come un tassista newyorkese imbottigliato nel traffico.
Dopo circa dieci minuti di cazzate sparate a raffica e banfate di fumo in faccia (perché la maggior parte dei ‘suoi amici’ fuma solo perché fa figo e di conseguenza non ne è capace sul serio) è ora di andare tutti a lezione, o più comunemente chiamata momento di dolce far niente poiché tutti se ne sbattono del prof. E lì la giornata può continuare così come è iniziata (male!) o assumere una piega ancora più tragica.
Se Filippo si accascia su un divanetto e dorme recuperado le ore di sonno (che puntualmente riperderà non appena giunge la notte), allora ci si può anche stare. In quei momenti infatti Marco può azzardarsi a dare confidenza al Raspini e al suo gruppo di amici; gli sembrano persone simpatiche ma troppo distanti dal suo stile di vita. In realtà Marco stima molto il Raspini per il suo modo di essere: il classico ragazzo che se ne sbatte dei vestiti, che riesce a conquistarsi l’amicizia con la sola sua simpatia. Lui non ci riuscirebbe mai.
Ma se disgraziatamente Filippo si mantiene sveglio, ecco che tutto cambia e le 3 ore di interessante discussione si trasformano in momenti del tutti anonimi adatti solo per sfottere la gente, fare battutacce sconce, ascoltare l’iPod di nascosto e cose del genere. Come già detto, essendo Marco un grande attore, ci è abituato abbastanza ma comunque gli porta via una considerevole parte di forza mentale per fingersi interessato. Mentre magari il Raspini se la ride tranquillo coi suoi amici veri.
Madonna, che palle!, pensa Marco per l’ennesima volta, durante il secondo break dalle lezioni. L’unica cosa positiva è che in quelle pause può rifornire di nicotina il suo organismo già provato dalla giornata, circondato sempre dal solito branco di idioti. Il resto delle ore di ‘studio dell’inglese’ passa come una nebbia informe nella sua mente poiché Filippo si è avventurato nell’ennesimo racconto dell’ennesima cazzata, non accorgendosi che l’attenzione dell’ ‘amico’ è scesa al di sotto dello zero.
Ora di pranzo. Tutte le volte Marco si chiede come riesca ad arrivarci vivo; è sorprendente l’alto tasso di sopportazione della natura umana. Si avvicina quasi correndo al bancone degli hamburger, patatine, pollo fritto e hot dog prima che arrivi una masnada di gente e si formi un’interminabile fila. In cinque minuti ha già il piatto pieno e può andarsene a mangiare, mentre Filippo che si è fermato a fare lo scemo con le milanesi adesso deve aspettare il suo turno. Ahahahah! Bene!!!
Ma ancora quegli insopportabili individui non si decidono a lasciarlo in pace; sembra che sappiano che nella mensa Marco non ha nessuna via di scampo se non quella di pazientare. Neanche si ricorda come sia un pasto consumato con gente degna di stima. Questa sua stupida commedia infatti va avanti dalla prima media, quando cioè ci si avvicina pericolosamente a quel caos completo detto adolescenza. Già alla tenera età di 11 anni Marco aveva capito come funziona il mondo e quanto può essere dura e crudele la vita sociale se appartieni ai cosiddetti ‘emarginati’. Per queste cose è sempre stato sveglio…
Quel giorno però non gli è andata particolarmente male, dopotutto. Alberto si è messo accanto a lui, quindi può scambiarci qualche parola in tutta onestà senza stare a sentire le cazzate degli altri. Se fosse una ragazza se lo sposerebbe!
Il pranzo è sempre fatto in fretta perché quella matta di Lia, la group-leader, ha fissato la data di partenza per la downtown all’una e mezza. Marco non sa cosa ci sia in programma da fare, ma non gli interessa molto. Tanto sarà seguito pressochè come un’ombra da Filippo, e niente può essere piacevole in sua compagnia.
Come al solito ci sono 3 o 4 ragazze in ritardo che fanno venire a Lia un esaurimento nervoso. E guarda caso sono sempre le sue cosiddette ‘amiche’. Possibile che la gente di cui si è circondato sia anche così egoista?!?
Quando finalmente tutte hanno finito di incipriarsi il naso, il gruppo è pronto a partire. Per raggiungere il centro c’è bisogno dei mezzi pubblici e chi meglio di un tram a corrente elettrica è in grado di soddisfare le richieste di una scolaresca?
Di solito a quest’ora del giorno a Marco viene un gran mal di testa, anche se come d’usanza non lo da’ a vedere. Quei tram saranno anche comodi per chi risiede in città come loro ma sono uno stress non indifferente: prima di tutto perché bisogna sempre stare attenti a scendere alla fermata giusta; poi perché spesso e volentieri sono affollati di gente e l’effetto sardina-in-scatola è assicurato. Marco odia stare a contatto con le persone a quel modo; il sudore, i profumi pesanti, gli odori che emanano tanti corpi umani così vicini l’uno all’altro gli fanno venire voglia di buttarsi fuori dal finestrino e scappare via urlando. Ancora peggio se ci si mette Filippo a ciarlare qualcosa che alle sue orecchie è solo un monotono ronzio. Fortuna che i viaggi sono sempre brevi.
Marco scende sollevato inspirando l’aria pungente di San Francisco. Finalmente ha capito dove sono diretti quel giorno: all’Asian Museum e poi in Union Square per fare shopping. L’idea non lo alletta per niente. Il museo è di una noia mortale, nonché totalmente privo di visitatori (il che la dice lunga); ci sono un sacco di papiri scritti in cinese, giapponese o quello che sia (a Marco non importa distinguerli, tanto per lui sono incomprensibili lo stesso) e poi mille mila statue di quello che assomiglia a un Buddha. Finisce di visitare il museo in meno di un’ora, seguito dal corteo di idioti che invece sembrano divertirsi un mondo a sfottere le opere d’arte.
Come api sul miele si buttano tutti a sedere sulle panchine all’ingresso in attesa del resto del gruppo, e stavolta a Marco è concessa un po’ di privacy. Con la scusa della (finta) stanchezza e della (vera) noia, si mette le cuffie nelle orecche e comincia ad ascoltare musica ad occhi chiusi. Aaaaaaaahhh, uno dei momenti migliori della giornata! Nessuno che gli rompe le balle, che pretende niente da lui…fanculo a tutti! Un giorno sarebbe riuscito a liberarsi di tutto questo e a diventare una persona vera.
Una scrollata energica e improvvisa lo fa sussultare. Si era quasi assopito, ma adesso è ora di andare.
Spengendo l’iPod, segue il gruppo contiuando a far finta di stare bene, in pace col mondo. Armato di santa pazienza sopporta anche le rimanenti tre ore e mezza di shopping con Filippo alle calcagna; fortuna che c’è Alberto!
Di solito è costretto a comprare esclusivamente nei negozi di firme costose perché questa è la vita che si è scelto. Spesso i vestiti neanche gli piacciono ma tutti li vogliono, tutti imitano il suo stile…è come se fosse famoso. E se Dio vuole, Marco ha anche avuto la fortuna di nascere in una famiglia benestante. Per esempio, il giacchetto blu che si è comprato oggi: è costato 600 dollari (tasse escluse), a lui fa schifo (anche se andrà benissimo con le Converse blu che ha intenzione di comprarsi) e già altre due persone se lo sono preso identico al suo.
Ma perché diavolo il mondo è così superficiale?, si chiede aspettando nel punto di ritrovo per riprendere il tram.
Il ritorno è quasi visto come il traguardo di un’interminabile maratona. Marco si sente come se avesse scalato il monte Everest senza ossigeno. Un eroe! È riuscito a concludere un altro giorno della sua vita parallela e nessuno se n’è accorto.
La cena passa in un volo perché è ormai sordo alle cazzate di Filippo e di chiunque altro (e poi ha una fame da lupi).
È  l’ora della consueta partitina a calcio o a basket tra i ragazzi del gruppo. Ecco il momento che permette a Marco di continuare la sua vita a quel modo, fatta solo di bugie, recitazione e falsità. Durante lo sport può sfogare in pace tutta la frustrazione accumulata, per poi ricominciare il giorno dopo d’accapo. Chissene importa se i falli commessi (sgambetti, spintoni, calci negli stinchi, gomitate in faccia e testate) sono assolutamente voluti? Nessuno se ne accorgerà, nello sport sono tutti dei completi inetti, a parte Alberto. È anche per questo che Marco tutti gli inverni si fa le sue due orette di palestra tutti i santi giorni. Mica per avere un corpo muscoloso e scolpito alla perfezione! Macchè, è tutto a favore della sua psiche. Solo che nessuno lo sa.
Finita la partita i maschi se ne tornano in dormitorio e se Marco ha fortuna non vedrà più Filippo fino alla mattina dopo. Il beota infatti la sera va a caccia di ‘pollastrelle’ (che siano milanesi, francesi, cinesi non importa. Basta che respirino), lui invece preferisce di gran lunga farsi una doccia veloce e ficcarsi sotto le coperte. Dopo una giornata così ha i nervi a pezzi!
Quando finalmente chiude la porta di camera (a chiave. Non gli importa se Filippo rimane fuori. Per quel che gli riguarda può benissimo dormire in corridoio), Marco fa un lunghissimo sospiro di sollievo e gli spunta in viso forse il primo vero sorriso del giorno. Libero! Libero per un’altra notte.
Con foga si toglie quei maledetti vestiti che gli hanno dato il tormento per tutto il tempo e si infila il suo pigiamone rosa extralarge. Prima di salire sul letto, passa dallo specchio di camera e sogghigna a sé stesso: se solo gli altri lo vedessero ora! Immagina già le facce che metterebbero su. Ma nessuno dovrà mai scoprirlo. Mai. Altrimenti tutto ciò che si è costruito fin’ora, andrà al diavolo.
Col solito sorrisetto, s’infila sotto le coperte e spenge la luce. La sveglia è messa, Marco sa che avrà solo poche ore di riposo prima che tutto il teatrino ricominci. Tuttavia è passato un altro giorno, e ora ne mancano solo 5 prima che raggiunga la sua famiglia a New York dove finalmente potrà dire addio a tutte quelle pagliacciate. Con questo pensiero incoraggiante, Marco si addormenta e scivola dolcemente nel mondo dei sogni, una delle poche cose in comune che restano a tutti noi.
 
 
 
 
 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Alie