CAPITOLO
II
" NEI DUE FUOCHI "
Berlino parte
seconda
Nel pomeriggio Heléna Mullova riposava sul letto della sua suite d'albergo con addosso solo dei pantaloncini e una canottiera, la Colt Commander sotto il cuscino. La stanza era completamente oscurata dalle serrande abbassate, portacenere, sigarette, calze e indumenti intimi sparsi ovunque. Qualche fascio di luce riusciva a penetrare debolmente la finestra, qualche munizione lasciata su un tavolino di noce veniva così illuminata. Bussarono.
-Chi
è?- Chiese la ragazza dal letto
-Nil.- E la porta si aprì
in un assoluto silenzio nell'oscurità del pomeriggio.
-Cosa
sei venuto a dirmi Nil?
Il russo camminava tra gli angoli
oscuri nel silenzio. Nella spaziosa suite c'era un odore di aria
consumata così che si accesero immediatamente i condizionatori
creando un brusio in sottofondo. La canottiera bianca di Heléna
si muoveva all'altezza del piccolo seno. Nil aveva in mano
una busta sopra la quale era riportato il nome di una grossa
firma di moda, poi si fermò difronte ad uno
specchio. Heléna chiese:
-Sei stato a fare
compere?
-Sì, ero venuto a darti questo.-
Heléna prese
la busta e scartò la confezione regalo che avvolgeva il
materiale. Un vestito, qualche indumento comprato nel miglior negozio
del centro. Dettagli di poco conto, a lei non interessava ricevere
qualcosa e non si aspettava che Nil fosse stato a fare
spese per lei.
Infatti nervosamente cercava di capire cosa
significasse quel gesto e scartava freneticamente l'involucro.
Poi
la debole luce accarezzò la punta di una ciocca di capello
sino ad arrivare ad un occhio.Un malinconico sguardo al
vestito.
-Cosa sarebbe questo Nil?
-Guarda bene, c'è
anche una parrucca...
-Appunto è un vestito da
hostes.
-Stai capendo bene, è un travestimento.
-Temevo
fosse un gioco perverso di quel coglione di Bota.
-... ci sono
stati degli imprevisti. La famiglia del signor Vogt ha messo di
mezzo un'agenzia investigativa che si è messa subito a fare
delle indagini riguardo alla carneficina di ieri sera. A poco
serviranno i poliziotti che abbiamo corrotto,dunque: o mandiamo in
porto il nostro piano questa sera, oppure il Grande Capo farà
saltare noi al posto della C.S.U.
-Qual'è il piano?
-Questa
sera ti chiamerai Linda Lang, ti presenterai ad un convegno della
C.S.U come hostes, accompagnerai i signori a sedere, farai la tua
sporca figura dinanzi ad un vasto pubblico di democristiani. Dovrai
solo sorridere e accompagnare, sarai una normale hostes. Dovresti
essere contenta una volta ogni tanto che non ti si chieda di piantare
pallottole nelle cervella della gente.-
Ecco
che nella mente le tornarono strane immagini. Quella stessa mattina
nella metrò: istanti passati ad osservare quella donna mite
seduta nel suo spazio di un seggiolino da metropolitana. Un'immagine
così innocente secondo il suo punto di vista. Stava succedendo
qualcosa dentro di lei e lo avvertiva.
Era come se l'immagine di
quella donna si stesse alzando intenta ad urlare contro:
“perché
continui ad uccidermi? Cosa ho fatto io oltre a non essere diventata
una furia assassina come te?”
Heléna
provò a tornare in sé e riprendere il discorso.
-Una
normale hostes eh? Non si era detto che il punto da colpire non
doveva essere mai un edificio aperto al pubblico? Mi pare che un
convegno di democristiani sia ugualmente tanta gente no?
-Ma
appunto.. sono democristiani, in alternativa saremo noi a saltare,
perché il Grande Capo non è un uomo che ha pazienza,
dovrebbe esserti entrato in testa. Bota ha anche riferito i tuoi
recenti comportamenti a qualche superiore; presto tutta la Maskhadov
sarà pronta ad affidarci la colpa di un insuccesso inglorioso
e traditore. Quindi mia cara...porterai con te uno zainetto che
lascerai in uno dei camerini.
A dieci minuti dalla fine
dell'intervento del Bundeskanzler ti converrà uscire in tutta
tranquillità e senza dare nell'occhio, ti aspetteremo
appostati in un furgoncino a cinquanta metri più avanti dal
palazzetto.Tutto chiaro?
-Perché proprio io devo
rischiarmela in questo modo, mentre voi sarete fuori ad aspettare?
Il
ragazzo prese le munizioni che erano sparse sul tavolino, le fece
scorrere come biglie tra la sua mano destra, poi si fermò come
preso da un abbaglio.
-Chi pensi che terrà pulita la strada
dal passaggio di volanti, o peggio ancora, dai civili che passeranno
per le strade di Schoneberg? Questa sera oltre all'intero palazzetto
morirà qualche poliziotto in più ma tu non devi
preoccuparti di questo, devi solo comportarti bene e lavorare come
hai sempre fatto, vedrai che tutto finirà presto.
Nil allora
raggiunse l'uscita. La porta si chiuse e la ragazza si lasciò
cadere nuovamente sul letto.Suonò il telefono. Le labbra che
volevano poggiarsi sul morbido cuscino, andavano a mordersi.Quanto
tempo ancora sarebbe passato? Lesse i suoi nuovi documenti, una
nuova identità per passare le frontiere.
“Linda Lang”
si ripeteva.
Linda Lang le si presentò allo
specchio due ore più tardi, era lei stessa vestita in tailleur
da lavoro, tacchi non eccessivamente alti, capelli lunghi e neri,
lucentissimi.
Ecco chi era Linda Lang; una statunitense
universitaria che di tanto in tanto faceva la hostes per uffici
rispettabilissimi, in giro per il vecchio continente. Era bella,
giovane e vogliosa di affermarsi nel mondo del lavoro. I suoi
genitori sarebbero stati felici di saperla a Berlino a
celebrare un convegno del più grande partito democristiano
europeo. I grandi valori della famiglia, la gioia dell'ottica
progressista dei partiti moderni; ne sarebbero stati fieri della loro
bellissima figlia. Linda alzò le serrande della
suite, era un fantastico tramonto, un sole gigantesco pareva voler
atterrare su Berlino e una radiosveglia iniziò a
suonare lievemente per la stanza. Musica classica per Linda che
per qualche istante si senti orgogliosa tanto da riguardarsi ancora
allo specchio. Il movimento della sua mano, ora si toccava il volto
come una danza per poi accendersi una sigaretta e trovare il telefono
per chiamare qualcuno. Così sfogliò di fretta
un'agendina e ne rideva della sua fretta; una fretta estranea a lei
come lo era quel tramonto, ma non riuscì a trovare il numero
giusto perché qualcuno bussò alla porta nuovamente. Gli
occhi le brillarono.
-Ludovich
sei pregato di non importunare! Se sei così abile come tutti
dicono puoi benissimo intrufolarti dal balcone, ma sappi che...
sonooo nudaaa!!!
-Dai stupida apri, non ho tempo da perdere. E poi
non hai un balcone in camera!!
Ludovich oltre
la porta rimase sorpreso così che fece un passo indietro e
controllò il numero della stanza.
-Heléna?
-Heléna
non c'è, io sono Linda... Linda Lang, entra pure.
-Heléna
dovevi vestirti al palazzetto, non qui!
-Chi vuoi che noti una
stupida statunitense prima che vada a lavoro?
-Forse la
portineria?
-Quei cretini della portineria sono capaci solo di
guardare il sedere. Stai tranquillo Ludo, andrà tutto come
deve andare.
-Ma poi cos'è quest'aria di festa? Ti ha
spiegato tutto Nil,sì?
-Mi ha spiegato tutto e sono
contenta che questa sera finalmente ce ne possiamo andare.
-Quante
volte ti ho detto di non lasciare le munizioni in giro?
Ludovich come
sempre le ordinava la stanza ogni volta che entrava, piegava i suoi
vestiti, si accertava che non mancasse nulla di ciò che
dovesse esserci e che non vi fosse nulla di estraneo. Che questo
fosse anche un bene per la ragazza passava sempre in secondo
piano. Linda lo guardava con ammirazione come sempre,
talvolta però lo riprendeva a suo modo.
-Oh Ludovich,
faresti meglio a non brontolare e darti una
calmata.
Ludovich continuava a gironzolare e aprire
cassonetti e mobili, a piegarsi sotto il letto e il divano.
-Non
so cosa tu abbia ragazza mia, ma è arrivata l'ora di andare.
Ci stanno aspettando Peter e Frank di sotto.
Linda quindi si
avvicinò fissandolo sul viso.
-Mi chiamo
Linda- sussurrò.
Timidamente Ludovich si
staccò da quello sguardo.
-Ok Linda, hai cinque minuti per
raggiungermi.
Linda Lang scese le scale dell'albergo mentre
la portineria era del tutto indifferente impegnata in operazioni
da booking and reservation.Linda Lang uscì
dall'albergo facendo una grossa scorpacciata d' aria, teneva chiuso
con le mani un pesante giaccone viola che ad Heléna andava
un po' grande e per cui non aveva messo mai.
Peter, che era un
austriaco minuto ed un uomo all'antica, era al volante. Frank, suo
fedelissimo compagno spilungone dal baffo molto retrò, fece
un cenno con la testa. Peter ebbe subito da dire
qualcosa.
-Io non ne posso più di voi giovani teste di
cazzo, siete sempre in ritardo di dieci minuti, porca
merda!-
Linda lo guardò dallo specchietto, accennò
a deriderlo. Ludovich intervenne:
- Guarda che è
Linda che deve arrivare puntuale a lavoro, mica tu, quindi pensa a
guidare e vedi di fare in fretta,siamo in ritardo.-
Qui Linda lo
derise palesemente.
Frank poi commentò:
-E chi
è Linda??-
Ludovich scoppiò a
ridere.
Peter sbandò quasi andando a invadere l'altra
corsia per poi ritornare nella sua.
Era
sera a Berlino.La
macchina si fermò sgommando, non c'era ancora nessuno nelle
vicinanze del palazzetto.
Linda entrò
con il suo cappottone ed uno zainetto.
Ad accoglierla un ragazzo
della sua età. Poco più alto di lei, bruno dai capelli
a spina.
-Ciao
tu devi essere Lang vero?
-Sì
piacere Linda.
-Mark, piacere di conoscerti.-
Linda strinse
la mano destra mentre con la sinistra teneva il suo cappotto chiuso
mancante di qualche bottone. Catturò il sorriso che le aveva
appena fatto Mark, lo avrebbe usato per tutta la sera per
chiunque avrebbe visto, con chiunque avrebbe parlato.
-Vieni con
me Linda, ti accompagno nei camerini. Vedi la struttura è
molto piccola, dovremo adattarci.
Ma come ti avrà detto
l'agenzia non si tratta di nulla che possa essere complicato, al
massimo ci improvviseremo degli ottimi camerieri!-
Mark, dal primo
istante le sembrava entusiasta di quello che stava facendo, come in
parte lo era anche Linda ma Linda lo era perché era nei
panni di Linda e non in quelli del solito killer. Mark era
solo un sorridente ragazzo che non sapeva di dover morire quella
sera.Linda non doveva pensarci, se ci avesse pensato sarebbe
caduta in una fossa di incubi che nulla c'entravano con la sua vita
da hostes.
-Ho letto sul tuo curriculum che sei americana e studi
a Yale, mi sono subito eccitato all'idea di lavorare con una mia
coetanea proveniente dal Connecticut!
Linda Lang forse non
sapeva neanche che l'università di Yale era una
delle migliori al mondo, non le importava in quel pomeriggio,
osservava piuttosto la struttura del palazzetto, le scritte come
quelle delle uscite di sicurezza le passavano sotto gli occhi,
contava gli estintori appesi ai muri. Ammirava i quadri posti nei
corridoi, sapeva bene che erano tutti falsi e di poco valore.Mark le
fece vedere proprio tutto dal back stage della sala
che avrebbe tenuto il discorso del cancelliere tedesco ad un piccolo
balconcino dove poter fumare.
-Puoi darla a me la tua borsa.
-No,
preferisco tenerla io, ho quel problema che noi donne ci portiamo
dietro di mese in mese, vorrei andare in bagno a cambiarmi più
tardi.
Così si separò da Mark per andare
nella parte retrostante dell'edificio. Lì c'erano alcuni
amministratori pronti alla grande serata, e tra il gruppetto di
gente, un po' separata, una bambina giocava con la sua bambola di
pezza. Linda Lang stava fumando una sigaretta mentre
osservò come quella bambina guardasse il proprio oggetto,
cercando di darsi una spiegazione. Non trovandola, la bambina si
avvicinò a lei chiedendole.
-Perché la mia bambola
non parla?
Linda Lang stava pian pano prendendo confidenza
con il sorriso di Mark così che rispose sorridendo
alla bambina mentre si accorgeva che i genitori gettavano occhiate
indiscrete.
-Vorrà dire che la tua bambola non ha voglia di
parlare.
-Ma lei non può parlare.- rispose la bambina
con poca convinzione.
- A no? E perché?-
Linda si
era così avvicinata alla bambina che sempre più
sgarbatamente maneggiava la bambola. Il sorriso stesso di Linda aveva
fatto si che i genitori si fossero completamente immersi nei loro
discorsi politici. La bimba dunque rispose stizzita:
- Perché
lei non è reale, lei è uno stupido pupazzo!-
Queste
parole per Linda suonarono lente come una corrente che
veniva dall' impianto d'aria poco distante; ancora le smorfie di
quella gente che parlava e parlava della politica tedesca.
I
lampioni e tutte le luci lì presenti si accesero in fila ad
indicare che da lì a poco sarebbe iniziata la serata.
-Lei
è uno stupido pupazzo per questo non parla!
La bambina in
una sequenza veloce di azioni mise a terra l'inerte e muto
oggetto di pezza, lo calpestò prima, poi strappò
la lana che faceva da capelli; la strappò tutta. Si accanì
di colpo come un'isterica.
A Linda non sembrava vero
quello che stava accadendo quindi cercò di distaccarsi
mettendosi verso la porta in via di una fuga da quella bimba. Temeva
allo stesso tempo che i genitori si accorgessero di cosa stesse
accadendo e che ne avrebbero chiesto motivazioni a lei stessa. Quando
motivazioni non vi erano. Era isteria pura di una bambina bionda che
ora si stava tutta spettinando e stropicciando, china a terra ad
uccidere la sua bambola.
-Smettila!Smettila!- Disse Linda.-Bambina
fermati, non ha alcun senso! Smettila, fermati!-
Ma la bambina non
stava a sentire, anzi era troppo intenta a imprecare contro
l'oggetto. Inaudibile o no, stava accadendo che una così
bella bambina sapesse cacciare parole così
orrende.
Allora Linda si allontanò subito. Lasciò
la borsa dietro ad un termoventilatore. Mark la stava
cercando. Il cancelliere era già arrivato;la giovane
statunitense prese quindi posizione davanti all'ingresso per dare il
benvenuto.
Fu impressionata di colpo nel vedere tutta quella folla
di gente avviarsi all'entrata.
Signori ben vestiti apparentemente
simpatici o anche meno, tutti che salutavano e avevano omaggi da
fare; c'era poi la stampa e numerosi flash in ogni
direzione.
Linda era in piedi da mezz'ora a stringere mani,
assieme a Mark che la presentava come raccomandata
del signor D, che Le aveva proposto interessanti
collaborazioni nei convegni del partito.
Tutti si dicevano
entusiasti di questi giovani, così belli, così eleganti
e garbati, stupende stelle, promesse per un'Europa diretta al
futuro. Qualcuno strinse la sua mano dicendo:
-Mi congratulo con
lei, un altro dirigente felice di questa Europa diretta al collasso!-
Ma nessuno lo vide in faccia, neanche lei. Nessuno forse lo aveva
sentito, a parte lei. Non sentiva più la sua mano.
Si
accorse di stare male, sudava nuovamente freddo, ma aveva finito di
accogliere gli ospiti nella sala.
Mark le disse qualcosa, non
lo stette neanche a sentire, poi una donna le andò incontro,
La spinse tirando fuori parole indecifrabili. Linda Lang a
stento riusciva a stare in piedi. L'effetto di Linda Lang stava
vacillando. Chi era quell'essere ora cosa gracile? Di certo non
Heléna Mullova. Non poteva più riconoscersi e qualcosa
di gravoso per la sua coscienza stava distruggendo corpo e
mente.
-Cos'ha la ragazza?
-Non si sente bene?
-Forse
dovremmo chiamare qualcuno...un medico...c'è un medico?
Voci
sconosciute, ombre che rimanevano ferme negli spazi dell'edificio, un
pavimento danzante, probabili allucinazioni. Stava cercando la borsa
ma non ricordava più dove era posta. Ricomparve Mark
con lo zaino e il suo cappotto, aveva uno sguardo severo.Capì
che il ragazzo aveva smascherato il piano, ma cosa fare? Correre.
Scappò via come un razzo, arrivò ad un corridoio e si
intrufolò nella prima porta che vide.Si accasciò per
terra. Si accorse di essere in un bagno. Con la mano tremolante prese
della carta da un distributore. Si asciugò il volto: il trucco
che sbavava sul viso.
"Heléna!": una voce dentro
di sé. Allora si alzò facendo piano. Si trovò
davanti ad un enorme specchio.
"Heléna..."
-Linda!!-
Era Mark.
-Sì
Mark?
-Va
tutto bene Linda? Posso entrare?
-Ehm
Mark non sto tanto bene scusami, penso che andrò direttamente
in hotel!
-Ma non alloggi al dormitorio?
-Sì
intendevo quello...!
-Beh
fatti restituire la tua borsa e il cappotto almeno.
La
ragazza aprì la porta e prese al volo la sua roba.
-Scusami
Mark...-
La
richiuse mentre Mark rimase
immobile fuori nel corridoio.Così rimase sola. Aprì la
borsa e vide che era piena di tritolo proprio
come Peter e Frank avevano
consegnato. Mark dunque
non era stato così impiccione come temeva. Notò
che però il timer era
guasto, o meglio, aveva la convinzione che la bomba fosse attiva ma
che il timer non
stesse segnando i minuti.
"Heléna
non fare la stronza suvvia, infondo sono solo democristiani... sono
più mafiosi loro dei guerriglieri. Con il loro perbenismo
inquinano il mondo di falsità, per non parlare del loro
mercato che va sempre a scapito della povera gente. Il loro mercato è
qualcosa di più insulso della nostra rivoluzione. Sì
Heléna che tu lo voglia o no, ne sei parte della
rivoluzione!"
Così lasciò cadere la borsa
dietro ad un cestino della spazzatura, non sapendo se sarebbe
esplosa. Tolse la parrucca e dall'esterno si sentì il rumore
del caricatore della Colt Commander, un rumore che in fondo...
le aveva sempre dato una certa botta alle vene rendendole altamente
pulsanti e vive. La eccitava più della droga, più
del sesso. Odore metallico, odore di polvere da sparo. Heléna uscì
poi dalla finestra liberandosi delle scarpe con il tacco,le buttò
via. Si accese un'altra sigaretta camminando tra la gente che non
doveva esserci per Schoneberg, ma non le interessava più.
A quel punto potevano morire tutti. Ad Heléna proprio
non importava più.
Trovò la prima cabina ed inserì
una scheda.
-Pronto?
-Heléna da dove chiami?-Era la voce
di Nil.
-Sono dentro l'edificio, volevo informati che procede
come previsto.
-Benissimo bambina, assicurati che nessuno si
accorga di niente, fai che rimanga dentro per almeno altri quindici
minuti.
-Certo.
Chiuse. Osservò ancora tutta la
gente che nelle vicinanze passeggiava ora fermandosi nei ristoranti
vicini, ora rimanendo ferma agli angoli a parlare. Se Berlino era
veramente spaventata come i telegiornali dicevano Heléna non
si spiegava come mai vedeva così tanta gente. Forse non
erano neanche tanti, forse pesavano ad uno ad uno sulla
coscienza.
Qualcuno la notò senza scarpe con la sua aria
seria come il giorno prima.
Stette ferma qualche altro minuto, poi
imboccò la parallela e chiamò un taxi.
Qualche
minuto più tardi ci fu un silenzio improvviso, il furgoncino
che doveva esserci, non c'era.
Esplose il piano terra del palazzo
e nel giro di pochi istanti si sentivano già le sirene pronte
ad intervenire.Il cancelliere tedesco sarebbe morto solo
qualche ora dopo in un ospedale vicino.
Non vi erano traccia
di Nil, ne di Peter o di Frank, né di
Ludovich.
-Dove vuole che la porti signorina?
-Aeroporto di
Tegel per favore, faccia in fretta.
Mentre Berlino si illuminava di una nuova carneficina, una bambina bionda giocava sul ciglio della strada. Aveva in mano una pistola giocattolo e sparava ad una donna seduta sul sedile posteriore di un taxi.