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Autore: slice    17/04/2011    2 recensioni
Ipotizzando che tornare al proprio villaggio - anche se si gioca a carte scoperte, a quel punto - significhi rinunciare a molte libertà, si deve anche mettere in conto eventuali modi per aggirare le costrizioni e vivere più serenamente. No? Beh, più serenamente e anche in modo meno composto, probabilmente. ù.ù
Voglio dedicare questa cavolata a wari, per tre ottimi (?) motivi: perché i suoi deliri stuzzicano la mia vena idiota e grafomane, perché vive nella contraddizione di essere intelligente e mia amica allo stesso tempo e perché mi va. XP Mi sembrano motivi più che validi, sì.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Shikamaru Nara
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'Là, dove il sole fa ombra'
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Terra





Avrebbero potuto indubbiamente scendere le scale con meno foga se solo non ci fosse stato un grande boato e la terra, la casa, il villaggio, il cielo, non avessero iniziato a tremare come se avessero dovuto scambiarsi di posto da un momento all'altro.
Grazie ai buchi nel muro, il vociare è piuttosto limpido anche mentre scendono e vengono tranquillizzati dal fatto che non c'è traccia di paura o rabbia nei toni, ma una volta fuori una colonna di fumo sottile, rarefatta, unita al fatto che Sasuke non è più seduto sull'engawa, fa salire un po' d'ansia ad entrambi.
Per un momento Shikamaru pensa di doverli dividere ancora, quei due, poi Itachi sospira lievemente, sollevato, e lui si rende conto di qual è il luogo in cui con ogni probabilità si trovano i compagni.
Poco lontano dalle fiamme non molto alte del falò, c'è un agglomerato di alberi e cespugli che nasconde parte del muro di cinta abbattuto, oltre c'è un affossamento. Quella parte è completamente avvallata per via di un intero costone della collina che si è incrinato e destabilizzato a causa alla voragine fatta dalla tecnica di Pein. Ci sono una buona quindicina di metri di terreno instabile su cui non è sicuro camminare e un altro centinaio, che si estende per lungo fino quasi ai piedi del rilievo, al centro dei quali l'avvallamento raggiunge una profondità pericolosa.
“Cosa hai detto che volevi fare con il terreno sul retro?”
“Sasuke mi aveva fatto capire che se ne sarebbe occupato il capitano Yamato,” risponde Itachi quando inizia a camminare in direzione del baccano, con passo svelto, rallentando solo per scavalcare le macerie di quella parte di muro.
Quel suo leggero scarto, in un'azione meccanica come quella di camminare, palesa un disagio latente; leggero e liquido, che può essere scrollato di dosso in fretta, ma pur sempre presente. Quello che infatti infastidisce Shikamaru la maggior parte delle volte non è che Itachi soffra anche per queste piccole cose, perché la sofferenza fa parte della vita e sa benissimo che non avrebbe senso porsi domande sterili sulla sua esistenza, bensì lo infastidisce il fatto che si accumulino a qualcosa di più grande. Cose oltretutto inerenti a quel ceppo di dolore nero che lo ha ricoperto per un decennio e che continua a persistere in quegli occhi certe volte troppo assenti.
Il muro in quel punto ha subito la mancanza d'appoggio data da un dito crepato della mano di voragine che si apre su quel fianco della collina ed è crollato dal nulla, un paio di notti dopo la morte di Pein. Non sarebbe mancato a nessuno, come semplice parte di una recinzione, se solo non fosse stato l'unico tratto di muro, nascosto da una vegetazione al tempo più curata, in cui le altezze di due bambini mori venivano appuntate con un pezzo di carbone. Una cosa sciocca, che però ha visto pesare sul viso di Itachi, in un'espressione seria di disappunto e dispiacere, quando lo ha trovato seduto a guardare quelle macerie, il secondo giorno della sua nuova vita in quella vecchia casa.
Le sue elucubrazioni vengono interrotte dalla voce di Naruto quando, seguendo il maggiore, si trova davanti Sasuke e il capitano Yamato intento a formare dei sigilli.
“Ma no! Quella parte, non vede?” bercia Naruto, esasperato.
“No, idiota. Sei su quel costone, vedi, idiota?” dice il genio, indicandolo. “Se invece vieni sul nostro magari riusciamo a capire cosa sbraiti. Idiota.”
“Sas'ke...” lo ammonisce Itachi, con un tono basso e bonario.
Shikamaru ha un'ottima visione da lì e quello che succede in quel momento è una cosa bella a cui assistere. Semplice e bella, che rende un briciolo di serenità a quel fratello maggiore.
Sasuke si volta verso di lui repentinamente, con una punta di stupore nell'espressione, che basta a far dedurre quanto fosse preso dalla situazione per non essersi accorto di loro. Ma è l'atteggiamento da tigre mansueta, addomesticata, che sembra adottare quando ode quel richiamo, che fa pensare a quanto sono cambiate le cose e a quanto ancora possono cambiare tra di loro. Tra fratelli, perché ora lo sono di nuovo. Sasuke abbassa la testa e socchiude gli occhi come se la mamma lo avesse colto a spintonare un amichetto e Itachi sorride, una volta che il fratellino si è voltato. È uno di quei sorrisi che nascono spontanei e che copre chinando il capo subito dopo, come se ancora non si rendesse conto che ha tutto il diritto di farlo, ma Shikamaru è felice anche così, preferisce quello al niente che gli leggeva dentro quando si è svegliato dal coma indotto, e qualcosa di piacevole si scioglie anche dentro di lui.
“Ma cosa c'entra, testone? Yamato, per favore, venga via di lì che rischia di prendersi qualcosa, standogli così vicino, eh!” continua intanto Naruto.
Sasuke mugola, premendosi indice e pollice sugli occhi, poi dimentico del fratello inizia a rincorrere l'idiota arancione, come è solito chiamarlo ultimamente.
“Adesso te lo do io un pretesto per urlare!” ringhia, inseguendolo. E l'altro scappa, ridacchiando di cose riguardanti un lavoro da finire e Sakura, arrabbiata per qualche motivo, che secondo lui starebbe per arrivare. A quel punto Sasuke si ferma.
“Saaas'ke!” urla, infatti, la kunoichi, e la sua espressione non è truce come quella di Tsunade solo perché lei non è Tsunade, “che cosa avresti detto tu, a Shizune?”
Naruto ridacchia mentre gira intorno al genio e, guardandosi bene dall'abbassare la guardia, lo schernisce, blaterando di guai seri in cui non ci si dovrebbe mai andare a cacciare, per nessunissimo motivo, nemmeno per la salvezza dell'intera umanità.
“Cos'è successo, Sakura?” chiede Tenzo, cauto, leggermente preoccupato per l'incolumità delle ossa dei presenti; Itachi compreso.
Sakura gli fa un cenno con la mano e, nonostante gli abbia detto che è tutto a posto, lui, suo malgrado, realizza di voler essere altrove.
“Cosa vuol dire che non stai prendendo le medicine?” scandisce, furiosa, “non te le prescrivo mica per divertimento, rimbambito!” conclude, piegando leggermente il braccio vicino al fianco mentre stringe il pugno.
Sasuke arriccia le labbra, sdegnato, poi incrocia le braccia al petto prima di fissarla.
La faccenda è più complicata di come potrebbe sembrare. In teoria Sakura è arrabbiata per la bieca testardaggine del ritrovato compagno di squadra, in pratica invece quella non è la sola cosa che la manda in bestia.
Quando Sasuke è riuscito a rimettersi in piedi è stato un po' come portare a casa un gattino ferito con l'orgoglio di una fiera. Sasuke non faceva che cercare di ferirli, tutti, indistintamente. Quando veniva curato in ospedale non poteva fare obiezioni, un po' stordito dai farmaci, un po' preda di quel primario ex Hokage che picchiava i pazienti con violenza inaudita e poi sgridava chi urlava nei corridoi, però appena arrivato a casa ha cominciato a rifiutarsi di proseguire le cure. Ha iniziato ad accampare scuse, a sostegno delle quali ha portato a galla l'egregia inutilità e l'inclinazione al pianto della Sakura che si ricordava, insinuando cose poco carine sulle sue capacità mediche. Sakura se ne è andata dopo avergli dato uno schiaffo ed è ricomparsa solo due giorni dopo, con Shizune. Per un breve periodo lei si è occupata del genio mentre Sakura ha continuato a seguire le condizioni di Itachi, in ospedale.
Shikamaru sbuffa, voltandosi a guardare l'espressione attenta del Capitano.
“Non ti sembra di essere grandicello per certe questioni?” soffia, indolente, rivolto a Sasuke.
Lui si limita a portare il viso parallelo alla spalla, rivolgendogli la coda dell'occhio.
“Infatti le ho prese, le medicine.”
C'è un momento di silenzio in cui persino Sakura si stupisce di quell'affermazione, poi Naruto, che sta cercando di scappare, facendo passettini piccoli e poco percettibili, viene preso per la collottola da Sasuke che invece di lasciarlo andare lo lancia giù, nella ferita aperta del terreno. Sakura scende ad aspettarlo e quando lo ha a portata di pugno rilascia il chakra sul suo stomaco, imprecando.
La direzione del lancio del Naruto, che sembrava casuale, in realtà non lo è stata; tutta una parete del costone più a nord viene demolita dalla potenza del colpo di Sakura e unisce le due profonde conche.
In quel momento il Capitano atterra sullo stesso pezzo di terreno su cui è rimasto, granitico e accigliato, Sasuke; compie qualche passo avanti e gli si avvicina.
“Ehy! Naruto aveva ragione: sbagliavamo prospettiva,” dice, ponendosi una mano sulla fronte per pararsi dal sole, “oh beh, abbiamo risolto.”





Owari







Mh. Mah. Non so. Non mi pronuncio. Mi sembra molto campata in aria e la trovo a tratti una ficcina inutile. Ma ammetto che in alcuni punti mi piacicchia. ^^

I luoghi e i personaggi non mi appartengono e non c'è lucro.







  
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