Proposta
<
Buuuuuuuuongiorno Los Angeles! Sono le sette e mezza ed
è qui con
voi Melanie, la vostra dj preferita di Radio Sunshine, l'unica radio
che vi tiene compagnia ventiquattro ore al giorno! >
blaterò
all'improvviso la voce che fuoriusciva dalla radiosveglia di Robert e
mi svegliai di soprassalto.
<
Robert, ti prego, spegni quella maledetta sveglia > borbottai
infilando la testa sotto le coperte mentre sentivo la dj parlare di
Mr Brad Pitt e signora, ma il signorino mugugnò qualcosa di
incomprensibile al genere umano in risposta e si infilò
sotto le
coperte come me, senza spegnerla < Robert, la radiosveglia
>
ripetei nella stessa posizione di prima, ma senza ricevere una sua
risposta.
Sbuffai e
lo guardai: possibile che riuscisse a dormire nonostante il casino
che quella tipa stava facendo? Riemersi da sotto le coperte e
brontolai contro l'infame raggio di luce che mi accecò:
amavo il
sole e i suoi raggi, ma alle sette di mattina, appena sveglia, avrei
scuoiato anche il più tenero degli animali; mi sporsi verso
il
comodino per spegnere quell'aggeggio infernale e
i miei capelli toccarono il petto nudo di Mr Non mi svegliano nemmeno
le cannonate.
< Cosa
stai facendo? > domandò sbadigliando < Mi stai
facendo il
solletico, per caso? > continuò facendo il suo solito
sorriso
sghembo che era causa di tachicardia per molte ragazze. Generalmente
anche il mio cuore faceva le capriole quando mi sorrideva
così, ma
erano sempre le sette di mattina, perciò il suo sorriso mi
irritò
parecchio, specialmente perché mi ero alzata io
al posto suo.
< Ho
spento quell'arnese infernale che tu chiami radiosveglia >
borbottai rimettendomi sotto le coperte e solo quando Robert mi
strinse a sé, facendo appiccicare i nostri corpi, mi diedi
una
regolata e abbandonai il mio malumore < buongiorno >
Sorrise e
mi baciò la fronte con fare fraterno.
<
Buongiorno a te. Come hai dormito? >
< Bene,
direi. Tu? >
< Mi hai
mollato un paio di calci durante la notte >
Mi
stiracchiai e poi incrociai una gamba tra quelle di Robert e posai la
mano destra sul suo torace.
< Mi
stai prendendo in giro? >
<
Affatto > rispose passandosi una mano tra i
capelli < e mi hai fatto anche male >
Risi
e gli baciai la guancia.
<
Mi dispiace, Rob > dissi e nascosi la testa nell'incavo del suo
collo, movimento che gli permise di accarezzarmi e di baciarmi i
capelli.
<
Non preoccuparti >
< Ma
come siamo affettuosi questa mattina > lo stuzzicai guardandolo
negli occhi.
< Ti dà
fastidio? >
<
Affatto > risposi negando con la testa.
< Stavo
pensando ad una cosa >
<
Illuminami, ti prego > replicai prendendolo in giro.
<
Preferisci un giro lungo o breve > domandò mentre mi
accarezzava
il braccio.
Sbadigliai
e mi rannicchiai maggiormente addosso a lui.
< Veloce
e indolore >
< Domani
sera ci sarà una serata di beneficenza per i bambini
dell'ospedale
psichiatrico e dell'orfanotrofio del Saint Claire e mi chiedevo se
volessi accompagnarmi >
<
Sarebbe un onore per me > dissi sorridendogli e portai una mano
sul suo volto, lasciandomi accarezzare il palmo dal suo accenno di
barba.
< Anche
se ci saranno un sacco di giornalisti? >
< Beh,
almeno per una sera verranno scattate delle foto nelle quali non ci
saranno le tue braccia a toccare i miei seni > obiettai
prendendolo in giro: da un mese a questa parte ogni foto che veniva
pubblicata sui giornali scandalistici o sulla rete ritraeva me e
Robert in atteggiamenti piuttosto intimi e la sua mano era sempre su
uno dei miei seni.
< Non è
colpa mia se sono così invitanti > ribatté
spostando i suoi
occhi dal mio viso al mio decolté.
Gli mollai
un piccolo schiaffo e poi mi alzai dal letto.
< Che
cosa stai facendo? > chiese non appena mi infilai la camicia.
Allacciai
tutti i bottoni scuotendo la testa e sorridendo e solo dopo essermi
infilata la gonna indietreggiai fino al letto, mi misi a cavalcioni
sopra di lui e portai le mani dietro il suo collo, afferrandogli i
capelli.
< Si da
il caso che la sottoscritta vada ancora al liceo, quindi…
>
< Quindi
il tuo dovere è fare la diligente studentessa >
rispose
sorridendo e mi afferrò per la vita, stringendomi a lui
< ma non
puoi saltare la scuola per oggi? > chiese mentre le sue labbra
toccavano il mio collo < Sai, stavo pensando che potremmo farci
un
giretto da qualche parte, solo noi due… >
Portai una
mano sui suoi capelli e lo spinsi ancora di più verso il mio
collo,
finché ad un certo punto mi ritrassi e mi avvicinai allo
specchio.
< E se
perdessi di nuovo un altro anno di scuola? > chiesi mentre
annodavo la cravatta.
< Non
penso che per un giorno tu possa perdere un anno >
< Sì,
invece, se vuoi farmi stare a casa il giorno in cui devo essere
interrogata in chimica e in spagnolo. Sai, devo recuperare una F e
una D oggi >
< Che
ragazza diligente che mi sono trovato >
< Guarda
che è tutta colpa tua > risposi indicandolo <
se non mi avessi
fatto cadere nel baratro più profondo a quest'ora ti
starei trascinando con me alla fiera del cioccolato. Ci vediamo
questa sera > risposi avvicinandomi e lo baciai sulle labbra.
< Non
vieni dopo la scuola? > chiese tenendomi per le mani.
< Devo
scegliere un vestito per domani sera, dovrò essere perfetta
>
< Sii te
stessa > ribatté guardandomi e si alzò dal
letto per
raggiungermi < e sarai… >
<
Perfetta? > chiesi sorridendo.
<
Accettabile > rispose con un sorrisetto.
<
Accettabile > ripetei facendogli il versaccio < ci si
vede >
< Mi
racconterai come mai hai perso un anno di liceo questa sera? >
domandò poco prima che lasciassi la sua camera.
<
Spiacente, è un segreto >
Gli feci
l'occhiolino e corsi in casa per prendere il libro di storia, per
lavarmi i denti e spazzolarmi i capelli, poi, come sempre, sfrecciai
verso casa di Jenny in mega ritardo.
< Sei in
ritardo > mi rimproverò Jenny quando arrivai sotto
casa sua.
< Questa
volta è stato per colpa di Robert, te lo giuro >
risposi
mentre accendevo l'aria condizionata < buongiorno,
signora
Williams! > esclamai salutando la madre di Jenny.
< Ciao,
Michelle! > rispose sorridendo.
Misi la
retromarcia, mi feci un po' indietro e dopo aver ingranato la prima
partii verso la scuola.
< Oggi
me ne sarei stata volentieri a casa > confessò Jenny
mentre si
accasciava sul sedile.
< Oggi
sarei andata volentieri alla fiera del cioccolato > ribattei
mentre indossavo gli occhiali da sole.
< E
perché non ci sei andata? >
< Perché
oggi Rodriguez e Benson vogliono interrogarmi per recuperare le
insufficienze >
< Vedi
di andare bene, voglio che tu ti diplomi >
< Siamo
in due a volerlo >
Parcheggiai
al solito posto ed uscimmo dalla macchina, mentre attorno a noi il
frastuono di millecento studenti interrompeva il silenzio che si era
creato per gli ultimi due minuti di tragitto.
< Ci
vediamo a pranzo >
Annuii con
la testa e corsi verso l'aula settantasei, dove mi attendeva la prima
interrogazione della giornata: spagnolo. Mi sporsi verso l'aula e
vidi che non c'era ancora nessuno, così sospirai e ripresi
fiato.
< Miss
Waldorf, vuole entrare o ha intenzione di rimanere lì
impalata
ancora per molto? >
Mi voltai e
mi trovai a pochi centimetri da Rodriguez, che mi guardava
sorridendo.
< Se
resto qui fuori scamperò all'interrogazione? >
< Non
direi. Posso sempre tenere la porta aperta e interrogarti qui fuori
>
< In tal
caso non ha senso restare in piedi >
< Sei
preparata? > domandò gentilmente mentre posava il suo
zaino sulla
cattedra.
< Sì,
ieri pomeriggio ho studiato un sacco. Ma sono un po' in ansia lo
stesso >
< Sei in
ansia per un'interrogazione di spagnolo? > chiese ridendo
< tu,
che mi prendi A+ in ogni test, sei preoccupata per una misera
interrogazione? >
< Beh,
l'ultimo voto non era una A+ > dissi mentre guardavo dalla porta
gli studenti attraversare i corridoi.
< Ma
l'ultima volta non hai studiato >
< Allora
diciamo che ogni tanto qualche scivolone ci vuole >
< Se ti
piace pensarla così… > disse sorridendo.
Gli lanciai
un'occhiataccia quando non mi guardò più negli
occhi. Era il mio
insegnante preferito, ma odiavo il suo riuscire a farmi sentire in
colpa tutte le volte. Insomma, come cavolo faceva?
< Forza,
ragazzi, affrettatevi a prendere posto > disse Rodriguez mentre
guardava i soliti ritardatari entrare in classe < oggi mi sento
molto magnanimo, quindi vi farò vedere un filmato. Ma prima
voglio
sentire miss Waldorf. Michelle, vuoi partire da qualche argomento?
>
< No,
prof, faccia lei > risposi appoggiando i gomiti al banco e Emily
appoggiò la mano sulla gamba per infondermi coraggio.
< Vale.
Michelle, ¿qué puedes decirme sobre las
vanguardias? > domandò
appoggiandosi sulla cattedra con le braccia conserte mentre mi
fissava e aspettava che partissi.
Pensai per
qualche secondo a come formulare la risposta, dopodiché
partii a
macchinetta a parlare. Risultato: dieci minuti dopo aveva smesso di
farmi domande e mi aveva dato A+. Il tempo sembrò volare,
durante
l'interrogazione, cosa che, purtroppo, non accadde durante l'ora di
storia: il professor Simpson, che a dir la verità
assomigliava a
Weilon Smithers, aveva chiamato Agatha e Ivan alla lavagna per
interrogarli sulla Seconda guerra mondiale e stavano facendo una
pessima figura; proprio per questo li interrogò per tutta
l'ora,
mentre io mi ero appoggiata sul braccio di Megan e stavo facendo di
tutto per non addormentarmi.
<
Signorina Waldorf, ha per caso sonno? Vuole per caso venire anche lei
interrogata, così si sveglia? > domandò
Simpson rimproverandomi.
< No,
professore, mi scusi >
< Ne sei
sicura? Guarda che sarei molto felice di interrogare una terza
persona >
<
Sicurissima, prof > risposi sorridendo.
Dieci
minuti di orologio dopo, che a me pareva un secolo, la campana si
degnò di salvarmi e sgattaiolai immediatamente fuori dalla
classe.
<
Michelle? > mi chiamò Megan < Mi accompagni in
segreteria? >
< Mr
Muscolo non è ancora tornato, vero? > domandai
riferendomi al
professor Corelli, il mio professore di educazione fisica: Mr
Muscolo, come veniva chiamato dalla popolazione femminile del liceo,
si era rotto la gamba a Natale mentre tentava di scavare l'Everest ed
era stato sostituito da Eric Cartman, un supplente maschilista che si
preoccupava di far fare attività fisica ai ragazzi, mentre
noi
ragazze generalmente stavamo sulle gradinate a parlare.
< No.
Allora, mi accompagni? >
<
Certamente, ma cosa devi fare? >
< La
prossima settimana vado in Florida al battesimo di mia cugina e
quindi devo consegnare il permesso per assentarmi per qualche giorno
>
< Quanto
starai via? > le chiesi mentre stavamo camminando.
< Cinque
giorni >
< Un
giorno di battesimo e il resto in spiaggia? >
< No,
mezza giornata di battesimo e il resto in spiaggia >
ribatté
ridendo.
< Posso
infilarmi in valigia? Ho una gran voglia di staccare la spina >
<
Problemi con Robert? >
<
Scherzi? Con lui va alla grande. È Bianca che mi crea
problemi.
Sempre dietro a parlarmi di quanto è bello essere alla moda
e quanto
dovrei assomigliare a Blair…anche ieri sera abbiamo avuto
una
discussione, sai? Solo che ho tagliato corto perché non
avevo voglia
di stare a litigare e sono andata a dormire da Robert >
< A
dormire o a… >
< A
dormire > dissi guardandola male.
< Hey,
scusa se ho chiesto! Hai uno degli scapoli d'oro più ambiti
al
mondo, al tuo posto dormire sarebbe l'ultima cosa che farei >
< Megan,
sarà un piacere non averti tra le scatole la prossima
settimana! >
esclamai ridendo e la presi a braccetto.
Entrammo in
segreteria e Megan consegnò il permesso alla signora Prinze,
poi nel
tragitto dalla segreteria alla palestra ci fumammo in giardino una
sigaretta.
< Okay,
devo chiedertelo > mi disse dopo qualche minuto di silenzio.
<
Chiedermi cosa? > domandai curiosa.
Megan
aspirò il fumo e dopo qualche secondo lo
rilasciò, senza smettere
di fissarlo.
< Com'è
il sesso con lui? > domandò all'improvviso.
< Megan!
> esclamai imbarazzata < Non sono fatti tuoi! >
< Oh,
andiamo! Siamo amiche e io sono curiosa >
Buttai la
sigaretta e incrociai le braccia al petto.
< È
fantastico, okay? >
< Ma
fantastico inteso come “sì, è
fantastico”, o fantastico
inteso come “lui è un dio del sesso”?
>
< Non
intendo rispondere a questa domanda > ribattei rossa in viso
mentre aprivo la porta per entrare in palestra.
<
Michelle? > mi chiamò Mary, una ragazza che faceva
lezione con
me, avvicinandosi < Io e le altre stiamo facendo qualche
palleggio, vuoi unirti a noi? > chiese con gentilezza.
<
Volentieri, grazie >
Guardai
Megan e le sorrisi.
< Ne
parliamo a pranzo > disse ricambiando il sorriso.
< Non
avrai mai una risposta >
< Tanto
penso di conoscerla già > rispose facendomi
l'occhiolino e si
allontanò dalla palestra.
A fine ora
mi attese l'interrogazione di chimica: ero leggermente preoccupata
perché la chimica ed io non eravamo grandi amiche, ma
nonostante
tutto riuscii a strappare una B+ a Benson e ricevetti i suoi
complimenti…e mi promise che ad una prossima F mi avrebbe
preso a
calci nel sedere.
A
mezzogiorno e mezza la campanella suonò e scappai in
caffetteria.
< Ho una
notiziona! > dissi a Jenny mentre stavamo scegliendo cosa
mangiare: oggi l'indecisione era tra una pasta con i broccoli e il
minestrone < Prima mi sono dimenticata di parlartene >
< Spara
> rispose mentre sceglieva la pasta con i broccoli.
< Questa
mattina Rob mi ha chiesto di accompagnarlo ad una serata di
beneficenza domani sera >
< Fico!
>
< Ti va
di accompagnarmi a scegliere un vestito dopo la scuola? > le
domandai dopo aver bevuto.
< Mi
dispiace, non posso >
< Stai
scherzando, vero? Ho bisogno di te! >
< Zia
Amelie è tornata ieri dalla Groenlandia. Mamma vuole
portarla un po'
in giro ed io devo fare da baby-sitter a Carol >
< Non è
giusto, ma mi arrangerò >
< Mi
dispiace >
<
Dispiace più a me per te. Sai, non ti invidio per niente
>
< Carol
non è così male >
< Non è
così male? > ribattei sgranando gli occhi < Ma
se l'ultima
volta che l'ho vista mi ha quasi staccato un dito! >
< Sei la
solita esagerata >
< Che
succede qui? > domandò Vanessa mettendosi a sedere
nella sedia
accanto a Jenny.
< Io
devo badare a mia cugina e Michelle deve andare a fare shopping. Voi
che ci raccontate? >
< Megan
ci stava dicendo che la prossima settimana andrà in Florida
>
<
Aaaaaah, sei la solita fortunata > esclamò Jenny
lanciando un
pallino di carta a Jenny.
< Una
volta dati gli esami se vi va vi ospiterò più che
volentieri in
Florida. Ho una casa che può ospitare tutti, fidanzati
inclusi >
disse Megan e mi guardò maliziosamente durante l'ultima
parte del
suo discorso.
< Megan,
tappati quella fogna! > esclamai seguendo l'esempio di Jenny e
le
lanciai il mio tovagliolo appallottolato.
< Ecco a
voi, signore, la carissima Michelle Waldorf che si vergogna di
confessare che il suo fidanzato è un dio del sesso! >
esclamò
Megan ad alta voce.
< Uuuuuh
> fecero le altre ridendo.
Arrossii e
incrociai le braccia al petto, gesto che fece ridere tutte.
Dopo pranzo
raccontai a Sarah dell'invito di Robert e le chiesi se avesse voglia
di accompagnarmi, domanda alla quale accettò molto
volentieri e ci
demmo appuntamento davanti alla fontana una volta finite le lezioni.
Ora era la
volta di inglese e la professoressa Walsh spiegò per tutta
l'ora
Virginia Woolf, dandoci una valanga di compiti per la settimana
successiva, come sempre.
<
Ragazzi, mi raccomando, queste cose non sono facili e avrete il test
tra due settimane. Studiate sempre un po' alla volta e se le cose non
sono chiare, fatemelo presente. Sono pagata apposta per farvi capire
>
Dissi uno
svogliato “Sì, prof”
esattamente come tutti gli altri
mentre scarabocchiavo la copertina del libro e finalmente alle
quattro e mezza uscii da scuola, mi incontrai alla fontana con Sarah
e dopo essere entrate in macchina presi la via del centro
commerciale.
< E se
andassimo nell'outlet fuori città? > propose Sarah.
< Non ci
sono mai stata, non so come arrivarci >
< Ci
sono stata il mese scorso con Megan, ti guido io >
<
Perfetto >
Effettivamente
l'outlet non era molto lontano da Los Angeles, giusto di una decina
di chilometri presa l'autostrada, ma era enorme: il parcheggio era
grande quanto quello di Disneyworld ad Orlando ed era pieno di
automobili, mentre il complesso era grande quanto la scuola e la
palestra messi insieme. Dopo qualche giro a vuoto Sarah mi
indicò un
parcheggio.
<
Michelle? > mi chiamò Sarah.
< Ci
saranno almeno un milione di negozi lì dentro! >
esclamai con la
bocca spalancata.
<
Esagerata, solo quattromilacinquecentocinquanta >
< E ti
sembrano pochi? >
Dall'ingresso
Ovest le prime vetrine che scorgemmo furono quelle di alcuni grandi
stilisti, come Valentino, Versace, Armane via dicendo.
<
Entriamo qui dentro? > propose Sarah indicando il negozio di
Dolce&Gabbana.
Annuii e mi
lasciai afferrare per il braccio e quando si aprirono le porte
scorrevoli vidi montagne e montagne di abiti formali, forse anche
troppo, e tailleur con gonne e pantaloni professionali.
< Sarah,
dove mi hai portato? > domandai storcendo il naso.
<
Andiamo in un altro reparto ora > ribatté portandomi
verso un
piccolo corridoio e pochi secondi dopo ci ritrovammo in una stanza
completamente diversa da quella dove eravamo prima: la musica che
usciva dallo stereo era musica da discoteca, le pareti erano bianche
con qualche pennellata di colori diversi e i vestiti erano eleganti,
ma perlomeno adatti a delle adolescenti.
La mia
amica si fermò davanti ad un vestito pieno di paillette
argentate
con uno scollo a U e non troppo lungo, al manichino arrivava sopra le
ginocchia.
< Non è
bellissimo? > domandò guardandolo con adorazione
< Megan ed io
ce ne siamo innamorate all'istante quando l'abbiamo visto >
< Sembra
un semaforo color oro > risposi ridendo e lei mi
lanciò uno
sguardo assassino.
< Bianca
ha ragione, tu non capisci niente in fatto di vestiti. Dovresti
vestirti più come la Waldorf >
<
Ripetilo un'altra volta e ti mollo qui > ribattei ricambiando il
suo sguardo < ma a te piace, perché non te lo compri?
Potresti
indossarlo per una cena con Stephan >
< Non lo
sai? > domandò spostandosi verso un altro vestito.
< So
cosa? > domandai seguendola.
<
Stephan mi ha mollato >
< Stai
scherzando? Ma lui non aveva occhi che per te! >
< A
quanto pare gli è passata. Ora sta con Olivia >
<
Olivia? Tra tutte le persone sulla terra, proprio Olivia? Ma cos'ha
lei in più di te? >
< Lei
non ha problemi a fare sesso prima del matrimonio > rispose
scrollando le spalle.
< Mi
dispiace, Sarah >
< A me
no. Insomma, se uno non rispetta la mia scelta…aria!
> esclamò
sorridendo < ora sei costretta a presentarmi qualche amico di
Robert >
< Agli
ordini > risposi sorridendo.
< Anzi,
presentami a Robert e tu cercati qualche altro ragazzo >
<
Sarah…io ti voglio bene, sei una delle mie più
care amiche…ma
avvicinati più del dovuto a Robert e ti spezzo una gamba
>
Sarah mi
guardò e deglutì.
< Mai
farti incavolare >
< Mai >
ribattei e subito dopo aver ripreso a camminare mi scontrai contro un
manichino. Lo afferrai prima che cadesse a terra e in quell'istante i
miei occhi si posarono su un vestito abbastanza semplice, ma proprio
per la sua semplicità era meraviglioso: era di raso in seta
dorata,
lungo fino a metà coscia, senza spalline né
scollature, solo una
piccola fascia che copriva il seno e creava un effetto come se fosse
avvolto da un lunghissimo nastro che si avvolgeva attorno al corpo.
< Wow >
sussurrai.
<
Michelle, provalo! > mi ordinò Sarah quando mi fu
accanto.
Presi il
cartellino del prezzo e lo guardai.
< Sarah,
costa troppo >
<
Quanto? >
<
Ottocento dollari >
< Ma
guarda > disse mentre prendeva in mano il cartellino < il
prezzo originario era di tremila dollari. Avanti, Michelle, devi
provarlo! >
Mi passai
una mano tra i capelli, gesto che mi aveva attaccato Robert, e cercai
una commessa tra le varie persone dentro la stanza e quando questa
incrociò il mio sguardo, si avvicinò sorridendo.
< Salve,
ragazze, avete bisogno? > chiese gentilmente.
< Vorrei
provare questo vestito > risposi alla commessa, sotto lo sguardo
fiero di Sarah.
La
commessa, che dal cartellino vidi chiamarsi Annie, mi chiese la
taglia e si dileguò tra la folla, ritornando dopo pochi
minuti con
due capi.
< In
magazzino ce n'era uno in seta marrone, vuoi provare anche quello?
>
< Sì,
okay > risposi prendendo entrambi i vestiti e Annie ci
accompagnò
ai camerini, che più che camerini di un negozio sembravano
camerini
da sfilata di moda: erano bianchi, enormi e molto illuminati.
Diedi la
borsa a Sarah ed entrai dentro, mi tolsi la divisa di scuola e
indossai il vestito dorato.
< Sei
divina! > esclamò la mia amica entusiasta.
Le sorrisi
e mi girai verso lo specchio, guardandomi con occhio ipercritico:
speravo di trovare un qualunque difetto, ma così non fu. Il
vestito
era un incanto, colore incluso, nonostante non fossi un'amante
dell'oro, e addosso mi stava molto bene. Rientrai dentro il camerino
e mi provai l'altro e quando uscii per la seconda volta, Sarah
impallidì.
< Sto
così male? >
<
Michelle, lascia stare l'altro e prendi questo. Ti sta venti volte
meglio, davvero >
< Sembra
fatto apposta per te > intervenne Annie < questo colore,
anche
se non sembra, è molto particolare e a te sta una
meraviglia.
Dovresti prendere questo >
Sin da
piccola adoravo le lusinghe e quindi non esitai a scegliere il
vestito marrone. Ci incamminammo subito alla cassa, pagai il vestito
e uscimmo dal negozio.
< Che
scarpe vorresti? > domandò Sarah mentre si spostava
una ciocca
bionda dietro l'orecchio.
<
Ho bisogno di stivali > replicai guardandomi in giro <
sai dove
sono? >
<
I negozi di calzatura mi pare siano al secondo piano > mi
informò
mentre guardava il tabellone con tutti i negozi < infatti!
>
replicò pochi secondi dopo e mi afferrò per il
braccio,
trascinandomi dentro l'ascensore.
Entrammo
nel primo negozio di calzature che trovammo e lì trovai un
paio di
stivali neri in camoscio alti fin sopra il ginocchio e con il tacco
di cinque centimetri.
<
Carini! > esclamò Sarah quando li provai.
<
Sì, ma nonostante ciò continuo a rimanere nana in
confronto a
Robert > obiettai mentre mi guardavo allo specchio.
<
Michelle, anche con un tacco venti risulteresti nana in confronto a
lui >
<
Ti ricordo che non sono poi così bassa. Insomma, sono un
metro e
sessantuno, c'è gente più bassa di me >
<
Intanto sei la nana delle Clovers >
<
Intanto ti odio > ribattei portando le braccia al petto e sporsi
il labbro inferiore, gesto che fece ridere Sarah e venne ad
abbracciarmi.
<
Ma infondo sei un ottimo capo e un'ottima amica >
<
Paraculo > le dissi facendole la linguaccia e mi tolsi gli
stivali, tornando ad indossare le mie adorate All-Star.
Arrivai
alla cassa con gli stivali, mentre Sarah si comprò due paia
di
sandali, pagammo i nostri acquisti e infine lasciammo l'outlet.
<
Ora che si fa? > domandò Sarah guardando l'orologio
sul
cruscotto.
<
Ho bisogno di un reggiseno e pensavo di andare a vedere se trovavo
qualcosa nel negozio di intimo vicino a casa. Vuoi venire con me?
>
< Con
molto piacere >
Il negozio
di intimo nel quale andammo Sarah ed io aveva aperto da poco
più di
un mese e fino ad ora non vi ero ancora entrata. Jenny mi aveva detto
che apparteneva ad una vecchia amica di sua madre, era molto
rifornito ed economico. Parcheggiai l'auto nel vialetto di casa feci
una passeggiata con Sarah verso il negozio.
< Salve
> ci salutò cordialmente la commessa < cosa
posso fare per
voi? >
< Salve.
Sto cercando un reggiseno senza spalline >
< La
taglia? >
< Una
terza >
< Ti
mostro tutto quello che ho > disse voltandosi verso gli scaffali
<
come lo preferisci? Lo vuoi tinta unita, colorato… >
< Direi
che tinta unita va benissimo >
La commessa
prese dagli scaffali alcuni reggiseni e li posò sul bancone.
Me ne
mostrò quattro o cinque diversi, ma mi innamorai
immediatamente di
un reggiseno color panna con un accenno di disegnini e un piccolo
cuore a ciondolo nella cucitura.
< Questo
> disse prendendo in mano il reggiseno che avevo adocchiato
< è
un po' imbottito, ma non di molto. Se vuoi l'ho anche in color carne
>
< No,
questo va benissimo > risposi sorridendo.
< A
posto così? > domandò e annuii <
Allora sono dieci dollari >
Tirai fuori
dal portafoglio i contanti, notando che dopo quella spesa sarei
dovuta andare a fare bancomat, e pagai. Salutammo la signora e
uscimmo dal suo negozio.
< Mi
mandi una foto quando ti provi tutto? >
< Se mi
ricordo, sì > risposi guardando la mia amica.
< Dai,
non puoi dimenticarti! >
< Okay,
okay, ti manderò una foto, lo prometto >
< Ecco,
brava >
< Vuoi
un passaggio fino a casa? > domandai cambiando argomento.
<
Assolutamente no, prendo l'autobus >
< Sei
sicura? >
<
Sicurissima > rispose abbracciandomi < grazie per il giro
>
< Grazie
a te per tua compagnia. Ci vediamo domani >
Tornai a
casa, presi dalla macchina tutti i miei acquisti e li portai in
camera mia, infine uscii di nuovo per andare a salutare Robert.
Suonai il campanello e attesi che mi aprisse.
<
Buonasera, bellezza > disse dopo qualche attimo di attesa
<
cosa posso fare per te? >
< Sono
venuta solo a fare un saluto, sono appena tornata da un pomeriggio
passato a fare shopping >
< Ti sei
divertita? > chiese appoggiandosi allo stipite e incrociando le
braccia al petto.
< Con
Sarah mi diverto sempre, domani rimarrai piacevolmente colpito >
risposi sorridendo < non mi inviti ad entrare? >
< Mi
dispiace, ma la mia ragazza dovrebbe arrivare da un momento all'altro
e se mi vedesse con te… > rispose ghignando e scossi
la testa
alzando gli occhi al cielo < o magari potrei farti entrare e
nell'eventualità nasconderti nell'armadio >
< Va
bene, io sto nella casa accanto, quando vuoi vienimi a cercare >
dissi tornando sui miei passi e subito mi afferrò per il
braccio e
mi portò dentro casa.
<
Speravo ti impuntassi un po' di più > ammise
imbronciandosi.
< Le
donne non si fanno mettere i piedi in testa da nessuno, ricordatelo
>
ribattei portando le braccia attorno al suo collo < ciao
>
soffiai sulle sue labbra.
< Ciao,
Mitchie >
Avvicinai
le nostre bocche e ci perdemmo entrambi in un bacio appassionato.
< Come è
stata la tua giornata? > chiesi staccandomi dalle sue labbra,
gesto che lo scocciò parecchio.
< Il
solito: interviste, servizi fotografici, litigate con il mio
manager…
>
< Hai
litigato di nuovo con Anthony? > domandai aggrottando le
sopracciglia < ma perché non lo licenzi? >
< Ci
stavo pensando, sai? Emma era molto più professionale di lui
>
< Perché
l'hai licenziata? > chiesi portandolo sul divano.
< A dire
il vero lei era dovuta tornare in Alaska dalla sua famiglia
perché
aveva dei problemi familiari e quindi mi aveva detto che era meglio
se smettessimo di lavorare insieme. Questa mattina l'ho incontrata
per caso e siamo andati a prenderci un caffè >
< È la
manager di qualcuno, ora? >
< No, è
tornata da poco a Los Angeles >
Tolsi le
scarpe e portai i piedi sul divano, appiccicandomi a lui, che intanto
aveva portato la mano sulle mie spalle e mi aveva stretto a
sé.
<
Lascialo a casa quel tipo, non mi è mai piaciuto >
<
C'entra il fatto che
non possa vederti?
>
<
Ovviamente > risposi giocando con la lampo della sua felpa.
< Sai,
oggi ci siamo detti che ci mancavamo > disse dopo avermi baciato
la fronte < a me manca la sua professionalità, mentre
a lei manca
qualcuno che faccia l'esatto opposto di quello che lei chiede >
Risi a
quella risposta.
< Beh,
con te doveva essere la persona più felice sulla faccia
della terra
>
<
Spiritosa! > esclamò dandomi un leggero pugno sul
braccio <
Vorrebbe conoscerti >
< Prego?
>
< Oggi
mi ha chiesto come andava la mia vita sentimentale e fino alla fine
del nostro incontro non ho fatto altro che parlare di te. Le sei
piaciuta, ha detto che da come ti ho descritto sei una ragazza che sa
tenermi testa >
Sorrisi e
mi sistemai le pieghe della gonna della divisa scolastica, quando
improvvisamente il mio cellulare, che avevo appoggiato sul tavolino
di fronte al divano, incominciò a vibrare. Mi sporsi per
prenderlo e
quando ritornai accanto a Robert guardai il display. Numero
sconosciuto.
< Chi è?
> domandò Robert curioso.
< Boh >
risposi premendo il tasto verde < pronto? >
< Parlo
con Michelle Waldorf? > domandò una voce maschile
dall'accento
francese.
< Sì,
chi parla? >
< Sono
Gerard Courveau >
< Oh,
ciao! > esclamai sistemandomi a sedere.
< Mi
dispiace chiamarti a quest'ora, ma la ragazza che avrei dovuto avere
alle sette mi ha appena chiamato per disdire e quindi se sei ancora
interessata e libera volevo sapere se ti va di venire in qua >
< Ma sì,
certamente! Il tempo di cambiarmi e sono da te. Ci vediamo tra dieci
minuti >
< Ti
aspetto >
< Ti
ringrazio, ciao! > dissi e allontanai il telefono dall'orecchio.
< Chi
era? > domandò Robert squadrandomi.
< Mi
dispiace, è un segreto >
< Come?
> domandò leggermente irritato.
< Scusa,
tesoro, ora devo andare > ribattei alzandomi dal divano, ma mi
abbassai per baciarlo.
<
Michelle? > mi chiamò afferrandomi il polso <
Cosa sta
succedendo? >
< Non è
niente > risposi sorridendo.
< E
allora perché non me lo dici? Chi era il tipo al telefono?
>
< Sei
geloso, per caso? > chiesi ridendo.
< Non
stai rispondendo alla mia domanda >
< Come
tu non hai risposto alla mia > ribattei sfidandolo, ma dal suo
sguardo mi resi conto che stava per incazzarsi di brutto.
< Hai
appena dato appuntamento ad un uomo tra dieci minuti…
>
< A dire
il vero ho dato appuntamento ad una poltrona e ad un paio di forbici
>
< Prego?
>
< A
Gerard si è liberato un posto e mi ha chiesto se sono
interessata a
tagliarmi i capelli >
< E
perché non mi hai semplicemente detto che saresti andata a
tagliarti
i capelli? >
< Perché
volevo farti una sorpresa > ribattei storcendo il naso <
ma
visto che stavi per farmi una scenata ho dovuto lasciar perdere.
Quindi ora lo sai. Mi accompagni? >
< Non
preferiresti restare da sola con lui? > domandò
stuzzicandomi:
ovviamente sapeva che a Gerard non interessavano le donne.
< Non
preferiresti restarmi accanto? > ribattei mentre portavo le mani
all'altezza del bottone dei suoi jeans.
Robert rise
e mi prese le mani, portandole dietro alla mia schiena e, senza
lasciare le mie mani, si stese sopra di me. Portò le labbra
sul mio
collo e molto lentamente e sensualmente me lo baciò, mentre
io avevo
gli occhi chiusi e lasciavo che i brividi di piacere mi percorressero
tutto il corpo.
< Adoro
vedere come il tuo corpo reagisce quando ti bacio >
sussurrò con
voce roca, mentre mi sentivo le guance andare in fiamme.
Restai a
bearmi di quelle attenzioni di Robert che mi stavano mandando in
paradiso fino a quando non aprii gli occhi e vidi dal suo orologio
accanto alla libreria che i dieci minuti erano praticamente passati.
<
Mannaggia, è tardi! > esclamai allontanandolo da me e
lo presi
per mano, obbligandolo ad uscire di casa.
Robert, con
sul viso un'espressione palesemente seccata, mi seguì,
chiuse la
porta di casa e aprì con il telecomando la macchina, ma lo
guardai
inarcando le sopracciglia.
< Che
c'è? > domandò senza capire.
< Il
posto è infondo alla via > ribattei incominciando a
camminare e
pochi attimi dopo me lo trovai accanto.
< E se
qualche paparazzo dovesse fotografarci? > chiese accendendosi
una
sigaretta.
<
Sicuramente non farà scalpore come le nostre ultime foto
>
ribattei alludendo alle fotografie di cui parlavo questa mattina.
Gli fregai
di bocca la sigaretta e dopo avergliene consumata almeno la
metà
gliela restituii.
< Molto
gentile, grazie > ribatté scocciato, ma non gli
risposi.
Raggiungemmo
il negozio di Gerard, il quale mi venne incontro non appena entrai.
<
Michelle, che bello vederti! > esclamò baciandomi le
guance <
Temevo non venissi più >
< Scusa,
Gerard, ma la colpa è sua > risposi indicando Robert.
< Robert
Pattinson dentro il mio negozio, ma quale onore! >
esclamò
baciando pure le sue guance e risi della faccia imbarazzata di Robert
< Vuoi tagliarti anche tu i capelli? >
<
Ehm…no, ti ringrazio. Io sono solo venuto ad accompagnare
lei >
ribatté indicandomi.
< Prego,
cara, seguimi > mi disse Gerard e mi accomodai su una poltrona,
con Robert accanto a me < cosa vogliamo fare? Li vuoi spuntare?
>
Mi alzai
dalla poltrona e mi incamminai verso lo specchio.
< Tu
cosa mi consigli? > domandai guardando il suo riflesso.
Gerard si
alzò dalla poltrona accanto alla nostra e prese un libro,
sfogliandolo velocemente, dopodiché si avvicinò a
me e mi portò i
capelli su entrambi le spalle.
<
L'altro giorno stavo guardando questo giornale e quando ho trovato
questo taglio ho pensato subito a te. È giovanile, mi piace,
e
secondo me addosso a te starebbe benissimo > disse mostrandomi
il
taglio della modella nella foto.
< Non è
male ed è molto semplice. Rob, tu cosa ne dici? >
chiesi
guardandolo.
< I
capelli sono tuoi, tesoro, fai il taglio che ti pare > rispose
alzando le spalle.
Guardai i
miei capelli allo specchio e presi le punte tra le mani: e se me ne
fossi pentita?
< E se
non mi piacesse? >
<
Michelle, ti ho mai fatto un taglio che non ti fosse piaciuto? >
domandò Gerard con tono severo.
< No >
replicai guardandolo negli occhi.
< E
allora fidati di me > disse porgendomi il giornale e si
allontanò
nella sala accanto.
< E se
mi stesse male? >
Robert
sbuffò, si alzò dalla poltroncina e mi si
avvicinò.
< Sei
identica a mia sorella, lo sai? > disse guardando il giornale
<
Mitchie, è solo un taglio. Se ti piace e vuoi tagliarli,
fallo.
Saresti splendida anche senza capelli. E comunque i capelli
ricrescono. Non capisco il dilemma dei capelli per voi donne. Anche
io ho tagliato i capelli, lo sai? Subito dopo aver girato Twilight.
Li ho fatti corti e me ne sono fregato di quello che hanno pensato
gli altri. E ti dirò la verità, mi piacevo con i
capelli così
corti >
Sorrisi e
mi voltai a guardarlo.
< Ti
detesto quando hai ragione >
< Sul
fatto che sono solo capelli >
< Sul
fatto che sarei splendida anche senza capelli > ribattei
facendogli la lingua.
<
Michelle, allora? > domandò Gerard tornando da me.
< Mi
voglio fidare di te > risposi sorridendogli.
< Vedrai
che non ti deluderò > mi rispose facendomi accomodare
al lavabo.
E così fu.
Un'ora dopo avevo il mio nuovo taglio di capelli e mi piaceva un
sacco. Non so nemmeno come mai, ma mi allungava il collo e mi faceva
sembrare più alta.
<
Gerard, sei un genio! Lo adoro > esclamai entusiasta a fine
lavoro.
< E tu
che dubitavi di me > replicò fingendosi offeso e ci
avvicinammo
alla cassa < Robert, quando vuoi venire a tagliarti i capelli
sei
sempre il benvenuto >
< Ti
ringrazio >
< Sono
ottanta dollari > disse Gerard consegnandomi la ricevuta.
Presi in
mano il portafoglio, ma Robert mi posò una mano sopra e
prese il
suo.
<
Lascia, faccio io > rispose prendendo in mano la sua Visa.
< Rob…
>
<
Smettila di frignare, è solo un regalo >
ribatté consegnandogli
la carta.
Robert
saldò il conto e uscimmo dal negozio.
< Ti
ringrazio > gli dissi sorridendogli.
< È
stato un piacere, mi piace farti i regali. Specialmente
perché non
chiedi mai niente >
< Già,
per questo giro ti va alla grassa >
< Sei
meravigliosa, ma toglimi questo dubbio: un nuovo taglio significa una
nuova
vita. Stai forse pensando di
scaricarmi? Perché in tal caso, rivoglio i miei soldi
>
Arrestai il
passo e lo guardai accigliata.
< Non
essere ridicolo! > ribattei scocciata.
< Come
siamo suscettibili > disse prendendomi in giro.
Quando
arrivammo davanti alla porta di casa mia vidi che la luce della sala
era accesa.
<
Mannaggia, Bianca è a casa…ti fermi a cena da
noi? >
< Scusa,
Mitchie, ma non ho molta fame e devo iniziare a studiare un copione.
Passi la notte da me? >
< Non
devi studiare? >
< Non lo
farò per tutta la notte > rispose lasciandomi la mano
<
salutami tua mamma e se ti va di venire, sei la benvenuta >
< Sappi
che ti odio! > esclamai prima di prendere le chiavi di casa.
Una volta
entrata in casa sentii dei rumori provenire dalla cucina. Con tutta
la mia ingenuità appesi sull'appendiabiti il golfino, spensi
la luce
in sala e infine entrai in cucina, dove vidi una scena che mi
scioccò: Bianca e Mike e stavano facendo sesso sul tavolo
sul quale
facevo colazione tutte le mattine. Ero disgustata e non poco. Tornai
indietro senza fare rumore, tanto nessuno dei due mi aveva notata e
dopo aver ripreso il golfino, corsi verso la casa di Robert. Suonai
ininterrottamente il campanello, mentre scrollavo la testa per
togliermi quella scena dalla mente.
<
Mitchie, è tutto okay? > domandò
guardandomi in faccia.
Lo guardai
con uno sguardo scioccato e disgustato ed entrai in casa.
< Ho
appena visto Bianca e Mike fare sesso in cucina, ho bisogno di
lavarmi gli occhi col sapone! >
< Come
sei esagerata. A tutti capita di fare sesso >
< Ma non
sul tavolo dove mangio tutti i giorni! > esclamai sprofondando
sul
divano e chiusi gli occhi < Non solo prima sentivo i loro gemiti
provenire dalla camera accanto, ora li ho pure visti. Ma che schifo!
> continuai e Robert si sedette accanto a me < Posso
restare
qui? >
<
Certamente, Mitchie > rispose accarezzandomi una guancia
< cosa
vuoi mangiare? >
< Ci
penso io. Tu vai a studiare >
< Sei
sicura? >
<
Sicurissima. Tu studia e stai tranquillo, sarà come se non
fossi qui
>
<
Impossibile >
<
Perché? > chiesi curiosa.
< Perché
quando sei nello stesso posto dove sono io lo sento, il mio corpo
reclama un contatto con il tuo > disse guardandomi senza
sorridere
e avvampai < non vederla da un punto di vista sessuale. Quello
che
voglio dire è che ho bisogno di sentirti accanto a me, anche
con un
semplice abbraccio >
Sorrisi e
portai le braccia attorno al suo collo, abbracciandolo con tutta la
forza possibile, appoggiando inoltre il viso sul suo collo e mi
nascosi lì, mentre lui mi stringeva a sé e
ripeteva il mio stesso
gesto del viso.
< Ti amo
> dissi soffiando sulla sua pelle e lui strinse l'abbraccio e mi
baciò la scapola.
< Ti amo
anche io, Mitchie >
Sciolsi
l'abbraccio e lo guardai sorridendo.
< Non so
cosa tu abbia fatto oggi, ma grazie. È stato bello vederti
così
attaccato a me e geloso. So che è successo qualcosa, ma non
voglio chiedertelo. Se ti va di parlarmene io sono qui, altrimenti
è lo
stesso > dissi sorridendogli e lo baciai, poi mi incamminai
verso
la cucina.
< Ti ho
mentito > disse quando ero completamente scomparsa dalla sua
visuale.
< Come?
> chiesi tornando in sala.
<
Ti ho mentito. Oggi quando ho parlato con Anthony abbiamo continuato
la nostra litigata di ieri. Ieri sera, prima che venissi
da me
per dormire, ho discusso con Anthony e l'ho licenziato >
< Sempre
per via della sua poca professionalità? >
< E
anche per te >
< Per
me? >
< Sì >
rispose passandosi una mano tra i capelli e sospirò <
come tutte
le volte Anthony non si è fatto problemi a dire che tu eri
interessata più alla fama che a me e che una volta ottenuto
ciò che
volevi mi avresti lasciato. Ieri sera è stata la goccia che
ha fatto
traboccare il vaso e ti giuro che non ci ho più visto. Gli
ho detto
che non doveva nominarti, che mi ero stancato e che lo stavo
licenziando. Dopo aver terminato la conversazione, se così
si poteva
definire, avevo bisogno di sfogarmi e ho chiamato Emma. Lei mi ha
detto che era a Los Angeles e ci siamo dati appuntamento per questa
mattina >
< Perché
non me l'hai detto subito? >
< Temevo
ti saresti incazzata perché ho telefonato a lei e non a te
>
<
Robert…non mentirmi più > gli dissi
guardandolo negli occhi.
< Te lo
prometto >
Accennai ad
un sorriso e ritornai in cucina. Versai dell'acqua nella pentola,
presi il coperchio e misi il tutto sul fornello.
< Ecco,
sei arrabbiata, lo sapevo > disse entrando in cucina.
< No,
non lo sono > risposi continuando a dargli le spalle < ma
ci
sono rimasta male >
< Mi
dispiace averti mentito, Michelle >
< Non è
per il fatto che tu mi abbia mentito. È solo che mi sto
chiedendo
perché lo hai detto a lei, che non senti da un anno e non a
me. Sono
la tua ragazza, d'accordo, ma sono anche tua amica…di me
puoi
fidarti >
Robert si
mi venne incontro e mi prese il braccio, facendomi girare.
Sospirò e
mi accarezzò la guancia.
< Non ti
fidi di me? > chiesi con voce rotta.
< Non
dirlo neanche per scherzo > ribatté senza smettere di
accarezzarmi la guancia, mentre avvicinava sempre di più il
suo viso
al mio e in men che non si dica le nostre bocche si toccarono <
mi
fido ciecamente di te. Ma in quel momento avevo bisogno di un'altra
voce amica, come sicuramente capita anche a te >
continuò e
annuii < se può farti stare meglio, mi sono sentito
una merda
nell'averti raccontato una balla >
< Bene,
che ti serva da lezione > replicai sorridendo.
Robert
sorrise e mi baciò la fronte, poi mi lasciò
buttare giù la pasta e
lui tornò in sala.
<
Coraggio, la cena si raffredda > gli dissi non appena fu pronto
e
senza farselo ripetere più volte corse in bagno e infine mi
raggiunse.
< Sto
morendo di fame > disse quando si sedette < uhm, sei una
cuoca
provetta! > esclamò dopo aver messo in bocca la prima
forchettata.
< Già,
ci vuole una laurea per cucinare un piatto di pasta > risposi
ridendo < da piccola volevo fare la cuoca > gli confessai
poco
dopo.
<
Davvero? >
< Sì. A
sette anni con la mia prima paghetta mi sono comprata un libro di
cucina e fingevo di essere una cuoca professionista. A tredici anni,
invece, cominciai ad usare quel libro per cucinare sul serio >
< Ed ora
non ti interessa più? >
< Ora
non proprio >
< Cosa
vuoi fare? >
< Voglio
aiutare il prossimo > risposi con un leggero imbarazzo.
< Wow, è
una cosa lodevole, complimenti >
Una volta
terminata la cena obbligai Robert a tornare a guardare quel maledetto
copione e dopo aver lavato tutti i piatti lo raggiunsi in sala,
sedendomi accanto a lui. Lo guardai mentre leggeva le proprie battute
ad alta voce: era davvero buffo, perché se non gli andava
bene
diceva sempre “no, aspetta” e la
ripeteva una seconda,
terza, anche quarta volta.
< Tra
mezz'ora facciamo una pausa gelato, ti va? >
<
Volentieri > risposi sorridendo, ma purtroppo la pausa gelato
non
arrivò mai, perché mi addormentai come una pera
cotta appoggiata ai
cuscini del divano.
Ragazze,
io
non so cosa dire. Voi non avete idea di quanto mi siate mancate, lo
giuro. Sapete, il mio PC è ancora fuori uso e sto usando
quello di
mamma. Ho recuperato un po' di capitoli, ma purtroppo ne ho persi
molti altri :( Questo, ad esempio, me lo sono inventata di sana
pianta e spero non vi abbia deluso.
Spero di
riuscire a tornare a postare regolarmente e spero non mi abbiate
abbandonata.
L'ho già
detto, lo so, ma mi siete mancate. Anche se non conosco tutte voi vi
adoro, le vostre recensioni mi riscaldano il cuore.
Allora,
tanto per cominciare. Non so voi, ma la mia scuola è l'UNICA
di
Ravenna ad essere in vacanza da sabato e sapete cosa succede quando
tornerò? Una bella SIMULAZIONE DI TERZA PROVA, YEAH!
Passerò delle
favolose vacanze ad ammazzarmi di studio -.-
Nonostante
ciò non vedo l'ora sia venerdì perché
prenderò il treno diretto a
Venezia e passerò una splendida giornata con la mia adorata
Hus;
credeteci, non sto più nella pelle.
Ringrazio tanto Marghe, alias Sognatrice85, la mia nuova beta. Se oggi posto è solo grazie a lei perché con grandissima tempestività ha corretto il capitolo e mi ha dato l'okay per postare.
Spero
di
riuscire a postare altri due capitoli prima che rincominci la scuola
:)
Buona
serata a tutti, un bacio
Giulls