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Autore: Witchlight    18/04/2011    3 recensioni
"Padre mio, padre mio, e non senti cosa mi promette sottovoce il re degli elfi?" - Il bosco d'inverno è ingannevole e non sempre è possibile distinguere la verità dall'illusione.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Prendi un paesaggio che conosci bene, ricoprilo di neve ed avrai qualcosa di completamente nuovo. La neve sospende il tempo, annulla il suono. Il freddo cristallizza il respiro, lo lascia sospeso nell'aria, traccia tangibile di un attimo che c'era, è passato e non tornerà più.

Davide cammina nella neve, un passo dopo l'altro, quasi esitante, quasi sentisse di essere di troppo nella foresta bianca. Davide ha quindici anni, frequenta il liceo classico in un paese del nord Italia e vive diviso tra il padre, la madre e le loro nuove famiglie. Davide vive sospeso tra l'ieri e il domani, tra l'infanzia e l'età adulta, ma lui non lo sa, o forse non gliene importa. È un ragazzo come tanti, Davide; e oggi accompagna la sorellina e il cane in una passeggiata nel bosco dietro casa. Susanna ama la neve, ci corre dentro, gioca a palle di neve. Davide, lui preferisce le stagioni calde: pensa che ci sia qualcosa di sinistro in quella coltre bianca. Sa che la neve, dopotutto, protegge dal gelo le piantine ancora tenere, ma da sempre si chiede se sia davvero così o se la vita, là sotto, non si senta oppressa da un peso che non può scacciare. E poi c'è il freddo, che gli entra nelle ossa, che gli intorpidisce le dita, che, a volte, gli stringe la gola e gli mozza il respiro.

Una lastra di ghiaccio. Così limpida. Così insidiosa. Davide la sorpassa con circospezione. È già caduto due volte, quel giorno, non vuole cadere una terza. Tre è un numero magico. Non cadere una terza volta. Quando rialza lo sguardo Susanna non c'è più. Il ragazzo si sente invadere dalla paura: sa che il bosco non è pericoloso, ma la bambina è ancora piccola. Sa che è ancora presto, ma in inverno le giornate sono corte.

“Susi!” chiama. Non vi è eco, la neve assorbe la sua voce, ma poco più avanti, dietro la curva del sentiero, il cane abbaia e la vocina di Susanna risponde.

“Sono qui!”

Davide cammina un po' più in fretta. Per tenere d'occhio Susanna, si dice. Per non rimanere solo, dice una vocina nella sua testa (Figlio mio, perché nascondi così timoroso il tuo viso?). Il bosco è alieno, estraneo. Davide conosce bene quel sentiero, quegli alberi, li conosce perché molte volte, in estate e in primavera, è passato di lì. Conosce le foglie, i fiori, le lucertole che riposano sui sassi assolati, gli uccelli che saltellano tra i rami. Ma adesso è inverno e non c'è vita nel bosco. Eppure... (Non vedi, padre, il re degli elfi?) Davide distoglie lo sguardo, turbato. Non lo ammetterebbe mai, ma il bosco così gli fa paura. Là, tra l'ingannevole nebbiolina argentea, gli pare di scorgere una figura alta, – è solo un ramo piegato – una figura incoronata – è solo lo scintillio del ghiaccio – una figura avvolta in un manto candido – c'è così tanta neve...

Susanna non l'ha aspettato, è andata oltre.

“Susi! Aspettami!”

Davide vuole bene a sua sorella, ma la responsabilità gli pesa. Non è facile essere responsabile della sua incolumità. Non è facile crescere. Il ragazzo guarda il bosco (Caro bambino, su, vieni con me!) e per l'ennesima volta desidera che ci fosse un po' meno neve, così potrebbe correre – senza paura di scivolare – e raggiungere la sua sorellina disubbidiente. Non può essere andata lontano, questo è certo, le tracce sulla neve sono chiare, dev'essere poco più avanti. Però Davide è nervoso – è comprensibile – e ha l'assurda sensazione di essere seguito – è ridicolo. Improvviso, quasi per confortarlo, un profumo di fiori. Ci sono fiori in inverno? Incuriosito il ragazzo annusa l'aria. Strano, sembra venire dalla sua destra: non ci sono sentieri battuti in quella direzione. Davide lascia la traccia, muove qualche passo nella neve fresca (Padre mio, padre mio, e non senti cosa mi promette sottovoce il re degli elfi?). Quand'era bambino lo faceva spesso. Seguiva la sua fantasia, la sua immaginazione e abbandonava il mondo reale. Fermo, dove vai? Voglio vedere quali fiori riescono a crescere d'inverno. Susanna è dall'altra parte. Ma mi stanno chiamando. Non la senti, la voce? E' solo il vento. (Il vento mormora tra le foglie secche.)

E' solo il vento. A volte Davide ha la sensazione di vivere cercando di afferrare il vento. Non è una bella sensazione, a lui non piace perdere tempo. A volte si sente così lento, così imprigionato in un'età che non vorrebbe avere. Vorrebbe essere ancora un bambino, vorrebbe avere il tempo e il diritto di perdersi ancora nelle piccole meraviglie del mondo. Vorrebbe potere andare in cerca di fiori senza che la sua coscienza – sono la tua coscienza? - glielo impedisse e gli ricordasse le sue responsabilità. Oppure vorrebbe crescere, anche se ha un po' paura. Vorrebbe sapere con certezza che cosa ne sarà della sua vita, – ma viviamo nell'incertezza. A volte pensa che nel suo paesino non ci sia futuro. A volte pensa che sarebbe magnifico andarsene in un paese lontano (Bel fanciullo, vuoi venire con me?), ma alla fine non lo sa, forse si, forse no, forse si sentirebbe smarrito e poi tutti i suoi amici sono qui e anche la mamma e il papà e poi la lingua straniera, è un bel problema... però infondo tutto quel bianco non è male. Se guarda bene, a Davide pare di vedere delle figure sottili che danzano. Ecco, prendiamo le ragazze. A Davide piacerebbe crescere e diventare un po' meno timido con le ragazze. Su questo non ci sono dubbi. Questo è un ottimo motivo per cui crescere. (Padre mio, padre mio, e non vedi là le figlie del re degli elfi in quel luogo tetro?) Perché sta pensando alle ragazze, immerso nella neve fino a mezza gamba, senza nemmeno più cercare Susanna? C'erano delle figure nella neve, forse delle fate luminose e gelide, fate della neve. Mio caro, le fate non esistono. Eppure... là, là non le vedi? Quello che vedo sono dei vecchi salici che si muovono col vento.

Davide adesso è davvero preoccupato, perché là dietro c'è veramente qualcosa, lui le vede davvero delle figure eteree che si muovono. Non sono alberi, non sono alberi. Il ragazzo cerca di metterle a fuoco, ma la vegetazione è fitta e loro si muovono (danzano?) velocemente e sembrano quasi incorporee, quasi trasparenti.

“C'è qualcuno?” Davide sente la sua voce gridare. Non vi è risposta. Forse dovrebbe andare a vedere. Lui non ha paura, lui non crede alle fiabe, però cosa può esserci laggiù, oltre agli alberi bianchi... il ragazzo muove un altro passo nella neve alta. No, non andare! E' stupido, cosa ci vai a fare? Non sei più un bambino, abbassa la testa, non guardare, ragiona. Cerca tua sorella, trovala e riportala a casa. Ma io... tu hai freddo, non ragioni più bene. Davide ride, all'improvviso. Ecco. Ecco una spiegazione. Che stupido! Per poco non attraversava un tratto di neve fresca ed alta, si sarebbe bagnato tutto, chi lo sentiva poi suo padre se si fosse ammalato...!

Davide distoglie lo sguardo da quelle ombre lontane e si volta verso il sentiero. Tiene gli occhi bassi, fa attenzione solo a dove mette i piedi – non scivolare. Si è allontanato più di quanto pensasse, fa fatica a scorgere il sentiero. La neve gli inzuppa i pantaloni e adesso il ragazzo sente freddo. È un freddo strano, che parte dalle ossa e gli fa dolere la pelle. Cammina veloce, torna sulla strada. Ogni passo è più faticoso, la neve sembra racchiudersi attorno a lui come per trattenerlo (Ti amo, il tuo bell'aspetto mi eccita, e se non vuoi userò la forza!). Sta diventando più buio o è solo una sua impressione?

Il ragazzo è stremato – ma perché? Che cos'hai? - ma ormai il sentiero è davanti a suoi occhi. Finalmente alza lo sguardo... e lo vede. Non un albero, no, non un banco di nebbia, ma, oltre il sentiero, un uomo – forse -o forse uno spirito, alto, con capelli candidi, vecchio o forse senza età, avvolto in vesti bianche, con una corona di stelle posata sul capo. É fatto di roccia o forse solo dello scintillio della neve, ma tutto ciò che Davide vede sono i suoi occhi bianchi che lo fissano e che si avvicinano a lui. Il ragazzo indietreggia, inciampa in un sasso nascosto dalla neve. Cade all'indietro. (Padre mio, padre mio, adesso mi afferra! Il re degli elfi mi ha fatto del male!). Davide non vede più niente che non sia il bianco, non sente più niente che non sia gelido silenzio. Ti avevo detto di non cadere una terza volta.

  
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