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Autore: Evazick    13/04/2011    4 recensioni
(Seguito di "I fell apart, but got back up again". Ultima storia di questa serie!)
"Improvvisamente e lentamente allo stesso tempo, i miei ricordi iniziarono a disfarsi e a cadere nel buio che stava avvolgendo la mia mente, come le tessere di un puzzle quando vengono riposte nella loro scatola. Ma quelle immagini non cadevano in un posto da dove potessi recuperarle in seguito: finivano nel vuoto, nell’oblio, dove non sarei mai più riuscita a ritrovarle. Vidi sparire mia madre che mi abbracciava e mi scarruffava i capelli quando erano ancora lunghi, la mia amica JoJo che mi tirava un cuscino addosso, Simon che mi sovrastava con la sua pistola in mano, io in volo con le mie ali nere, Slay che si preparava ad uccidermi, Bubble Tower chino sulle sue apparecchiature, Grace che correva e rideva, Frank e Gee durante la ricognizione, Mikey e Ray che sparavano, Joshua che mi stringeva forte a sè per consolarmi...
Joshua."
(AU! Killjoys, make some noise!)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eve.'
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Vendetta, that’s so sweet.

 

Qualche ora più tardi ero di nuovo nella ‘mia’ (se potevo definirla in questo modo) stanza. Ero seduta sul letto a gambe incrociate, con una maglia bianca e un paio di jeans puliti, e mi sentivo più pulita anche sul corpo: la doccia che avevo fatto nel mio bagno privato aveva aiutato decisamente anche il mio umore. Non che il fatto di aver perso la memoria fosse divertente, ma il pensiero di avere uno scopo da portare a termine mi rallegrava, in qualche modo. Avevo qualcosa in cima alla lista delle mie priorità, qualcosa che dovevo completare: al resto avrei pensato in seguito.

Fissai un attimo impaurita la pila di sei cartelle accanto a me: ero davvero sicura di volerle aprire, di voler vedere i volti di chi aveva distrutto la mia vita? Chiusi gli occhi e mi feci forza, afferrando la prima della pila e aprendola.

Le foto che vi trovai dentro era due: una era in bianco e nero, con una croce rossa e la scritta EXTERMINATE sopra. La lasciai perdere e mi limitai ad osservare l’altra, che sembrava tratta da un video di sorveglianza: in primo piano c’era un ragazzo di trent’anni con addosso un giacchetto di pelle blu e un paio di pantaloni bianchi, sporchi per la polvere del deserto. Osservai il suo volto con attenzione e feci una risatina: era pallido come me, aveva gli occhi verdi più belli che avessi mai visto e i capelli di un insolito rosso fuoco come il mio. Ma la cosa che mi faceva ridere era la ridicola mascherina gialla che portava appesa al collo: dove pensava di essere, a Carnevale? Lessi velocemente la scheda allegata per trovare il suo nome. O meglio, il suo soprannome: Party Poison, il Veleno della Festa. Aggrottai le sopracciglia davanti a quello strano nome, poi chiusi la cartella di scatto e passai alla successiva.

La scheda successiva apparteneva a un ragazzo di età simile al primo, con gli stessi occhi e pelle, ma con dei capelli di un biondo accecante. Il giacchetto rosso e l’espressione da duro lo facevano sembrare quasi temibile, ma mi chiesi se fosse davvero così in realtà. Il suo nome era Kobra Kid, il Ragazzo Cobra, e a quanto pareva era il fratello del rosso. Ed effettivamente, confrontando le loro foto, notavo una certa somiglianza: non solo nel colore degli occhi e nella pelle pallida, ma anche nei tratti del viso e nella loro espressione.

Il turno successivo fu quello di un altro ragazzo con un paio di occhiali da sole in faccia e un giacchetto di pelle nero. Non fu tanto il suo abbigliamento a colpirmi, quanto la massa di ricci castani che aveva in testa: sembrava che avessero vita propria e scorazzassero da tutte le parti a loro piacimento. Fu la cosa che mi impressionò di più in Jet Star, la Stella Jet.

Mi aspettai che la prossima cartella fosse quella di un altro ragazzo ancora, ma mi stupii quando davanti mi comparve la foto di una bambina di dieci anni, con la stessa pelle scura e la matassa di ricci di Jet Star. Che sia sua figlia? mi chiesi, incuriosita: non trovavo altra spiegazione per cui una bambina di quell’età fosse finita in mezzo a un gruppo di ribelli. L’ipotesi che l’avessero rapita mi sembrava poco plausibile, anche perché nella foto sorrideva in braccio a un altrettanto sorridente Party Poison. E in quella foto per la prima volta lo vidi come un ragazzo normale, non come un nemico che dovevo affrontare: ma bastò il pensiero dei miei genitori e della mia casa distrutta a farmi chiudere di scatto la cartella e passare alla penultima.

Il nuovo ragazzo aveva ancora una volta gli occhi verdi, ma i capelli neri e lisci gli arrivavano fino alle spalle. Dalla foto sembrava un tappo rispetto agli altri, ma il sorrisetto malefico che aveva in faccia non lo rendeva meno pericoloso. Anzi, quel suo modo di sorridere me lo rese leggermente simpatico. Avrei potuto ucciderlo per ultimo, forse: perché era escluso che uno solo di loro rimanesse in vita. Neanche Fun Ghoul, il Diavolo del Divertimento.

Chiusi la cartella e afferrai l’ultima, quella che Airi mi aveva pregato di leggere dopo tutte le altre. Avevo seguito il suo consiglio senza nemmeno chiedermi il perché di quella strana richiesta, e mi affrettai ad aprire l’ultima cartella, quella con su scritto Showpony, Cavallino da Spettacolo : non c’era nessuna foto con la croce rossa, ma erano entrambe prese da dei filmati. Nella prima una ragazza con delle calze bianche a pois azzurri, un casco azzurro a pois bianchi e una maglia bianca con su scritto NOISE pattinava su una strada nel deserto. Tirai fuori l’altra foto e rimasi sorpresa nel vedere che la ragazza si era tolta il casco: non era una femmina, come avevo pensato, ma un ragazzo! Un ragazzo con quelli che mi sembravano due occhi grigi e degli improbabili capelli tinti di blu! Non riuscii a trattenere le risate mentre chiudevo anche quella cartella e la impilavo insieme alle altre: più che un gruppo di ribelli, sembravano una massa di idioti allo sbaraglio.

Eppure come erano riusciti a farmi così male?

Stavo ancora pensando a questa cosa quando la porta si aprì improvvisamente. Mi voltai di scatto: Airi entrò quasi timidamente nella stanza con un sorriso in volto e un bicchierino trasparente in mano. Al suo interno sembrava che ci fosse qualcosa, ma non riuscii a capire cosa. “Tutto okay?” mi chiese.

Annuii. “Ho dato un’occhiata alle cartelle che mi hai dato.”

“E che ne pensi?”

“Sinceramente?” Sospirai. “Non so… non sembrano così pericolosi come mi hai detto. Sono…” Stavo per dire Ragazzi come tutti gli altri, ma mi trattenni e dissi: “… normali.”

“Non farti ingannare dalle apparenze, Eve,” mi avvisò Airi mentre si sedeva accanto a me sul letto, stando attenta a non schiacciare le cartelle. “Ricorda cosa ti hanno fatto.”

“E come potrei scordarmelo?” borbottai tra me e me. L’atmosfera si era fatta decisamente più pesante e non riuscivo a sostenerla. Indicai il bicchierino trasparente per cambiare argomento. “Che c’è lì dentro?”

“Oh, giusto. Sono per te,” rispose, porgendomelo. Lo presi in mano e osservai il contenuto: cinque pillole della stessa forma, per metà bianche e per metà gialle o bianche o azzurre. Le guardai con aria interrogativa e poi mi rivolsi di nuovo verso la donna, con uno sguardo che chiedeva esplicitamente: E allora?

“Le prendiamo tutti, qui. dammi retta, ti serviranno per concentrarti meglio su quello che devi fare e per lenire un po’ il dolore,” mi spronò. Riportai lo sguardo sulle pillole, ancora non del tutto convinta: c’era qualcosa in fondo alla mia testa, come un presentimento, che mi diceva di lanciarle dalla finestra, di liberarmene… ma Airi era la persona che mi stava aiutando a riprendere la mia vita, che bisogno avrebbe avuto di mentirmi?

Alzai lentamente il bicchierino, portandomelo all’altezza degli occhi, poi lo portai alla bocca e ingoiai tutte e cinque le pillole in un colpo solo, sperando che non mi rimanessero incastrate da qualche parte nella gola o nello stomaco. Ma loro scivolarono giù perfettamente, e restituiti il bicchierino vuoto alla donna, che mi guardò soddisfatta e se lo infilò in una tasca del tailleur. Si alzò dal letto. “Okay. Vieni, devo farti conoscere una persona.”

“Chi?” le chiesi mentre mi infilavo le scarpe, uscivamo ancora una volta dalla stanza e raggiungevamo l’ascensore, per poi raggiungere il settimo piano.

“Non avrai mica pensato di arrivare allo scontro con i ribelli allo sbaraglio?” Rise. “Non so se prima di perdere la memoria sapevi usare una pistola a raggi o combattere, ma è meglio se qualcuno ti insegna a fare queste cose.” Si rifiutò di aggiungere altro e continuammo la nostra discesa in silenzio. Al settimo piano, le porte dell’ascensore si spalancarono direttamente su un’enorme palestra, che doveva occupare tutto il piano. Rimasi impressionata dalle dimensioni e dalla quantità di armi appese ai muri o sul pavimento: pistole e fucili a raggi, spade… sembrava che ogni tipo di arma esistente sulla Terra fosse stato radunato in quella singola palestra. Mi stavo ancora guardando intorno stupefatta quando una voce uscì da una porta nel muro. “Signorina Isoda.”

Mi voltai: alla mia sinistra, sulla soglia di una porta nel muro, c’era un uomo. Gli diedi almeno trentacinque anni, ma il suo fisico da sotto la maglia e i pantaloni bianchi sembrava quello di un ventenne. Un ventenne molto in forma, tra l’altro. Anche i corti capelli neri e gli occhi di uno strano colore tra il verde e il marrone contribuirono ad impressionarmi, e fu un miracolo se non crollai svenuta per terra con la bava alla bocca. Mi indicò con un dito. “È lei la ragazza?”

Airi annuì, poi si rivolse a me. “Eve, lui è Raphael. Sarà il tuo istruttore e lavorerete insieme in questa palestra.” Mi voltai verso l’uomo e gli rivolsi un timido cenno di saluto che tuttavia soddisfò la donna. Mi salutò prima di rientrare dentro l’ascensore e sparire.

Il silenzio che calò nella palestra era assolutamente imbarazzato. Non smisi per un solo secondo di rigirarmi le mani tra di loro, come se questo avesse potuto risolvere qualcosa, ma Raphael fu più abile di me a sciogliere il ghiaccio, afferrando una pistola a raggi bianca da una rastrelliera al muro e avvicinandosi a me. “Sai usarla?” mi chiese deciso ma gentile allo stesso tempo.

Devo proprio dirglielo? “Forse…” mormorai imbarazzata. “Forse la sapevo usare, ma… ma…” Sbuffai. “Okay, non so come spiegartelo.”

Sorrise per troncare il mio patetico tentativo di spiegazione. “Tranquilla, mi hanno già spiegato la tua situazione. Credo che, se tu hai già imparato come si usa una pistola a raggi, il tuo corpo sappia già e il tuo cervello sappiano già cosa devi fare, anche se non ricordi niente. Dovrebbe venirti naturale.”

Alzai un sopracciglio, scettica, ma non aggiunsi niente. Raphael mi avvicinò a un bersaglio concentrico sul muro accanto a noi e mi mise la pistola in mano. “Spara tre volte, e possibilmente cerca di fare centro.”

Fissai un’ultima volta la pistola nella mia mano, poi la impugnai con la destra e mi concentrai al massimo, cancellando dalla mia mente qualunque altro pensiero (che battutona, eh?). Chiusi un occhio e con l’altro mirai, poi feci fuoco.

Tre colpi dritti, precisi e sicuri.

Quando l’eco degli spari si fu diradato, osai guardare il bersaglio. Rimasi stupefatta: non avevo sbagliato un colpo, tutti e tre avevano fatto centro nella parte più piccola del bersaglio. Perfino Raphael era impressionato, ma non commentò. Si limitò a un veloce ‘Te l’avevo detto’ prima di riprendere la pistola e rimetterla al suo posto nella rastrelliera. Mentre tornava verso di me, l’unica cosa che aggiunse fu: “Vediamo come te la cavi col corpo a corpo.”

Prima ancora che potessi capire cosa aveva detto, vidi un pugno che si dirigeva a tutta velocità verso il mio volto. Mi scansai appena in tempo per evitare che mi colpisse in pieno e, senza nemmeno pensarci due volte, allungai la gamba per tirare un calcio nel petto di Raphael. Lui, però, era altrettanto se non più veloce di me, e evitò il colpo così come avevo fatto io.

Continuammo così per quelle che mi sembrarono ore, finchè alla fine lui non abbassò drasticamente la guardia. Approfittai della situazione favorevole e con un calcio lo mandai giù disteso per terra. Gemette per un attimo mentre cadeva a peso morto, e rimase diversi secondi immobile sul pavimento della palestra. Il panico iniziò ad assalirmi, e mi avvicinai lentamente per essere sicura che non lo avessi ammazzato. Gli smossi un braccio col piede, e lui riaprì immediatamente gli occhi. “Ehm, tutto okay?” gli chiesi imbarazzata.

“Ne ho viste di peggio,” fu il suo unico commento mentre si rimetteva faticosamente in piedi. Si diede una veloce sistemata e mi fissò con quei suoi strani occhi. “Sei molto ben preparata fisicamente e sai usare una pistola a raggi, anche se ovviamente dobbiamo ancora sistemare qualcosa. Penso che tra una settimana o due potrai essere pronta per scontrarti con i ribelli.”

Sorrisi di felicità dentro di me. Due settimane non mi sembravano poi così lunghe, in confronto a quello che sarebbe successo dopo.

In quel momento, la vendetta non ebbe mai un sapore così dolce.

 

*
Oggi è uscito il video di #SingItForJapan. Sinceramente ne sono rimasta profondamente sconvolta, e ero sull'orlo delle lacrime.
Non sapete quanto mi senta orgogliosa di tutte noi, di loro. Perchè ho visto quante persone hanno tenuto a far sapere a tutto il mondo e soprattutto al Giappone la loro solidarietà e la loro voglia di aiutarli. E anch'io, nel mio piccolo, voglio esprimere tutta la mia solidarietà per quello che è successo e se potessi correrei in Giappone a dare una mano.
Maricuz_M: a me non sembra che tu non dica niente, mi dici un sacco di cose invece ^_^ E tutti odiano i lavaggi del cervello >.< (La liberazione? Eh... dovremo aspettare ancora un bel pò...)
Momoka chan: *legge incredula gli insulti* Ehm, 'sera -.-' Accetto pure le scommesse, sono curiosa di sentire le vostre opinioni ù.ù Daiii, continua a sclerare, non mi dai alcuna noia! (Evazick... sinceramente mi sembra un pò 'formale', chiamami semplicemente Eva :D)
So Long And Goodnight. Look Alive, Sunshine
#SingItForJapan <3
  
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