A.D.I.D.A.S.
Alexander Gabriel Heinze non sprecava le sue serate
due volte con la stessa ragazza. Il suo fisico muscoloso ed asciutto, gli occhi
cerulei ed i capelli biondissimi, retaggio tedesco della famiglia paterna, gli
permettevano di spopolare, attirando gli sguardi dell’intero mondo femminile.
Beh, tranne lei. Lei era sempre troppo presa a guardare Puck, a parlare con
Oliver, a cantare e parlare e chissà cos’altro. Per questo ormai era diventata un
chiodo fisso.
-Bene, siamo arrivati. E’ stato bello. Ti chiamo io, eh!- il ragazzo aspettò
che la bionda, di cui non ricordava il nome, scendesse dal suo SUV per
ripartire sgommando. “Neanche per sogno! Se spera che sprechi i soldi per una
sciacquetta come lei si sbaglia.” si era ritrovato a pensare subito dopo.
Durante il ritorno a casa si era soffermato ancora una volta sull’incredibile
ingenuità di quella ragazzina, Rachel Berry, mentre le note della sua canzone
preferita riempivano l’abitacolo della macchina. Racchiudeva i suoi pensieri,
anche quelli su di lei. Prima o poi gliel’avrebbe fatta ascoltare, magari dopo
una nottata infuocata, giusto per farla ammutolire. Altro che tutte quelle
canzoni zeppe di sentimentalismi e di ragazzine arrabbiate che avrebbe voluto
suonassero.
I
will always be the pimp that I see in all of my fantasies
I don't know your fucking name, so what, let's... (have sex)
Non gli
interessava chi fosse, quale fosse la sua storia, perché fosse così petulante e
piagnucolona, voleva soltanto averla sotto di sé.
Screaming
to be the only way
that I can truly be free from my fucked up reality
So I dream and stroke it harder,
'cause it's so fun to see my face staring back at
me
I don't know your fucking name, so what, let's
fuck.
Oh, si, l’avrebbe fatta urlare, l’avrebbe usata,
giusto per provare che era capace di tutto, anche di irretire una ragazza casa
e chiesa come lei. E poi sarebbe tornato ad occuparsi di ciò che più lo
interessava. Sé stesso. Perché, come diceva sempre suo padre, niente è più
importante che prendersi cura di se stessi. Anche se per farlo bisogna
schiacciare gli altri. La faccenda però si stava facendo complicata, perché lei
non dava segni di voler stare al gioco. E sapeva per certo che Puck si sarebbe
messo in mezzo. Si conoscevano bene, frequentavano gli stessi posti, avevano
gusti simili e probabilmente l’avevano fatto con le stesse donne. Pensava che
fossero uguali anche nel modo di pensare, ma quella ragazzina tirava fuori un
lato di Puckerman estremamente protettivo, e questo non era stato calcolato.
Rimuginò sugli ultimi avvenimenti e sul modo di raggirare il controllo vigile
del ragazzo anche dopo essere rientrato in casa. Non si dava per vinto così
facilmente. Fin quando non avesse deciso che non ne valeva più la pena, almeno.
Finito il concerto, Alex si era stampato un sorriso
smagliante in volto, aveva sbottonato un paio di bottoni della camicia e si era
diretto verso Rachel, ricordandosi di non fissare troppo la sua scollatura.
Anche se sfoggiava quel look da mangiatrice di uomini, non significava che
fosse una poco di buono. O almeno, lui non sapeva se lo fosse davvero. Magari
quei vestiti da sfigata potevano essere soltanto una copertura. Senza troppi
indugi le aveva posato una mano sulla spalla nuda, facendola scivolare sulla
schiena fino ad un fianco. Erano nel corridoio che portava ai “camerini”, e
nessuno stava passando. Perfetto. La brunetta l’aveva osservato con occhi
sbarrati dalla sorpresa. Non erano ancora entrati in confidenza, e lui sperava
che quel gesto la mettesse sulla sua stessa lunghezza, era stata una carezza
languida, un chiaro segnale per lei.
-Ehi, principessina. Complimenti. Sei stata una belva su quel palco.- aveva
ammiccato, spostandosi una ciocca di capelli dagli occhi e mantenendo il
contatto sul fianco della ragazza. Fortunatamente lei non si era spostata, e lo
guardava con aria soddisfatta. Che fosse tutto così semplice? Forse davvero la
Berry non era la santa che voleva far credere.
-Senti dolcezza…cosa ne diresti se domani sera ci vedessimo da me, per un film?
Ho casa libera, e magari dopo potremmo ordinare qualcosa da spizzicare…- aveva
lasciato che la mano scivolasse leggermente sotto la maglietta fina, creando
piccoli cerchi concentrici con le dita, quasi massaggiandola. L’aveva vista
spalancare ancora di più quegli occhioni nocciola ed aveva sorriso sicuro.
-Ehm…Alex, io...cioè, sono davvero lusingata dalla tua proposta…-la ragazza
faticava a trovare le parole, ed aveva abbassato gli occhi a terra. Non passava
nessuno, quindi Alex si decise ad osare di più. Tanto una sberla da quello
scricciolo lì non l’avrebbe neanche sentita. E poco gli importava se lei si
fosse offesa. Quindi, approfittando di quel contatto, la strinse di scatto a sé,
costringendola ad alzare lo sguardo. Sembrava un cerbiatto abbagliato dai fari
di una macchina. Ricordava la leggera pressione di lei sul torace, che cercava
di scostarsi con entrambe le mani. Quasi non se ne accorse.
-Dai, Alex, basta scherzare. Ci aspettano fuori, devo vedere i miei genitori, i
ragazzi del Glee…- continuava a blaterare. Ma non stava mai zitta quella?
-Su, non dirmi che non ti piaccio, babe. Potremmo anche nasconderci nel tuo
camerino per un po’. Sono sicuro che nessuno si accorgerà della nostra
assenza.- le aveva preso il mento tra le mani, mentre lei cercava ancora di
divincolarsi. Doveva ricordare di non farle troppo male, i suoi due papà gay
erano parecchio influenti, a quanto aveva capito. Quello che non si era aspettato
erano due mani grandi e grosse che lo strattonavano con forza e lo sbattevano
al muro del corridoio proprio mentre stava cercando di baciare Rachel. Sputò l’aria
fuori dai polmoni appena arrivò il cazzotto. L’aveva preso in pieno stomaco.
Puck lo fissava con rabbia e disgusto, una mano sul colletto della camicia, l’altra
piantata sul petto per tenerlo attaccato al muro.
-Cosa diamine stavi facendo, imbecille?- sibilò il moro, scandendo fin troppo
lentamente le parole.
-Ehi, fratello, sta calmo! Stavo solo facendo una chiacchieratina con la nostra
stella. Vero Rach?- le aveva domandato osservandola da sopra la spalla di Puck.
Era bianca in volto e stava tremando. Maledetta, sciocca ragazzina! Il moro lo
spinse di nuovo contro il muro e gli si avvicinò all’orecchio.
-Prova ad avvicinarti ancora a lei e dovrai pregare Dio di poter usare di nuovo
le gambe. Intesi?- ringhiò Puck, prima di lasciarlo andare ed avvicinarsi
velocemente a Rachel.
-Sta tranquillo amico. Sarà lei a venire da me, prima di quanto pensi.- ridendo
in modo sguaiato si era allontanato da quei due sfigati, pensando a quale delle
ragazze viste al locale quella sera poteva riaccompagnarlo a casa.
Il biondino continuava a rigirarsi nel letto, lo
stereo sparava i Metallica a piena potenza, così da coprire le urla dei
genitori di sotto. Solito litigio serale. Doveva escogitare qualcosa per
rimediare a quella défaillance, e riconquistare un certo livello di fiducia da
parte di Rachel. Ne andava anche della band. Gli piaceva suonare e starla ad
ascoltare mentre si lasciava trasportare dalla musica. Era un momento di svago
per lui, e non era disposto a farselo portare via. Quindi doveva muoversi in
modo più accorto, e cercare di farsela amica. Era sicuro che il resto sarebbe
venuto da sé. Nessuna resisteva ad Alexander Gabriel Heinz.
Innanzitutto vi chiedo scusa per due cose…la
pochezza del capitolo ed il mostruoso ritardo nel pubblicarlo. E’ più difficile
di quanto immaginassi scrivere di un personaggio completamente nuovo, dargli
forma senza farlo assomigliare troppo a quelli già presenti. Da qui il capitolo
estremamente corto. Q_Q
Per il ritardo, beh, ho passato una settimana decisamente poco simpatica, con
uno strano mal di testa dovuto ad un occhio dolorante. Prometto però che mi
farò perdonare presto!!
La canzone è A.D.I.D.A.S. dei Korn, gruppo che adoro
e mi sembrava perfetta per rappresentare i pensieri di Alex.
Spero comunque che il capitolo sia di vostro gradimento! J
Mi scuso per i vari orrori di ortografia e
battitura.
BascioCascio
Vevve