Black Rose
Flash-back****************************************Flash-back
Bellatrix era meravigliosa. Bella come una dea dell’Oltretomba, imprevedibile quanto la morte
stessa.
Capelli neri e lisci, così morbidi da
fare invidia alla seta più nobile; occhi grandi, di
quella brillante tonalità di blu notturno tipica della sua famiglia; un viso
perfettamente ovale dalla pelle rosea e vellutata; due labbra di sangue che
invitavano al peccato.
E peccato fu davvero quello che lui
compì con la cugina. Un peccato punito da ogni legge, babbana o magica. Un peccato oltraggioso per
qualunque morale.
Resistere alle tentazioni non era il
passatempo preferito da nessuno di loro due; riuscire a errare e a perseverare
nell’errore senza nessuno scrupolo, tuttavia, era una diabolica dote assente in
lui – che spesso provava, invano, di ritornare sulla
giusta via – e presente in lei.
Bella
adorava gli uomini.
Oh, se li adorava! Li considerava il giocattolo più bello con cui dilettarsi.
E, fra tutti, Sirius
era il migliore.
Aveva un fascino mistico, tra il
selvaggio e l’aristocratico, sguardo magnetico, capelli scuri, pelle perfetta,
fisico scultoreo…
spregiudicato, libidinoso, privo di qualsiasi limite in ogni suo gesto.
Era la sua
controparte maschile. Perfettamente uguale a lei. Come avrebbe
potuto non esserne attratta?
Consumarono perfino assieme la loro
prima volta, all’età di quindici anni. Dove? Non di certo in uno dei luoghi
prescelti dalla maggior parte delle coppiette: non nella Torre di astronomia, o
nella stanza delle Necessità… non in una delle loro camera, nella cucina o per qualche corridoio buio
e isolato. No… il peccato andava consumato in un
luogo altrettanto oscuro e pericoloso.
Nella Foresta
Proibita.
Durante un tremendo
temporale.
A notte fonda.
Sembrava quasi che perfino la natura si
stesse ribellando a quell’unione demoniaca. Tuttavia, nemmeno la sua forza
riuscì a dividerla, quella volta… e tutte le altre
che seguirono.
Finanche quando Bella, al settimo anno,
fu costretta dalla famiglia a fidanzarsi con il primogenito della Casata Lestrange - un Serpeverde della
sua stessa annata - continuò a portarsi a letto il cugino. Dal legittimo fidanzato
non si fece mai neanche baciare: gli disse che era fedele alla tradizione, e
voleva attendere il matrimonio prima di ‘concedersi
completamente alla persona che le aveva rubato il cuore’. Rodolphus ne rimase oltremodo lusingato, e attese con ansia
la fine dell’anno scolastico per sposare la
donna più dignitosa del mondo magico.
Quando venne a saperlo, Sirius rise come non mai, estremamente
divertito dalla malignità della cugina e dall’ingenuità – o imbecillità,
dipende dai punti di vista – del futuro cognato. E rise ancor più a fine anno, quando, a causa degli strani accadimenti che
avvenivano nel mondo magico, le famiglie decisero di rinviare di dodici mesi il
matrimonio. Non osava immaginare che un uomo rimanesse casto per così tanto tempo! Onestamente, iniziava a chiedersi in che
condizioni sarebbe arrivato il giorno delle nozze… sempre se fosse sopravvissuto.
Tutta la felicità scemò però alla fine
di quello stesso mese, il caldo luglio.
Non sapeva come fosse stato possibile,
ma la loro perversione incestuosa era stato finalmente
punita. Bellatrix era fuori di
testa per la rabbia, e lui non sapeva più dove sbattere la testa.
L’unica cosa che riuscirono
a fare per evitare di destare troppi sospetti fu allontanarsi dalla famiglia,
lei spostandosi nella residenza estiva scozzese e lui andando letteralmente via
di casa, raggiungendola poi di nascosto.
“Abortisco.”
“Tu non fai un cazzo.”
“Lo terrei molto volentieri, Sirius caro… MA COME CREDI CHE LO SPIEGHERO’ A QUELL’IDIOTA DI LESTRANGE?!”
“Sei sempre stata
brava a mentire e sedurre, perché non usi anche ora questa tua arte?! Portatelo a letto. Digli che ti è mancato tanto, che
avevi un estremo bisogno di lui… che ne so, spara qualche cazzata tipica di voi
donne! E poi fagli credere che il bambino sia
suo.”
“Sei un vero coglione!
Vuoi che non ci abbia già pensato?! Peccato che lui
ora sia lontano miglia e miglia, in posti che neanche
io riesco ad immaginare…”
“E non puoi contattarlo e andare da lui?”
Lei lo fissò
intensamente negli occhi, mentre una luce cattiva s’impossessava dei suoi.“Non so dove si nascondano i servitori di Lord Voldemort.” Disse poi, scandendo bene le parole e
sorridendo diabolica. “Non per ora almeno. Quando
anch’io avrò il mio marchio, allora potrò accedere liberamente alla sua reggia,
e scoparmi Rodolphus in qualunque momento.”
Sirius rimase pietrificato.
“Non farlo.”
“Che cosa, scoparmi Rodolphus?!” Ridacchiò lei.
“Non diventare una Deatheater.”
“Lo farò invece.”
“NO!” Urlò lui, sbattendola con forza contro il muro che aveva alle
spalle e facendola sussultare per il dolore.
Bella s’infuriò,
tentando invano di liberarsi. “Non sono affari che ti riguardano, Sirius Black!”
“Tu mi riguardi! E mi
riguarderai soprattutto per i prossimi sei mesi, fin quando questo bambino
nascerà!”
“IO ABORTIRO’!”
Lui la lasciò,
scostandosi da lei e tentando di riprendere la calma. I suoi occhi, però,
rimasero duri e profondi come prima. Perfino Bella, perversa
e maliziosa, non poté fare a meno di tremare fin nell’anima. “Non farai proprio un cazzo, come già ti ho detto. Rimarrai
qui per tutto il tempo necessario affinché quell’abominio
esca fuori. Prova ad andartene, e nessuno m’impedirà di
usare una delle Maledizioni Senza Perdono.” Promise
lui. Poi si voltò, dirigendosi verso l’uscita della stanza.
“SE VUOI AMMAZZARMI –
gli gridò lei, dopo un po’ – FALLO ORA, GRIFONE
DEL CAZZO!”
Lui si bloccò,
ghignando, e tornò sui suoi passi, avvicinandosi alla ragazza e sfilandole la
bacchetta dalla cintura. “Quasi mi scordavo di questa…
Ah Ah, Bella – disse puntandole la propria
al collo, mentre lei, allibita, tentava di riprendersi la sua – buona, tesoro.
Vedrai che in questi sei mesi ci divertiremo un mondo.
Non preoccuparti per
ciò che ti ho detto prima… non intendevo un Avada Kedavra, ma un Imperius.”
Quella stessa notte Sirius-
in netto contrasto con la fermezza, la cattiveria e la forza che aveva usato la mattina- pianse. Pianse tantissimo. Quella
donna lo aveva stregato, soggiogato alla sua volontà….
Non la amava, oh, questo era ovvio. Ma non riusciva a
fare a meno di lei.
Quella gravidanza inaspettata non ci voleva
proprio… non aveva mai pensato di poter divenire
padre. Tanto meno di un bambino nato da Bellatrix, che
aveva sempre classificato come passatempo divertente, ma mai aveva osato dipingerla
come futura madre della sua prole.
Nonostante tutto, sapeva esattamente
cosa fare: poiché la cugina, in quei mesi, avrebbe imparato a odiarlo con tutto
il pathos che il suo animo malato sarebbe riuscito a produrre, e ancor più avrebbe
odiato il bambino che portava in grembo contro la sua volontà, semplicemente,
una volta portata a termine la gravidanza, se ne sarebbe andato via col suo pargolo.
Così, quando venne al mondo quella che
sarebbe rimasta per sempre la sua unica figlia, Sirius
attese che l’ostetrica babbana che aveva convocato
gliela mettesse in mano, per poi smaterializzarsi con lei senza neanche farla
vedere alla madre.
“James, sei sicuro che qua dentro ci siano
dei sottaceti?” Chiese Lily, inerpicata su una sedia nel tentativo di trovare
il famoso barattolino nel ripiano più alto di quella cucina.
“Certo tesoro.”
Affermò con sicurezza lui, seduto comodamente al tavolo e intento a osservare
le splendide gambe nude della ragazza che, a ogni suo tentativo di alzarsi
maggiormente sulle punte per vedere meglio, venivano
scoperte sempre più dalla minigonna.
Remus, che entrava in quel
momento mangiucchiando una barretta di cioccolato, fissò per pochi istanti la
scena e poi roteò gli occhi: sempre la stessa storia. Lily era decisamente troppo ingenua.
“Ma
io non li trovo!”
“Li ho comprati io
ieri sera, quando sono andato a fare la spesa!”
“Che dici?! Ieri sera è andato Remus a fare
la spesa!”
“Allora la sera prima…” Mugugnò lui, inclinando la testa
desideroso di scorgere almeno l’orlo delle sue mutandine.
Lily, insospettita,
si voltò, facendo sobbalzare James che cadde dalla sedia.
“La sera prima ci
sono andata io, e l’altra ancora io, e quella precedente pure! Tu non hai mai
mosso i piedi da questa casa!” Gridò, mentre le guance le si
imporporavano per la rabbia. Con un salto scese dalla sedia,
avvicinandosi al ragazzo che la guardava con due occhioni
da bambino pentito, e dopo ben pochi attimi di riflessioni gli mollò un sonoro
ceffone. “Sei un babbeo, James Potter!”
“Sono perfettamente
d’accordo.” Asserì Lupin, ingurgitando l’ultimo pezzo della barretta e
prendendone un’altro dalla tasca.
“No, Lily, tesoro!” Gridò
il moretto, correndo dietro alla ragazza che, con passo fermo, si dirigeva
verso le sue stanze.
“Vattene!”
“Ma dai… era solo uno scherzo!”
“No,
non era uno scherzo! Era una delle tante
esplicazioni della tua idiozia! Ti viene naturale comportarti così! SEI-UN-BABBEO-!” Scandì la rossa, senza neanche voltarsi a
guardarlo.
Improvvisamente però,
mentre la coppia s’indirizzava verso la scala, un sonoro ‘pof’
annunciò la materializzazione di Sirius… proprio
davanti a loro.
I due fidanzati si
fermarono, sconcertati: erano sei mesi che il giovane Black
non si faceva vedere né sentire.
Quando, però, videro
il suo sguardo addolorato e il fagotto contenente un neonato che teneva stretto
fra le braccia, come un brivido gelido la comprensione
iniziò a pervadere le loro menti, e il sospetto di una tragedia rabbuiò i loro
animi.
Una volta accomodati
nel salotto seguirono lunghe spiegazioni, mentre la bambina fu data in consegna
alla cara e dolce Lily, l’unica effettivamente in grado di accudire ai suoi
bisogni.
I tre amici, che fino
allora erano rimasti all’oscuro da tutte quelle faccende, non la presero bene. Ma amavano Sirius e avrebbero
fatto di tutto per aiutare lui e sua figlia.
Già, sua figlia….
“Non la puoi tenere, Sir.” Disse Lily, guardando la piccola addormentata
che teneva in braccio e poi spostando l’attenzione verso il suo interlocutore,
seduto dall’altro capo del tavolo. Erano rimasti a parlare, discutere…
anche litigare per molto tempo, e oramai si era fatta notte.
Il giovane padre non
rispose.
“Perché Lily?” Chiese
invece James.
“Non verrà accettata dalla società magica, e se la terrà con sé
nascerebbero sospetti. Senza contare che la piccola sarà una preda più facile
per la madre, che saprà esattamente dove andarla a cercare per vendicarsi.”
James abbassò il
capo, addolorato dall’evidenza di quell’esatto ragionamento.
“Lily
ha ragione. Dobbiamo trovarle
un posto dove stare.” Asserì Remus,
fissando l’amico nei suoi grandi occhi bui.
“Io…
io…pufff!” Sbottò Sirius,
gettandosi una mano in faccia e rimanendo in silenzio per un poco. “Avrei voluto tenerla. Quando l’ho presa fra le braccia per
la prima volta… è
splendida, guardatela anche voi! E’ meravigliosa!”
“Ma…” iniziò Remus.
“Ma
– lo so – non posso tenerla per il
suo stesso bene.”
“Che ne dici dei babbani?” Chiese James, silenzioso sin quel momento.
“Cosa?!” Domandò il suo migliore amico. “Che centrano i babbani?!”
”Dalla a loro… in quei cosi… Lily, aiutami! Ornitrofi?!”
“Orfanotrofi, James. Non è una cattiva idea. Sicuramente troverà qualcuno che
la vorrà, avrà una bella famiglia e vivrà felice.”
Affermò la rossa.
“Possibilmente, sarebbe
meglio scegliere un Orfatrifio babbano
lontano da qui, per maggior sicurezza… l’Italia, ad
esempio, andrebbe benissimo. O anche la Francia, la Germania,
la…”
“Portiamola
in Portogallo. Là la comunità
magica non è molto diffusa e lei non desterà sospetti fra nessuno. Vivrà
tranquilla, lontano dal mondo che l’ha rifiutata, dalla madre che la odia… e da me.” Da me che, invece, la
amo. Avrebbe voluto dirlo, ma si limitò a
concludere così il suo discorso, per poi alzarsi e
prendere la piccola dalle braccia di Lily, che lo fissava addolorata.
Fine
Flash-Back***********************************************Fine Flash-Back
Ancora in quel momento, a distanza di
quindici anni, Sirius Black
ricordava perfettamente quegli episodi. Come, del resto, ricordava altrettanto
perfettamente ciò che seguì.
Non seppe mai se per sfortuna o per
qualche piano divino dall’esito per lui ancora imperscrutabile, quella bambina
fu adottata da una famiglia babbana inglese, dei
ricchi borghesi, che risiedevano nella stessa Londra. I Black.
Omonimi ma privi di magia, privi di acredine … privi di
ogni pazza caratteristica che invece apparteneva alla sua famiglia.
E, sempre per lo stesso strano caso, la
bambina fu chiamata Rose.
Black Rose.
Rosa nera. Il fiore preferito da Bellatrix… da lei tanto amato che la chiesa, il giorno del
suo matrimonio, fu ricoperta da questa rara specie di rose. Molte furono le
critiche asserenti che pareva di trovarsi più a un funerale che a delle nozze.
Black Rose.
Sirius, nascosto da un
incantesimo d’invisibilità, guardava estasiato la bellezza della ragazza seduta
davanti a se, su una panchina di Saint James’ Park, ignara dei due occhi che,
esattamente uguali ai suoi, la scrutavano con attenzione.
Divina, addirittura più della madre.
Una Black in tutto e per tutto, tranne che per quella luce
bonaria nei metallici occhi blu.
Anni prima, mentre stava rinchiuso ad Azkaban, si era chiesto come sarebbe
potuta passare inosservata davanti agli occhi del Ministero della Magia. Temeva
che, una volta giunta a Hogwarts, sarebbe
stata riconosciuta e sarebbe divenuta preda in primis della società, poi
di sua madre. Poi il ricordo di un particolare aprì un varco alla speranza nel
suo animo distrutto: solitamente i legami incestuosi portavano a piccole
mutazioni genetiche nel patrimonio dei figli.
Ora che ce l’aveva
davanti ne aveva la conferma: Rose era una maganò.
Sorrise e scosse la testa nel pensare a
quella realtà: se la famiglia Black avesse saputo
dell’esistenza di quell’amabile creaturina
l’avrebbe uccisa in meno che non si dica. Una figlia incestuosa e maganò
era decisamente un affronto intollerabile per il loro
sangue puro.
Si alzò in piedi intenzionato ad
andarsene, le mani in tasca e quell’andatura superba che nemmeno il carcere più
duro del mondo era riuscito a stroncare.
In quel momento, però, la bacchetta,
che teneva incurante nella tasca del pantalone, gli cadde. E non appena toccò terra, l’incantesimo si dissolse.
La ragazza, attirata dal rumore, alzò
lo sguardo dal libro che stava leggendo e lo fissò sull’uomo che, improvvisamente,
si era ritrovata davanti.
Sirius rimase immobile,
senza sapere che fare, gli occhi catturati da quelli di Rose.
“Le… le è
caduto un pezzo di legno, signore…” Mugugnò lei con
fare titubante, aggrottando più e più volte le fini sopracciglia e indicando la
bacchetta ai suoi piedi. Visto che però l’uomo pareva
del tutto fuori dal mondo, si alzò, raccolse l’oggetto e glielo porse,
sforzandosi di rivolgergli un piccolo sorriso.
“La sua…- la
guardò, storcendo il naso – bacchetta, signore!”
Sirius scosse la testa,
sorridendo a sua volta e prendendo l’oggetto che lei gli tendeva. “Oh, grazie! Sono sempre troppo
distratto!”
Rose sorrise con più
tranquillità, chinando il capo di lato e studiandolo. “La conosco, signore? Mi pare di averla già
vista!”
“E’ possibile,
piccola.
In fondo, il mondo non
è così grande come sembra... Buona giornata!” Asserì il vecchio Black, allontanandosi il più velocemente possibile prima
che il suo istinto di Malandrino prendesse il sopravvento e lo spingesse a
compiere azioni inconsulte, come rimanere tutto il giorno lì in sua compagnia.
La ragazza guardò ancora per un poco la
figura dell’uomo che si allontanava, tentando di capire dove altro potesse
averlo visto; sconfitta, fece spallucce e si voltò, riaccomodandosi nella sua
panchina: era ora di tornare a casa, anche perché quella sera, sabato dieci
gennaio, avrebbe dovuto festeggiare il suo sedicesimo compleanno con gli amici,
e voleva avere il tempo per andare a comprarsi qualcosa di carino da mettersi.
Prese la sua giacca, tenendola in mano,
e poi afferrò il libro. Fu allora che si accorse di qualcosa che le impediva di
chiuderlo perfettamente e, incuriosita, lo aprì.
Al suo interno c’era una rosa nera.
Sorrise.
Era il suo fiore preferito.