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Autore: mike    01/02/2006    16 recensioni
Ho immaginato di riportare le parole di un personaggio troppo spesso sottovalutato e relegato in un universo di stupidità ancor più spesso. Ho immaginato che cogliesse l'occasione per dire la sua. Una piccola strage in cambio, per saldare alcuni conti in sospeso da troppo tempo.
Genere: Demenziale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è frutto di un raptus bello e buono, perciò se a un certo punto vi renderete conto di avere di fronte agli occhi una marea inimmaginabile di cazzate bestiali, non esitate e mandatemi al creatore senza rimorso.

Vorrei solo ringraziare le due persone che hanno letto in anteprima mondiale questa storia e malgrado l’evidente stato di abbandono psichico, hanno continuato a rivolgermi la parola.. Eli, che sempre e comunque non avrà mai il coraggio spietato di dirmi che ciò che scrivo le provoca orticaria. Perché è la più squilibrata,la più Barbie Rockstar versione Slytherin  e perché il suo guardaroba è sempre un pozzo sicuro dal quale attingere.

E la SERPE (DORATA per scelta e non a caso perché è spietata come solo una vera SERPE può essere e perché beffarsi degli sparuti Gryffindor le da una gioia immensa) che ha spulciato con attenzione  e mi ha dato una soddisfazione immensa, perché lei è l’ORACOLO, lei SA:

Grazie tante per l’attenzione e buona lettura…anche Ron tacitamente ringrazia.

MIKE

 

 

 

La Storia secondo me.

 

 

 

Essere Ronald Weasley.

Cioè essere me…una bella fregatura.

Come inizio vi parrà pure pretenzioso ma credetemi, non sono mai stato baciato dalla vanità. Non che non ci abbia sperato e tentato, ma invano.

E Merlino solo lo sa quanto avrebbe semplificato la mia esistenza di ventenne. Perché proprio questo è il punto: essere quello senza infamia e senza lode fa una stizza dannata.

Il mio problema, il dilemma cruciale intorno al quale ruota il mio essere Ronald Weasley è uno: si chiama divina provvidenza o se vi pare più adeguato, destino.

Scontato, direte voi, già sentito trito e ritrito, eppure proprio questo è il bandolo della matassa. Chiaro, tutto l’equilibrio orbita intorno a questo, è il catalizzatore delle fatalità, il perno intorno al quale ruota la nostra miserissima vita di mortali.

A mio parere con un solo difetto.

La bipolarità.

Sembro un tantino schizzato ma abbiate fede e fatemi spiegare.

Perché io sono giunto a una verità, sono stato benedetto da una rivelazione, una sorta di epifania senza misticismo. Il fato é totalmente privo di coerenza, perché non c’è un disegno, non c’è un momento dove le nostre scelte fanno la differenza, assolutamente no, è tutto un garbuglio buttato lì a casaccio e si salvi chi può. Sarei potuto nascere babbano di nome Mike Chip per intenderci, invece che mago e chiamarmi, ahimè, Ronald Weasley.

I miei problemi veri, quelli tosti, iniziarono a Hogwarts, seguendo poi una parabola discendente con tendenza pericolosa verso le più appuntite rocce nelle vicinanze.

Ora vi spiegherò come questo non sia il delirio di un fan al quale nessuno riesce a far intendere che John Lennon è morto.

Il picco della mia carriera di migliore amico nonché spalla del nostro indomito Sopravvissuto, è segnato da quel momento topico in cui, grazie alle mie facoltà di giocatore d’azzardo, vinsi una certa MORTALE partita a scacchi salvando le auree chiappe al suddetto migliore amico e a quella che è la ragazza della nostra vita.

Tutti, bambini inclusi, avete capito che parlo di Hermione Granger.

Ma procediamo con ordine e disciplina.

Dicevo, la coerenza del destino…un’utopia.

Costante come l’umore di Sibilla Cooman. Un’utopia per l’appunto.

Insomma da quel gloriosissimo momento di quel lontano primo anno, di cui ricordo solo Silente che dice “Grifondoro vince la Coppa delle Case”, le mie performance sono crollate come la Borsa di Wall Street nel lontano ’29.

Ebbene si, vi vedo già a darvi di gomito con aria complice ma sappiatelo, Ronald Weasley un minimo di cultura la possiede.

 E pure babbana come se non bastasse.

Con un padre come il mio, direte voi e si, lo dico anch’io. Ovvio, se vivi gomito a gomito con Arthur Weasley per vent’anni qualcosa la impari.

Insomma, ci ho ragionato per più di mezz’ora in questi ultimi tempi, viste le circostanze, e quello qui scritto è il frutto delle mie considerazioni in proposito.

Il fatto è questo: da quando sono riuscito a farmi quasi troncare una gamba da Sirius in versione Rintintin, ho collezionato una serie infinita di momenti da bacchetta puntata alla tempia e vai di Avada Kedavra, da cui riesco a sbrogliarmi per il rotto del mantello senza esimermi però dalla condizione di scemo del villaggio globale.

 Fino a che, in un’escalation da manuale di storia della magia, non raggiungo la vetta dove cambio la mia identità per diventare simbolo, stendardo, emblema.

Sul mio petto brilla spavaldo e fiero il distintivo di OAFMIP: Organizzatore Assoluto della Fiera Mondiale dell’Idiota Planetario.

Titolo ambito da molti ma conquistato da pochi eletti.

Ma non facciamoci trascinare dalla foga del momento, anzi con la dovuta calma e una nutrita dose di sangue freddo abbiate la decenza di ascoltarmi in quello che vuole essere un chiarimento della mia condizione odierna.

Sorvoliamo su quel disgraziato avvenimento che segnò il declino del mio ruolo di maschio dominante nel branco, ossia la rottura della mia bacchetta al secondo anno di scuola, con conseguente quanto proverbiale vomitata di lumache durante lo svolgimento di un duello verbale tra me e quell’individuo che nominerò a breve.

Stendiamoci sopra un bel mantello dell’invisibilità e passiamo oltre.

Il primo punto fondamentale del dibattimento è: perché mai la suddetta divina provvidenza, dotata come ha dimostrato di un deviato sense of humor, indicò come mio diretto rivale l’infido Draco leccato da una mucca pazza Malfoy?

Miseriaccia ladra.

Perché, ai più acuti osservatori non sarà certo sfuggito il sottile parallelismo.

E per chi ancora non l’avesse capito, dopo anni di sguardi truci e commenti al vetriolo, è proprio lui il mio degno antagonista.

Non di Harry, badate bene, il mio.

Harry per l’appunto, calzando i panni di bambino baciato in bocca dalla fortuna e votato a S.Patrizio (Seamus approverebbe senza ombra di dubbio) si ritrova per la centesima volta nella sua giovane e brevissima vita, a fronteggiare il rispettabile Voldemort, mago oscuro di chiara fama, designato come suo rivale.

L’eterno ( Merlino speriamo di no porcaccia miseria) duello tra il bene occhialuto e il male sibilante. E fin qui nulla da obbiettare.

Segue a ruota il sottoscritto che è costretto a giocarsela con Draco Malfoy.

Il più imbecille sedicenne che abbia mai varcato la soglia del Portale di Hogwarts. Quello che, per intenderci, non pago di essersi fatto marchiare come Mangiamorte in un attacco di cazzonaggine acuta per il gusto di seguire le esemplari orme del vecchio Lucius, ha avuto la modestia di pensare anche solo per un istante di potere far fuori Albus Silente. Che, anche se stroncato all’apice della popolarità e fottuto come un novantenne cardiopatico con cataratta dal gentilissimo Piton, rimane comunque l’unico che Voi Sapete Chi abbia mai temuto.

L’Unico, non parliamo mica di cioccorane porco cacchio.

Per quale assurda ragione o in balia di quale pozione scaduta da decenni, mi chiedo io, questo genio del crimine organizzato noto al secolo come Draco Malfoy ha potuto anche solo credere di poter riuscire nell’impresa? Forse perché in preda a uno dei suoi sogni più ricorrenti dove la morte di Silente si festeggia in compagnia del Signore Oscuro, a Copacabana sorseggiando rum e ballando al ritmo scatenato di merengue?

Certo, essere stato rinchiuso per nove mesi nella Stanza delle Necessità a fare bricolage nell’armadio che accolse Montague, noto come LA BESTIA, con la sola compagnia di ogni ciarpame nascosto e dimenticato da generazioni di studenti e due chiacchiere ogni tanto con quella simpaticona di Mirtilla, ti debilitano rischiando di farti perdere un tantino il lume della ragione.

Ma facciamo un passo indietro.

Ricordate tutti quell’episodio narrato con dovizia di particolari nel primo anno di scuola, in cui Malfoy offrì la sua amicizia al allora undicenne Harry, il quale da gran signore che è, gentilmente rifiutò evitando di sputargli in un occhio?

Ecco, rammenterete anche che la pietra dello scandalo o il motivo del contendere nacque dalla mia risata beffarda nel sentire il nome di Malfoy, che per inciso ha un nome da checca, e dalla sua risposta poco cordiale in riferimento alla mia fulva capigliatura e allo stato di povertà in cui versava ai tempi la mia famiglia.

Quello fu l’esatto momento in cui io e Malfuretto iniziammo a odiarci e a vivere nella speranza di vedere l’altro appeso per le palle fuori dalla Torre di Astronomia.

Da allora, a tamburo battente, si susseguirono vendette e sferzate traversali, atte a minare la mia credibilità come uomo e come portiere quali: composizione di suo pugno dell’inno Serpeverde “ Perché Weasley è il nostro re” poi tramutato in cavallo di battaglia Grifondoro, diffusione di soprannomi coniati sempre dalla stessa mente malefica come Lenticchia, Weasleyuccio, Donnola, Straccione filobabbano e via discorrendo. Non ultimo il fallito tentativo di avvelenare Silente che è invece ricaduto su di me con la forza di una folgore.

E potete giurarci, Malfoy ha goduto come un dannato al solo pensiero di avermi praticamente fatto la pelle… Perciò mi domando e dico: mi pare ovvio che, dopo un tale dispendio di energie, il solo bersaglio delle sparate piuttosto infime del vostro Malfoy fossi io e solamente io.

E non voglio abbandonarmi oltre a nostalgici ricordi in proposito.

I nostri ruoli nella faccenda sono così riassunti: lui il ricco, io il dignitoso povero, lui il codardo, io il sedicente impavido, lui l’ipocrita, io senza ombra di dubbio l’onesto e sincero come un buon vecchio Grifondoro.

 E per volere del Cielo, lui bello comunque e temuto, io… bè ho i capelli di un rosso vergognoso e lentiggini in ordine sparso disseminate per il corpo.

Tirate un po’ voi le somme.

Anche se comunque, visto che questa è la vicenda secondo il mio punto di vista, considero orrendo quel pallore malaticcio della sua viscida faccia di merda e quei suoi capelli che ricordano Severus Piton dopo una seduta dal parrucchiere di Marilyn Monroe.

E con questo chiudo il capitolo Malfoy, ma concedetemi un ultimo quesito.

Alla luce delle ultime considerazioni, perché proprio Draco Malfoy, tanto uomo da essere schiaffeggiato pure da Hermione, e non un degno rivale alla pari con la mia intelligenza?

La risposta è celata nella domanda stessa, anzi intrinseca per essere precisi: evidentemente qualcuno lassù o laggiù, come preferite secondo le vostre opinioni in proposito, ha ben pensato dal principio di affibbiarmi la parte del ritardato di turno.

Non soddisfatto con un colpo di genio degno di nota ha quindi deciso, per evitare che dopo due secondi ogni singolo essere vivente incappato sul mio cammino si rendesse conto delle mie tare mentali, di collocarmi in sequenza con: una famiglia che vanta una figliata eccezionale, un migliore amico paladino del mondo magico, un’amica strega praticamente figlia adottiva di Albert Einstein.

So bene chi sia Albert Coso perciò vediamo di piantarla.

Insomma sono nella merda, ci sguazzo proprio dentro.

Vorrei però, perché sono logorroico cronico, elencare e sviscerare nel dettaglio la questione FAMIGLIA, piuttosto spinosa in verità.

Molly e Arthur Weasley sono a prima vista due persone del tutto normali e abitudinarie come qualunque strega e mago di mezza età, se non si considera la generosità e profonda bontà dei loro animi che ci viene sbattuta in faccia ogni qualvolta capiti qualcosa che li riguardi. E non dimenticate il coraggio.

Membri dell’Ordine della Fenice i miei, nonché fidatissimi del defunto Silente.

Mica poco.

Passiamo a Charlie: capitano della squadra di Quidditch ai tempi della scuola tanto eccezionale da meritarsi un posto in Nazionale, rifiutò la gloria e le luci della ribalta per volare in Romania. Ma non certo per sedersi a ingrassare il deretano dietro a una squallida scrivania in un ufficio formato topaia, bensì a allevare draghi.

Draghi, non unicorni badate.

E questo è il risultato: un ragazzone alto, di bell’aspetto da uomo navigato, con fisico scolpito dal duro lavoro e cicatrici profonde ognuna del valore di una medaglia.

Segue Bill: Caposcuola, Capoclasse, talmente scaltro e intelligente da procacciarsi un posto alla Gringott, naturalmente non come portiere di notte, ma nelle vesti di Spezza Incantesimi. In Egitto, uno dei posti più fantastici del mondo.

Risultato: chioma fluente al vento, abbronzatura da Tropici che quasi quasi viene voglia di cospargerlo con olio di cocco e seppur sfregiato dal mannaro Fenrir, ancora super fidanzato e prossimo alle nozze con neo moglie francese, con sangue di Veela, di nome Fleur Delacour. Uno scherzo.

Parlare di Percy è irrilevante e noioso: ormai lo odiamo tutti cordialmente ma nessuno può negare che il suo quoziente intellettivo, oltre che la sua ossessione per tutto ciò che è regola, lo colloca praticamente alla pari con Hermione.

Per entrambe le cose aggiungerei.

Risultato: stupido come pochi possono vantarsi di essere, ma con un cranio da fare paura.

Siamo dunque giunti nella sezione HOT della classifica Weasley. E’ chiaro dalla trepidazione che elettrizza l’aria, che tutti avete capito chi sono i prossimi.

Fred e George. Che dire di loro?

 Il solo nome dei miei fratelli gemelli è leggenda.

 Loro che hanno costruito, giorno dopo giorno, la storia moderna di Hogwarts, che dallo studente medio per i secoli a seguire verranno ricordati e idolatrati alla pari dei fondatori. Quelli fuggiti in sella a una scopa, con mezza scuola in visibilio ai loro piedi (me compreso accidenti), battitori di fama planetaria, gli unici che con mille galeoni hanno tirato su un impero.

Risultato: ricchi e famosi da fare schifo.

Concludo questa carrellata in bellezza con l’unica erede femmina della famiglia: Ginny.

Promessa del futuro, ardita sulla scopa e brillante nel Quidditch spesso e volentieri più del fratello (cioè io), le fatture sono la sua impareggiabile specialità. Una delle ragazze più popolari della scuola per inciso, unica ritenuta di bellezza notabile dallo schizzinosissimo Blaise dei miei coglioni Zabini, nato e cresciuto in seno a Serpeverde.

Risultato: lei è, mio malgrado, unico e solo vero amore del mio migliore amico che, per chi l’avesse scordato, di nome fa Harry Potter.

Morale della favola non mi stupirei se a un certo punto, mi eliminassero dalla storia per mancanza di requisiti necessari, liquidandomi con un “sei talmente insulso ragazzo che non un Mangiamorte si è proposto per ucciderti”.

Ma comunque, Harry Potter dicevamo.

Cresciuto e vissuto in una delle peggio famiglie babbane esistenti tra Londra e il Devonshire e bla bla bla…voglio dire, questa parte di vessazioni, privazioni e  maltrattamenti su minore la conoscete a memoria, sgabuzzino del sottoscala compreso. Certo, non che poi il piccolo Harry non ne abbia risentito, ma diamine questa è la MIA storia non la sua.

Passiamo ai Potter, quelli veri, quelli magici, quelli di Hogwarts negli anni Settanta.

James e Lily per capirci.

Di loro non si sa molto, anzi per la verità non si sa un accidenti di niente.

Perché ovviamente, come in ogni storia che si rispetti, di coloro che hanno dato i natali al nostro eroe le autorità hanno giustamente creduto, e ci hanno creduto fino in fondo malgrado le avversità, di non rivelare se non i nomi di battesimo e qualche stupidaggine sparsa qua e là.

Fatto sta che, non si capisce come, non si capisce perché i Potter, messi fuori gioco da quel furbino di Voi Sapete Chi, siano comunque riusciti a tramandare al loro unico primogenito una quantità invereconda di galeoni. Ovviamente, come Hagrid e per lui Silente, fossero in possesso della magica chiave di tale camera di sicurezza saltata fuori come un cavolo cappuccio, è un dettaglio trascurabile che non ci è dato conoscere.

Io ho chiaramente, a proposito della somma lì custodita, una mia personale teoria di come l’abbiano racimolata. Mi ha sempre intrippato pensare a James e Lily come due anticonformisti, due no global direbbe Hermione.

E da questo quanto segue.

Immaginatevi James senza quell’aria da ragioniere in pensione e con tutti i capelli ben attaccati al cranio, in completo bianco di lino fresco di sartoria, cappello in tinta a tesa larga calcato sulla fronte, sigaro cubano stretto tra i denti e folti baffi neri come il carbone.

Un narcotrafficante colombiano in piena regola.

E Lily al suo fianco. Bellissima, avvolta nella sua tunica di seta stampa floreale in tono foresta amazzonica.

Un sogno in technicolor.

E da qui deriva l’eredità del nostro adorato. Da un commercio ben avviato, fondato su una rete capillare di produzione e distribuzione al dettaglio.

Dal produttore al consumatore, per farla breve.

Già me li vedo.

Sotto mentite spoglie di giovane coppia inglese affiatata e noiosamente per bene da parere stucchevole, di quelli da sepolcri gemelli e amore eterno.

Ora, il fatto che le contingenze abbiano effettivamente voluto che crepassero entrambi lo stesso giorno e perciò li seppellissero uno accanto all’altra non vi deve sviare dal punto cruciale, e cioè che James e Lily non fossero tipi da queste smancerie romantiche, da tale subdola forma mentis.

Sotto un aspetto innocuo si celavano due spiriti liberi, che ebbero l’ardore di cimentarsi e infine conquistarsi una fetta di quel mercato in via di espansione che era lo spaccio di stupefacenti.

A dir poco geniali. Anzi geniali sminuisce il loro successo travolgente.

Insomma, guardiamoci negli occhi e per una buona volta chiamiamo le cose con il loro nome, senza finti buonismi e moti di spirito dell’ultima ora: il nostro Harry Potter alla fine è stato discretamente fortunato.

E io che mi ero illuso, su quel treno che ci portava a Hogwarts, di essere in fin dei conti, simile a lui: entrambi undicenni, entrambi spaesati, entrambi con indosso abiti di seconda mano. Questo paradiso del piccolo fiammiferaio si è infranto nel momento in cui quella dannatissima vecchietta si è materializzata con al seguito una carrettata di dolciumi appena sfornati dalla fabbrica Wonka (che per inciso, era un mago piuttosto famoso dalle nostre parti anche prima di diventare una star hollywoodiana). Come da copione, io tirai fuori i miei tristissimi sandwiches e lui, con un colpo di mano, ribaltò la situazione tirando fuori una manciata di galeoni freschi di Zecca e comprando tutto il carrello nella sua coloratissima e profumatissima interezza.

Ma porca di quella miseria, per quale motivo incomprensibile ho diretto la mia carcassa a pois verso quello scompartimento vuoto? Perché, contravvenendo alla più elementare regola che ci viene ripetuta già prima di nascere, ho dato confidenza a uno sconosciuto accettando pure le sue caramelle? Perché mi sono condannato al ruolo di eterno portaborse, quando avrei potuto imbastire e gestire la mia sorte, facendo valere il mio privilegio di ultimo maschio Weasley libero per Hogwarts?

Dopo anni di rinunce, anni di seghe mentali, duelli combattuti fianco a fianco con Harry Potter rischiando la mia pellaccia in suo onore, sono giunto a una risposta.

E’ l’amore Harry, l’amore.

Certo come no. Questo lo direbbe Silente se fosse ancora vivo e vegeto, ma siccome riposa in pace due metri sotto terra, mi sento di affermare che l’amore non c’entra proprio un bel niente.

E’ la sfiga dannata Harry, la sfiga dannata.

Il titolo di coda di quel film serie z l’importante è partecipare che è la mia esistenza.

Voi crederete che mi piango un tantino addosso e che questo non è affatto dignitoso per un Weasley. Bè ho imparato anni fa a strafottermene della dignità, dell’orgoglio e di tutto questo mucchio di stronzate. Non sono tagliato per la parte dell’eroe, perché quando all’età di quindici anni ti ritrovi chiuso in un posto straripante di Mangiamorte che ti braccano e non vedono l’ora di farti impazzire con una qualsivoglia maledizione senza perdono, io dico che te la fai addosso più o meno in 3 secondi scarsi.

Con o senza Harry Potter nella stanza accanto.

Che alla fine, quella cicatrice neppure la voleva. Ve lo dice Ron, fidatevi.

Il fatto è che, come qualunque Weasley strafatto di bontà fino al midollo, anche io ho il mio punto debole. E quel punto debole è proprio lui, il mitico Potter.

Anche perché altrimenti credo che sarei in Sala Comune a sorseggiare elegantemente succo di zucca e riflettere sulla stabilità della mia scopa in picchiata.

Mi ha sempre dato l’impressione che alla fine fosse lui quello bisognoso di protezione, di qualcuno che gli guardasse le spalle malgrado la sua indiscussa fama di Sopravvissuto.

Che a parere mio, non ha mai fatto rima né con immortale, né tanto meno con infallibile.

E poi, a chi non farebbe gola l’idea di essere il braccio destro dell’undicenne più famoso di tutto il mondo magico? Credetemi, mezza Hogwarts avrebbe venduto i genitori e nonni compresi nel pacchetto a Voi Sapete Chi per essere al mio posto.

E stando così le cose, ora sarei davvero pronto a cederlo.

Ma mi riservo in seguito di dare completa spiegazione per ciò che ho scritto, per evitare di tirarmi dietro malocchi e fatture di vario genere e tipo, dall’infinito numero di simpatizzanti Potter.

E dunque, siamo arrivati a Lei.

Hermione Granger il Prefetto,la ragazza più brillante che abbia mai conosciuto.

La strega più eccezionale dei nostri tempi a Hogwarts, la parte fondamentale di quello che è diventato un trio da leggenda, sulla scia dei più veloci pistoleri del West. Pistoleri a parte, tanto per dirla tutta sarei voluto essere un pistolero dai modi rudi e spietati, di quelli da mi faccio un bagno in estate quando ne ho voglia vestito di tutto punto.

Lasciamo perdere selvaggio West e affini.

Vorrei chiarire la mia opinione in proposito prima di tutto, ossia sfatare quel mito per il quale, viste le circostanze e la spudorata propaganda, ha eletto lei e solo lei come mente operante del gruppo.

Perché, oh si, lei è nata per essere la prima della classe, della scuola, del intero universo suppongo.

E lo sa, ne è certa, è la sua verità rivelata, la sua costante carta vincente.

Lei è come i nostri cugini americani, ci è nata con le mire espansionistiche di dominazione assoluta, le scorrono nelle vene al posto del sangue.

E’ una leader.

Immagino però che nel suo microcosmo pergamenaceo fatto di sapienza, conoscenza e spille con su scritto CREPA,ci siano sempre state due falle piuttosto evidenti.

Prima: la presunzione.

Miss Granger riesce a essere immensamente più presuntuosa di dieci generazioni purosangue con altrettante generazioni di elfi domestici al loro servizio.

Anzi sinceramente posso assicurarvi che potrebbe mettersi in cattedra e insegnare l’A B C della presunzione pure a Voi Sapete Chi, che ultimamente dimostra una certa carenza in materia.

Semplicemente INFALLIBILE è il suo motto.

Ho sempre nutrito il lieve sospetto che, potendo, si sarebbe auto proclamata Preside di Hogwarts a vita per intraprendere la sua ascesa all’olimpo degli infallibili.

Dove, mi pare superfluo dirlo, quelli come me vantano foto segnaletiche ai cancelli del tipo io non posso entrare.

Del resto, non ci si può aspettare altrimenti da una che sogna di diventare la copia di Minerva McGranitt in versione terzo millennio.

Seconda: gli scacchi.

Non esiste individuo al mondo, e ve lo giuro con tanto di destra sul cuore, più assurdamente incapace di lei nel giocare a scacchi.

E io l’ ho sempre detto, mai fidarsi di chi non sa giocare a scacchi. Mai.

La cosa grave è che non vuole imparare nemmeno se fosse un maestro come me a insegnarle. E questo chiude definitivamente la questione, perché davvero rende l’idea di che razza di persona pericolosa sia Hermione Granger.

Ovviamente quello che sto per aggiungere spazzerà via tutto quello che finora ho scritto, ma sappiate che in un certo senso lei è la persona che ho odiato di più al mondo.

 Perché quando meno me lo aspettavo, quando il nervo era scoperto e vulnerabile, era capace di trattarmi come l’ultimo zerbino da bagno sulla faccia della terra, alzando bene la voce in modo che tutta la Sala Grande al completo non si perdesse una sillaba del suo monologo, con tanto di teste che annuivano convinte come a dire hai ragione donna riducilo in brandelli . Ma che carina.

Dicevo, Hermione…

Tutti e dico tutti, hanno comunque capito molto prima del sottoscritto quanto in realtà tenessi a lei e cosa fosse quell’agitazione che mi mandava in paranoia ogni volta che, per un motivo o per un altro, restavamo soli io e lei.

E qui Silente, con le sue frasi a effetto, ci sguazzerebbe proprio.

Io la amavo.

Non credo davvero di averla amata dal primo istante in cui il mio sguardo si è posato su di lei. Anche perché una che neanche sa chi sei e già ti bacchetta dicendo con aria scandalizzata, cito testuali parole, hai dello sporco sul naso rendendoti ridicolo davanti a quello che poteva essere un amico ma che, dopo una scena simile, negherà perfino di conoscerti, non ti viene voglia di sposartela seduta stante.

Un giorno ho semplicemente iniziato e non mi sono più fermato.

Ad amarla intendo…

Non so se il mio cuore battesse letteralmente per lei o all’unisono con il suo, non ho mai verificato al dettaglio. Comunque la amavo e la amo ancora.

Soprassedendo all’argomento Lavanda Brown, il suo interessamento morboso nei miei confronti diede una bella accelerata alla mia, languente e patetica, vita sentimentale.

 E Hermione conobbe la gelosia.

Quella che mi aveva illividito e reso ridicolo al fatidico Ballo del Ceppo, dove mi dilettai a osservare quel suo abito sconcio da ogni angolatura e contemporaneamente, tenere sotto tiro di bacchetta le mani di Viky, con tanto di Avada Kedavra sulla punta della lingua.

Seppi in seguito, che quel giorno fui sul serio sul punto di conoscere la follia che mi avrebbe di certo portato a compiere un massacro, che si sarebbe concluso con me che, trionfante, bevevo il sangue di Krum dal suo stesso cranio.

Ma comunque, sapete tutti che si risolse con una tradizionale litigata e nessuno ci rimise le penne.

E fu allora che capii.

Non avrei sopportato di vederla accanto a uomo, ragazzo o studente, Durmstrang compreso, che non fossi io in persona.

Altri problemi. Altre vendette. Altri litigi.

Finchè non raccolsi il coraggio con braccia e gambe, e con bocca tremante e orecchie in fiamme un giorno la baciai.

Così, dal nulla.

In piena Diagon Alley, una notte senza chiaro di luna, con un freddo dannato e un’atmosfera piuttosto triste.

E lei pianse.

Vi assicuro che, dopo una così snervante prova di coraggio, vederla in lacrime non mi portò esattamente a toccare il cielo con la bacchetta.

Piuttosto a raschiare il fondo dell’inferno con le unghie.

Anche perché, il pensiero paralizzante che stesse piangendo a causa della mia performance tragicamente scadente, mi portò con un certo accademico interesse,  a osservare le mie palle rotolare in direzione sud, sud-ovest.

Rimasi, come si dice dalle mie parti e sicuramente pure dalle vostre, senza parole…anche perché, che avrei dovuto dirle per consolarla?

Dopo questa lieta parentesi amorosa tornammo, rigorosamente votati all’omertà, alla nostra dimora di quei giorni, casa di Harry, ex residenza invernale dei Black, a Griammauld Place.

Una cena silenziosa, due profonde occhiaie grigiastre e affatto sexy sotto gli occhi di Harry e una sigaretta cancerogena prima di quella che prometteva essere una riposante notte insonne, dove mi sarei prodigato a testare, una per una, tutte le molle del mio letto sgangherato.

Una persecuzione per me i letti sgangherati.

Finché così, giusto perché non dormivo abbrancato alla mia bacchetta sotto il cuscino, qualcuno non decise che per me era giunta l’ora di salutare, ringraziare e  levare definitivamente il disturbo.

Sentendo chiaramente qualcuno intrufolarsi di soppiatto e con belliche intenzioni dentro la camera dove dormivo, tanto per tenermi in allenamento scagliai una bella Cruciatus, che chissà poi perché, era la maledizione che padroneggiavo in maniera magistrale senza falsa modestia, dopo averla più volte provata, tanto per capire se fossi capace, su qualche solitario Mangiamorte di passaggio.

Al che, l’urlo stridulo che mi forò il timpano destro, mi avvertì che quel qualcuno altri non era che la nostra strega preferita in attacco di sonnambulismo.

Alla fine, dopo frasi mozze e bestemmie ben piazzate, morale della favola qualcuno ebbe l’intuizione di accendere la luce e fare finalmente chiarezza su quel groviglio di lenzuola, bacchette e carne umana. Che risultava piuttosto bizzarro e addirittura comico, se si esclude il piccolo dettaglio che stavo per mandare in polvere il preziosissimo cervello di Hermione.

La scena che si presentò ai nostri occhi fu la seguente: io balzato in piedi, torreggiavo sugli altri dall’alto del mio letto che rischiava di troncarsi in due sotto il mio peso considerevole; Hermione in camicia da notte, buttata a terra con la bacchetta levata (avevo sempre sospettato, e ne ebbi la conferma, che probabilmente girasse per la casa con la bacchetta infilata nel reggiseno) e chiudeva questa corte dei miracoli Harry, che mi fissava con sguardo stralunato fermo sulla porta, con indosso le sole mutande, quelle grigiastre modello Azkaban.

Dopo i chiarimenti di rito e le occhiatacce di entrambi rivolte alla mia persona, responsabile di avere aperto un cratere nel muro, che in realtà si rivelò piuttosto utile come scorciatoia per il bagno, tutti si ritirarono nelle rispettive stanze.

Lasciandomi, è inutile dirlo, in uno stato confusionale a riflettere sulla mia proverbiale prontezza di riflessi e sulla discutibile decisione di lanciare una Cruciatus dentro casa e completamente alla cieca.

Una bella passata di Russia mi diceva sempre mia madre.

Dopo circa un’ora comunque Russia a parte, mentre ero proprio lì lì per addormentarmi, ripartì il gioco.

Altro giro, altra corsa.

Stavolta però Hermione si rivelò ben prima che potessi prendere tempestivi provvedimenti contro un eventuale estraneo non esplicitamente invitato nella mia stanza da letto.

Dopo di che silenzio.

Mi chiese solo di farle spazio nel letto, ormai in condizioni tanto irrecuperabili da non assicurare un sonno esattamente sicuro ai suoi occupanti, e si stese accanto a me che, seguendo il mio ancestrale istinto animalesco, rimasi rigido come un cadavere per le restanti cinque ore, ottenendo così un nervo accavallato sulla spalla e la schiena in pezzi.

Non dormii per un solo istante quella notte, semplicemente ascoltai il suo respiro diventare lento e regolare che, alle prime luci dell’alba, divenne un russare sommesso.

La ragazza che giorno dopo giorno, in tutti quegli anni, aveva dato prova di un’intelligenza oltremodo brillante che esulava da qualunque previsione, che in più di un’occasione aveva sfoderato le sue doti eccezionali e la sua proverbiale freddezza 

( si freddezza certo, come no) nel risolvere i dilemmi più astutamente congeniati, insomma per dirne una, quella stessa ragazza che per prima aveva scoperto quale immonda bestiaccia si celasse nella Camera dei Segreti, ebbene lei russava.

Fu una scoperta devastante perché mi fu chiaro che, in fin dei conti, io e Hermione appartenevamo alla stessa razza.

Lei non era poi così diversa da me.

E così procedemmo per due settimane circa.

Nessuno dei due si azzardò a parlare di quel bacio, forse perché davvero la nostra vita di allora non era poi un’oasi di pace e serenità, ma la notte, divenuta il mio regno di diritto, lei entrava in camera mia a stendersi accanto a me nel posto che io naturalmente lasciavo libero.

Non ho mai capito, come è nell’ordine naturale delle cose, perché venisse a dormire nel mio letto, sapevo solo che lei c’era e questo mi bastava.

Una notte di quelle, dopo una cena succulenta a base di panini stantii, Merlino come rimpiangevo i banchetti in Sala Grande, e troppe sigarette fumate, venne in camera e si sdraiò accanto a me ma invece che limitarsi a cadere in coma dopo due secondi netti, si voltò a guardarmi e mi baciò.

L’unica cosa che posso sinceramente dire è che non ho mai sentito nessuno, in vita mia, dire che la prima volta fosse stata un totale e glorioso successo.

Bè noi non fummo affatto un’eccezione, anzi faticammo a rientrare nella media.

Io ero vergine come un bambino, lei pure e potete tranquillamente immaginare una coppia come noi che prova di sesso travolgente abbia potuto sostenere.

A questo punto, per ragioni che solo noi uomini comprendiamo e rispettiamo, dovrei comunque aggiungere, con sguardo d’intesa, che alla sesta volta trovammo il giusto ritmo.

Sono un pessimo bugiardo, sempre stato, perciò non ci fu una sesta volta ma neanche la vaga ombra.

Però stavolta Hermione non pianse, anzi non ce la faceva a smettere di ridere in quel modo che non sentivo da tanto tempo.

Mi piace pensare che ridesse CON me e non Di me, ma comunque sono sempre stato uno che si accontenta.

C’è poco da fare gli orgogliosi del resto, visto che fino a allora l’avevo considerata, come dire…un tantino irraggiungibile.

Sapevo bene che avrebbe potuto aspirare a ben altro, soprattutto perché io non ero proprio un partito da irretire, tipo scapolo d’oro con al seguito corte di donne urlanti.

Da che ho memoria l’unica donna che mi urla dietro è mia madre, ma capite bene, non è proprio la stessa cosa.

Si erano spalancati di fronte a me i cancelli di un edenico paradiso fino ad allora proibito, dove le gioie dell’amore spirituale e carnale mi venivano offerte come frutti maturi appena colti dall’albero.

Faceva molto Adamo e Eva, e io sono uno che viaggia di fantasia.

Con una certa foga e ben provvisto di egoistico furore, mi tuffai dentro questa nuova vita dove ero unico maschio protagonista indiscusso e calzavo i panni di un aitante e migliore Ronald Weasley.

Naturalmente la mia infallibile lungimiranza da quel momento in poi decise di andare in vacanze separate dal mio acuto cervello di maschio medio, lasciandomi affrontare la realtà dei fatti e le sue devastanti conseguenze in seguito.

Quando iniziai a sospettare che probabilmente i capelli non mi si drizzavano in testa, ogni volta che uscivamo di casa, per via dell’umidità, bensì per una ragione ben più profonda.

Insomma tremavo all’idea di uno scontro.

Tremavo all’idea che un giorno qualunque, uno di quelli senza nome e uguale a tutti gli altri, sarebbe potuto essere l’ultimo in cui lei avrebbe impugnato la bacchetta per difendersi.

Dire che vivevo praticamente in un costante stato d’ansia sarebbe riduttivo.

Dire che avrei dovuto vivere con un cesso incollato saldamente alle chiappe rende, invece, perfettamente l’idea.

Nel giro di quindici minuti le mie certezze erano belle che andate e cominciò a cogliermi la sindrome del soldato militante, chiamata dai più seria consapevolezza di versare in pericolo di morte.

Ebbene, io non avevo nessuna fottutissima voglia di crepare, non così giovane, non in quel modo.

Ma si sa, il freddo fa correre la vecchia e io, come la disgraziata vecchietta, altro potevo fare se non correre.

In tutto questo percorso a premi, l’amico Harry si rese conto che tra me e Hermione probabilmente, e aiutatemi a dire probabilmente, le cose erano leggermente cambiate.

Ne ebbe la certezza quando, una sera, ci beccò in salotto a scambiarci carezze alquanto equivoche per due che ufficialmente erano solo buoni amici.

Non fu un’esperienza esaltante affrontarlo.

Anche perché, e io lo sapevo bene, nel momento in cui aveva deciso di mollare la scuola e seguire, come molliche di pane, gli Horcrux che zio Tom aveva disseminato per l’orbe terracqueo si era definitivamente allontanato da mia sorella.

 E bè, non sarò un genio ma riconosco le pene d’amore quando le vedo, visto che sono un luminare in materia.

Lui aveva rinunciato a Ginny perché sapeva che qualche Mangiamorte annoiato se la sarebbe presa con lei per farlo venire allo scoperto o per puro e speculativo divertimento.

E lui lo sapeva come lo sapevo io, in questa guerra non si facevano prigionieri.

Ma come ho già detto e come dissi a lui, in quella che fu la notte più lunga della mia vita, io non sono mai stato un eroe e non avrei rinunciato a lei.

Non lo avrei fatto per tutto l’oro della Gringott, nemmeno sotto Imperius se proprio devo dirlo. Me ne fottevo alla grande dei pericoli in agguato dietro ogni angolo della porca Londra, non avrei rinunciato a lei punto e basta.

Anche perché, non chiarii questo punto al nostro beniamino, ma se Hermione fosse morta avrei fatto baracca e burattini, baci alla famiglia e via di biglietto sola andata per l’aldilà. E amen. Anzi, senza colpo ferire.

Stando così le cose capirete che la storia si colorò a tinte torbide, in questa lotta intestina al trio che vedeva me e lui schierati in posizioni vagamente avverse, e Hermione come sempre presa esattamente nel mezzo, che tentava con tutto il suo buonsenso di farci ragionare.

Tempo sprecato.

Io e Harry capimmo perciò che forse la nostra fantastica amicizia non avrebbe retto quel colpo, anche perché a differenza del passato, non avevo la minima intenzione di farmi da parte e rispettare le regole che lui aveva imposto a se stesso convinto del fatto che  se valeva per lui, tutti si sarebbero adeguati.

Io sono per il libero arbitrio e non ho ancora sentito nessuno dire che Harry Potter è la reincarnazione di Cristo, Buddha o Allah. O Odino per dire.

Per intenderci, ancora non lo avevano promosso a Divinità Onnipotente e Onnisciente perciò non ero affatto d’accordo a rispettare la Bibbia secondo Potter.

E lo resi partecipe di questi miei ragionamenti.

In maniera un po’ brutale lo ammetto.

Ma doveva capire che se fino a allora lo avevo rispettato e osannato, lo avevo fatto per mia libera scelta, attratto dai suoi occhiali rattoppati, e non perché fossi un bambolotto nelle sue mani di cercatore.

Mi disse che ero una testa di cazzo egoista e nella sua vita non aveva mai sentito tante stronzate uscire tutte insieme dalla mia bocca, aggiungendo che questa era davvero una piacevole novità.

Hermione si intromise iniziando a redarguire entrambi alla maniera Hogwarts sono Prefetto in onore dei vecchi tempi, per concludere la serata danzante a piangere chiusa a chiave in camera sua, ottenendo perfettamente l’effetto voluto di farci sentire due imbecilli e l’effetto indesiderato di darci la colpa delle sue lacrime a vicenda.

…E noi tre abbiamo il compito di trovare gli altri Horcrux, distruggerli evitando di crepare nel tentativo e poi affrontare Voldemort e le sue schiere di seguaci simpatici come il vaiolo, con un’orda di mannari al seguito per gentile concessione.

Ah, senza dimenticare Dimenaporci, cioè Dissenatori e Giganti…( lo avete capito, uso ancora le piume autocorreggenti e vabbè).

Uno scherzo per tre come noi. Affiatati Amici Affezionati.

Ora, il fatto è questo.

Mi trovo nella mia camera, a Grimmauld Place con il mio bel buco nel muro.

Sento Hermione singhiozzare nella stanza accanto.

Sento Harry fare su e giù al piano di sopra, nella camera dove stava Fierobecco durante il suo soggiorno londinese.

So che ora sta patendo in solitudine come fa da un pò, e so che ora più che mai odia quella cicatrice. E la odio pure io perché alla fine, gli ha tolto tutto quello che aveva.

E ci ha strappato dalle nostre insulse, abitudinarie, allegre e spensierate vite di diciassettenni.

 E perché vederla lì, sulla sua fronte liscia e perfetta come solo quella di un super eroe può essere, mi ricorda ogni singolo giorno del cazzo la sottile differenza che esiste tra me e lui. Quella differenza per la quale se lui morisse morirebbe la speranza di tutti noi, se morissi io ne resterebbero altri otto di Weasley.

Insomma la nostra casata non rischierebbe l’estinzione.

Ma alla fine è inutile stare qui a non concludere un bel niente o a mangiarsi le unghie dei piedi, come direbbe Fred.

E comunque mi piace credere che, al momento giusto, il mio combattere in questa guerra fottuta si rivelerà di vitale importanza. Farà la differenza. Perché mi ci sto rischiando il culo e magari gradirei che a qualcosa questo misero sacrificio servisse.

A proposito di tragedie e cataclismi, suppongo che il momento topico della verità sia quindi giunto.

Sappiate che se queste memorie scarabocchiate e patetiche sono state divulgate è sicura una cosa: che io sono dipartito in tutta la mia fulgida bellezza.

Domani consegnerò a Hermione questi fogli, chiedendole di custodirli e se dovesse essere necessario, riesumarli solo dopo la mia avvenuta e stabilita morte.

Oggi, 21 gennaio, scrivo di mio pugno questo testamento.

Non ho nessun bene di valore da lasciare in eredità, però vorrei che la mia fantastica scopa che indubbiamente ha vissuto la mia gloria di portiere fino all’ultima pluffa parata, andasse a Ginny.

A Harry, l’idiota, imbecille e sopravvissuto pure a me, lascio la mia raccolta di figurine, il mio poster dei Cannoni e l’autografo di Krum.

A Hermione lascio il mio maglione verde pisello con lettera scarlatta che detesta più di ogni altra cosa.

E Harry, ti perdono per avermi dato della testa di cazzo. Ti perdono per avere pensato che non meritassi di essere Prefetto. Ti perdono per avere baciato mia sorella.

Perché alla fine lo so già, morirò salvandoti  le chiappe… il mio punto debole.

Hermione, te lo scrivo perché se te lo dicessi a voce rischierei di ridermi in faccia da solo, risultando per giunta tristemente poco credibile.

 Ti amo.

 

 

 

 

  
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