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Autore: lady hawke    20/04/2011    2 recensioni
Il principe Azzurro è partito mesi fa alla ricerca del castello dove lo attende la principessa Fiona. Non ha una mappa però, nè un'indicazione, e perciò è destinato a perdersi. Che potrebbe accadere se si infilasse nella torre sbagliata?
Cross-over con Shrek a causa della presenza di Azzurro
Vincitrice del contest Rapunzel indetto da Writers Arena
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note:mmm... niente da dichiarare alla fine. Mi va di dire solo che mi ha divertito l'idea di affibbiare Azzurro di Shrek. Grazie alla Disney che ha creato questo film e a Liz per aver ideato il contest su Writers Arena
Buona lettura ^^


Quando Fata Madrina, sua madre, gli aveva spiegato in che consisteva la sua missione, aveva considerato il compito non troppo difficile. Del resto lui era un principe, uno dei migliori su piazza a dirla tutta, perciò che ci poteva essere di complicato? Doveva solo raggiungere un castello mezzo diroccato in una landa desolata, attraversare un fiume di lava bollente camminando su un esile ponticello di legno, combattere contro un drago feroce e letale, scalare una migliaio di scale, raggiungere la camera più remota della torre più alta e salvare la principessa Fiona. Robetta, insomma.
Così almeno aveva sempre considerato la questione; veniva molto utile per vantarsi con le altre principesse di Molto Molto Lontano, tutte in attesa del loro principe specifico. Raperonzolo poi, piccola smorfiosa che non era altro, semplicemente lo adorava. Ecco che in quel momento, mentre vagava disperso, la compagnia di un’amica gli avrebbe fatto comodo.
Erano settimane che cavalcava per dei boschi, senza avere la più pallida idea di dove stesse andando. Nessuno, nessuno si era sprecato a segnalargli nemmeno una vaga direzione: che doveva fare, battere palmo a palmo tutti i regni del mondo? Gloria a parte e principessa che lo aspettava, tutto ciò non era divertente. Dormiva all’aperto, doveva procurarsi il cibo perché le taverne erano scarse, veniva punto dagli insetti e i suoi capelli erano secchi come stoppa. Buon dio, e l’acqua dei fiumi era così gelida! Pura e cristallina fino a stare male, gli venivano i geloni ogni volta che ci si immergeva; si sarebbe ridotto a poco più che un boscaiolo in poco tempo, e la cosa non gli piaceva per niente. Si passò una mano sulla fronte sudata: il sole picchiava forte e doveva essere quasi mezzogiorno; gli sarebbe piaciuto fermarsi da qualche parte a riposare, ma la ruvida corteccia degli alberi non faceva per la sua schiena. Avrebbe pagato oro per un guanciale degno di questo nome.
Avrebbe anche potuto tornarsene a casa, rifocillarsi per quattro o cinque mesi e ripartire alla ventura; sua madre non avrebbe approvato di certo, però. Non aveva poi tutti i torti, allungare così l’impresa sarebbe stato inutile, e Arthur, il suo destriero, avrebbe potuto rifiutarsi di rimettersi in cammino. Vagò ancora per qualche metro e si fermò in una radura soleggiata. Un posto isolato, tranquillo ed idilliaco. Semplicemente perfetto. Solo alberi tutt’intorno e una curiosa siepe d’edera, come se fosse una tenda. Sulle prime Azzurro pensò che ricoprissero una roccia, ma qualcosa si intravedeva attraverso: spronò Arthur e attraversò il Sipario d’Edera, come l’aveva già ribattezzato. Nella noia, trovava un utile passatempo dare un nuovo, più giusto nome ai luoghi.
Quello che vide lo lasciò senza fiato: una valle chiusa e splendida. Un ruscelletto, una cascata altissima e, al centro, una torre solitaria e svettante.

***


Rapunzel aveva finito le faccende, come ogni mattina: per quanto ampia la sua stanza non era infinita. Si stava annoiando a morte e, per passare il tempo, si stava spazzolando i capelli assistita dal fido Pascal, che le indicava le ciocche che le capitava di dimenticare. Sua madre era lontana, e lo sarebbe rimasta per altri due giorni: aveva dovuto supplicarla per avere di nuovo del colore bianco. Certo, ora non aveva nessuno che le tenesse compagnia a parte il suo camaleonte ma, magari per ingannare l’attesa, avrebbe potuto calarsi coi capelli fino all’erba, sfiorarla un po’, e risalire, senza che nessuno dovesse per forza venirlo a sapere.
Abbandonò la spazzola e si diresse alla finestra, per affacciarsi e pensare a come tentare la quasi fuga perfetta, quando vide un cavaliere nella radura: trasalì e si nascose.
Nessuno, nessuno mai aveva messo piede lì tranne sua madre. Si affacciò di nuovo piano piano, sperando di non essere scorta. Il cavaliere sembrava sorpreso quanto lei; lo poteva vedere guardarsi intorno con aria perplessa.
- Come ha fatto a trovarci? – sussurrò Rapunzel a Pascal, mimetizzato con il legno del davanzale. L’animaletto alzò le spalle: viveva da recluso pure lui, non poteva certo saperne più della sua padrona.
Rimasero entrambi fermi e il più mimetizzati possibile; che il cavaliere facesse la sua prima mossa.
Azzurro era ancora preso a guardarsi intorno, stupito. Che fosse il castello dov’era rinchiusa la principessa Fiona? Eppure era tutto molto diverso rispetto a quanto era stato descritto. Non c’era nessun castello, tanto per cominciare, ma solo una torre sbilenca e altissima; niente lava incandescente, niente draghi ammazza-uomini. A dirla tutta quel posto pareva proprio un Paradiso Terrestre. Spronò Arthur e si avvicinò alla costruzione piano piano. Certo, non era quello che si aspettava, ma se questo era il luogo dove si sarebbe compiuto il suo destino non avrebbe protestato. Arrivato a due metri dalla torre stessa smontò dalla sua cavalcatura, e lasciò Arthur a brucare l’erba liberamente. Si grattò la testa, dubbioso. Niente draghi, sicuro, ma come salire fin lassù? Aveva una spada, una signora spada, ma non poteva di certo sbeccarla per fare delle fessure tra quei vecchi mattoni, no?
- Pensa, Azzurro, pensa… che volevi fare per superare il ponte?
Di colpo si ricordò: supponendo che il ponte difficilmente avrebbe retto il peso suo e di Arthur, aveva portato con sé funi, frecce e ganci di ferro per potersi attaccare a mura solide e prepararsi autonomamente un ponte di corde più sicuro.
Accidenti a lui, non aveva con sé i guanti di pelle che gli avrebbero di certo evitato vesciche alle mani, ma ormai era lì, e tanto valeva provare. Sbuffò e si mise a trafficare con le bisacce che aveva accanto alla sella.
Aveva intravisto una finestra, lassù in alto, perciò prese l’uncino che portava con sé a cui legò un lungo pezzo di corda, prese la mira e puntò al davanzale. Fece un lancio quasi perfetto, ma mancò di poco il legno del davanzale; l’uncino tornò giù pesantemente, e per poco non lo colpì alla testa.
- Per il mantello di Cappuccetto Rosso! – esclamò scocciato.
Tentò di nuovo un paio di volte, senza successo.
Nella torre, intanto, Rapunzel era pietrificata. Che diavolo voleva quel tipo da lei? Aveva quasi squarciato Pascal, che si era rifugiato sulla sua spalla, trafelato e spaventato a morte.
Quando al terzo tentativo l’uncino si incagliò nel legno, lei si precipitò per sfilarlo. Azzurro però aveva, per sua sfortuna, fatto un lancio perfetto, e poteva sentire i suoi rantolii di fatica mentre si arrampicava lentamente, lamentandosi molto più di sua madre, quando scalava la parete con l’aiuto dei suoi capelli.
Sentì quella voce maschile avvicinarsi sempre di più e, in preda al panico, corse a nascondersi dentro all’armadio. Magari, trovando la torre deserta, il visitatore se ne sarebbe andato. Sbuffando, imprecando, lagnandosi e quant’altro, Azzurro giunse alla finestra, la scavalcò e si introdusse nella stanza.
- Perché diavolo dovevano fare una torre così alta? – disse a voce alta, tirando su la corda e abbandonandola a terra con un gesto scocciato. – Dunque, la principessa dovrebbe essere… - cominciò a vagare, alla ricerca della camera da letto, dove Fiona riposava in attesa del primo bacio di vero amore.
Azzurro constatò, arricciando il naso con aria piuttosto disgustata, che questi appartamenti non avevano nulla di regale o principesco. Sembrava la casa di una ragazzina, piena di colori alle pareti, giochi sparsi, libri di avventure. A che potevano servire, se la fanciulla giaceva addormentata?
Quasi si ritrovò a calpestare un volume sui viaggi nei mari del Sud e lo scostò con una pedata: non aveva tempo per sciocchezze simili.
Rapunzel, rintanata nell’armadio tra una sciarpa e un abito di lana, tremò per la stizza. Come osava quell’uomo prendere a calci le sue cose? Aprendo un po’ più l’anta del mobile lo vide puntare verso la camera da letto… l’invasione era andata troppo oltre. Sgusciò fuori il più silenziosamente possibile, prese i capelli e li lanciò come se si fosse trattato di un lazo; agguantò Azzurro per le caviglie e lo fece ruzzolare a terra.
- Ma che… - Azzurro fece per protestare, sorpreso. Non capiva nemmeno bene che stesse succedendo. Chi diavolo lo stava trascinando come un salame, e perché un rettile schifoso gli stava camminando sulla testa? Vide gli occhi di Pascal fissarlo malevolo e cacciò un grido che tutto era tranne che maschile.
Rapunzel, sorpresa a sua volta da quell’urlo, mollò la presa e perse l’equilibrio, finendo con il sedere sul pavimento.
- Per il naso di Pinocchio, chi diavolo siete voi? Perché siete sveglia, e perché siete bionda? – tuonò Azzurro non appena vide che la sua pericolosissima avversaria altri non era che una fanciulla più piccola ed esile di lui. Pascal gli zampettava sul petto, minaccioso, e il principe, con un gesto schifato, lo scacciò con una manata.
- Che diavolo ci fate voi nella mia torre! – urlò Rapunzel, di colpo priva di paura. Ecco, non era certa che la torre fosse proprio sua, ma non era il momento di questionare di certe cose con uno sconosciuto.
- Che tono per niente principesco, da parte vostra. – esclamò pomposamente Azzurro, mettendosi in piedi. Quel maledetto pavimento grezzo poteva aver danneggiato il suo completo da viaggio.
- Chi siete? – fece Rapunzel, tentando di sembrare minacciosa. – Se la torre è mia parlo come mi piace!
- Sono il principe Azzurro, venuto in soccorso della principessa Fiona per salvarla, condurla al mio regno e sposarla, naturalmente. Che ne avete fatto? – di colpo Azzurro si rese conto che forse era il caso di dimostrarsi un uomo fatto e finito, come diceva sua madre, e di far valere la sua autorità.
- Non chi so voi siate, né da dove veniate, ma la vostra principessa Fiona non è qui e non c’è mai stata. – Pascal era saltato sulla spalla di Rapunzel, e fissava il principe con puro odio.
- Qual è il vostro nome? Visto che vi ho dato il mio, potete darmi il vostro. – Azzurro fissò quella ragazza dall’aria di bambina, coi piedi scalzi e un vestito lilla. C’era qualcosa di famigliare in lei.
- Rapunzel. – sillabò lei con alterigia. Principe o meno non aveva diritto di avere quel tono con lei.
- Oh, anche una mia amica si chiama Raperonzolo. – commentò Azzurro, vagamente più calmo. Quel nome era sinonimo di monomania per i toupè lunghi metri e metri.
- Rapunzel, ho detto, non Raperonzolo. – ribattè la ragazza, seccata. Era orribile sentir storpiare il suo nome in quel modo.
- E così… ti piacciono le lunghe ciocche bionde… - Azzurro sapeva che non era una mossa adatta ad un nobile. Ma quella ragazzina non era una principessa, non gli tributava il giusto rispetto ed era tremendamente insolente; senza contare che teneva una specie rospo sulla spalla! Afferrò una ciocca di capelli biondissimi e la tirò a sé, era abbastanza vicino per farle cadere tutta quella parruccona. Incredibilmente non accadde niente. Rapunzel, scocciata più che mai, sentì un lieve tirare al capo; agguantò perciò un’altra ciocca della sua lunghissima chioma e avvolse entrambe le braccia del principe, che si trovò, di nuovo, legato come un salame.
- Come solo osate toccare i miei capelli! Li volete per voi, non è vero? Dite la verità, siete qui per questo!
Pascal saltò giù dalla spalla della giovane, attraversò la stanca e tornò su Azzurro. Stavolta lo schiaffeggiò un paio di volte.
- Via da me questo sudicio rospo, non voglio che mi contagi! – urlò Azzurro.
- E’ un camaleonte, e si chiama Pascal. È la mia guardia e la mia compagnia. – replicò la giovane, tirando ancora un po’ i capelli e stringendo la presa sul principe. – Vi riformulerò la domanda: che volete dai miei capelli?
- Io? Nulla! Solo… la mia amica, Raperonzolo, anche lei ha la mania dei capelli lunghi, ma ad otto anni è diventata calva come una zucca, e da allora porta capelli finti lunghissimi per battere la concorrenza delle sue amiche principesse.
Rapunzel inclinò la testa da una parte, e lo osservò con sincera perplessità.
- E perché mai dovrebbe avere venti metri di capelli in testa?
- Perché voi avete venti metri di capelli in testa, invece? – chiese Azzurro. – Inoltre, vi dispiacerebbe liberarmi? Non si confà al mio stato starmene qui così, con questo camaleonte addosso, avvolto in una nuvola bionda.
- Ho i miei motivi, e non vi riguardano. – Rapunzel lasciò di nuovo la presa, e il principe si mise a fregare il suo completo, come a sistemarlo.
- Accidenti, non vorrei che mi si sgualcisse, è il mio migliore completo da viaggio!
Pascal, durante quest’opera di pulizia, era stato ri-scaraventato a terra, e la cosa non gli era piaciuta affatto.
- Ad ogni modo non potrei mai parlare di cose personali di una cara amica come Raperonzolo, per di più di sangue purissimo, di certo più del vostro. – aggiunse rivolto alla ragazza.
Rapunzel scosse la testa, quel tizio era davvero assurdo. Figuriamoci se gliene importava della principessa Raperonzocosa, o di qualunque altra ragazza che Azzurro andava cercando; si era solo stupita a sentire di quella storia.
- Posso almeno domandarvi cosa vi conduce qui? La vostra spiegazione non era chiara, per niente!
- Visto che avete una cucina qui, giovane ragazza, preparatemi un tè. Dopo di che dissiperò le lacune del mio racconto.
- Per chi mi avete preso? Una serva, forse? E non sono una giovane ragazza, sono Rapunzel! – sibilò la giovane.
- Non pretenderete che sia io a rifocillarmi, no? – Azzurro si passò una mano tra i capelli, specchiandosi in una finestra, e Rapunzel giurò a se stessa che gli avrebbe fatto ingoiare tè bollente.
Un’ora dopo seppe vita, morte e miracoli di Azzurro, sua madre, Molto Molto Lontano, le principesse che lo abitavano e infine anche di Fiona e della missione del principe.
- Quindi vi siete perso e siete capitato qui. – concluse la ragazza.
- Ovvio che non mi sono perso. Un principe non si perde mai e compie sempre il suo dovere. – parlava a fatica, il tè che aveva bevuto gli aveva ustionato la lingua, ma l’orgoglio gli aveva impedito di chiedere dell’acqua fresca.
- Qui Fiona non c’è, però.
- Perché nessuno mi ha detto che direzione prendere, d’accordo? – sbottò Azzurro, offeso. – Non ho cartine, mappe, indicazioni, vaticini, niente. Solo il mio perfetto intuito di principe.
Pascal, accanto a lui catturò una mosca con la lingua, e la sgranocchiò giubilante, mentre Azzurro tratteneva un conato di vomito.
- Non così tanto, perfetto… - constatò la ragazza.
- Come potevo pensare che non fosse il posto giusto? Le ragazze non vivono tutte isolate in una torre no? Come fate a scendere se non avete scale?
Ecco, questo Rapunzel se lo sarebbe volentieri evitato; sperava che la boria di Azzurro gli avrebbe impedito di notare le particolarità della sua esistenza.
- Ecco… diciamo che ho una madre un po’ iper-protettiva. Non sono mai uscita. – spiegò, fissandosi i piedi.
Azzurro trovò la cosa curiosa, ma del resto sua madre era una Fata Madrina e la sua promessa, Fiona, era stata rinchiusa più o meno per le stesse ragioni.
- Non mi sorprende, mi sorprende di più che non abbiate nessuna magica creatura come un drago a proteggervi. Sarebbe il minimo, del resto. – commentò con aria di superiorità.
- Pascal vi ha quasi messo al tappeto, un drago vero vi avrebbe fatto stramazzare dopo cinque minuti. – Rapunzel si sentiva acida. Era quasi un’ora che aveva a che fare con quel tipo. Sinceramente, aveva appena pensato che un po’ di compagnia le avrebbe fatto piacere, e invece il pomposo cicalare di quest’uomo le faceva venire il mal di testa. Non si era nemmeno sorpreso a sentire la sua storia…
- Certo, nessun principe è addestrato ad affrontare una creatura schifosa e inutile come un camaleonte. Chi mai penserebbe di incontrarne uno?
- Pascal non è affatto schifoso, ma adorabile! – s’impuntò la ragazza, mentre il piccolo camaleonte diventava tutto rosso per l’emozione di aver ricevuto un complimento.
- Come volete…
- Già. Come voglio! E se avete finito di bere, potreste andare a cercare la vostra principessa perduta.
Azzurro alzò gli occhi al cielo: l’idea di calarsi, riprendere a galoppare per boschi sperduti e tutto il resto non lo entusiasmava affatto. Quella breve pausa, per quanto rozza e disagiata, era stata la cosa più rilassante vissuta da mesi. Non aveva proprio fretta di partire.
- La mia principessa perduta è lontana, e devo prima capire dove si trova prima di riprendere il mio tragitto. – in effetti non aveva senso rimanere a zonzo chissà dove. – Avete dei libri di viaggio, qui con voi?
Rapunzel sbuffò; i cambiamenti d’umore di Azzurro erano peggiori di quelli di sua madre, e se la sua breve vita le aveva insegnato qualcosa era di non svegliare il drago che dorme. – Poche cose in verità, incluso il libro che avete preso a calci ingiustamente. Tutto quello che ho me lo porta mia madre dai suoi viaggi al villaggio.
Lo sguardo della ragazza chiedeva delle scuse per i suoi modi, ma non lo fece. Lui era il migliore principe su piazza, corteggiato e ammirato e lei era una stramba dai capelli lunghi senza alcun valore. La vide afferrargli i volumi che desiderava proprio con quelle ciocche e porgergli poi in modo un po’ burbero.
- Grazie. – sibilò a denti stretti, mettendosi a sfogliare le pagine. Certo, avere un’idea di quale fosse la sua meta l’avrebbe aiutato, ma anche così non era male. Almeno avrebbe compreso in quale posto dimenticato dalle fate fosse finito.
Quel lavoro lo prese a tal punto che a Rapunzel sembrò di essere di nuovo sola nella torre. Si affacciò alla finestra per osservare il tramonto. Il cavallo di Azzurro, Arthur, era ancora laggiù a brucare come un indemoniato, quasi volesse farsi scoppiare la pancia. La ragazza, disabituata ad avere un paesaggio così vivo, rimase a fissarlo per un’ora buona. Si riscosse solo quando fu ormai buio, e dunque chiaro che Azzurro avrebbe passato la notte lì, ma ancora di più la convinse la fame che aveva. Raggiunse la piccola cucina e si mise a preparare il suo piatto preferito: zuppa di nocciole. Era probabile che Azzurro si sarebbe lagnato del menù, ma non era un suo problema.
- Sembra fango. – commentò l’uomo, infatti.
- Potete non mangiarla e tenervi la fame, troverete un sacco di taverne nel bosco, se non vi perderete. – Rapunzel riempì il suo cucchiaio e mangiò di vero gusto.
Azzurro osservò la zuppa con aria perplessa e quando la mise in bocca la sua espressione non migliorò di molto. Era mangiabile, ma talmente rozza!
La notte era calata nella torre, ma le candele, il grande specchio che rifletteva la luce e le pitture chiare sui muri rendevano l’ambiente tutt’altro che lugubre.
- Dovrete trovarmi un buon giaciglio. – disse Azzurro, occhieggiando il letto della giovane sul soppalco.
- In vita mia non ho mai dormito altrove che nel mio letto, e così sarà anche stasera. – lo bloccò la ragazza. Agguantò una coperta fatta da lei e un vecchio cuscino con i suoi capelli prodigiosi e glieli tirò in faccia.
- Impossibile. – Azzurro prese una ciocca di capelli e la tenne saldamente ferma. – Dove dovrei riposare?
- Sul tappeto, ovviamente. – fece Rapunzel.
- Sono un principe, io!
- Un principe che assalta le case altrui e non si scusa di questo. Il mio è l’unico letto disponibile in questa casa, e non me ne priverò per nessun tesoro al mondo! – disse ad alta voce, liberando i suoi capelli dalla presa del principe.
- Buonanotte. – aggiunse poi, trionfante. Salì di sopra e chiuse la porticina. Pascal gli fece una linguaccia dalla spalla della ragazza.
- Non me ne va giusta una. – sussurrò con voce incrinata. Sbattè a terra il cuscino e si sedette a gambe incrociate. Sfilò gli stivali lanciandoli per la stanza, sbuffando come un bambino capriccioso. – Maledetta mocciosa insulsa! Che modo è questo: io, Azzurro, figlio di fata Madrina, destinato a grandi cose dormire qui!
Quasi rimpianse le notti passate all’adiaccio, che avevano almeno un fascino romantico, rispetto a questo. Si sentiva un patetico rozzo contadino che non ha il denaro per avere un letto vero. Il pavimento era di una scomodità inaudita, lo capì non appena si stese. Il legno scricchiolava e il cuscino era duro. Lo attendeva una notte d’inferno.
- Accidenti a me…
- Silenzio, voglio dormire! – strillò Rapunzel dalla sua stanza.
Il mattino seguente fu possibilmente peggio. Si svegliò con la soave voce della ragazzetta che apriva le imposte e canticchiava sistemando cose a caso qua e là; quasi lo scavalcò per sistemare una diavoleria qualunque.
- Speravo sareste scomparso nella notte come un brutto sogno. – fece la ragazzina, maneggiando la padella della colazione come se fosse stata un’arma.
Azzurro si tirò su a sedere provando la sensazione di essere stato masticato da un animale sdentato. – Non mi dovreste trattare così, sono il primo essere senziente con cui avete a che fare, colui che potrebbe portarvi all’aperto se solo lo voleste.
La giovane si bloccò: - Fuori? – chiese, titubante.
- Fuori, certamente. – insistè Azzurro, deciso a farle pagare la sua nottataccia. – Il mio charme convincerebbe vostra madre ad affidarmi a voi, e voi cavalchereste di avventura e avventura fino ad un fantastico lieto fine. Se vi volessi con me, ovvio.
- Niente convincerebbe mia madre. – mormorò la giovane a bassa voce. – Ma di certo con me forse trovereste la vostra Fiona!
- Per quello mi basterà controllare meglio i vostri volumi. – si alzò e ne agguantò uno. Pascal, che sonnecchiava sulla copertina, venne scaraventato sul tavolo. – Magari la colazione oggi sarà migliore… - aggiunse, osservando la ragazzina cucinare per due. In fin dei conti, dovette ammettere, la sbobba era migliore, ma forse era stato lui ad abbassarsi a quei penosi standard.
Rapunzel continuava a non capacitarsi della follia di quel giorno e mezzo e, finito di mangiare, si mise semplicemente a fare le sue faccende canticchiando e ignorandolo. Arthur, laggiù sul prato, ormai credeva di essere un cavallo libero.
A mezzogiorno Azzurro si disse pronto a partire.
- Rapunzel, potrei davvero portarvi con me, se non fosse per i vostri capelli. Quelli di Raperonzolo si piegano facilmente in una bisaccia, ma i vostri, i vostri andrebbero tagliati… La ragazza indietreggiò improvvisamente, come se avesse detto qualcosa di terribile.
- Avreste delle provviste per me? – chiese poi, sperando di guadagnarci qualcosa.
- Zuppa di nocciole fino alla nausea. – rispose la giovane, incrociando le braccia. – Dove andrete, allora?
- Oh, verso una zona desertica, il castello di Fiona sta vicino a un vulcano nel nulla, a quanto so. – fece l’uomo, distratto, mentre si sistemava i capelli davanti al grande specchio. – Perfetto. – disse poi alla fine. – Se solo ci fosse un modo per non scompigliarli a scendere! – aggiunse, in modo melodrammatico.
- Potreste tagliarli. – fece la ragazza, livida. Che accidenti importava ora dei suoi, di capelli? Non avevano niente di straordinario, Azzurro aveva dei banali capelli biondicci. Tutto questo circo e ora via, con la torre nel caos e Pascal sull’orlo di un attacco di nervi?
- Giammai. – Azzurro ebbe un brivido. – In ogni caso, addio, fanciulla, l’ora è tarda e debbo partire. La mia fama vi giungerà quando avrò salvato la mia principessa che mi attende trepidante.
- Avevate detto che era dormiente…
- Dorme trepidamente! – Non era elegante dire che Fiona lo attendeva russando, un principe doveva migliorare la realtà, no?
- Addio Rapunzel! – con gesto da attore salì sul davanzale e prese la corda con cui si era arrampicato. L’uncino con cui aveva arpionato il davanzale era già in posizione, visto che non si era preoccupato di disincagliarlo; era sufficiente non farsi prendere da un attacco di vertigini e calarsi.
La ragazza rimase affacciata a guardarlo scendere, provando più volte l’impulso di tagliare la fune. Non aveva niente di utile che potesse aiutarla, perciò rimase lì a fissarlo. Lei e Pascal risero vedendo un Arthur piuttosto recalcitrante cercare di disarcionare il suo cavaliere; si era già abituato a starsene solo, non aveva voglia di tornare ad avere un padrone. Urlando come una femminuccia, alla fine Azzurro lo convinse: si assestò in sella e si accinse ad attraversare il muro d’edera. Rapunzel lo seguì con lo sguardo finchè non scomparve.
Il suo primo incontro con qualcuno che non fosse sua madre Gothel era stato a dir poco surreale. Se tutti gli uomini erano così doveva ammettere che non perdeva nulla di che a non vivere avventure là fuori, come le aveva chiamate il principe. Avrebbe potuto seguirlo davvero, forse, ed avere una compagnia diversa dal solito. Scosse la testa, e si passò una mano sulla fronte. Quel principe, se principe era, l’avrebbe condotta al manicomio prima di subito, e avrebbe finito per odiare lo stare nei boschi, forse.
- Che dici, stasera torna la mamma, ci converrà sistemare qua dentro, prima che sospetti qualcosa. – disse, rivolta a Pascal. Un solo giorno e mezzo con un uomo nella torre e questa era diventata un porcile. Di certo non avrebbe avuto il tempo di annoiarsi per un po’.
  
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