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Autore: Hurricane_    16/04/2011    0 recensioni
Michelle è una ragazza di 17 anni. Ha perso molto nella sua giovane vita, ma troverà quel qualcuno che la farà stare bene. Chi sarà questa persona misteriosa? Neanche lei lo sa. Non ancora almeno..
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stavo facendo la cretina con Anthony nell’ora di chimica; la prof. è talmente tanto rincoglionita che non si accorge mai di nulla, beh, meglio per noi. Siamo ancora alla seconda ora, la giornata sembra che non voglia passare mai.

“Che palle”, sbuffo.

“Già.. sei davvero noiosa”, ride lui.

“Senti chi parla!”, e inizio a ridere. Ci tiriamo i capelli e ridiamo come due idioti. A volte sembriamo davvero due bambini di cinque anni.
Mentre ridiamo, non sentiamo la porta dell’aula che si apre e si richiude. La prof. saluta qualcuno.

“Buongiorno”, dice.

“Buongiorno a lei” risponde una voce timida, ma allo stesso tempo sicura di sé.

Quella voce.. mi sembrava familiare, conosciuta. Guardai il ragazzo che stava parlando con la professoressa Bourdon. Era.. mmh.. non so, bello?! Si, era bello. Mentre lo guardavo, sentivo i vari commenti dei miei compagni di classe “Che muscoli!” diceva una; “Il solito pallone gonfiato”, sosteneva un ragazzo.

Per quanto mi riguarda, ero semplicemente incantata. Non riuscivo proprio a distogliere lo sguardo, come se lui fosse un serpente e io la sua preda. D’un tratto si gira e mi guarda negli occhi, per un lunghissimo istante. Abbasso lo sguardo, rossa di vergogna.

“Gli piaci”. Me lo stavo solo immaginando il tono di resa della sua voce? Probabilmente si.

“Ma che dici.. neanche mi conosce”, le guance stavano letteralmente bollendo. Credo che ci si sarebbe potuto cuocere un uovo sopra.

“..prego signor Lee, si sieda davanti alla signorina Boulevard e al signor Steward”.

No, no, no. Perché proprio davanti a me?!
Cazzo, Alice poteva anche venire oggi. Cazzo, perché l’unico banco libero è questo?  
Si avvicina; ogni passo sembra un’eternità. Distolgo lo sguardo, non vorrei sembrare una stalker o roba del genere.
Si siede e si gira subito verso di noi. Ora riesco a cogliere tutti i dettagli.
Alto, moro, occhi verde smeraldo, sorriso pazzesco.

“Salve ragazzi, mi chiamo Andrew”, sorride e ci tende la mano.
Anthony l’afferra prontamente, vedendo che io non sono nel pieno delle mie facoltà mentali, devo ancora ricordami di respirare.

“Piacere, io sono Anthony e lei è Michelle”, mi indica.
Sollevo la mano, ma vedo che trema, quindi decido di lasciar perdere.

“Ciao Andrew, benvenuto”, riesco a dire. Per mia fortuna non ho balbettato. Quando sono nervosa mi succede sempre; balbetto e parlo velocemente. Sono riuscita a contenermi, almeno una figuraccia è stata evitata.
Andrew Lee. Sospiro.
Anthony non capisce cosa mi sta succedendo, o forse l’ha capito ma non lo dà a vedere. Si comporta come sempre, anche se vedo che i suoi gesti e le sue parole sono più forzate del solito. Chissà che gli prende.
La giornata trascorre tranquillamente. Continuo a scherzare con il mio migliore amico, ma ogni tanto lancio qualche occhiata al banco davanti a me, per controllare. Non so cosa controllo di preciso; forse che non svanisca in una nube di fumo.
E’.. è troppo perfetto. Ha dei muscoli molto pronunciati. I capelli neri sono lucenti, mi viene voglia di toccarli. E quando ho visto i suoi occhi.. mi sembrava di caderci dentro. Sono profondi. Ti danno l’idea di un’infinita distesa verde di campagna.

“Hey! Michelle?! Ci sei?”. Anthony mi sventola una mano davanti al viso.

“Eh? Ah si, scusa!”. Sembra deluso. Oggi non ho tempo di analizzare il suo profilo psicologico. Oggi devo avere più informazioni possibili su questo misterioso Andrew Lee.

Finita la scuola vado al parcheggio per prendere il mio motorino. Mentre afferro il casco, sento qualcuno che mi saluta. Riconosco subito quella voce calda e delicata, e sgrano gli occhi. A momenti mi cade il casco atterra.

“Ti ho spaventata?”, ride. Quant’è bello quando ride. La sua risata ha un qualcosa di musicale, come il suono di una chitarra elettrica.

“No, no, tranquillo!” dico in tutta fretta. Armeggio con il casco e salgo sul motorino.

“Beh, ciao. Ci rivediamo domani..?”, lo dice come se non sperasse altro. Arrossisco.

“Certo, a domani”. Metto in moto e lo lascio lì, nel parcheggio, con un sorriso a 32 denti stampato sul volto.
 

 
 
 
  
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