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Autore: Enelya Cubb    03/02/2006    5 recensioni
Solo una semlpicissima e corta storiellina su un personaggio che a me sta particolarmente simpatico ma che spesso non vien messo in luce.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Luna Lovegood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante fosse maggio inoltrato il sole che quella mattina faceva capolino tra le montagne era debole, pallido, quasi rasente la freddezza dell’oro giallo quando si indossa per la prima volta sulla pelle nuda

                                                                     Tesori assopiti

 

Nonostante fosse maggio inoltrato il sole che quella mattina faceva capolino tra le montagne era debole, pallido, quasi rasente la freddezza dell’oro giallo quando si indossa per la prima volta sulla pelle nuda. E un monile di tale metallo, una specie di ciondolo a forma di pergamena con sopra una piuma d’oca, proprio in quel momento sta scivolando tra le dita bianche precipitando sul velluto blu di un cofanetto porta gioie.

Clangh!

Il ciondolo si scontra contro una collana di perline producendo anche un tintinnio acuto che infastidì un poco le orecchie della proprietaria di quel cofanetto e  le  sue sopracciglia castane si increspano dando espressione a due paia di occhi color del cielo.

Guarda qui che reperti archeologici ho trovato scovando tra le vecchie cose della mia stanza! Il pensiero si intensifica quando i polpastrelli sfiorano delicatamente i vari braccialetti rilucenti, gli anelli sormontati da pietre preziose e altri oggettini vari di stravagante e insolita appartenenza a epoche passate.

Uffa dovrò decidermi a dire a mio padre di mettere questo cofanetto tra “i tesori” della nostra famiglia…tanto è inutile che stanno qui…io di certo non me ne vado in giro con questa roba…Da piccola impazzivo per le cose luccicanti!Mi ricordo che mi riempivo le braccia e le dita di tutto e poi pavoneggiandomi mi divertivo a farli brillare al sole.

Le pupille nere si spostano di lato catturando e riflettendo l’immagine che le offe lo specchio di ottone seppellito sotto i sui vestiti smessi: una ragazza di quasi venti anni, dai lunghi capelli color biondo sporco, la carnagione anche fin troppo chiara e, cosa più evidente,un visino caratterizzato da occhi grandi e leggermente sporgenti: gene di famiglia al quale lei come membro di una delle ultime stirpe dal sangue puro, i Lovegood, non può sfuggire. Il suo corpo sinuoso e snello, fasciato in un semplice completino camicetta bianca e short di jeans dalla vita bassa è privo di ogni oggetto decorativo fatta solo eccezione per una collana di tappi di BurroBirra che pende al collo adagiandosi sul petto che si alza e abbassa per il respiro.

Come sono cambiata da allora…

Un piccolo episodio le affiorò alla mente e lei rise leggermente al ricordo di come una volta da piccola era stata presa in giro proprio per la sua passione di indossare gioielli; degli stupidi ragazzini l’avevano presa in giro dicendole che per quanto tentava di coprirsi d’oro rimaneva sempre e comunque “Raganella Lovegood” con i suoi occhi grandi e dilatati come quelli di una rana. Lei era scoppiata a piangere e furiosa aveva tentato di ridurli con l’ausilio della magia. Solo che l’inesperienza dei suoi sette anni non le permise di realizzare l’incanto… e al posto di ridursi i bulbi oculari divennero ancora più grandi, mutarono in un marrone smorto e gli occuparono tre quarti della faccia: era diventata un’ incrocio tra una un’umana e un primate!

Quando suo padre scoprì la cosa ovviamente sia arrabbiò molto confiscandole per punizione tutti i suoi preziosi gioielli. Lei pianse, si disperò, gli promise che mai più si sarebbe avvicinata a una bacchetta senza permesso…ma lui fu irremovibile.

Sua madre invece per contrasto se ne uscì con una cristallina risata. Luna si ricordò di averla guardata male in quell’occasione e di essersi offesa per la sua reazione ma la donna con fare materno l’aveva abbracciata, accarezzato i capelli e sollevato il mento con le dita in modo tale che i loro occhi si potessero incrociare.

-“Luna, piccina mia, ma perché volevi cambiare i tuoi occhietti belli che ti ho lasciato in eredità? Non ti piacciono più?”-

Lei aveva scosso la testa sue giù tirando su con il naso.

-“Capisco…se è questo è il tuo desiderio vedrò di accontentati…Peccato però…vedi non a caso nella nostra famiglia si tramandano tali occhi.”-

-“Pe…perché mamma?”-

-“ Perché sono speciali!”-

-“Certo che sono speciali…più grandi di così…”-

-No, sono speciali perché loro ti permettono di veder le cose in modo diverso come nessuno li ha mai viste, ti permettono di scorgerne il vero aspetto e di apprezzare la loro reale bellezza.”-

La Luna di allora aveva sgranato ancora di più gli occhi a quella risposta un po’ scettica ma la madre per niente scoraggiata le mostra una stana collana, una fatta di con uno spago che infilzava una serie di tappi di sughero.

-“Cosa c’è di bello in questa collana mamma?”-

-“Come non riesci a vederlo? Quelli non son solo tappi…ma son delle vere e proprie gemme! ”- la bacchetta della donna apparve magicamente nella sua mano illuminando con un fascio di luce ogni parola che formavano un ricordo, una piccola visione che le mostrava il contesto in cui si sono impreziositi di una vicenda…ovviamente episodi stravaganti nel puro stile dei Lovegood.

Magia o semplice suggestione? Fatto sta che a gli occhi di lei piccola, quei semplici pezzi di sughero si rivestirono di affetti rendendoli talmente splendenti e sfavillanti che alla fine ne fu abbagliata.

Un sentimento di stupore aveva fatto protender le piccole manine verso la collana e non appena l’aveva indossata non se l’era più tolta divenendo il suo unico ornamento.

Mamma…vorrei averti qui…tu che cosa faresti adesso?Come ti comporteresti?

Un’ombra di tristezza le offusca lo sguardo ma repentinamente si impone di allontanare quel sentimento al più presto. Avanti Luna non è questo il momento di perdersi nei ricordi…

Per la seconda volta affonda le mani nei manufatti stupendosi delle cose strane che all’epoca riteneva “belle” ma quando raspa il fondo all’improvviso le sue unghie urtarono contro una sporgenza.

Luna ha appena il tempo di domandarsi che cos’è che una cascata luccicante si riversa sul pavimento lasciando solo il velluto blu a rivestire le pareti della scatola. Sembra apparentemente vuota. Ma poi una piccola linea più scura del tessuto le fa intuire l’esistenza di un doppio fondo.

Lei deglutì alla vista di una pergamena ripiegata più volte, giallina  e consunta ai bordi.

Una mappa del tesoro appartenente a pirati magici? Il testamento stipulato alla morte del suo pipistrello domestico avvenuta quando aveva cinque anni? La dichiarazioni di un pezzo grosso del Ministero, sezione Misteri, vergata di suo pugno e riportante la prova inconfutabile dell’esistenza di un Noxifugo?

Niente di tutto ciò…solo una vecchia lettera che non ha mai avuto il coraggio di spedire…

 

Harry perché non riesco a parlarti liberamente? Starti vicino sta diventando così insopportabile,insostenibile per il mio cuore troppo piccolo e ferito. Già tu eri un semplice compagno di scuola… niente di più…niente di meno…Poi ho imparato a conoscerti. Ho imparato a vederti in modo diverso, a interpretare i tuoi atteggiamenti carichi di responsabilità e ho scoperto in te un’anima piena di stelle e lune. Ti ho visto come me, un’indole diversa dalla massa; una stella cadente nel buoi della normalità e ai miei occhi,  io nomade nel deserto della solitudine, ho creduto di veder il sole venirmi incontro.

Ma non era il sole ( lui è cattivo con me! Mette in luce tutte le mie imperfezioni.)

Era la tua amicizia…

…quella mano che mi face ombra contro la calura e il vento.

Io mi sono aggrappata a te; a quella salvezza e per un breve momento della mia esistenza mi sono sentita meno sola. Tu mi hai portato a volare in nuovi cieli aperti; mi hai fatto visitare nuovi mondi incantati e raccontato nuove storie. A me piaceva esplorare questi nuovi spazi; nuotare in questi sogni e inebriarmi delle sensazioni che sfiorano la pelle.

E così il mio piccolo cuore ha cominciato pian piano a battere. Non era speciale, né tanto meno grazioso, un accenno di rosso… ma pulsava! Egli non chiedeva tanto. Non pretendeva materia celeste per vivere; un sorriso,una parola, uno sguardo per alimentarsi e crescere. E così accadde.

Cominciò a battere, battere, sempre più forte, più grande vibrava. Rosso. Voluttuoso. Vivo!

Io, con il cuore che batteva, corsi da te; volevo farti veder come era cresciuto solo pensando a te, volevo farti percepire quale desiderio si era impossessato di lui da quando ti ho visto…e volevo donartelo

Ma tu non c’eri più… I tuoi mondi non c’erano più!

Io ho cominciato a cercarti, a camminare con questo fardello troppo rumoroso ma sordo alle tue orecchie. Ti ho chiamato, ho pronunciato il tuo nome con tutto il fiato che potevano contenere i miei polmoni: non un solo eco mi giunse in risposta. Ma io non mi arresi e passo dopo passo continuai nella mia cerca.

Poi finalmente ti trovai.

In una landa desolata il tuo corpo giaceva privo di conoscenza; morso dal sole e graffiato dal vento; i capelli intrecciati nella sabbia: le tue palpebre serrate a cercare il nero del nulla  e le tue ali erano spezzate: tu non potevi volare…io non potevo volare.

Mi avvicinai, timorosa, ti sfiorai il petto e in quel momento ho percepito il tuo grande dolore che ti opprimeva schiacciandoti al suolo: anche tu avevi avuto un cuore che palpitava orgoglioso, caldo, che amava ed era stato amato…finché una mano nera non era venuto a minacciarlo, a lacerarlo e a non farti più credere in lui.

Allora strinsi il mio cuore per non darti fastidio con le sue grida, lo serrai in una morsa dolorosa, lo soffocai benché tu non prestavi attenzione a niente di ciò che ti circondava…neanche alla mia mano  che ti sfiorava il volto, raccoglieva le tue lacrime salate (Dio quanto erano belle!) mentre le mie ti accompagnavano…generose, amiche, tristi: Non potevo fare niente, solo guardarti e accucciarmi accanto a te.

Ora i tuo cuore è freddo, come il marmo delle tombe, come la mia pelle…e non scalpita più come prima.

Io non posso aiutarti, non ho niente da offrirti, posso solo darti il peso di un cuore gonfio di amarezza e lacrime  che però non può permettersi il lusso di gridare la sua sofferenza ma anzi deve sforzasi di cambiare per sopravvivere.

Il silenzio accompagnato dalle tenebre ormai è padrone di queste lande. Tu non ti risvegli. Io ti  sono rimasta ostinatamente accanto cercando di riportarti alla coscienza ma tu non mi guardavi, non proferivi parola, continuavi a dormire rinchiuso in un nuovo mondo ove io non potevo raggiungerti.

Così mi sono alzata, mi sono staccata da te e confondendomi nella notte ho portato via il mio fardello lacero come il tuo nonostante faticosamente ancora adesso cerca di cullarsi all’ombra del suo sole spento.

 

La voce mentale si smorza sull’ultimo periodo; i suoi occhi prima guizzanti ora si perdono nell’inchiostro in alcuni punti sbiadito; le dita leggermente tremanti richiudono quel piccolo sfogo sentimentale…e un luccichio degli occhi preannunciano forse le lacrime…

E senza preavviso, senza una ragione logica prima uno sbuffo, poi una piccolo riso finché una risata cristallina e leggera le scaturì dalla bocca corallina.

Che sciocca sentimentale che ero!

Aveva avuto appena sedici anni quando l’aveva scritta e aveva creduto veramente a quello che  ha provato sulla sua pelle a quell’età…ma poi… poi…

Silente era morto.

Harry era andato via.

La seconda guerra Magica che incombeva su tutti…e il Mondo interro si era ritrovato in bilico tra il bene e il male.

E di seguito erano  venuti gli anni bui.

Ma il destino dell’umanità era già segnato e sia il mondo magico che quello babbano poterono rivedere la luce del sole.

Harry tornò a camminare in un scenario nuovo…ma i suoi passi erano diversi.

La realtà era diversa, cambiata; mutata per dare nuove priorità. E Luna lo era insieme a lei…e anche lui era diverso…tutti lo erano!

DLIN! DLON!

Il campanello con il suo suono quasi cantileno e dolce spezza all’improvviso le visioni comparse nei cieli autunnali della biodina riportandola frettolosamente alla realtà della sua vecchia stanza piena di ricordi infantili. Dal piano di sotto lo scalpitio di pantofole sul parquet l’avvertono che qualcuno si è quasi precipitato ad aprire la porta e a giudicare dal calore con cuoi l’ospite viene accolto deduce che sia stato suo padre in persona ad aprire.

- Luna!-  la chiama l’uomo dal fondo delle scali proprio accanto alla porta d’entrata. -Ti conviene scendere perché è arrivat..!

- Si lo so chi è arrivato “lui” visto che è l’unico che riesce a farti ancora correre alla tua età!- Di sotto una voce maschile più giovane di quella del genitore risalì alle sue orecchie in risposta alla battuta che le fecero scappare un sorriso. - Ti prego papà fallo accomodare in salotto…io scendo tra un minuto.-

L’uomo da sotto borbottò ancora qualche cosa sulla figlia, sul fatto che era una ragazza così smemorata avvolte e non sta sempre con i piedi per terra e l’altro ospite sorprendentemente come a dargli corda tra una risata e l’altra conferma a pieno tutti i commenti.

Oltre la porta socchiusa della sua stanza  anche Luna percepisce lo scambio di battute ma non se la prende, anzi ne ride apertamente perché sa che “lui” anche se la prende in giro in realtà apprezza ogni sua qualità e ciò che gli altri trovano stravagante e buffo in lei, è esattamente ciò che gli piace di più.

Per la terza volata le dita bianche si posano sul cofanetto rinnovando il suo compito di custode segreto; lo riempiono di gioie e dolori; amarezza e frivolezza; vanità e stravaganza…di ricordi malinconici ma unici. Ricordi che finiscono di nuovo sul fondo del suo armadio a monito di quella che era e che non sarà più.

Un’alta risata giovanile dal piano di sotto.

Svelta lei si infila gli stivali da cavallerizza; si pettina con le dita i capelli; agguanta alla rinfusa dei panni sul pavimento e li fionda nell’armadio richiudendo a fatica le ante e quando sembra che niente le è sfuggito alla sua attenzione, ed è tutto relativamente in ordine, allora muove qualche passo in direzione dell’uscita.

Solo che proprio sulla soglia si blocca a darsi un ultimo sguardo allo specchio. La sua figura alta e slanciata sembra quasi fondersi con il legno verniciato… eppure tra le ciocche si intravedono ancora gli occhi leggermente sporgenti; piccolo difetto che l’avrebbe accompagnata per sempre…

Ma non se ne cura più di tanto perché i suoi occhi sono speciali, sono unici, e sanno vedere cose che gli altri non vedono.

E lei aveva visto oltre quello che gli altri credevano vero.

Le cose sono veramente cambiate…

 

 

 

 

 

****** Note dell’autrice (che parola grossa!) ******

 

Rieccomi qui a insozzare le pagine del web con questa piccola storiella auto-conclusiva. In realtà avevo scritto parte della Fic qualche anno addietro e ieri ripescandola dalle varie scartoffie ho deciso di riadattarla. Ho scelto il personaggio di Luna perché penso che era la più adatta a questo episodio introspettivo, che esula un po’ dal conteso del libro e poco si cura dei fatti realmente narrati. E d’altronde essendo Luna un personaggio minore per il momento non ci è lecito sapere come l’ha affrontata lei tutta la situazione.

Comunque questa vicenda è solo una piccola parentesi della vita di biondina (come l’ho immaginata io) e non brilla certo di originalità né tocca punte dell’alta narrativa…solo mi andava di scriverla e adesso ve la siete beccata! (AH!AHA!AH! Nd ELenya).

Volevo anche rassicurare tutti coloro che seguono l’altra mia fic che sto scrivendo gli altri cap…solo portate pazienza che son incasinata :-p!

 Ultima cosa: per qualsiasi commento, per dirmi anche semplicemente “FA SCHIFO!”…recensite!

CiaoCiao

 

 

  
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