Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
Segui la storia  |       
Autore: GaTTaRa PaZZa    18/04/2011    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Ryou e Keiichiro avessero scelto altre ragazze con il DNA compatibile a quello degli animali codice rosso? Se invece di Ichigo, Minto, Zakuro, Purin e Retasu avvesero trovato altre candidate?
Questa fiction è un adattamento delle puntate dell' anime secondo il carattere di queste altre mew mew (vedrete moltissime similitudini e citazioni, le battute a volte sono anche le stesse, a volte con varianti). Noterete che le mew mew non saranno cinque, ma ben sette. Sono ispirate alle mie amiche più intime, non potevo tralasciarle!!
Spero vi piaccia, commentate negativamente o positivamente, voglio sincerità! :)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Le undici e ventiquattro di sera, quartiere Asakusa.
Una figura informe camminava strascicando i piedi sull' asfalto, passando indifferente in mezzo agli spacciatori che si facevano righe di cocaina con tranquillità, ignorando i rischi e le conseguenze. Di poliziotti,comunque,neanche l' ombra.
Quella figura ciondolava le braccia a ritmo di una famosissima canzone di Bob Marley: three little birds.
«Sayin': this is my message to you, hu, hu! Singin' don't worry, about a thing... 'cause everything gonna be alright!» canticchiava, con la sua voce calda e indiscutibilmente spensierata.
Rumore di bottiglie cadute per terra; suoni graffianti di vetro in frantumi avrebbero fatto sobbalzare chiunque, ma non lei.
«Rise up this morning, smiled with the risin' sun, three little birds pitch by my doorstep, singin' sweet songs of melodies pure and true...» continuò, a volume un po' più alto. Non voleva che qualcuno disturbasse la sua momentanea pace interiore, puramente chimica.
Risate, e poi bestemmie. Sicuramente maggiorenni ubriachi che si godevano le piccolezze della vita. Non erano pericolosi.
La canzone terminò dolcemente, così pacifica da far quasi sorridere la figura. Amava il raggae -ma anche il rock e il metal- e dopo una cannetta ci stava benissimo.
Oh com'era shalla in quel momento, sotto l' effetto della ganja e di Bob. Tutto era più colorato adesso, più arancione, più giallo. Di solito vedeva in bianco e nero, ma in quel momento tutto assunse un colore. Era pervaso di giallo.
«Aaaaaaaaaaiuuuuuuuuuutooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!» strillò una voce acuta, da giovane donna in carriera, con un accento esotico che la nostra fattona non riusciva a inquadrare; «Uffa, finita la pacchia» sbuffò. Cinque minuti dopo, la sesta mew mew si era parata davanti alla donna bruna, che si nascondeva dietro di lei, tremante.
Davanti a loro c' era una specie di cane rabbioso, gli occhi d' un bianco spiritato e la bava ai lati della bocca. I denti aguzzi erano spaventosamente neri.
«Non si preoccupi, donna... 'cause everything gonna be alright!» esclamò la ragazza, che stringeva in mano un attizzatoio tutto elaborato.
Dalla punta scautirorno lunghe fiamme arancioni, che avvolsero il Chimero uggiolante. Si sdraiò per terra, abbaiando terrorizzato.
In un' esplosione di luce color mandarino, una medusina pulsava nell' aria, emettendo un bagliore violetta, mentre la povera bestiola guaiva senza fiato.
La mew mew si staccò la signora dalla schiena, che aveva una comica espressione sbalordita, e la salutò con un fugace sorriso e due dita posate sulla fronte, a mo' di saluto militare. Con un balzo degno di uno stambecco, si dileguò nel nulla.
Nascosto nell' ombra più assoluta, Kisshu aveva osservato tutta la scena con i suoi vigili occhi gialli da rettile, perplesso e colpito dalla rapidità con cui la ragazza aveva affrontato il suo semplice Chimero: quella volta, non aveva utilizzato l' Ankh di nessuno.
«Allora è lei, la nuova» constatò, corrucciando le sopracciglia. Ma poi, spalancò gli occhi, incredulo: stava venendo verso di lui.

***


«MAYDAYYYYYYYYYYYYYYY!!!!!!!!!!!!!!!!!! Ragazze, è terribile, abbiamo un problema!!! UN PROBLEMA ENORME!!!!» quegli ultrasuoni erano sicuramente della vocetta acuta di Shikimi, che aveva corso come una disperata e ansima come un animale. Indossava ancora la divisa scolastica.
Satō e Sakuranbo, che stavano spazzando per terra, si interruppero subito -una buona scusa per smettere di faticare non va mai sprecata-. Avevano una faccia annoiata di chi non si sarebbe scandalizzato nemmeno all' esclamazione "E' giunta l' apocalisse".
Kanzō strizzò uno straccio sul secchio, gocciolante di acqua sporca. Era abituata a fare i lavori di casa,lei, e sermbrava anche molto più interessata delle altre due. Notò che la coniglietta stringeva convulsamente una rivista blu marino. «Di cosa si tratta?» chiese, insicura di voler sentire la risposta.
«Date un' occhiata a questo articolo!» rispose, sbattendo con violenza il giornalino su uno dei tanti tavolini ripuliti dalla cameriera in noir. Sembrava veramente agitata.
Le teste delle presenti s' ammucchiarono attorno a quel pezzo di carta, stavolta più incuriosite. Fissavano le dita di Shikimi sfogliare con impazienza, fino a quando non si bloccarono su una gigantesca scritta rossa: L' EROINA MISTERIOSA.
«Oho, non voglio leggere...» mugugnò la bionda, serrando gli occhi. Aveva già capito cosa c' era scritto.
«Vuol dire che lo farò io per te... Un' eroina sconosciuta affronta con coraggio e determinazione una creatura non ancora identificata ieri notte, verso le undici e mezza, ad Asakusa. Ci sono diversi testimoni, e qui un' intervista con la signora Lebeurre... MA STIAMO SCHERZANDO?!?!?!» esplose l' orsetta, isterica come al suo solito.
«E' chiaro che qualcuno ha fotografato una di noi senza che se n' accorgesse! Ah, chissà cosa accadrebbe se scoprissero del progetto mew!!!» squittì Shikimi, scacciando il pensiero scuotendo la testa.
«Andiamo, basta preoccuparvi! La ragazza nella foto, anche se è oscurata, non è nessuna di noi. Questa silhouette non è sicuramente nostra» sbottò Kanzō con aria pratica, indicando con l' indice dallo smalto verde a pallini gialli -la sua amica Nana non aveva niente da fare durante fisica quantistica- la foto sfuocata.
«Allora; io sono subito esclusa perché la tipa qui non ha le ali sulla schiena, ma solo delle orecchie triangolari. Kona ha le orecchiette tonde, perciò fuori un' altra. Shikimi non è nemmeno lontanamente così piatta e secca, e Chukonen ha la coda da felino, mentre sta qui c'ha una bella coda vaporosa da.. volpe,forse. O lupo. Lo stesso vale per Kurumi...» aggiunse,diplomatica. Era talmente logico! Ma le altre erano troppo preoccupate per usare il cervello.
«Giusto! Se non altro non siamo noi quelle nella foto, e mi sembra già qualcosa di confortante... qualcuno sa dov'è finita Sheru-san?» domandò Sakuranbo, tanto per sviare.
«E' a una conferenza con suo padre...» rispose automaticamente la cameriera bianca, che sapeva sempre tutto.
«Ma allora chi è quella nella fotografia? Beh è ovvio... si tratta della sesta mew mew, ma chi è?!» rimuginò la piccoletta, accarezzandosi il mento con fare pensieroso.
La pipistrellina prese nuovamente in mano l' intervista, focalizzando l' attenzione sull' immagine. La tizia aveva capelli corti da maschio e una frangia... era bassina, sull' 1.60, e di giusta corporatura.
Con quei capelli corti sembrava proprio Yuzu, che recentemente si era tagliata la chioma nera per sostituirla di rosso. Però c' erano milioni di giovinette a Tokyo alte centosessanta centimetri, magre e dal taglio a maschietto.
«Beh ragazze...forse, e dico forse, potrei avere una mezza idea di chi sia... ma non è affatto detto, abbiamo troppi pochi dati» azzardò Kanzō, parecchio incerta. Si pentì subito di aver aperto bocca quando tre paia di occhi sgranati cominciarono a fissarla con crescente intensità.
«Chi? CHI?» strillò Sakuranbo, entusiasta. A quanto pare,erano tutte curiose di conoscere il sesto e penultimo membro della squadra.
«Beh, la mia migliore amica, Hana Yuzu, ha il fisico come quello, ma ci sono milioni di giapponesi fatte così!».
A quel punto, Ryou e Keiichiro sbucarono con nonchalanse dalla cucina, interessati. A quanto pareva, avevano sentito tutto.
«Beh,perché non andate a controllare?» domandò subito il biondo, incrociando le braccia. Era la cosa più ovvia da fare.
«Sì certo,cosa le diciamo?! Scusami, non è che per caso sei capace di trasformarti in una volpe? Così, puro interesse personale..!» lo blandì Satō sarcastica, sempre pronta a litigare con lui.
«Beh, potrebbe chiederglielo Jundo-san, no? Se sono così in confidenza, la ragazza potrebbe confessarle della stranezza che le è capitata...» buttò lì il moro, benevolo come sempre.
«Ah, lei non mi direbbe mai una cosa del genere!! Dovrei romperle io le balle, ma dopo mi prenderebbe per pazza se lei non fosse la sesta mew mew...»
«Ci saremo noi con te a darti man forte! Io m' imbuco ovunque!» squittì Shikimi, alzando la mano come a scuola.
«Fammi pensare... stasera terrà un concerto con la sua band. Potremmo tutte andare a vederla» propose la mora, la voce leggermente aspra. Odiava quel genere di caos, quel fumo, quell' alcool e quelle effusioni del pubblico...
«Perfetto. Stasera ci saremo».

***


La luce era più grande, luminosa e potente del solito.
Troneggiava nell' oscurità verde acqua di quella dimensione insolita, che farebbe rabbrividire chiunque, e mentre parlava la sfera tondeggiante oscillava, come per imitare una sorta di gesticolìo. Ed è proprio curioso vedere il nulla gesticolare.
Kisshu era in ginocchio, testa bassa, e aveva appena riferito cos' era successo con quella stranissima terrestre, incauta quanto coraggiosa.
Guardava basso, guardava la superficie simile ad acqua asciutta sotto i suoi piedi, pensieroso. E che pensieri.
"Perché devo riferire tutto quello che succede a questo lampo azzurro qua davanti? Come può aiutarmi, se non ha ancora visto nulla con i suoi non-occhi? Non ha mai visitato la Terra. Non deve criticare i suoi abitanti se non sa. Non deve parlare di cose che non capisce e non conosce. Se non fosse per Hikamito Ikisatashi, non sarei qua in questo momento. Ma è per il bene del nostro mondo. Sopporterò tutto questo, se servirà alla mia gente" rimuginò, mentre aspettava che il suo padrone dicesse qualcosa. Era disgustato di essere lo schiavo di quella palla luccicosa, ma non poteva farci niente.
«Perciò, questa mew mew è disposta a trattare» disse infine, il tono dubbioso.
«Sì... ma trattare è il termine errato... semplicemente, è dalla nostra parte».
«Una vile. Chi è? E' amica di quelle ragazze?»
Il ragazzo fece un gran sospiro. Che diamine ne poteva sapere, lui?!?! «Potrebbe essere, in questo momento non so dirlo con certezza. Cercherò di identificarla il prima possibile, non ci vorrà molto: ho già qualche sospetto» raccontò, spremendosi la memoria alla ricerca di qualche informazione buttata casualmente dalla volpetta. Niente, non si era lasciata scappare niente. Non sapeva nulla di lei, a parte che era una mew mew e che si sarebbe schierata dalla "giusta parte". Basta.
Cos' aveva in mente quella terrestre...?

***


«Siete state fortunate che questa volta abbia tenuto in concerto dallo stile con cui era partita...» borbottò la pipistrellina, mentre le altre leggevano la rozza locandina sui cui scritto "Nirvana-SOAD- Metallica-Three days Grace Remake! Rubiseki in ROCK "
Satō si sentiva parecchio a disagio. Non era mai stata a un concerto, anche se ovviamente quello a cui stava per assistere non era una cosa seria. L' ingresso era per 1200 yen (il corrispondente di circa 10 euro), il giusto per una cantante non professionista ma già conosciuta dai giovani suoi simili.
Rubiseki era il nome d' arte della ragazza, e significava "rubino". Non capiva perché proprio quel nome; dai racconti di Jundo, pensava si fosse scelta uno pseudonimo più seducente.
Questa Yuzu sembrava non avere niente a che fare con Kanzō; era la tipica teppistella che ogni genitore non vorrebbe mai avere in casa.
Fumava, beveva, non era vergine.
«Ma... com' è che vi siete conosciute?» domandò, buttandola lì per caso.
«Andavamo a scuola insieme dall'asilo fino alle medie, anche se adesso al liceo ci siamo divise, ma siamo sempre rimaste in contatto...» spiegò la mew mew, con naturalezza. Troppa naturalezza: si vedeva lontano un miglio che avrebbe preferito averla avuta sempre vicina. Probabilmente perché sarebbe riuscita a dissuaderla da certe cazzate che ormai aveva fatto e strafatto.
«Oh, anche io e te ci conosciamo dall' asilo!» esclamò Kurumi con un sorrisone, rivolto alla migliore amica. Era riuscita a tornare in tempo dalla conferenza per vedere la presunta nuova compagna.
«Uuuuuuuuuuuh, davvero, Kona-Chan?! Io e questa nana da giardino qua sotto solo dalle elementari...» attaccò Sakuranbo, dando una pacca alla testa di Shikimi, che cercò di azzannarla senza successo. «Ma che fai?! Mordi?!» aggiunse, scandalizzata, strabuzzando gli occhioni verdi.
«Non provocarmi, Saku-nyan!» strillò l' altra, sommergendo in una nuvola di polvere da cui emergevano ogni tanto pugni chiusi, gambe e versi di chi ha appena ricevuto una scazzottata.
«Beh, ehm... entriamo? Non ha senso restare qua davanti ancora per molto, mancano dieci minuti, saranno tutti dentro...» propose Kanzō, nervosa. Continuava a giocare con un laccetto della lunga maglietta nera, molto goth. Ovviamente si era conciata in total black: chiodo di similpelle, t-shirt fino alle coscie, leggins in pelle e anfibi corti. E ovviamente, i guantini con le borchie quadrate.
«Ma sì, diamo un' occhiata a questi punkettoni "l' amore fa schifo,la vita fa schifo"...» concordò Kurumi, imitando un tono depresso e sconsolato: suo cugino si definiva un metallaro (anzi, un metallaVo... eh,la sfortuna di aver la r moscia ;)) e si divertiva moltissimo a prenderlo in giro. Non si sentiva a disagio nei suoi vestiti da hippie; era abituata a quel genere di gente.
«Non c' entrerò niente là dentro...» mugugnò la bionda, riemersa da poco dalla rissa con la coniglietta -sembravano illese- e parecchio scettica. Era troppo suora per questo genere di ambienti.
«Pff, perché io?! Ma non è difficile, basta urlare FUCK YEAH ogni tanto, qualche PUNK'S NOT DEAD e minchiate varie... mio fratello ascolta 'ste robe e mi rompe sempre con 'ste frasi...» spiegò Shikimi allegramente. Con la sua camicia bianca, i jeans lilla e le scarpe da ginnastica era consapevole di diversificarsi dalla folla. E a lei piaceva essere diversa.
«Se osano sfotterci giuro che li trucido tutti sul momento...» grugnì Satō, i nervi a fior di pelle. Probabilmente avrebbe azzannato qualcuno, se avessero osato disturbarla.
Kanzō, con un gran sospiro, si avviò all' entrata, dove fece oblitterare i cinque biglietti da un ragazzo piuttosto bruttino. La tensione cresceva.
Le mew mew entrarono, agitandosi sempre più a ogni passo: sapevano cosa aspettarsi? Le voci ronzavano a volume sempre più alto, si stavano avvicinando al palco. Risate, chiacchiericcio, rutti... c' erano quasi.
E infine, eccolo: una distesa di ragazzi e ragazze più o meno eccentrici. Una aveva un' oscena cresta viola, in compagnia di un biondo platino con un piercing sul labbro, uno sul naso e uno sul sopracciglio. E poi ragazzi con code lunghe fino al sedere, ragazze pelate in stile Skin, gente tutta particolare riunita là, sotto quello spartano palco di legno. Gli strumenti erano tutti preparati, ma la band doveva ancora arrivare; volevano creare suspense, sicuramente.
«Perché tutta sta gente?!» esclamò Sakuranbo, innervosita. Si sentiva soffocare, là dentro: dov'erano le finestre?! La luce del sole? Che caldo soffocante... si tolse la felpa, annodandosela in vita. Andava leggermente meglio, ma era percebile sulla pelle il calore umano di quella massa. Chissà che afa quando sarebbe iniziato il vero e proprio spettacolo...
«Suppongo siano i nostalgici: quelli che rivogliono Rubiseki com' era prima di rovinarsi. E più gente c'è, più lei potrebbe capire che fa soldi lo stesso anche senza fare la troia nelle dancehall...» spiegò la pipistrellina, perspicace come sempre. Sapeva avere una grande capacità di collegamento per le cose serie; e la sua migliore amica era la cosa più seria di tutte.
Kurumi assunse un' espressione disgustata per la risposta dell' amica, poi si sfilò gli occhiali. Sarebbero sicuramente caduti per terra, quando sarebbe finita nel pogo. Era meglio metterli al sicuro, nella borsetta color arcobaleno. «Se vogliamo vedere qualcosa, dovremmo farci spazio in mezzo alla folla... » osservò, critica. Non era però sicura di voler vedere o sentire qualcosa.
«Sì, e come? L' unica alta sei tu... » ribatté Satō, nella stessa lunghezza d' onda della tigrotta in quanto disagio. Aveva appena scoperto di essere oclofoba.
«Io avrei in mente un' altra soluzione...» s' intromise Kanzō con un tono un po' imbarazzato ma anche molto malizioso: i suoi occhi puntarono il fiorente petto di Shikimi, che si guardava intorno in cerca di qualche bel rastone con cui flirtare durante il concerto. «Sanshou-san... potresti sbottonarti i primi tre bottoncini della camicia?» domandò la mew mew con sguardo sarcastico.
La coniglietta spalancò la bocca, incredula: poi diede una svelta occhiata alla folla lì davanti, e intuì il piano dell' amica; con controvolgia ed estrema rigidità, si slacciò i bottoncini candidi.
«Oh ora basta che fai la zoccoletta con quelli qui davanti e siamo a posto!» esclamò Sakuranbo, cercando in tutti i modi di distrarsi da quell' atmosfera opprimente. Quel persistente odore di fumo le faceva venire la nausea. Avrebbe voluto tapparsi il naso, ma non era il caso.
«... mi tocca! Ma lo faccio solo per la nostra squadra!!» mugugnò la piccoletta, sistemandosi i capelli. Doveva far esplodere tutta la malizia che aveva dentro. Andiamo, non era la regina dei doppisensi? Non si faceva pensierini ogni volta che passava un ragazzo? O qualsiasi altro essere vivente capace di respirare? E allora, tanto valeva atteggiarsi un po'!!!!!!!!!!!
Shikimi prese il comando del gruppo, con un gran sospiro. Almeno era truccata, però non indossava nulla di sexy. Amen.
Si avvicinò alla massa, sventolando i lunghi capelli quasi biondi, sfarfallando le ciglia folte. «Scusate.... potreste lasciarci passare? Oooooh, grazie mille, gentleman...» ringraziò, con una voce sensuale, simile a una cucchiaiata di miele, e un sorriso lascivo mentre si allontanava.
I ragazzi che avevano lasciato passare la combriccola stavano analizzando le cinque, con espressioni più o meno soddisfatte. Intanto, però, si erano lasciati intortare con estrema facilità.
«Non immaginavo fossi così brava in queste cose» proclamò Kurumi perplessa, osservando la gente che si spostava al passaggio della ragazza, che aveva acquisito via via sempre più sicurezza. Ogni volta diceva una frasetta gentile con quell' innaturale voce da pubblicità di un qualche strano prodotto dall' uso vietato ai minorenni, gli uomini le lanciavano occhiate reciprocamente vogliose.
Sì sentì molto in imbarazzo: non voleva che una delle mew mew restasse incinta proprio quel giorno. Era a dir poco disdicevole. «Usa le dovute precauzioni» aggiunse, inarcando le sopracciglia.
«E dai Sheru-chan, sto solo giocando un po'! Lasciami divertire!» rispose quella, ridendo. Pudore zero, veramente.
«Devo ammettere che funziona, non l' avrei mai detto...» commentò la biondina incredula, praticamente appiccicata all' orsetta. Si facevano forza vicendevolmente.
«Siamo sotto al palco! Questa tecnica è eccezionale!» esclamò Satō di rimando, nervosa. Basta così poco alle ragazze, per ottenere quello che vogliono.
«Tsk, è banale. Tutte le femmine senza un minimo di cervello si comportano in questo modo. Mostrando il proprio favoloso corpo» osservò Kanzō critica. Odiava l' immagine della "donna oggetto", a differenza della maggior parte delle giapponesi. I giapponesi sono veramente degli allupati.
Shikimi però aveva compiuto la sua missione: si riabbottonò, e attese come tutti l' arrivo del gruppo.
Dopo una decina di minuti arrivarono il tastierista (applausi ed urla d' incitazione) e il batterista (idem).
Dopo qualche altro minuto ecco il bassista e il chitarrista, che entrarono suonando qualche accordo, così per fare. Incitazioni e mani alzate da veri metallari.
E dopo mezz' ora, finalmente eccola. Rubiseki.
Indossava un top nero con delle borchie quadrate di metallo sopra, una mini-mini-mini gonna in pelle, calze a rete e anfibi lunghi fino al ginocchio. Poi c' era un coprispalle a maniche corte e i guanti retati sulle mani, più i tipicissimi braccialetti con lunghissime e appuntite borchie, uguali al collarino che aveva sul collo esile e bianco.
I capelli rossi erano spettinati ad arte, per far risaltare la trasgressione del personaggio.
Aveva le labbra nere, e il trucco pesantissimo nero sugli occhi. Le ciglia finte le sfioravano gli zigomi quando abbassava lo sguardo.
Non poteva essere la stessa troietta che la pipistrellina aveva descritto. Proprio no; quella dava l' impressione di sfaciarle di botte, le ragazzine che fanno le fighettine. Davvero.
I presenti gridavano a squarciagola, nemmeno fossero appena entrate le Scandal 1, e davano di matto.
Yuzu -così si chiama realmente la ragazza- sorrise. Era tutto molto inquietante.
Afferrò il microfono con quelle sue dita retate, e salutò i presenti in growl: «Salute, gente!» ringhiò, con quella voce terrificante. Chissà perché, ma il pubblico andò letteralmente in visibilio.
«Questa pazza me la sogno di notte. Non può essere un' eroina!» sussurrò Sakuranbo con gli occhi sbarrati, sbalordita a dir poco. Guardò gli occhi marrone scuro di Satō, per cercare conforto, e notò che erano sconvolti come i suoi verdi e gialli. Quegli occhi parlavano, urlavano: usciamo di qui al più presto.
Kanzō e Shikimi invece erano attentissime, tutti i sensi all' erta. Gli occhi azzurri della seconda brillavano d' ammirazione. Sperava intensamente che quella goth lady entrasse nel loro gruppo. La ispirava un sacco, voleva assolutamente conoscerla. Straripava carattere da tutti i pori.
Non era esattamente carina, aveva un viso normalissimo, nulla di speciale, però rincarava la bellezza col carattere.
La prima invece sembrava solo molto preoccupata per l' amica. Le voleva davvero così bene?
Kurumi se ne stava un po' in disparte, indifferente. Aveva un' espressione impenetrabile; impassibile è un eufemismo. Sembrava scolpita nel ghiaccio -e tra l' altro stava benissimo senza occhiali-.
«Allora... Come voialtri bastardi sapete, qui la mia carriera di rockettara sta andando a puttane. Credo, suppongo e presumo che questo sia uno degli ultimi miei concerti. E non state a giudicarmi, stronzi, ho i miei motivi per farlo. Sti fottuti soldi, sta società di merda! Ma vi rendete conto che lottiamo per un pezzo di carta sui cui scritto 10000 yen? E' una cosa che mi sconvolge sempre. Uno si ammazza per uno straccetto di cellulosa con cui può benissimo pulirsi il culo... Bando a sti fottuti sentamentalismi, cazzoni di merda, so' qua per cantare,no? E divertitevi più che potete, figli di puttana! Vi amo, cazzo!» strillò, in una intonazione più civile.
L' orsetta e la tigrotta sembravano sempre più disorientate: perché diamine stava sparando parolacce a raffica? Che c' era di figo in tutto quello? Era davvero tutto troppo volgare e decisamente patetico.
Quelli però non si offesero, com' era sensato, invece ridevano e urlavano a insulti pure loro. Era un segno d' affetto? Di complicità? Avevano speso soldi per farsi coprire di accuse senza motivo? Bah. Gente strana, molto molto strana. Forse lo screaming dava loro alla testa.
Rubiseki rise a sua volta, e li incitava a sfotterla più forte. Gente estremamente strana. Strillava: Non vi sento! Ah sì? Cosa sono? E avete ragione!
«Ok, ora iniziamo a fare sul serio. Pronti? E one, two, and one two three four!» cominciò, dando il tempo.
Il basso e la chitarra cominciarono a suonare: erano accordi malinconici, ma non deprimenti, erano come dire... rassegnati.
E come un passerotto nero che si libra in volo nell' aria, le note cantete da Yuzu si levavano in cielo con piroette, ad ali spiegate: «This world will nevere be what i expected, and if i don't belong, who would have guessed it?» disse, con una voce dolce e arrendevole, come se volesse carezzare gli spettatori con la musica.
Tutti cantavano insieme a lei, cercando di farsi sentire, e il risultato non era altro che un coro smorzato e confuso tipico dei concerti. E non che la cantante avesse una voce così speciale: semplicemente era intonata, ed aveva la capacità di variarla da situazione in situazione, da canzone a canzone.
«Però, è brava!! E la canzone mi sembra tranquilla!» commentò Satō, leggermente rassicurata. Si sentiva un po' confortata; si aspettava continui strilli e urla senza alcunché senso logico, invece quella ragazza stava proprio cantando.
Non l' avesse mai detto! Appena fece quell' esclamazione, ecco che arriva il ritornello: «EVEN IF I SAY: IT WILL BE ALL RIGHT!, STILL I HEAR YOU SAY YOU WANNA END YOUR LIFE! NOW AND AGAIN WE TRY JUST TO STAY ALIVE! MAYBE WE'LL TURN IT AROUND 'CAUSE IS NOT TOO LATE, IS NEVER TOO LATE!». Quelle frasi venivano ringhiate, ma non ferocemente, era un lamento di puro dolore, disperazione, depressione. Era lo sfogo di un adolescente stufo della propria effimera esistenza, era il canto di morte di un cigno bianco, era lo spannung di un romanzo noir.
Shikimi conosceva quella canzone, e dovette ammettere che amava quella nuova versione al femminile. «Wow, riesce a gridare facendolo sembrare melodico!» squittì, all' orecchio di Kurumi, che portava sempre quella maschera freddissima. Chissà poi perché; quella ragazza era davvero imprevidibile.

***


Il concerto era finalmente finito; la maggior parte della gente se n' era andata, oppure era andata ad aiutare il gruppo con gli amplificatori e compagnia bella.
Le cinque, più o meno assordate ed acciaccate (erano finite nel bel mezzo del pogo, e c'è voluto un bel po' di tempo per uscire da quel vortice umano) stavano confabulando sul momento adatto per andare da Yuzu e chiederle della squadra mew mew. Sarebbe stata sicuramente Kanzō a guidare la spedizione, dato che lei era la migliore amica della cantante, e lei l' avrebbe sicuramente ascoltata.
«Bene, andiamo ai camerini...» assentì la pipistrellina, sicura. C' era stata una decina di volte in quel posto, la band la conosceva e aveva piena libertà d'azione. Con le altre al seguito, aprì con sicurezza una porta a lato del palco, che portava a un corridoio stretto e illuminato da quelle fastidiossisime luci al neon bianco accecante, che secondo il mio nobile parere da narratrice, danno un' infinita sensazione di tristezza e trascuratezza.
Quattro porte davano sul corridoio: i "camerini", ovvero stanzette con uno specchio e una seggiola. E basta.
Su una di queste c' era malamente inciso nel legno chiaro il nome Rubiseki. Insomma, non il massimo della chiccheria.
La mora bussò; due pacche secche e brevi, più per consuetudine che per altro: infatti, aprì la porta senza aspettare la risposta della ragazza al suo interno. Partì una bestemmia.
«Onee-chan, ma sei malata?!?! C'è, sono praticamente nuda sibilò la rossa, ed effettivamente non era granché vestita.
Era in reggipetto -blu- e shorts in denim. Si stava infilando un' enorme maglietta a righe grosse, bianche e gialle.
Si era tolta il rossetto nero e l' ombretto, ed era mille volte più normale di prima. Sembrava quasi una persona civilizzata.
«Che esagerata! Ehm... sono qui per presentarti delle mie... colleghe di lavoro: siamo delle cameriere al Caffè Mew Mew, e.. ehmmm...» attaccò Kanzō, completamente a disagio. Non sapeva come spiegarle di tutta la squadra, dell' articolo di giornale, degli alieni... come iniziare? Come fare per non essere scambiata per pazza?
«Ehi, mentre questa balbetta, voi teoricamente non dovreste presentarvi?» l' ignorò completamente Yuzu, in tono scherzoso, ma perplessa. Perché diamine si era portata dietro quel corteo di fanciulle? Non capiva. Da quando la sua migliore amica amava la compagnia di così tanta gente?!
«Oh, sì... beh io sono Kurumi Sheru, piacere!» si presentò la mew mew, più rilassata.
Sakuranbo Chukonen», «Satō Kona», «Shikimi Sanshou».
Yuzu si spruzzò addosso del profumo al gelsomino, sospettosa, mente squadrava il quintetto. In particolare fissava gli occhioni verdi, diffidenti, della bionda. Il suo nome l' aveva già sentito.
«Chukonen, eh? Questo nome... sei per caso la pseudo morosa di mio cugino, Itsuki Funsui?» domandò, improvvisamente interessata. Un lampo di luce rianimò gli occhi sottili color cioccolato dell' eccentrica cantante.
Tutte trattennero il fiato: quei due erano cugini????????????????????????????????????
«Funsui?! Quello per cui muori dietro, Saku-nyan?» domandò Shikimi maliziosissima, e decisamente bastarda. Amava metterla in imbarazzo.
L' interpellata infatti sentì il sangue ribollirle le guance; la pelle del viso era infatti tinta del meraviglioso colore che la caratterizza, e per cui tutti amano prenderla in giro. «IO E ITSUKI NON STIAMO INSIEME!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!» strillò, ad almeno diecimila decibel. Si potevano quasi sentire i vetri incrinarsi.
«Oddio allora chissà come ha parlato di te a Yuzu-chan , se lei ha finito per chiamarti "la sua morosa"...» osservò Kanzō, con un sorrisetto. Com' erano carini quei due: entrambi non osavano fare il primo passo, ma erano cottissimi l' uno dell' altro. La nostra pipistrellina amava questo genere di situazioni, anche se sapeva che non ci si sarebbe mai finita dentro, meno male. Aveva una concezione dell' amore alquanto pessimistica.
«Voglio sapere cosa ti ha detto, parola per parola!» squittì l' interessata, in piena crisi isterica da tipica adolescente che ha appena scoperto qualcosa del ragazzo cui è innamorata.
«Ehmmmm, noi saremmo venute qua per un' altra motivazione» s' intromise l' orsetta, con un' espressione molto sarcastica: non dimenticava mica i suoi doveri,lei. Soprattutto perché aveva intuito che lei era una sorta di caposquadra, percepiva che Akasaka-san e Shirogane s' aspettavano questo da lei. Non voleva deludere l' aspettative di un uomo buono, paziente e intelligente come Keiichiro, che aveva speso gran parte della sua vita nel progetto mew. E Ryou.... beh, lui poteve anche andare a faaaaaa......rsi benedire!
«Ovvero? Cosa volete?»
«Ecco... sai dell' articolo della supereroina? Volevamo chiederti se... per caso... sapevi chi era...» azzardò Kurumi, che nel frattempo aveva ritirato fuori dalla borsa multicolor gli occhiali. Così aveva un' area più intellettuale di prima, e la domanda che aveva fatto magari poteva sembrare più seria. Così, per assurdo.
Tutte tacquero, in attesa. Gli sguardi erano puntati su Yuzu, che s' irrigidì. Immobile, serrò le labbra, ed assottigliò lo sguardo. L' atmosfera sembrò raggelarsi; il termometro era sceso sicuramente di qualche grado. In quel minuto si silenzio, le aspettative delle ragazze crebbero, in febbrile ansia. Volevano sapere. «Non capisco di cosa stiate parlando. Io sono qui per lavorare, comunque, non per socializzare. Devo andare a batter cassa. Ciao, Kanzō» disse infine, fredda come un pezzo di ghiaccio.
Afferrò una grande borsa nera, sicuramente contentente i costumi di scena, e con un sibilato "permesso" si fece strada verso la porta, che sbatté rumorosamente.
«Ciao, Yuzu». Quel sussurro era di Kanzō: non riusciva più a riconoscerla.

***


Sakuranbo stava dormendo. Dormendo assolutamente alla grossa, con tanto di rigiramento nel letto. Stava sognando.
Nel sogno, era su una strada di asfalto grigio chiaro, e sia a destra che a sinistra c' era un fiume cristallino e limpido, che brillava nonostante il sole fosse coperto da nuvole bianche. Tutto il cielo era bianco.
La prospettiva era quella di un esterno; la scena era vista dall' alto, e la Sakuranbo del sogno era ripresa da dietro. I capelli erano molto più chiari, di un biondo platino quasi algido.
Indossava un vestitino in sangallo bianco, che svolazzava al vento. Sembrava quasi trasparente da quanto era leggero. L' abito ondeggiava, come le increspature dello splendido fiume, e la prospettiva ruotò, inquadrando da davanti la mew mew, e cominciò a zoomare sul viso della ragazza.
Gli occhi verdi erano quasi azzurri, perché riflettevano in qualche modo l' acqua chiara, ed erano ornati da pesante matita nera tutt' intorno. Anche le palpebre erano nere. Erano assottigliati, come per proteggerli da un sole che non c' era. La pelle era candida come il vestito che portava, e le labbra, serrate, erano l' unico tocco rosato sul viso.
Attorno a quella glaciale Sakuranbo, aleggiavano le ombre sfuocate delle altre mew mew, con espressioni più o meno supplici. C' era anche il fantasma di Yuzu.
«Chukonen, non farlo» sussurrò Kanzō, con un tono di voce disperato, così basso da sembrare un' eco. «Saku-nyan, non fare l' idiota!» disse Shikimi in un sibilo spento e vuoto.
Ma l' inquietante bionda non le ascoltò, e mosse un passo. Un piccolo passo con le infradito bianche.
In quel preciso istante, la sagoma di Kurumi si dissolse, e gli occhi verdi incrociarono quelli azzurro grigiastro giallognolo dell' amica, che li spalancò prima di sparire. Era tutto molto tenebroso.
«Sei davvero una bambina, se ti comporti in questo modo» commentò la rossa, più rancorosa e arrabbiata delle altre, ma sempre a fil di voce, remota.
«Non permetterti di giudicarmi» rispose, e quasi sembrava urlare a confronto di tutte quelle ombre. Era apatica, fredda, gelida, insensibile.
E così, fece un altro passo. Stavolta scomparve Rubiseki, con un' espressione di odio puro.
In quella, stava proprio per allungare la magrissima gamba, quando un BIP BIP BIP BIP svegliò la vera Sakuranbo, che si alzò subito in piedi, ansimando. Nel buio della stanza, cercò, ancora intorpidita, la fonte di quel suono: era il cellulare, che emetteva una tenue luce bianca, squillando senza sosta.
La ragazza lo afferrò e lo ficcò sotto il cuscino: ma quel cavolo di affare sapeva che era l' una e mezza di notte?! E che se sua madre si fosse svegliata, sarebbe stata la fine?!
«Diamine!» si lamentò, stropicciandosi gli occhi. Tirò fuori il telefonino dal cuscino azzurro; aveva smesso di far casino.
1 chiamata persa, lesse sul display. "Chi può essere talmente scemo da chiamarmi a quest' ora?" si chiese, dubbiosa e anche un po' scocciata.
Era Kanzō. Perché?
Stava proprio per scriverle un messaggio, quando ne arrivò uno: "Yuzu me l' ha appena confermato: è una di noi".
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
nota 1= gruppo rock giapponese al femmine molto popolare
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Mew Mew / Vai alla pagina dell'autore: GaTTaRa PaZZa