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Autore: trecy    16/04/2011    0 recensioni
Ellen è una ragazza di 20 anni, superba, arrogante, snob. Sembra non provare emozioni. Direttamente dal testo: "Non accettava l’amore, né credeva a quel sentimento tanto decantato che riteneva un modo sciocco di sfuggire all’essenza della vita umana: la solitudine. Ellen era certa che quel sentimento fosse solo un modo per evitare se stessi, per non dover affrontare le proprie insicurezze e paure, affidandole nelle mani di un’altra persona per il terrore di dovere fare i conti con qualcosa che forse sarebbe stato un tormento definitivo nella vita di ciascuno. " In realtà nessuno sa che custodisce un segreto, un segreto che non coinvolge solo lei
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO III

 
 
 
Il viaggio, contrariamente a come mi sarei immaginata, proseguì con una tranquillità che non avevo osato sperare ma che purtroppo ebbe esito breve. John aveva recepito il messaggio: non mi rivolse la parola, ma soprattutto non si avvicinò mai più, neppure lontanamente a quel discorso capace di mettere in discussione la mia calcolata freddezza e integerrima forza d’animo.
Tante furono le volte in cui mi trovai a dubitare di possedere realmente un’anima finendo con un tentativo di paragone con i miei coetanei e con i miei stessi consanguinei. Forse la causa della mia diversità era proprio questa. La mia famiglia, se può essere definita tale considerando che quando iniziai a capire attraverso l’osservazione degli altri, la lettura di libri e la visione di film, che la connotazione della parola famiglia non è uguale per tutti così talvolta può essere considerata un porto sicuro, qualcosa di positivo. Per me non è mai stato così e mai lo sarà.
L’odio e il disprezzo che provo per John ha sempre inciso profondamente nel rapporto che avevo con mio cugino, seppure questo fosse immotivato e ingiustificato era lì, sempre presente. La costrizione di dover viaggiare insieme a lui e vedere quanto contrariamente a me fosse di una serenità e vivacità da potere essere considerato quasi normale, pesava in me nonostante l’impossibilità di riuscire a provare qualsiasi tipo di sentimento, anche il disprezzo.
Se nelle ore che mancavano all’arrivo, mi ritrovai a realizzare queste riflessioni, l’unica colpa era imputabile proprio a lui che come se fosse un ventenne normale, si era appartato con quella hostess.
Quando mancavano solo 30 minuti all’atterraggio mi ricomposi come potevo e questa volta il risultato rasentava la perfezione, ma non la raggiungeva, motivo per cui la mia soddisfazione era assai discutibile e si trasformò in inquietudine quando John tornò a sedersi al mio fianco.

- Sai sembri proprio umana in questo momento cosa ti è successo?
- Non mi sembra di avere mai articolato tesi circa la mia natura divina
- Cugina dovrei cercare di insegnarti qualche battuta più simpatica
- Non voleva essere una battuta
- Non ti sei sforzata abbastanza di essere così perfida? Sarebbe ora di smetterla…
- Mai sforzata di esserlo
- Bene… Allora vuoi farmi credere che lo sei davvero?
- AAAAAAAAAAAA
- Che succede?
- Non ne ho idea…
- Gentili passeggeri siete pregati di non farvi prendere dal panico, ma…
- Oddio che succede?
- Non ne ho idea ma temo l’aereo abbia dei problemi
- Mai fidarsi dei mezzi pubblici! Lo sapevo
- Non farti prendere dal panico!
- Vuoi scherzare? Io? Panico?
- Piantala ho detto! Metti questa tieni!

 

- Ellen! Ellen! Rispondimi!

Ebbene non arrivai mai a New York quella volta. Non so ancora che tipo di problemi ebbe l’aereo ma ne deduco che dovevano essere abbastanza gravi. Fu una tragedia, morirono quasi tutti i passeggeri compresa quella hostess, ma per me fu come una rinascita. Forse la mia indole cattiva e perfida, che da sempre alberga nel mio cuore, ancora si rallegra di quell’evento, di quel nuovo inizio, non badando a quello che in realtà rappresentava davvero, ma allora non avrei mai potuto sapere né immaginare. Nonostante la mia maturità non avrei mai potuto ardire a macchinazioni tanto perverse.
 

- Sei viva!!! Non avrei mai pensato di poterlo dire, ma ne sono felice!
- Neanche io avrei mai creduto di potere dire che sono contenta di vederti!
- Ma sei ferita! Ti fa male?
- Il braccio? Un po’ si…
- Riesci ad alzarti in piedi?
- Credo di si John
- Quale onore! Mi hai chiamato con il mio nome
- Non mi sembra il momento adatto per scherzare…
- Lo so… Guarda, tutti morti è una tragedia
- Non ci sono sopravvissuti? Dovremmo cercare
- Ellen io non credo…
- Hai sentito??
- Si
- Sembra una bambina
- Andiamo

Ricordo come quella fu la prima volta in vita mia in cui mi preoccupai per qualcuno che non fosse me stessa. Ero cambiata per quanto fosse possibile cambiare da un momento all’altro. La verità era che ero sempre la stessa, solo che per la prima volta stavo permettendo alla mia vera natura di uscire fuori, anche se non appena me ne fossi resa conto avrei subito preso provvedimenti in merito a quell’inconcepibile avvenimento.
 
-Dov’è la mia mamma? Voglio la mia mamma!! Cos’è successo
- Beh vedi c’è stato un problema all’aereo seppure ancora…
- Ellen fai fare a me. Vedi piccola, la tua mamma sarà sicuramente qui da qualche parte e noi la troveremo, ma che ne dici se la cerchiamo domani e troviamo un posto dove ripararci da questa pioggia?
- s..s..si va bene
Era bravo, dovevo ammetterlo, era riuscito a trovare il modo giusto per rapportarsi ad una bambina così piccola. Era molto carina con quei codini castani. Quel pianto, quella disperazione di bambina che crede di essere stata abbandonata e a cui non puoi spiegare nulla perché non capirebbe, non potrebbe mai comprendere la ragione per cui ci sono due estranei a consolarla, non la sua adorata mamma, che chissà se era sopravvissuta…
 

- John vaghiamo da ore! Dove stai andando! Qui ci sono solo alberi!
- Schhhh parla piano! La bambina si è addormentata
- In braccio a te? Con questa tempesta? Bagnata fradicia? Beata lei…
- Piantala di lamentarti e cammina
- Non osare rivolgerti a me con quel tono…
- Guarda che in queste condizioni hai perso ogni capacità di spaventare qualcuno
- Vorrei tanto avere uno specchio
- Credimi meglio di no, si romperebbe
- Sei proprio al livello delle scimmie! Anzi peggio, loro un cervello ce l’hanno
- Guarda!! Una casa!
- Finalmente… Ma
- Corri che finalmente potremmo asciugarci!
- John!!! Aspetta!!! Non vorrai che io entri realmente in questo buco?
- Allora stai pure fuori! Io non ho più alcuna intenzione di camminare

La casa era una di  quelle che qualche volta avevo visto nei film di indiani, selvaggi o di ambientazione storica primitiva. Era in legno, con solo due stanze, senza porta. Dire che era in stato di abbandono non credo riesca a esplicitare davvero le condizioni in cui si trovava. Le  porte erano assenti, c’era una sorta di camino –forse potevamo riscaldarci anche se dubitavo della presenza di un accendino – un tavolo completamente ammuffito, infiltrazioni ovunque, ma per fortuna non dal tetto. Insomma eravamo riparati, ma forse sarebbe stato meglio trovarsi sotto un diluvio. Mi disgustava profondamente quell’ambiente per non parare del fatto che ero con una bambina piccola e John. Non ce la potevo fare.

- Bella! Proprio una reggia
- Risparmiati il tuo sarcasmo almeno siamo riparati
- Io non riesco a trovare un solo lato positivo
- Sei viva almeno
- Dovevamo rimanere davanti l’aereo sarebbero arrivati presto i soccorsi
- Si e nel frattempo qualche animale ci avrebbe divorato
- Non ti facevo così pavido
- Senti Ellen non voglio litigare
- Neanche io, voglio solo andare via da questo posto dimenticato da Dio!
- Sbaglio o la tua voce era quasi isterica? Me ne compiaccio! Non ti ho mai vista così
- Tu non mi hai mai vista e basta
- Eh?
- Lascia perdere, io vado a letto
- Cosa?
- Vado a dormire, prima mi addormento prima mi sveglio, prima mi sveglio prima posso andare a cercare aiuto
- Forse non hai capito che c’è solo un letto
- L’ho visto benissimo, io dormirò nel letto e  magari la bambina anche e tu per terra o fuori così ti bagni un altro po’
- Tu sei proprio fuori, divideremo il letto in 3 o puoi anche dormire per terra
- Sono abituata a dormire sola in un letto matrimoniale, credi davvero che potrei mai dormire in un letto da una piazza e mezza con altre due persone
- Io non credo niente, so soltanto quale sarebbe la tua alternativa
- Idiota, ti odio
- Tieni!
- Che roba è?
- Delle lenzuola
- Pensi realmente che io potrei dormire con queste?
- Senti sono stanco fa un po’ come vuoi
- Cosa stai facendo?
- Non vorrai che mi metta a letto con i vestiti fradici
- Mi disgusta vederti in boxer
- Peggio per te, sei la prima che lo dice
- Non paragonarmi a quelle scimmie che si spacciano per ragazze
- Sono molto più piacevoli di te
- Nella classifica di uno scimmione sarebbe sconcertante il contrario
- Buona notte
- Buona notte
- Che fai?
- Mi metto a letto
- Così bagnata mai
- Non mi spoglierò mai davanti a te
- Senti siamo cugini e non provo alcuna attrazione verso di te
- Ti odio

 
Non avrei mai creduto che avrei potuto dormire in un letto di una piazza e mezza con una bambina sconosciuta capace di entrare in letargo sotto una tempesta, John in boxer e io che mi spogliavo davanti a lui con addosso solo un top e gli slip, ma soprattutto mai mi sarei aspettata che il suo sguardo potesse imbarazzarmi. Non ero abituata a provare sentimenti e tutte quelle sensazioni in una volta avevano su di me l’effetto di una potente arma di distruzione di massa.

- Sei solo un guardone
- Non e per niente vero, stavo solo ammirando la mia perfida cuginetta
- Tieni il tuo arnese fuori dalla mia portata o ti castro
- Tanto con te non funzionerebbe
- Non lo farei mai funzionare
- Spostati
- Se potessi lo avrei già fatto
- Sto per cadere
- Meglio dormi per terra
- Piantala!
- Aaaah
- Che c’è?
- Ti ho sentito! Il tuo coso ha spinto verso di me, forse non sono stata chiara su i miei propositi di castrazione?
- Volevo solo aggiustarmi calmati
- Ma perché questa bambina deve avere tutto lo spazio!
- E’ piccola, almeno lei farà sogni tranquilli
- Ti facevo sempre tranquillo e sereno
- Ti sbagliavi
- Io non sbaglio mai

- Dormi?
- No
- Neanche tu ci riesci
- Stai forse tentando un paragone tra noi?
- Smettila di stare sulla difensiva in questo momento non serve
- Non voglio parlare con te, non voglio conoscerti, voglio solo continuare a disprezzarti come sono abituata a fare
- Che c’è ti inizia a risultare difficile
- Credimi se ti dico che non mi costa nessuno sforzo
- Perché sei così?
- Buona notte cugino
- Hai pensato che questa tragedia potrebbe essere una svolta
- Ho detto buona notte
- Lo so che stai pensando alle stesse cose
- Sarebbe inutile
- Come puoi dirlo, non sappiamo neanche noi dove siamo
- Loro lo sanno già
- Non puoi saperlo
- Non posso illudermi
- Fuggiamo!
- Non essere ridicolo
- Tu lo vuoi più di me
- Buona notte ho detto

 
 Quella notte fu difficilissimo prendere sonno, sentivo il respiro di mio cugino sulla nuca e l’irregolarità di questo, mi fece capire come in due rimanemmo svegli a riflettere sui medesimi pensieri che mai avremmo potuto condividere. Un destino comune già deciso a priori. Non potevamo scegliere, non ci era concesso provare sentimenti e io mi ero adattata. Ero di ghiaccio, non provavo nulla, ma quella bambina che scandiva con il suo respiro battiti regolari era così bella, così serena; stava sognando, forse lei non aveva mai gli incubi, nonostante tutto quello che era successo si sentiva al sicuro. Io non mi ero mai sentita in quel modo, le mie notti alla sua età erano popolate da incubi.
                                                           

Eccco qua un nuovo cap! La svolta della storia è come dire... strana! Piano piano il grande segreto uscira fuori. Alla prossima
trecy

  
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