Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Stella Di Mezzanotte    20/04/2011    2 recensioni
In uno scenario suggestivo come le campagne toscane e a Firenze, una ragazza americana si trova a vivere dal lusso di un appartamento in Italia, in una casa nel bosco con un giovane veterinario che ama e cura i cavalli... Una storia che parla di amicizia, amori passati e futuri. I due protagonisti Alessandro ed Elisabeth si conoscono, lui ventotto anni lei sedici, si attirano e respingono al tempo stesso come due calamite... un attrazzione che porterą a una storia ricca di elementi contrastanti...
Alessandro sarą tormentato dal passato e da un amore sofferto, Elisabeth curerą le sue ferite? Alessandro riuscirą ad amare di nuovo? O forse per la prima volta... chissą...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Sesto Capitolo

Il suono della sveglia, martellante e continuo, mi svegliò bruscamente strappandomi violentemente dal mondo dei miei sogni. Mi strofinai gli occhi confusa e ci misi qualche secondo per capire dove mi trovavo e cosa dovevo fare.

Quando ripresi lucidità spensi la sveglia e sospirai afflitta, desiderando solamente di tornare a posare la testa sul cuscino. Detti un occhiata al mio orologio da polso e vidi che erano appena le sei. Nemmeno per andare a scuola mi svegliavo così presto.

Scesi sconsolata dal letto, rabbrividendo per il cambio della temperatura. C’era molto freddo così presi velocemente ciò che avevo preparato la sera prima da indossare e corsi in bagno per una doccia calda.

Scesi in cucina, ma mi resi conto che ero un po’ in ritardo, perché avevo perso qualche minuto sia in doccia che dopo nel sistemare la camera, così arrivai in cucina alle sette e dieci.
Vidi il tavolo in cucina imbandito di tutto e di più ma nessuno vi era seduto. Solo Giulia stava riordinando delle cose nella credenza.

<< Oh tesoro, eccoti! >> disse non appena mi vide.

<< Sono in ritardo. >> dissi sedendomi.

<< Non preoccuparti dai, mangia e poi vai al laboratorio. Alessandro ti sta aspettando. >>

Feci colazione velocemente anche se non ero abituata a mangiare di mattina così presto, senza contare che gli alimenti erano molto diversi ma ottimi.

Salutai Giulia con un bacio e poi corsi fuori, stringendomi il giubbotto addosso. Fuori la temperatura era ancora più gelida, così mi affrettai a raggiungere la stalla, dove intravidi la mia cavalla all’interno del suo box per  poi recarmi al laboratorio.

Il giorno prima Giulia mi aveva spiegato dove si trovasse ma era la prima volta che lo vedevo. Si trattava di una struttura in legno con un piccolo portico davanti, dove legati agli assi di legno c’erano due cavalli, probabilmente quelli di cui Alessandro mi parlava ieri. Dovevano essere arrivati molto presto, quindi chissà a che ora si era alzato quel povero ragazzo…

Entrai nel laboratorio e detti un occhiata all’interno, prima di scorgere Alessandro in piedi, mentre aggiustava delle provette in un armadietto. Una strana ansia mi pervase quando i suoi occhi blu incontrarono i miei. Sospirò e si aggiustò il colletto del camice bianco che indossava, mentre mi raggiungeva.

<< Elisabeth, perché ti sei alzata così presto? >> disse ironicamente.

<< Scusa, ma… >>

<< Nessuna scusa ragazzina. Devi essere qui in orario, altrimenti te ne torni da dove sei venuta. >>

Il suo tono secco e tagliente mi ferì ma cercai di non darlo a vedere. Sapevo che ero in torto ed ero solo un ospite quindi dovevo essere ineccepibile.

<< Certo. >> risposi semplicemente.

<< Oggi non dovrai fare nulla d’importante, se non aggiustare la mia agenda di appuntamenti che è

un vero disastro e mettere a posto la roba negli scatoloni. >> disse indicando con il capo gli scatoloni che avevamo preso ieri.

<< I cavalli come avrai già notato sono arrivati, quindi sarò molto impegnato. Disturbami solo se necessario. >>

Mi guardò in silenzio per qualche attimo, poi mi superò e uscì nel porticato.

Sospirai e mi avvicinai alla lunga scrivania in noce che giaceva vicino ad una finestra che dava sul bosco. C’erano molti fogli sparsi, un fermacarte, un pc fisso annesso di tastiera e mouse e una lampada alta da ufficio. Trovai l’agenda sotto a un plico di carte e mi sedetti sulla poltroncina in pelle, facendomi un po’ di spazio tra tutte quelle carte. Certo che era proprio disordinato…

<< Sì lo sono, altrimenti tu cosa ci staresti a fare? >>

Avvampai quando sentii la sua voce e mi resi conto solo dopo di aver espresso i miei pensieri ad alta voce.

<< Ehm… >>

<< Non m’importa nulla di quello che pensi, Elisabeth. Sono rientrato per prendere delle provette e per dirti che la nuova agenda dove dovrai riscrivere tutto quanto e in ordine è dentro il terzo cassetto della scrivania, sulla destra. >>

Se ne andò di nuovo e io nonostante la brutta figura fremetti di rabbia. Sarei veramente riuscita a sopportare a lungo quel suo comportamento dispotico?

Sospirai più volte e aprii il cassetto con rabbia, tanto che rischiai di farlo uscire dal suo assetto. Presi l’agenda del tutto simile a quella che stringevo nell’altra mano e feci per richiudere il cassetto, quando una fotografia attirò il mio sguardo.

Fu più forte di me e la presi, controllando che Alessandro non ci fosse.

Nella fotografia c’erano lui e una ragazza bionda, molto bella, con lo stesso colore degli occhi di Alessandro. Lui era sorridente e aveva un braccio attorno al collo della ragazza che lo stringeva a sua volta.

Il rumore della porta che si apriva mi fece trasalire e misi la foto di nuovo nel cassetto, richiudendolo stavolta.

<< Oggi sarà proprio una pessima giornata. >> borbottò, prendendo ancora qualcosa dall’armadietto, vicino la scrivania, dopodiché uscì lanciandomi un occhiataccia.

Insomma, cosa voleva da me?

Mi affrettai ad aprire l’agenda e a prendere una penna da un barattolo sul tavolo che ne conteneva diverse. Prima finivo i compiti che mi assegnava meglio era per entrambi.

Quasi mi misi le mani nei capelli quando vidi il macello che c’era all’interno della sua agenda. Cose scritte ovunque e bigliettini vari cadevano da ogni parte. Sospirai rassegnata e cercai di trovare un senso a tutta quella confusione e scrissi tutto per bene nella nuova agenda. Notai che aveva tantissimi clienti e innumerevoli indirizzi di riferimento e numeri telefonici, appartenenti a molti continenti diversi.

Non seppi quanto tempo passò da quando avevo iniziato, ma di sicuro non meno di due ore. In tutto quel tempo non ero riuscita a levarmi dalla mente l’immagine di quella foto. Alessandro aveva un sorriso che non gli avevo mai visto sul volto, sebbene ci conoscessimo da pochissimo tempo. Chi era quella donna?

Mi resi conto che uno strisciante senso di gelosia albergava in me e non ne compresi il motivo. Sul serio… quel ragazzo era scorbutico e maleducato, seppur maledettamente bello…

Scrollai dalla testa quei pensieri e misi l’agenda nuova e sistemata nel terzo cassetto, imponendomi di non guardare la foto. Quella vecchia la misi in un angolo non sapendo cosa volesse farci, quindi mi alzai per stiracchiarmi un po’. Mi avvicinai all’altra finestra, quella vicino la porta, per vedere cosa stesse facendo e lo vidi nel recinto con uno dei due cavalli mentre lo faceva camminare lentamente. Il cavallo era nero e molto bello, ma aveva una grossa fasciatura all’altezza del busto. Doveva avergliela fatta mentre io ero occupata con la sua agenda, perché quando ero arrivata il cavallo non aveva nessuna fasciatura.
L’altro invece era ancora legato all’asse di legno, sotto al portico, ed era di colore marrone chiaro.

Ad un certo punto Alessandro si fermò ed alzò lo sguardo verso di me e io come scottata mi voltai per avvicinarmi all’armadietto. Anche lì c’era una gran confusione, quindi sistemai un po’ di cose e poi avvicinai gli scatoloni per uscirne il contenuto. Passai molto più tempo a fare questo lavoro, perché molte cose non le conoscevo e non sapevo come e dove sistemarle, come un gruppo di provette che capii dopo dovevano essere messe dentro uno scatolino, che si trovava su uno scaffale vicino alla piccola libreria del laboratorio e che non c’entrava nulla messo lì.

Era di sicuro ormai ora di pranzo quando lui rientrò. Io feci finta di nulla e rimasi china sullo scatolone, ormai mi rimanevano poche cose da sistemare.

<< Sei ancora lì? >>

Sospirai un paio di volte prima di alzarmi e girarmi a fronteggiarlo.

<< Veramente ho quasi finito. >>

Evitai di dirgli che la colpa era sua se ci avevo messo così tanto e dell’incredibile confusione che regnava in quel laboratorio, ma ero molto tentata di farlo.

<< Bene… andiamo a mangiare, poi Lorenzo ti accompagnerà a Firenze. Oggi comincerai i corsi. >>

Annuì contenta di non ritornare a lavorare per lui di pomeriggio. Finalmente sarei andata a Firenze per fare ciò che dovevo.

Uscimmo insieme e ci avviammo verso casa.

<< Hai sistemato l’agenda? >> chiese autoritario.

<< Certo. L’ho messa nel terzo cassetto, mentre quella vecchia è ancora sulla scrivania, perché non sapevo cosa volessi farci. >>

<< Bene. >> disse solamente.

Non parlammo più ed entrammo in casa diretti verso la cucina. Un delizioso profumo mi fece venire l’acquolina in bocca, così dopo aver salutato Giulia che stava mettendo della pasta nei piatti e Lorenzo che era già seduto a tavola, mi sedetti, subito seguita da Alessandro.

Allungai una mano verso la bottiglia d’acqua ma incontrai un'altra mano nel percorso. Per qualche attimo sia io che Alessandro ci guardammo in silenzio e io potei risentire quella strana scossa elettrica che quasi m’immobilizzava la mano.

<< Scusa. >> mormorai, ritraendo la mano.

Lui non disse nulla ma dopo essersi versato l’acqua nel bicchiere, la riversò anche le mio prima di riporre la bottiglia sul tavolo.

Lo trovai un gesto gentile, forse il primo da parte sua.

Bevvi appena qualche sorso d’acqua sotto il suo sguardo, all’improvviso insistente. Per fortuna Giulia spezzò quel momento di imbarazzo portando dei piatti fumanti di pasta con il sugo.
Lorenzo impegnò Alessandro in una discussione sui cavalli che gli erano stati portati, mentre anche Giulia si sedeva accanto a me con un sorriso.

Sospirai e mangiai più tranquilla quel piatto buonissimo.

<< Mi farai ingrassare di sicuro. >> dissi ridendo a Giulia, quando si alzò per portare via il mio piatto.

<< Sei così magra tesoro, che non sarebbe un male, vero Alessandro? >>

Lui guardò prima me, poi Giulia e poi di nuovo me.

<< Uhm – Uhm >> mugugnò solamente.

<< Com’è andata la giornata di oggi? >> chiese a nessuno in particolare.

<< Direi bene. >> dissi per spezzare il silenzio assordante seguito a quella domanda.

<< Come al solito. >> rispose invece Alessandro, appoggiandosi allo schienale della sedia.

<< Non avrai fatto stancare la povera Elisabeth, vero? >> dissi gioviale Giulia, portando il caffè con le tazzine a tavola.

<< Ti ho fatto stancare? >> chiese lui con una strana smorfia che sembrava essere un mezzo sorriso.

<< Ho avuto di peggio. >> dissi senza pensare.

<< Molto bene, perché da domani ti stancherò di più. >> concluse ironico, inarcando un

sopracciglio.

Non risposi e sbuffai, voltando il viso verso il giardino al di là della porta finestra che avevo al lato.

<< Adesso torno al lavoro, i cavalli mi aspettano. Giulia magnifica come sempre, Lorenzo mi raccomando sta attento alla ragazzina e tu… >> disse fermandosi accanto a me, osservandomi attentamente.

Lo guardai anch’io e il mio cuore fece una strana capriola…

Stava con le mani nelle tasche dei Jeans, aveva il colletto della maglietta messo male e una leggera barba sul viso.

<< Tu fa la brava, Elisabeth. >> disse con voce bassa e roca.

Uscì direttamente dalla porta finestra e io sospirai cercando di riportare i battiti del mio cuore ad un ritmo normale. Perché diavolo mi faceva quell’effetto?

<< Vado anch’ io, belle donzelle. >>

Sorrisi dell’ultima parola, che immaginai ancora essere italiana. Aveva uno strano suono!

Lorenzo diede un bacio sui capelli della moglie e i due si guardarono amorevolmente per qualche attimo, facendo intuire come tra di loro ci fosse ancora una grande complicità e un grande amore.

Chissà se anch’io un giorno mi sarei ritrovata alla loro età con un amore così bello.

<< Tesoro va pure a riposarti se vuoi. Hai un ora circa, poi Lorenzo ti accompagnerà ai tuoi corsi. >>

Sorrisi a Giulia e annuii. Salii in camera mia e mi distesi sul letto per qualche attimo. Di nuovo quella fotografia mi tornò in mente… avrei mai scoperto chi era quella donna?

Chiusi gli occhi per qualche minuto e poi andai in bagno per darmi una sistemata e truccarmi un po’, dato che quella mattina non avevo neppure avuto il tempo di farlo.

Scesi di nuovo giù e corsi fuori per raggiungere la mia cavalla. Era ancora dentro il suo box e Lorenzo gli stava dando da mangiare.

<< Elisabeth! Vuoi farla uscire un po’? >> mi schiacciò l’occhio e io sorrisi felice.

Lorenzo aprì il box e con un po’ d’emozione afferrai le briglie della cavalla e lentamente la portai fuori. Non avevo mai fatto nulla del genere ma mi piaceva!

Lorenzo mi stava accanto per sicurezza e lo ringraziai con lo sguardo.

<< Devi darle un nome! >>

<< Hai ragione, Lorenzo, ma non so quale dargli. >>

<< Di solito si mettono ai cavalli nomi particolari, come quelli elfici o legati a delle divinità mitologiche. >>

In effetti ci avevo pensato ma non mi era ancora venuto nulla. La osservai bene e ammirai il suo manto marrone scuro, tendente al rossiccio, così come la criniera che sotto i deboli raggi di sole riluceva di riflessi quasi rossi.

<< Ci sono! Posso chiamarla Fiamma! >>

<< Bel nome! Gliel’hai dato in riferimento al colore del suo manto? >>

Annuii con energia, felice di aver dato finalmente un nome a quella bellissima cavalla.

<< Elisabeth, ora dobbiamo andare, se torniamo presto te la faccio montare. >>

Annuii con un sorriso e poi Lorenzo tornò indietro e legò Fiamma in un asse apposito poco lontano dalla stalla.

<< Invece che chiuderla direttamente nel box, sta un po’ fuori. Stamattina non era ancora uscita. >> mi disse Lorenzo quando tornò da me.

Mi sentii in colpa, dovevo imparare ad occuparmene io, ma Alessandro non mi aveva dato nessuno spazio.

Lorenzo mi portò a Firenze e si inoltrò lungo le strade del centro. Il viaggio con lui fu molto più piacevole, ridemmo e scherzammo con tranquillità fin quando non si fermò davanti a una struttura che a prima vista mi sembrava una scuola.

<< Siamo arrivati! Ti basterà entrare e chiedere in segreteria dove si trova la tua aula. Sanno già chi

sei e molti parlano l’inglese così come l’insegnate che ti insegnerà l’italiano. Sarò qui tra due ore, quando uscirai. >>

Mi sorrise con calore e per un attimo mi ricordò mio nonno. Gli detti un bacio sulla guancia facendolo sorridere di stupore e con un sorriso scesi dalla macchina e mi avviai in quella scuola.

Prima di entrare sospirai profondamente. Si comincia!

Trovai subito la segreteria, perché era la seconda porta a destra subito dopo l’entrata. Le targhette dietro la porta erano sia in italiano che in inglese, quindi non ebbi problemi. Vidi molti ragazzi e ragazze che facevano avanti e indietro per il lungo corridoio, in cui stavo camminando, altri invece erano seduti su dei divani, posti qua e là nel corridoio.

Bussai alla porta della segreteria e poi entrai. C’erano due scrivanie poste ai lati della stanza, una grande pianta vicino a una piantana, un divano su cui era seduto un signore che stava scrivendo qualcosa sulla sua agenda e una piccola libreria stracolma di varie cartelle e documenti.

Dietro le due scrivanie c’erano una ragazza piuttosto giovane, con capelli e occhi scuri che mi guardò con un sorriso e tratteneva una penna in mano, rigirandola tra le dita e nell’altra una signora di quarant’anni circa che con i suoi occhiali calati sul naso e l’aria austera consultava il pc fisso che aveva vicino. Non sembrava neppure essersi accorta della mia presenza, così mi avvicinai alla ragazza che ancora mi guardava.

<< Salve, sono Elisabeth Wilson. Devo frequentare il corso d’italiano. >>

Lei mi capii subito, per fortuna e dopo aver preso una cartelletta verde con dentro alcuni fogli mi sorrise di nuovo.

<< Ti aspettavamo, Elisabeth. Sei nell’aula numero due, con il professore Giulio Salvemini. >>

M’indicò l’uomo seduto sul divano, che avevo visto all’entrata. Nel sentirsi nominare quest’ultimo alzò lo sguardo e mi sorrise debolmente.

<< Bene, piacere di conoscerti Elisabeth. Il programma è già cominciato da un paio di settimane, ma ti lascerò il tempo per recuperare.>>

Oh, questo non lo sapevo. Quindi già dovevo recuperare qualcosa del programma. Sperai davvero di riuscirci velocemente perché non volevo rimanere indietro rispetto agli altri.

<< Andiamo insieme, la lezione sta per cominciare. >>

La segretaria mi salutò con una mano mentre uscivo con il professore. Percorremmo ancora quel corridoio e incrociai gli sguardi di altri ragazzi, fin quando non entrammo in un aula, poco lontana dalla segreteria.

Notai che era già piena di ragazzi e ragazze di varie età, ma non andavano più avanti dei vent’anni.

Non appena videro il professore si sedettero tutti ai propri posti e io mi sentii a disagio sotto ai loro sguardi curiosi. Naturalmente si conoscevano tutti quindi le cose per me sarebbero state un po’ più difficili.

<< Buon pomeriggio ragazzi. >> disse in italiano, per poi posare la sua ventiquattrore sulla cattedra.

<< Questa è la nuova alunna. Si chiama Elisabeth Wilson, ha sedici anni e viene da Atlanta. >> continuò stavolta in inglese

<< E’ indietro rispetto a voi, perché sta cominciando adesso per la prima volta a studiare l’italiano, quindi qualcuno di voi magari sarà così gentile da prestargli i suoi appunti e a darle qualche aiuto. >>

Tutti mi osservavano e alcuni parlavano tra loro, indicandomi spesso. Sospirai e quando il professore mi disse di sedermi notai che l’unico posto libero, era in un banco posto nella fila di destra, vicino alla finestra. C’era un ragazzo seduto che mi fece cenno di sedermi lì. Così feci e una volta seduta il professore prese a scrivere delle cose alla lavagna.

<< Ciao. >>

<< Ciao >> ricambiai con un sorriso.

<< Mi chiamo Anthony e vengo da Los Angeles. >>

Sorrisi di nuovo e lo osservai con più attenzione. Aveva i capelli castano chiaro, così come gli occhi ma era molto carino.

<< Piacere di conoscerti Anthony! >>

<< Se vuoi al termine della lezione posso darti i miei appunti. >>

<< Grazie mille >> dissi sollevata.

Il professore richiamò la nostra attenzione e io mi concentrai subito sulle sue parole. All’iniziò mi sembrò tutto molto difficile ma mi feci coraggio. Infondo era ciò che più desideravo imparare l’italiano e poter studiare lì.

<< Sta tranquilla, ti aiuterò io. >> mi sussurrò in un orecchio Anthony e io dopo avergli rivolto un sorriso radioso mi interessai del tutto alla lezione.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Stella Di Mezzanotte