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Autore: EmilyH    18/04/2011    0 recensioni
Un giorno che non c’erano più chilometri tra di noi ci siamo accorti di essere tanto, troppo distanti. [...] Una volta mi hai detto una cosa. Mi hai detto: Da quando sei andata via, tutte le mattine, dopo la tua partenza, per una settimana ho rifatto il letto sperando di trovarci i tuoi capelli. Ogni tanto ne trovavo uno, sul cuscino, tra le lenzuola, ai piedi della testata di ferro battuto verde. Poi hanno smesso. Son andati via anche quelli insieme a te, e il gatto ha smesso di mangiare. E ogni tanto mi affaccio alla finestra e gli urlo il tuo nome, lui viene a cercarti dappertutto, si fa una corsa intorno a questa caserma immensa piena di cipressi ma tu non ci sei piu`.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Poi l’hai fatto, hai parlato di noi.
E’ stato come cadere nel sonno, avete presente?
Cioè, come quando tu magari stai in dormiveglia e all’improvviso sprofondi nel materasso e ti svegli di colpo.
Mi sono sentita così.
Fisso lo schermo mentre mangio passivamente un gelato, con la mia gatta vicino.
“Che vita triste”, mi ritrovo a pensare.
Alla fine ho 21 anni, sono giovane, ho un bel appartamento pagato dai miei nel centro di Parigi, ho buon lavoro come traduttrice e molti amici, ma è da un po’ di tempo che non mi sento…come dire, appagata, ecco.
Ci sono angoli della mia memoria che non riesco a capire, cose che mi sono successe ma che non ricordo. Cose belle, anche. E questo è un peccato, dato che ultimamente mi sento parecchio depressa.
Mi ricordo quando da piccoli tu ti eri messo in testa che volevi tagliare l’erba  della mia casa in campagna da solo, e poi per dissetarti bevevi il vino nel garage. E che cazzo, già a sette anni! E ci provavi con Sole, la vicina diciottenne che ogni tanto ti aveva fatto da babysitter. E io che sbuffavo, tu mi raccoglievi una margherita e me la intrecciavi nei capelli, il fiore cadeva e tu dicevi: “Io odio i capelli così lisci, ci scorre tutto sopra, però i tuoi sono belli, solo i tuoi, perchè mi piaci.” Ed io che arrossivo e tu sorridevi e magari iniziavi a correre via a nasconderti dietro un albero.
Oh ma che cazzo, era tutto perfetto quando si avevano solamente sette fottutissimi anni.
Mi riconcentro sullo schermo. E tu sorridi, che cazzo c’è da sorridere? Ti hanno chiesto se hai mai avuto un primo amore e cosa è successo e tu ahahah ridi. Coglione.
“No io non ho mai avuto un primo amore, solo una storia molto importante a quindici anni! Figuriamoci, nemmeno mi ricordo il suo nome!”
No adesso prendo un aereo e vengo a mal menarti a dovecazzostai, a Berlino là, in quella città di merda fredda e grigia e vaffanculo, non ti ricordi il mio nome?
Che deficiente.
Blablabla, dice altre quattro cavolate e poi yeee urla assordati in sottofondo, e la tua faccia da beota alla ‘o mio dio quanto sono figo! Cioè, dai, mi avete visto? Sono un GRAN figo!”
Ed è vero.
Ammetterlo mi fa venir voglia di farmi una doccia, lavarmi via quei ricordi e quella voce.
Il bagno inizia a riempirsi di vapore grazie al getto bollente che ho appena aperto. Fisso il mio corpo allo specchio, e sfioro la pelle, sopra il cuore. Me l’hai spezzato più e più volte, fin quando non ho resistito più. Dico così, ma io sono sempre stata convinta che l’amore non ha niente a che vedere con il cuore, un organo ripugnante, una specie di pompa fradicia di sangue. L’amore stringe prima di tutto i polmoni. Non bisognerebbe dire ‘ho il cuore a pezzi’ ma ‘ho i polmoni soffocati’. Il polmone è l’organo più romantico: tutti gli amanti si prendono la tubercolosi.
Io me la sono presa, a quindici anni. Una tubercolosi mortale, quasi.
Stronzo.
Entro nella doccia e viaggio con il pensiero.
Eravamo al parco con tutta la classe, una specie di gita.
Una ragazza era ‘innamorata’ di te, per quanto si possa amare una persona a dieci anni.
Aveva sparso in giro la voce che mi ero mangiata un ragno! Pensa che troia, già a quell’età. Ed ovviamente io avevo cercato rifugio in te, il mio migliore amico, a quello tempo solo quello, ma tu mi avevi scansato con la faccia schifata, avevi dato una gomitata ad un tuo amico e ti eri messo a ridere.
Ed io la sera ero triste, ti avevo detto una cosa, ti avevo detto:Ti avrei baciato sulla bocca davanti a tutti. E' vero che non me l’ero mangiato il ragno, ma tu ci credevi uguale, tu dovevi credere a me, e io ti avrei scelto per sempre.
Ma tu continuavi a scansarmi e a chiamarmi “mangia-ragni”, e alla fine ero finita a piangere da tuo fratello.
Che infanzia di merda eh?
Esco dalla doccia con la mente annebbiata.
Caro ragazzo con le treccine e tanti soldi, mi hai rovinato l’esistenza. 
  
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