QUESTIONS?
Teddy
amava Natale; era sempre stata la sua festa preferita, sin
da quando era bambino e scartava i regali sotto l’albero di
casa Potter o più
spesso alla Tana. Amava l’odore del pasticcio di carne di
nonna Molly e la
torta di pere di nonna Andromeda e per quanto in dieci anni le cose
cambino, si
sentiva ancora un bambino quando apriva gli occhi il giorno di Natale.
Quell’anno però c’era qualcosa che non
andava, qualcosa di
strano nell’aria, ed era sicuro di non essere
l’unico a sentirsi così, o ameno
lo sperava.
La verità era che si era scoperto innamorato della sua
migliore
amica, Victoire Weasley, e non sapeva proprio cosa fare. Non era sicuro
di
esserne completamente innamorato, però sapeva che quello che
provava per lei
non era solo semplice amicizia. E forse non era mai stata solo
un’amica per
lui, ma gli ci era voluto un po’ di tempo per capirlo.
Ma un giorno, mentre la guardava studiare con la sua piuma tra i
denti, era stato colpito da un’illuminazione. Le sue guancie
erano così rosa, i
suoi capelli così lucidi e le sue labbra così
belle mentre mordeva distrattamente
la sua penna, cercando di concentrarsi, e da allora Teddy non riusciva
a fare
più niente quando c’era lei nella stanza,
balbettava se lei le chiedeva anche
solo di passarle il pane e non riusciva più a parlarle come
faceva prima.
Era così pieno di domande, ma non sapeva a chi chiedere. Sua
nonna no, era una donna dolce e cara, però aveva la
capacità di tenere la bocca
chiusa pari a quella del piccolo James di non fare scherzi. Poteva
dirlo ad
Harry, ma sapeva che il suo padrino non era un gran ché
quando si parlava di
amore, o di sentimenti più in generale. E non gli era
neanche passato per
l’anticamera del cervello di chiedere a Ginny,
perché sapeva che si sarebbe
messa a saltellare in preda all’eccitazione. Era in quei
momenti che pensava
più spesso a quanto sarebbe stato bello avere un padre a cui
chiedere ed una
madre da rendere felice e anche un po’ gelosa; ma appena
questi pensieri gli
sfiorarono la mente li scacciò via, non volendosi rovinare
la giornata con
pensieri malinconici.
Dopo essersi vestito si diresse in cucina, passando dal bagno, e
aprendo la porta vide sua nonna che prendeva il suo solito the mentre
leggeva
la Gazzetta del Profeta.
“Buon Natale!” disse con voce squillante, facendo
sobbalzare sua
nonna.
“Teddy! Caro, ti sembra il modo di spaventare una vecchia
signora di prima mattina?” rispose Andromeda Tonks con il
sorriso sulle labbra.
In realtà adorava le uscite a sorpresa di Ted e le mancava
tutto di lui quando
era a scuola. Era una donna anziana ma amava comunque la compagnia del
nipote
come nessun’altra cosa al mondo. Per fortuna, pensava ogni
tanto, che quello
era l’ultimo anno di Ted ad Hogwarts.
“Donna
anziana? Dove? Io qui non la vedo!”scherzò lui
abbassandosi a darle un bacio
sulla guancia.
“Va bene Ted, come vuoi.”
“È vero nonna. Tu sei giovane
dentro.”disse Teddy, lanciandole
un sorriso smagliante mentre i suoi capelli diventavano di un bel color
bronzo,
il preferito di Andromeda.
“Stai zitto, adulatore. Comunque,
tornando alle cosa serie, sei pronto per andare?” chiese la
nonna alzandosi
dalla sedia e appoggiando la sua tazza nel lavandino.
“Ah. Andiamo già? Io pensavo di fare colazione
prima.”
Non aveva pensato minimamente alla colazione fino a pochi
secondi prima; in realtà Teddy voleva posticipare il
più possibile il suo
arrivo alla Tana, quindi l’incontro con tutti i Potter
– Weasley, quindi il
solito augurio di Buon Natale
con Vicky. Però allo stesso tempo non vedeva l’ora
di arrivare alla Tana e
finalmente rivedere la sua migliore amica, da cui non aveva ricevuto
notizie
dal ritorno da Hogwarts, quattro lunghissimi giorni prima.
“Colazione? Sei matto? Con tutto quello che farà
da mangiare
quella santa donna di Molly Weasley tu pensi anche di fare colazione
prima?”
chiese lei, abbastanza stupita dall’affermazione del nipote,
che rispose con
un’assente scrollata di spalle, mentre il suo sguardo era
ancora fisso per
terra.
“Ted, sei sicuro di stare bene? Di solito non vedi
l’ora di
andare alla Tana, quasi ci andresti in pigiama. Oggi sembri, non lo so,
distante. C’è
qualcosa che devi dirmi?”
Lui alzò di scatto la testa, guardando la nonna fisso negli
occhi. Voleva dirglielo, ma le parole non gli venivano fuori. Si
sentiva uno
stupido con la bocca aperta a mezz’aria, quasi ad aspettare
l’ispirazione
divina, ma non riusciva proprio a trovare le parole adatte.
“No,
niente. Solo molte domande in testa. Non ti preoccupare
nonna.” E
dicendo questo si diresse in salotto, pronto per prendere la metro
povere verso
la Tana.
“Va bene, Ted. Ma lo sai che se vuoi io sono sempre
qui.” Gli
rispose Andromeda con un sorriso, capendo che il nipote non voleva che
si
intromettesse nelle sue questioni. E con questo sparì dalla
sua vista, dopo
aver gridato forte il luogo della sua destinazione.
Cosa doveva fare? Non lo sapeva neanche lui. Magari poteva darsi
malato. No, impossibile, avrebbe dovuto pensarci prima di parlare con
sua
nonna. E poi nessuno avrebbe creduto ad una scusa del genere. Merlino,
quando
aveva sette anni si era presentato al pranzo di Natale con quaranta di
febbre!
Era un Grifondoro, santo Godric, doveva
essere coraggioso e deciso. E poi quanti erano i Potter –
Weasley? Una quarantina? In fondo c’erano veramente poche
possibilità che
potesse scambiare più di un saluto con Vicky.
Già, era altamente improbabile. Altamente improbabile.
E ripetendosi quelle due parole nella testa prese un po’ di
polvere, la lanciò ai suoi piedi, ed in pochi secondi si
ritrovò in
un’affollatissima sala da pranzo. E la prima cosa che vide
furono due stanchi
occhi blu, che Teddy riconobbe subito. Altamente
improbabile le
mutande sporche di Merlino.
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• ?
• ♥ • ?
• ♥
Victorie
Weasley era stanca; il solito entusiasmo che la
prendeva sempre la mattina di Natale era smorzato, o meglio azzerato,
dall’assenza del suo migliore amico. Non l’assenza
fisica, era sicura che
sarebbe arrivato alla Tana in qualche minuto. Non si sarebbe perso il
pranzo di
Natale per niente al mondo o almeno sperava che qualunque cosa gli
fosse preso
negli ultimi tempi non lo avesse cambiato così tanto.
La verità era che Vicky aveva paura di perderlo. Si era
rassegnata da molto tempo al fatto di avere una cotta esorbitante per
il suo
migliore amico, due anni più grande e decisamente
più affascinante di lei. E lo
sapeva per certo, dopo aver sentito le conversazioni di tutte le sue
compagne
di dormitorio, o di qualsiasi altra ragazza Grifondoro che conoscesse
la sua
amicizia con Lupin, commentare il suo aspetto fino allo sfinimento. Se
all’inizio i commenti le davano fastidio, ora non ci faceva
più caso. Non che
nei loro ragionamenti non ci fosse fondamento, però ogni
volta che una
ragazzina faceva un commento su Teddy, il
suo Teddy, le veniva voglia di tirare fuori le unghie e fare
capire a quelle
smorfiose che era lei l’unica che aveva il diritto di stare
al suo fianco. Però
non c’era niente da fare, ed aveva appreso che dieci respiri
profondi e una
scrollata di spalle erano il modo migliore per non lasciarsi
condizionare.
Il bello era che Teddy non si accorgeva neanche dell’effetto
che
suscitava sulle ragazze. Vicky aveva cercato più volte di
dirgli che era
tutt’altro che indifferente al gentil sesso, ma lui se ne
usciva sempre con una
risata e una battuta e non riuscivano mai a finire il discorso. Anche
se la
stessa Victorie conosceva bene il suo fascino; ne era sempre stata
attratta,
sin da quando era una bambina piccola. Non era il fascino canonico del
ragazzo
bello che piace alle ragazze, era qualcosa di più sottile,
che però affascinava
molto di più. Forse era il camminare sempre con le mani
nelle tasche dei pantaloni
e la testa bassa, o come portava quei jeans vecchi e lisi che sua nonna
aveva
cercato di fargli buttare per tanto tempo, o quel suo essere sempre
pensieroso,
quasi tenebroso. Oppure il fatto di cambiare colore di capelli ed occhi
tre
volte al giorno.
Ma quest’ultima qualità non era una delle
preferite di Victorie.
Sapeva che lo faceva solo per mascherare il vero se stesso, il ragazzo
timido
ed introverso, e si sentiva sempre molto felice quando vedeva che con
lei
manteneva sempre il suo colore di capelli naturale, marrone chiaro, e i
suoi
occhi color ambra. Certo, qualcuno poteva pensare che non fossero belli
o
particolari come i capelli blu elettrico, verde prato o rosa fucsia che
vestiva
di solito, ma davano un senso di sincerità e
semplicità che Vicky adorava.
Però il fatto che fosse completamente persa dai i suoi begli
occhi o dalla sua voce bassa e calda non significava che volesse
perderlo come
amica, e, purtroppo, era quello che stava accadendo. Teddy si stava
allontanando, l’aveva capito ormai, ed era da un
po’ di tempo che faceva di
tutto per rassegnarsi al fatto che fosse solo la piccola amica
d’infanzia di
Ted, però non ci riusciva. Erano passati
dall’essere migliori amici a
praticamente sconosciuti nel giro di due giorni ed ora, otto settimane
e mezzo
dopo la prima volta che Teddy l’aveva scaricata con una
scusa, il macigno
all’altezza dello stomaco non sembrava voleva ancora andare
via.
E Vicky si era detta disposta a tutto pur di riavere il suo
amico indietro. Averlo a fianco solo come amico poteva fare un male
cane,
soprattutto ogni volta che lo vedeva parlare con una di quelle ragazze
che
avevano osannato poco prima tutte le sue qualità da lei, ma
poteva sopportarlo.
Tutto, tutto era meglio di non
averlo
al suo fianco, poter ridere delle sue facce buffe e scompigliargli i
capelli
ogni volta che si presentava con un nuovo look.
Si era chiesta molte volte se qualcuno si fosse lasciato
scappare il suo segreto e che lui si fosse allontanato di conseguenza,
ma poi
si ricordava di non averlo detto a nessuno, di non tenere un diario e
di non
essere solita fare monologhi decantando il suo incondizionato amore per
lui
davanti allo specchio, quindi la sua paura scompariva, per poi
ritornare
comunque nei momenti peggiori.
Era questo che pensava Victorie mentre sedeva sul divano della
Tana, circondata da centinaia di zii, zie e altrettanti marmocchi
urlanti,
mentre aspettava con ansia l’arrivo di Ted. Aveva deciso che
gli avrebbe
chiesto cosa non andava, se aveva fatto qualcosa di male e soprattutto
perché
la evitava così. Ogni volta che sentiva il tipico swoosh della metro polvere si girava di
scatto, per vedere un altro
suo zio e consorte con figli al seguito uscire dal camino con montagne
di
regali tra le braccia. Le
faceva male al
collo per quanto velocemente lo muoveva quando si girava a guardare chi
fosse
il nuovo arrivato, ma era più forte di lei, quasi fosse un
riflesso
incondizionato.
Quando finalmente tutta la serie di parenti fu finita, il cuore
le martellava nel petto come non mai. Sapeva che sua madre la stava
guardando
da qualche angolo della casa; aveva più volte chiesto
durante gli ultimi giorni
il motivo del suo umore depresso, ma era sempre riuscita a dribblare
magistralmente le sue domande. Però ora, di fronte alla
prospettiva di vedere
Ted di li a pochi secondi, tutte le barriere che si era creata si
sbriciolavano, ognuna cadeva con un altro battito troppo accelerato del
suo
cuore.
Si sentiva strana, come poche volte prima, e forse era dovuto al
fatto che aveva capito che i suoi sentimenti erano cambiati. Sapere che
cosa
volesse dire vivere veramente senza Teddy Lupin l’aveva
spaventata, ma le aveva
anche fatto capire che forse non era solo una stupida cotta, e forse se
stava
così male per lui un motivo vero c’era.
Swoosh.
Girò la testa così velocemente che per un attimo
la vista le si
fece annebbiata e gli oggetti persero la loro forma naturale ma appena
incontrò
gli inconfondibili occhi ambra di Teddy Lupin, tutto si fece chiaro e
forte. I
rumori erano amplificati, i colori così forti da darle mal
di testa e il sapore
in bocca del sangue che le usciva dal labbro, siccome aveva passato
un’ora a torturarlo
mordicchiandoselo, era nauseabondo. Le braccia le si ricoprirono di
pelle
d’oca, i battiti non accennavano a diminuire e una scarica di
adrenalina la
percorse dagli alluci alle punte dei capelli.
Si alzò traballante, temendo per un attimo che le gambe non
avrebbero retto, e si avvicinò ai due ospiti appena
arrivati, siccome nessuno
si era accorto della loro venuta. La prima che le si parò
davanti era Andromeda
Tonks, bellissima come sempre. Dimostrava dieci anni meno di quelli che
in realtà
aveva nel suo vestito scuro e nei bellissimi capelli, lunghi e grigi,
legati in
una crocchia morbida.
“Buongiorno Andromeda.” Disse Victoire sorridendo
educatamente.
“Oh, Victoire cara! Sei più splendida ogni giorno
che passa. Come va la
scuola, tesoro?” Mentre Andromeda parlava, Teddy, al suo
fianco, continuava a
lanciarle occhiate strane, a metà tra il dubbioso e il
sorpreso.
“Benissimo, grazie.” Rispose con un altro sorriso.
Le piaceva
moltissimo la nonna di Ted, sempre dolce, gentile e mai impicciona,
qualità in
cui la sua famiglia decisamente difettava.
“Oh Molly, cercavo proprio te!” disse poi,
spostando lo sguardo
dietro le spalle della ragazza “Scusami Victoire, ma ho
promesso a tua nonna
che l’avrei aiutata a cucinare, e mantengo sempre le mie
promesse. Ti lascio
nelle mani del mio adorato nipote. Trattamelo bene che negli ultimi
giorno l’ho
visto un po’ giù di morale.”
E con questo la donna scomparse in cucina, lasciando
un’imbarazzata Victoire e un’ancora più
imbarazzato Teddy, i cui capelli
tendevano ad un’intensa sfumatura di rosso.
Quando lui spostò gli occhi lontano dai suoi, Vicky si
sentì
morire. Era come se all’improvviso qualcuno avesse preso a
martellate la sua
cassa toracica, cercando di arrivare al suo cuore, che sprofondava
sempre di
più, e per darsi un effimero senso di sollievo si
portò le braccia a
circondarle il busto, cercando di non mettersi a piangere.
Odiava quel silenzio. Era imbarazzato, imbarazzante e non loro. Loro non riuscivano mai a stare
zitti quando erano insieme, e le pause tra un discorso e
l’atro erano rilassate
e belle, completamente diverse da quella che stavano vivendo.
Prendendo un respiro profondo, Victorie si decise a rompere il
ghiaccio. Sperò che non si accorgesse delle lacrime che le
riempivano gli occhi
e fece un sorriso debole, decisamente troppo debole per sembrare un
vero
sorriso.
“Buon Natale.”
Non capiva quello che stava succedendo, ma pochi secondi dopo
incontrò di nuovo gli occhi di Teddy, pieni di dolore, e si
ritrovò
improvvisamente tra le sue braccia, mentre il suo viso era a contatto
con il
suo maglioncino. Le braccia di Teddy le tenevano stretta, e tutta la
tristezza
si dissolse in un attimo. Le sue braccia, che teneva ancora legate al
proprio
corpo, circondarono il petto di Teddy, e sentì il volto del
ragazzo abbassarsi
fino a sfiorarle il collo, immergendosi nei suoi capelli. Victorie
respirava a
pieni polmoni l’odore di Ted che profumava perennemente di
cioccolato perché teneva
sempre una tavoletta nella tasca dei pantaloni, e Victoire si
ricordò di tutte
le volte in cui lui aveva diviso la sua tavoletta e l’avevano
mangiata insieme,
parlando di tutto e di niente. Teddy la strinse ancora di
più, e a Vicky mancò
il respiro. Sentiva le mani di lui sulla schiena e il suo respiro sul
collo, e
tutto il suo corpo era teso, febbricitante, ma allo stesso tempo era
rilassata
come non mai.
“Vicky… ” Quando sentì
pronunciare il suo nome dalla sua voce
bassa e calma avrebbe potuto giurare di aver sentito il suo cuore
fermarsi per
qualche secondo. Era così bello, si sentiva così
bene tra quelle braccia che
avrebbe potuto starci per sempre. Era tutto quello che desiderava in
quel
momento, e sembrava che neanche Teddy volesse muovere un muscolo.
Ma le loro intenzioni non furono minimamente prese in considerazione
da un bambino di dieci anni, con ribelli capelli neri ed un sorriso
enorme sul
viso tondo ed infantile.
“Teddyyyyyyy!”
Victoire e Teddy fecero in tempo a staccarsi di pochi centimetri
prima che il piccolo James Potter saltasse in braccio a Ted,
aggrappandosi a
lui in un abbraccio stritolante, costringendolo ad andare ad aprire i
regali
insieme.
Prima di lasciarla, Teddy lanciò un ultimo sguardo a
Victoire,
che però si era già girata e stava salendo le
scale due gradini alla volta.
Quando finalmente si ritrovò nel corridoio del primo piano,
nelle orecchie aveva l’eco delle conversazione che si
svolgevano di sotto e nel
naso il profumo di cioccolato di Teddy. Si appoggiò con la
testa al muro, per
scivolare poi di schiena, e dopo qualche secondo si ritrovò
per terra, le gambe
rannicchiate tra le braccia, e la testa appoggiata al muro. Ad occhi
chiusi
ripensava a quello che era successo pochi attimi prima, e si chiedeva
febbrilmente che cosa potesse significare. Perché reagiva
così? Che cosa teneva
lontano Teddy, per poi farlo comportare così stranamente?
Che fosse veramente innamorata? E
poi cosa voleva dire in
realtà essere innamorati?
Con questi pensieri si rialzò dal pavimento, fece dei
respiri
profondi e scese in sala facendo ogni gradino con lentezza e precisione
stancante.
Il suo sguardo perlustrò tutta la stanza, fino a trovarlo
seduto
per terra, circondato da una decina di bambini che cercavano di
atterrarlo, tra
l’altro riuscendoci benissimo. Era uno spettacolo
divertentissimo e Vicky si
disse che, anche se non riusciva a capire che cosa sentisse per lui,
nulla le
proibiva di guardarlo ancora un po’.
♥
• ?
• ♥ • ?
• ♥
Teddy
aveva passato il pranzo di Natale in mezzo ai bambini. Non
gli dispiaceva, stare con i piccoli era uno dei suoi passatempi
preferiti; i suoi
preferiti erano James, Al e la piccola Lily, di rispettivamente dieci,
nove e
sette anni, ma non l’avrebbe detto a nessuno. Erano
così dolci, e con loro si
sentiva veramente in famiglia. Per qualche attimo riuscì
anche ad accantonare
il pensiero di Vicky e di quello che aveva provato mentre
l’abbracciava. Non
sapeva cosa l’aveva spinto a fare quel gesto, ma vedere la
sua piccola migliore
amica con le lacrime agli occhi lo aveva decisamente colpito.
La trovava sempre bellissima, e, anche se si vedeva che non era
in forma, era comunque uno spettacolo per gli occhi. Era vestita con un
semplice paio di jeans e un maglione di nonna Molly, con
l’immancabile V sul
petto, ma era comunque stupenda. I capelli le ricadevano sulle spalle
biondi e
lisci come sempre, e gli occhi blu erano grandi ed intensi come se li
ricordava, anche se erano coperti da un paio di occhiali spessi e
assolutamente
indispensabili. Vicky era praticamente quasi cieca e Teddy la prendeva
spesso
in giro per questo motivo. In realtà trovava che quel
particolare la rendesse
decisamente più umana e ancora più bella, non
solo una ragazza bellissima con
sangue 1/8 Veela. Era umanamente bella.
Durante la cena erano seduti lontani, nei lati opposti
dell’immensa tavolata, lei vicino a zio Perce e nonno Arthur
e lui immerso in
centinaia di bambini che continuavano a tirargli i capelli e chiedergli
di fare
il naso da maiale. Li accontentava sempre con molta
felicità, amava quei
bambini, però non riusciva a smettere di lanciare occhiate
alla ragazza.
Sembrava stanca e sovrappensiero, e si chiedeva se fosse lui la
causa del suo malessere, in un misto di felicità e dolore.
Dolore perché non
voleva assolutamente essere la causa della sua tristezza,
felicità perché, se
stava così per lui, voleva dire che lei lo riteneva
importante nella sua vita.
Era un pensiero abbastanza egoistico, Teddy lo sapeva, però
non riusciva a
smettere di sperare.
Era da un po’ che non la vedeva più. Il pranzo era
finito da
un’ora e finalmente tutti i marmocchi stavano facendo il
pisolino pomeridiano.
Teddy era esausto; il fatto che adorasse quei bambini non
significava che non fosse sfinito dopo cinque ore tra fare trecce alle
bambole,
insegnare a James come andare sulla sua scopa giocattolo e scartare
insieme ai
bambini tutti i loro miliardi di regali. Sapete quanti regali riceve un
bambino
solo? Teddy lo sapeva benissimo, ora.
Era passata circa un’ora da quando aveva portato i bambini di
sopra a dormire e in quel momento, mentre scendeva la scale della Tana
per
tornare in salotto,
si chiese dove fosse
finita. Tutti gli adulti erano seduti sul divano o sulle poltrone,
mentre
alcuni, come Ron, Harry e Bill stavano discutendo animatamente di
Quidditch
ancora al tavolo, con le cinture slacciate e i primi bottoni delle
camicie
aperti. Pensò per qualche secondo di rimanere con loro, poi
però decise che
prima sarebbe andato in cucino a bere un bicchiere d’acqua,
poi sarebbe andato
a cercare Victoire. Doveva parlarle, non sapeva neanche lui di cosa, ma
doveva
farlo.
Però quando mise piede in cucina, pensando di trovarla
affollata
da sua nonna e Molly, non vide decisamente quello che si aspettava di
vedere.
Vicky era girata di spalle, con le mani nel lavandino mentre lavava
alla maniera Babbana le stoviglie sporche, con dei guanti gialli che le
ricoprivano le mani e gli avambracci fino ai gomiti e gli spessi
occhiali dalla
montatura improponibile lasciati da qualche parte sul tavolo. Le spalle
le si
muovevano leggermente e i capelli erano legati alla nuca con una
matita.
Teddy non sapeva cosa fare, se andarsene indisturbato o rimanere
lì ancora un po’ aspettando che si accorgesse
della sua presenza. Tutta la
determinazione di dieci secondi prima era scomparsa improvvisamente ed
in quel
momento si sentiva solo un ragazzino ingenuo e stupido. Ma prima che
potesse
prendere una qualsiasi decisione, Victoire si girò verso di
lui con un piatto in
mano, che alla sua vista si schiantò per terra con un sonoro
crack.
“Merlino, Ted!” esclamò Vicky,
portandosi una mano all’altezza
del cuore e poi abbassandosi a raccogliere i cocci del piatto. Lui,
dopo aver
represso una risata alla sua espressione allucinata, si
avvicinò alla ragazza, abbassandosi
alla sua altezza, e tirò fuori la bacchetta dalla tasca
posteriore dei jeans.
“Lascia, faccio io.” Fece un movimento rapido con
la mano ed in
pochi secondi tutti i cocci tornarono al proprio posto, lasciando il
piatto
come nuovo. Teddy e Victoire si alzarono, lei ancora con il piatto in
mano e i
guanti sulle braccia, lui che guardava da qualunque parte che non
fossero i
suoi occhi.
“Così … uhm … stai lavando i
piatti?” Come frase per rompere il
ghiaccio faceva un po’ schifo, pensò Ted, ma
meglio di niente.
“Si, da mezz’ora, circa.” Rispose lei,
non sapendo cosa dire.
“Perché non hai usato la magia? Ci avresti messo
molto meno
tempo.” Chiese, guardandola stranito. Con
un’altro colpo di bacchetta tutte le stoviglie cominciarono a
lavarsi da sole
e, quando erano pulite, si dirigevano volando verso la mensola,
riponendosi
ordinatamente una sopra l’altra.
“Quindici
anni, ricordi? E poi non mi dispiace lavarli a mano, non ho molto altro
da fare
comunque.”
Vicky si tolse i guanti, appoggiandoli con cura vicino al
lavandino ed allontanandosi da lui. Quando si girò di nuovo,
Teddy la stava
fissando e si appoggio con la schiena al mobile della cucina. Lui
intanto non
riusciva a pensare a niente che non fosse il profumo di more della sua
pelle, la
consistenza dei suoi capelli sulla sua guancia quando l’aveva
abbracciata, e
come si era sentito bene con il suo corpo premuto contro il suo. Era
indescrivibile, e in quel momento sentiva il bisogno di rifarlo, di
abbracciarla e di posare le sue labbra su quelle di Vicky, solo per
sentire
cosa si provava. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo fare, ma
sapeva che
lei era solo la sua migliore amica, e che non l’avrebbe mai
visto in una
maniera diversa.
“Ted, mi dici cosa ti sta succedendo? Io non … non capisco. È
successo qualcosa? Ho fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare?
Perché non
riesco proprio a capire cosa sia successo!”
Lui la guardò per un secondo, dondolandosi sui talloni e non
sapendo dove mettere le sue mani; alla fine decise per le tasche dei
jeans.
“Non è come credi, Vicky. Non ti sto evitando
… forse un po’ si,
però non è colpa tua. Veramente. È
solo che ho tutte questa domande in testa, e
non c’è nessuno che può
rispondere.”
“Sei
sicuro? Magari ti posso aiutare. Non so tutto, però ti
conosco abbastanza bene.”
E gli sorrise.
Ted adorava quando Vicky faceva quel sorriso. Era piccolo,
ingenuo e dolce, ma soprattutto bellissimo.
“Non lo so. Io non credo che …”
Merlino, non aveva mai avuto così paura di perderla in tutta
la
sua vita. E se si fosse arrabbiata? Se non avesse più voluto
vederlo? Se non provava
minimamente lo stesso sentimento?
“Ted, per piacere.” Lo interruppe lei con gli occhi
spalancati e
pieni di incertezza “Fidati di me, ti prego. Quali
domande?”
Teddy non riusciva a respirare. Gli sembrava che la temperatura
fosse diminuita di dieci gradi e voleva andarsene. Siccome era inverno,
anche
se erano solo le cinque di pomeriggio la stanza era buia e
l’unica fonte di
illuminazione erano alcune candele sparse per la stanza e quel filo di
luce che
entrava dalla porta dalla cucina lasciata accostata.
Le domande si ammucchiavano una sopra l’altra nella testa di
Teddy, senza senso, e incominciò a farle uscire tutte in un
monologo completo,
non sapendo che altro fare.
“Secondo te Merlino è esistito davvero? Quante
sono le
probabilità che James non diventi un pazzo scatenato che non
fa altro che fare
scherzi di qui a cinque anni? Ti piace l’Artimanzia?,
perché io la odio e non
riesco proprio a ricordarmi che esercizi devo fare per le vacanze. Sai
che
esercizi di Artimanzia devo fare per le vacanze? Credi
nell’esistenza del
paradiso? Io sì, da sempre. Secondo te esiste Atlantide? Hai
mai mangiato la
pizza con l’ananas e il mais? Se non l’hai fatto,
non ci provare, fa schifo.
Quanti anni ha la McGranitt? Io credo che ora dovrebbe avere qualcosa
come
centovent’anni, no? Il capitano del Titanic ha pianto quando
la sua nave è affondata?
Dov’è finit - ”
“Teddy …”
“ –a Amelia Earhart? Cosa tiene le stele nel cielo?
Secondo te
il vero amore è solo una volta nella vita?” Teddy
non riusciva a smettere;
diceva qualsiasi cosa gli passasse per la testa, dalla più
seria alla più
stupida, senza pensarci due volte. E, tra tutte le cose che disse,
riuscì anche
a tirare fuori l’unica cosa che gli interessava davvero.
“Ted, basta!”
“Ti piaccio?”
L’aria nella stanza si congelò, e per un secondo
tutti e due
sembrarono palesemente sorpresi da quella domanda. Ma quando finalmente
Vicky
tornò nel pieno delle sue facoltà mentali, quello
che il ragazzo aveva appena
detto le fu abbastanza chiaro.
“COSA?”
Teddy pensò che ormai la frittata era fatta, Victoire aveva
capito cosa aveva detto e non c’era nessuna ragione di
provare a negarlo.
Quindi racimolando anche l’ultima briciola del suo coraggio
Grifondoro, le
ripeté la domanda, avvicinandosi di qualche passo.
“Ho detto, ti piaccio?”
“Si.” Rispose Vicky, e il cuore di Ted perse un
battito, poi però
lei si affretto ad aggiungere un’altra frase, come se volesse
cancellare quello
che aveva appena detto “Voglio dire, sei il mio migliore
amico, è ovvio che mi
piaci. Sarebbe stupido se non mi piacessi, no?”
Parlava velocemente, senza guardarlo negli occhi, e Teddy in
quelle palesi bugie trovò la forza di andare avanti. Magari
c’era una
possibilità, magari anche lei provava lo stesso sentimento
che provava lui.
“Non intendo in quel modo.” Disse, facendo un passo
in aventi, e
poi ancora un altro. Erano uno di fronte all’altro e Vicky
arretrò di qualche
centimetro, ma fu presto bloccata dal mobile della cucina, pochi
centimetri
dietro di lei.
“In che modo? Perché io non riesco proprio a
capire che cosa stai
cercando di dir – ”
Teddy fece un ultimo passo avanti e rinchiuse Vicky tra il suo
corpo e la cucina, senza possibilità di scampo. Aveva
incontrato i suoi occhi
per pochi secondi e poteva giurare di averci visto lo stesso sentimento
che
lampeggiava così ovvio nei suoi. Per un secondo soltanto
aveva visto gli occhi
di Victoire spaventati ma anche pieni di amore e dolcezza, e non aveva
capito
più niente. Le sue mani si erano spostate sulle sue guance e
si era abbassato
fino a sentire sulle labbra tutto il suo respiro che le usciva dei
polmoni, e
non aveva neanche aspettato mezzo secondo prima di appoggiare le sue
labbra su
quelle di lei.
Non voleva approfondire il bacio, voleva solo che lei
rispondesse. Fino a quel momento era stata immobile come una pietra e
probabilmente aveva anche gli occhi spalancati. Teddy aprì i
suoi per qualche
secondo, cercando di capire cosa fare. Vicky, come aveva pensato lui,
aveva gli
occhi spalancati e fissava i suoi assolutamente shockata.
Ted decise che era tempo di ritirarsi e scomparire dalla sua
vista per i prossimi venticinque anni, e si stava per tirare indietro
quando lei
chiuse gli occhi. Lui si accorse con un moto di soddisfazione che aveva
cominciato a muovere le labbra sulle sue e che gli aveva appoggiato le
mani
sulle spalle. Lasciò una mano sulla sua guancia, con il
pollice aveva
cominciato ad accarezzarle uno zigomo, mentre portò la mano
sinistra alla sua
vita, avvicinandola ancora un po’.
Fu lui a staccarsi per primo, lasciandolo un ultimo bacio sul
naso, anche se tutto il corpo gli diceva di non smettere, di andare
più vicino.
Ma fu lei la prima a parlare, portando le sue mani nei suoi
capelli, marroni come piacevano a lei.
“Ho una cotta per te dal mio primo giorno di scuola. Quando
sono
venuta da te in lacrime perché era tutto così
nuovo e così grande e tu hai
diviso la tua tavoletta di cioccolato con me.”
Lui riprese possesso delle sue labbra, questa volta portano
entrambe le sue mani sulla schiena della ragazza. Si sentiva potente,
innamorato ed amato mentre sotto le sue mani sentiva il corpo di Vicky
tremare,
e la spinse ancora un po’ contro il mobile. Ora Victoire era
completamente a
contatto con il suo corpo, ogni centimetro aderiva alla perfezione, ma
Teddy
voleva di più.
“Grazie” Disse senza sapere cosa dire veramente per
quella
confessione a cuore aperto.
“Prego” Rispose lei sulle sue labbra, lasciandosi
andare ad una
risata liberatoria, e subito il cuore di Teddy si sentì
più leggero.
Le morse il labbro inferiore e lei, senza pensarci due volte,
gli diede libero accesso alla sua bocca. Quello che era un bacetto
innocente si
stava trasformando in un bacio passionale e pieno di aspettativa. Teddy
sentiva
la pelle d’oca sulla nuca, poco sotto a dove lei gli stava
torturando i
capelli. Decise di osare ancora e la sollevò da terra, fino
a farla sedere di
fronte a lui. Le gambe di Vicky si intrecciarono intorno alla sua vita
e lui
posizionò le sue mani sulle sue cosce, spostandole avanti e
indietro dalle
ginocchia al fianco.
Ted pensò che se avesse saputo come ci si sentiva a
pomiciare
con Vicky, ci avrebbe fatto un pensiero molto prima. Si sentiva
così bene e la
bocca di Victoire era così morbida, che tutto il mondo
sembrava scomparire di
fronte a quei due fattori.
Per riprendere aria si spostò sul suo collo, cominciando a
baciarlo e mordicchiarlo dalla spalla fino all’incavo sotto
all’orecchio. Le
mani di Vicky si spostarono sul suo petto e sentì nel suo
orecchio un sospiro
della ragazza, che lo fece ritornare immediatamente alle sue labbra.
Amava la
sua pelle, il suo sapore e la sua consistenza, e non sapeva se avrebbe
potuto
più farne a mento. Le sue mani vagavano sotto alla maglietta
di Vicky e il suo
cervello non dava più segni di vita, ma improvvisamente una
scritta cominciò a lampeggiargli
a lettere cubitali sotto gli occhi.
Troppo
veloce, troppo veloce, troppo veloce.
“Aspetta” disse appoggiando di nuovo la fronte
sulla sua e le
mani sulle sue cosce. Respirava affannosamente e aspettava che la
ragazza
aprisse gli occhi, e quando questa lo fece, si perse un secondo dentro
quel
mare di emozioni.
“Troppo veloce” pronunciò a bassa voce,
sorridendole un po’
imbarazzato.
“Concordo” rispose lei lasciandole un ultimo bacio
all’angolo
della bocca.
♥
• ?
• ♥ • ?
• ♥
Vicky
credeva di essere in paradiso. Non sapeva come fosse possibile provare
tante
emozioni tanto diverse in un lasso di tempo così corto. Non
ci poteva credere,
tutto quello che era successo andava decisamente oltre la sua
capacità di
comprensione. Probabilmente stava sognando, però che sogno. Non avrebbe voluto alzarsi per
niente al mondo. O spostarsi
dalle braccia di Teddy.
E poi, perché avrebbe dovuto farlo? Lui non sembrava avere
alcuna intenzione di volersi spostare, e di sicuro non sarebbe stata
lei a
dirgli di staccarsi, le cadesse il mondo addosso. Il profumo di
cioccolato le
inebriava i sensi e la mano di Teddy ancora appoggiata alla sua gamba
le
sembrava il centro dell’universo.
Guardò Teddy, che continuava a fissarla, e mentre
contemplava i
suoi occhi marroni e caldi, vide un sorriso nascere sulle labbra del
ragazzo.
“Che c’è?” chiese curiosa.
Lui si lasciò andare ad una risata che probabilmente
sentirono
anche gli altri nella stanza accanto, e Vicky provò un forte
senso di felicità
sentendo quel suono.
“Stavo pensando che ho passato gli ultimi due mesi ad
evitarti perché
mi piaci, e io ti piaccio dal primo anno. Mi sento un idiota. Ma
veramente,
primo anno?” Le chiese con un sorriso stupito e sopratutto
divertito.
“Oh, stai zitto, scemo!” rispose lei, tirandogli
uno schiaffo
leggero dietro la testa, che fece ridere Teddy ancora più
forte.
Teddy rise per ancora qualche minuto, sinceramente divertito dal
finto broncio che aveva messo su Vicky, per poi toglierglielo con un
bacio a
fior di labbra, decisamente più dolce e rilassato di quello
di qualche minuto
prima.
Victoire sentiva qualcosa di strano nello stomaco, come se
qualcuno avesse deciso di infilarle qualcosa di grande e decisamente
non
immobile nella sua pancia, e pensò che erano probabilmente
quello che tutti
chiamavano “farfalle”. Non aveva mai sentito una
sensazione così forte prima,
ma d’altronde non era mai stata così vicina a
Teddy Lupin. Era come se tutto il
suo corpo, dalle dita dei piedi alle sopracciglia, sentisse la presenza
del
ragazzo e volesse esprimergliela mandando scariche elettriche da tutte
le parti
del corpo. E, Merlino, se era bello.
“Mi prometti che non mi eviterai più?”
chiese lei con voce
tremante. Aveva capito che era tutto finito, ma poteva succedere di
nuovo che
Teddy decidesse di evitarla per qualche ragione stupida.
Lui le prese le mani nelle sue, e Vicky si sciolse completamente
quando incominciò a massaggiarle il palmo con il pollice.
“Prometto che non ti eviterò
più”
“Bene” disse lei guardandolo negli occhi e
mantenendo un’espressione
seria. Poi però si aprì in un sorriso,
ricordandosi le parole di Teddy di poco
prima.
“Ehi Teddy, non ho risposto a tutte le tue domande.”
Lui le si avvicinò fino a lasciarle un bacio sulla guancia,
mentre le farfalle nello stomaco di Vicky cominciavano un altro round
di ‘chi
sbatte più forte le ali’.
“Non importa, hai risposto all’unica che mi
interessava davvero.”
E ricominciarono a baciarsi.
Whatever happened
to Amelia Earhart?
Who holds the stars up in
the sky?
Is
true love just once in a
lifetime?
Did the captain of the
Titanic cry?
Someday we'll know,
If love can move a mountain,
Someday we'll know,
Why the sky is blue...
Someday
we’ll know – New Radicals
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________A/N:
Allora, se siete
arrivati fino a qui è un miracolo,
comunque mi
piacerebbe sapere cosa ne pensate della mia storia.
Se non si
era capito adoro il fluff♥ (proprio come la
Nutella) e spero
che la mia
versione della coppia Vic/Teddy vi sia piaciuta.
Riconosco che come oneshot sia un pochino
lunga,
però non mi sembrava giusto ne tagliarne dei pezzi
ne dividerla in capitoli perché è nata come
oneshot
e tale deve rimanere. Per quanto riguarda la scena del
bacio,
non ho mai scritto niente del genere, spero sia venuta
almeno decentemente.
Amo le recensione, veramente. Se me ne lasciate anche
solo una
piccina piccino picciò sarò la donna
più felice del
mondo. Davvero.
Gio♥
P.S. non sono ne
J.K. ne tantomeno i New Radicals, quindi non mi appartiene
niente.
E la canzone non centra molto con la ff, però quelle righe
mi hanno
ispirato molto, quindi prendetevela.