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Autore: Cinquemmezzo    20/04/2011    5 recensioni
"Teddy amava Natale; era sempre stata la sua festa preferita, sin da quando era bambino e scartava i regali sotto l’albero di casa Potter o più spesso alla Tana. Amava l’odore del pasticcio di carne di nonna Molly e la torta di pere di nonna Andromeda e per quanto in dieci anni le cose cambino, si sentiva ancora un bambino quando apriva gli occhi il giorno di Natale.
Quell’anno però c’era qualcosa che non andava, qualcosa di strano nell’aria, ed era sicuro di non essere l’unico a sentirsi così, o ameno lo sperava.[...]
Victorie Weasley era stanca; il solito entusiasmo che la prendeva sempre la mattina di Natale era smorzato, o meglio azzerato, dall’assenza del suo migliore amico. Non l’assenza fisica, era sicura che sarebbe arrivato alla Tana in qualche minuto. Non si sarebbe perso il pranzo di Natale per niente al mondo o almeno sperava che qualunque cosa gli fosse preso negli ultimi tempi non lo avesse cambiato così tanto.
La verità era che Vicky aveva paura di perderlo."
Teddy e Victoire come li vedo io. (Fluff. Ma tanto tanto fluff♥)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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QUESTIONS?

 

Teddy amava Natale; era sempre stata la sua festa preferita, sin da quando era bambino e scartava i regali sotto l’albero di casa Potter o più spesso alla Tana. Amava l’odore del pasticcio di carne di nonna Molly e la torta di pere di nonna Andromeda e per quanto in dieci anni le cose cambino, si sentiva ancora un bambino quando apriva gli occhi il giorno di Natale.
Quell’anno però c’era qualcosa che non andava, qualcosa di strano nell’aria, ed era sicuro di non essere l’unico a sentirsi così, o ameno lo sperava.
La verità era che si era scoperto innamorato della sua migliore amica, Victoire Weasley, e non sapeva proprio cosa fare. Non era sicuro di esserne completamente innamorato, però sapeva che quello che provava per lei non era solo semplice amicizia. E forse non era mai stata solo un’amica per lui, ma gli ci era voluto un po’ di tempo per capirlo.
Ma un giorno, mentre la guardava studiare con la sua piuma tra i denti, era stato colpito da un’illuminazione. Le sue guancie erano così rosa, i suoi capelli così lucidi e le sue labbra così belle mentre mordeva distrattamente la sua penna, cercando di concentrarsi, e da allora Teddy non riusciva a fare più niente quando c’era lei nella stanza, balbettava se lei le chiedeva anche solo di passarle il pane e non riusciva più a parlarle come faceva prima.
Era così pieno di domande, ma non sapeva a chi chiedere. Sua nonna no, era una donna dolce e cara, però aveva la capacità di tenere la bocca chiusa pari a quella del piccolo James di non fare scherzi. Poteva dirlo ad Harry, ma sapeva che il suo padrino non era un gran ché quando si parlava di amore, o di sentimenti più in generale. E non gli era neanche passato per l’anticamera del cervello di chiedere a Ginny, perché sapeva che si sarebbe messa a saltellare in preda all’eccitazione. Era in quei momenti che pensava più spesso a quanto sarebbe stato bello avere un padre a cui chiedere ed una madre da rendere felice e anche un po’ gelosa; ma appena questi pensieri gli sfiorarono la mente li scacciò via, non volendosi rovinare la giornata con pensieri malinconici.
Dopo essersi vestito si diresse in cucina, passando dal bagno, e aprendo la porta vide sua nonna che prendeva il suo solito the mentre leggeva la Gazzetta del Profeta.
“Buon Natale!” disse con voce squillante, facendo sobbalzare sua nonna.
“Teddy! Caro, ti sembra il modo di spaventare una vecchia signora di prima mattina?” rispose Andromeda Tonks con il sorriso sulle labbra. In realtà adorava le uscite a sorpresa di Ted e le mancava tutto di lui quando era a scuola. Era una donna anziana ma amava comunque la compagnia del nipote come nessun’altra cosa al mondo. Per fortuna, pensava ogni tanto, che quello era l’ultimo anno di Ted ad Hogwarts.
“Donna anziana? Dove? Io qui non la vedo!”scherzò lui abbassandosi a darle un bacio sulla guancia.
“Va bene Ted, come vuoi.”
“È vero nonna. Tu sei giovane dentro.”disse Teddy, lanciandole un sorriso smagliante mentre i suoi capelli diventavano di un bel color bronzo, il preferito di Andromeda.
“Stai zitto, adulatore. Comunque, tornando alle cosa serie, sei pronto per andare?” chiese la nonna alzandosi dalla sedia e appoggiando la sua tazza nel lavandino.
“Ah. Andiamo già? Io pensavo di fare colazione prima.”
Non aveva pensato minimamente alla colazione fino a pochi secondi prima; in realtà Teddy voleva posticipare il più possibile il suo arrivo alla Tana, quindi l’incontro con tutti i Potter – Weasley, quindi il solito augurio di Buon Natale con Vicky. Però allo stesso tempo non vedeva l’ora di arrivare alla Tana e finalmente rivedere la sua migliore amica, da cui non aveva ricevuto notizie dal ritorno da Hogwarts, quattro lunghissimi giorni prima.
“Colazione? Sei matto? Con tutto quello che farà da mangiare quella santa donna di Molly Weasley tu pensi anche di fare colazione prima?” chiese lei, abbastanza stupita dall’affermazione del nipote, che rispose con un’assente scrollata di spalle, mentre il suo sguardo era ancora fisso per terra.
“Ted, sei sicuro di stare bene? Di solito non vedi l’ora di andare alla Tana, quasi ci andresti in pigiama. Oggi sembri, non lo so, distante. C’è qualcosa che devi dirmi?”
Lui alzò di scatto la testa, guardando la nonna fisso negli occhi. Voleva dirglielo, ma le parole non gli venivano fuori. Si sentiva uno stupido con la bocca aperta a mezz’aria, quasi ad aspettare l’ispirazione divina, ma non riusciva proprio a trovare le parole adatte.
“No, niente. Solo molte domande in testa. Non ti preoccupare nonna.” E dicendo questo si diresse in salotto, pronto per prendere la metro povere verso la Tana.
“Va bene, Ted. Ma lo sai che se vuoi io sono sempre qui.” Gli rispose Andromeda con un sorriso, capendo che il nipote non voleva che si intromettesse nelle sue questioni. E con questo sparì dalla sua vista, dopo aver gridato forte il luogo della sua destinazione.
Cosa doveva fare? Non lo sapeva neanche lui. Magari poteva darsi malato. No, impossibile, avrebbe dovuto pensarci prima di parlare con sua nonna. E poi nessuno avrebbe creduto ad una scusa del genere. Merlino, quando aveva sette anni si era presentato al pranzo di Natale con quaranta di febbre!
Era un Grifondoro, santo Godric, doveva essere coraggioso e deciso. E poi quanti erano i Potter – Weasley? Una quarantina? In fondo c’erano veramente poche possibilità che potesse scambiare più di un saluto con Vicky.
Già, era altamente improbabile. Altamente improbabile.
E ripetendosi quelle due parole nella testa prese un po’ di polvere, la lanciò ai suoi piedi, ed in pochi secondi si ritrovò in un’affollatissima sala da pranzo. E la prima cosa che vide furono due stanchi occhi blu, che Teddy riconobbe subito. Altamente improbabile le mutande sporche di Merlino.

 

??

 

Victorie Weasley era stanca; il solito entusiasmo che la prendeva sempre la mattina di Natale era smorzato, o meglio azzerato, dall’assenza del suo migliore amico. Non l’assenza fisica, era sicura che sarebbe arrivato alla Tana in qualche minuto. Non si sarebbe perso il pranzo di Natale per niente al mondo o almeno sperava che qualunque cosa gli fosse preso negli ultimi tempi non lo avesse cambiato così tanto.
La verità era che Vicky aveva paura di perderlo. Si era rassegnata da molto tempo al fatto di avere una cotta esorbitante per il suo migliore amico, due anni più grande e decisamente più affascinante di lei. E lo sapeva per certo, dopo aver sentito le conversazioni di tutte le sue compagne di dormitorio, o di qualsiasi altra ragazza Grifondoro che conoscesse la sua amicizia con Lupin, commentare il suo aspetto fino allo sfinimento. Se all’inizio i commenti le davano fastidio, ora non ci faceva più caso. Non che nei loro ragionamenti non ci fosse fondamento, però ogni volta che una ragazzina faceva un commento su Teddy, il suo Teddy, le veniva voglia di tirare fuori le unghie e fare capire a quelle smorfiose che era lei l’unica che aveva il diritto di stare al suo fianco. Però non c’era niente da fare, ed aveva appreso che dieci respiri profondi e una scrollata di spalle erano il modo migliore per non lasciarsi condizionare.
Il bello era che Teddy non si accorgeva neanche dell’effetto che suscitava sulle ragazze. Vicky aveva cercato più volte di dirgli che era tutt’altro che indifferente al gentil sesso, ma lui se ne usciva sempre con una risata e una battuta e non riuscivano mai a finire il discorso. Anche se la stessa Victorie conosceva bene il suo fascino; ne era sempre stata attratta, sin da quando era una bambina piccola. Non era il fascino canonico del ragazzo bello che piace alle ragazze, era qualcosa di più sottile, che però affascinava molto di più. Forse era il camminare sempre con le mani nelle tasche dei pantaloni e la testa bassa, o come portava quei jeans vecchi e lisi che sua nonna aveva cercato di fargli buttare per tanto tempo, o quel suo essere sempre pensieroso, quasi tenebroso. Oppure il fatto di cambiare colore di capelli ed occhi tre volte al giorno.
Ma quest’ultima qualità non era una delle preferite di Victorie. Sapeva che lo faceva solo per mascherare il vero se stesso, il ragazzo timido ed introverso, e si sentiva sempre molto felice quando vedeva che con lei manteneva sempre il suo colore di capelli naturale, marrone chiaro, e i suoi occhi color ambra. Certo, qualcuno poteva pensare che non fossero belli o particolari come i capelli blu elettrico, verde prato o rosa fucsia che vestiva di solito, ma davano un senso di sincerità e semplicità che Vicky adorava.
Però il fatto che fosse completamente persa dai i suoi begli occhi o dalla sua voce bassa e calda non significava che volesse perderlo come amica, e, purtroppo, era quello che stava accadendo. Teddy si stava allontanando, l’aveva capito ormai, ed era da un po’ di tempo che faceva di tutto per rassegnarsi al fatto che fosse solo la piccola amica d’infanzia di Ted, però non ci riusciva. Erano passati dall’essere migliori amici a praticamente sconosciuti nel giro di due giorni ed ora, otto settimane e mezzo dopo la prima volta che Teddy l’aveva scaricata con una scusa, il macigno all’altezza dello stomaco non sembrava voleva ancora andare via.
E Vicky si era detta disposta a tutto pur di riavere il suo amico indietro. Averlo a fianco solo come amico poteva fare un male cane, soprattutto ogni volta che lo vedeva parlare con una di quelle ragazze che avevano osannato poco prima tutte le sue qualità da lei, ma poteva sopportarlo. Tutto, tutto era meglio di non averlo al suo fianco, poter ridere delle sue facce buffe e scompigliargli i capelli ogni volta che si presentava con un nuovo look.
Si era chiesta molte volte se qualcuno si fosse lasciato scappare il suo segreto e che lui si fosse allontanato di conseguenza, ma poi si ricordava di non averlo detto a nessuno, di non tenere un diario e di non essere solita fare monologhi decantando il suo incondizionato amore per lui davanti allo specchio, quindi la sua paura scompariva, per poi ritornare comunque nei momenti peggiori.
Era questo che pensava Victorie mentre sedeva sul divano della Tana, circondata da centinaia di zii, zie e altrettanti marmocchi urlanti, mentre aspettava con ansia l’arrivo di Ted. Aveva deciso che gli avrebbe chiesto cosa non andava, se aveva fatto qualcosa di male e soprattutto perché la evitava così. Ogni volta che sentiva il tipico swoosh della metro polvere si girava di scatto, per vedere un altro suo zio e consorte con figli al seguito uscire dal camino con montagne di regali tra le braccia.  Le faceva male al collo per quanto velocemente lo muoveva quando si girava a guardare chi fosse il nuovo arrivato, ma era più forte di lei, quasi fosse un riflesso incondizionato.
Quando finalmente tutta la serie di parenti fu finita, il cuore le martellava nel petto come non mai. Sapeva che sua madre la stava guardando da qualche angolo della casa; aveva più volte chiesto durante gli ultimi giorni il motivo del suo umore depresso, ma era sempre riuscita a dribblare magistralmente le sue domande. Però ora, di fronte alla prospettiva di vedere Ted di li a pochi secondi, tutte le barriere che si era creata si sbriciolavano, ognuna cadeva con un altro battito troppo accelerato del suo cuore.
Si sentiva strana, come poche volte prima, e forse era dovuto al fatto che aveva capito che i suoi sentimenti erano cambiati. Sapere che cosa volesse dire vivere veramente senza Teddy Lupin l’aveva spaventata, ma le aveva anche fatto capire che forse non era solo una stupida cotta, e forse se stava così male per lui un motivo vero c’era.
Swoosh.
Girò la testa così velocemente che per un attimo la vista le si fece annebbiata e gli oggetti persero la loro forma naturale ma appena incontrò gli inconfondibili occhi ambra di Teddy Lupin, tutto si fece chiaro e forte. I rumori erano amplificati, i colori così forti da darle mal di testa e il sapore in bocca del sangue che le usciva dal labbro, siccome aveva passato un’ora a torturarlo mordicchiandoselo, era nauseabondo. Le braccia le si ricoprirono di pelle d’oca, i battiti non accennavano a diminuire e una scarica di adrenalina la percorse dagli alluci alle punte dei capelli.
Si alzò traballante, temendo per un attimo che le gambe non avrebbero retto, e si avvicinò ai due ospiti appena arrivati, siccome nessuno si era accorto della loro venuta. La prima che le si parò davanti era Andromeda Tonks, bellissima come sempre. Dimostrava dieci anni meno di quelli che in realtà aveva nel suo vestito scuro e nei bellissimi capelli, lunghi e grigi, legati in una crocchia morbida.
“Buongiorno Andromeda.” Disse Victoire sorridendo educatamente.
“Oh, Victoire cara! Sei più splendida ogni giorno che passa. Come va la scuola, tesoro?” Mentre Andromeda parlava, Teddy, al suo fianco, continuava a lanciarle occhiate strane, a metà tra il dubbioso e il sorpreso. 
“Benissimo, grazie.” Rispose con un altro sorriso. Le piaceva moltissimo la nonna di Ted, sempre dolce, gentile e mai impicciona, qualità in cui la sua famiglia decisamente difettava.
“Oh Molly, cercavo proprio te!” disse poi, spostando lo sguardo dietro le spalle della ragazza “Scusami Victoire, ma ho promesso a tua nonna che l’avrei aiutata a cucinare, e mantengo sempre le mie promesse. Ti lascio nelle mani del mio adorato nipote. Trattamelo bene che negli ultimi giorno l’ho visto un po’ giù di morale.”
E con questo la donna scomparse in cucina, lasciando un’imbarazzata Victoire e un’ancora più imbarazzato Teddy, i cui capelli tendevano ad un’intensa sfumatura di rosso.
Quando lui spostò gli occhi lontano dai suoi, Vicky si sentì morire. Era come se all’improvviso qualcuno avesse preso a martellate la sua cassa toracica, cercando di arrivare al suo cuore, che sprofondava sempre di più, e per darsi un effimero senso di sollievo si portò le braccia a circondarle il busto, cercando di non mettersi a piangere.
Odiava quel silenzio. Era imbarazzato, imbarazzante e non loro. Loro non riuscivano mai a stare zitti quando erano insieme, e le pause tra un discorso e l’atro erano rilassate e belle, completamente diverse da quella che stavano vivendo.
Prendendo un respiro profondo, Victorie si decise a rompere il ghiaccio. Sperò che non si accorgesse delle lacrime che le riempivano gli occhi e fece un sorriso debole, decisamente troppo debole per sembrare un vero sorriso.
“Buon Natale.”
Non capiva quello che stava succedendo, ma pochi secondi dopo incontrò di nuovo gli occhi di Teddy, pieni di dolore, e si ritrovò improvvisamente tra le sue braccia, mentre il suo viso era a contatto con il suo maglioncino. Le braccia di Teddy le tenevano stretta, e tutta la tristezza si dissolse in un attimo. Le sue braccia, che teneva ancora legate al proprio corpo, circondarono il petto di Teddy, e sentì il volto del ragazzo abbassarsi fino a sfiorarle il collo, immergendosi nei suoi capelli. Victorie respirava a pieni polmoni l’odore di Ted che profumava perennemente di cioccolato perché teneva sempre una tavoletta nella tasca dei pantaloni, e Victoire si ricordò di tutte le volte in cui lui aveva diviso la sua tavoletta e l’avevano mangiata insieme, parlando di tutto e di niente. Teddy la strinse ancora di più, e a Vicky mancò il respiro. Sentiva le mani di lui sulla schiena e il suo respiro sul collo, e tutto il suo corpo era teso, febbricitante, ma allo stesso tempo era rilassata come non mai.
“Vicky… ” Quando sentì pronunciare il suo nome dalla sua voce bassa e calma avrebbe potuto giurare di aver sentito il suo cuore fermarsi per qualche secondo. Era così bello, si sentiva così bene tra quelle braccia che avrebbe potuto starci per sempre. Era tutto quello che desiderava in quel momento, e sembrava che neanche Teddy volesse muovere un muscolo.
Ma le loro intenzioni non furono minimamente prese in considerazione da un bambino di dieci anni, con ribelli capelli neri ed un sorriso enorme sul viso tondo ed infantile.
“Teddyyyyyyy!”
Victoire e Teddy fecero in tempo a staccarsi di pochi centimetri prima che il piccolo James Potter saltasse in braccio a Ted, aggrappandosi a lui in un abbraccio stritolante, costringendolo ad andare ad aprire i regali insieme.
Prima di lasciarla, Teddy lanciò un ultimo sguardo a Victoire, che però si era già girata e stava salendo le scale due gradini alla volta.
Quando finalmente si ritrovò nel corridoio del primo piano, nelle orecchie aveva l’eco delle conversazione che si svolgevano di sotto e nel naso il profumo di cioccolato di Teddy. Si appoggiò con la testa al muro, per scivolare poi di schiena, e dopo qualche secondo si ritrovò per terra, le gambe rannicchiate tra le braccia, e la testa appoggiata al muro. Ad occhi chiusi ripensava a quello che era successo pochi attimi prima, e si chiedeva febbrilmente che cosa potesse significare. Perché reagiva così? Che cosa teneva lontano Teddy, per poi farlo comportare così stranamente? Che fosse veramente innamorata? E poi cosa voleva dire in realtà essere innamorati?
Con questi pensieri si rialzò dal pavimento, fece dei respiri profondi e scese in sala facendo ogni gradino con lentezza e precisione stancante.
Il suo sguardo perlustrò tutta la stanza, fino a trovarlo seduto per terra, circondato da una decina di bambini che cercavano di atterrarlo, tra l’altro riuscendoci benissimo. Era uno spettacolo divertentissimo e Vicky si disse che, anche se non riusciva a capire che cosa sentisse per lui, nulla le proibiva di guardarlo ancora un po’.

 

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Teddy aveva passato il pranzo di Natale in mezzo ai bambini. Non gli dispiaceva, stare con i piccoli era uno dei suoi passatempi preferiti; i suoi preferiti erano James, Al e la piccola Lily, di rispettivamente dieci, nove e sette anni, ma non l’avrebbe detto a nessuno. Erano così dolci, e con loro si sentiva veramente in famiglia. Per qualche attimo riuscì anche ad accantonare il pensiero di Vicky e di quello che aveva provato mentre l’abbracciava. Non sapeva cosa l’aveva spinto a fare quel gesto, ma vedere la sua piccola migliore amica con le lacrime agli occhi lo aveva decisamente colpito.
La trovava sempre bellissima, e, anche se si vedeva che non era in forma, era comunque uno spettacolo per gli occhi. Era vestita con un semplice paio di jeans e un maglione di nonna Molly, con l’immancabile V sul petto, ma era comunque stupenda. I capelli le ricadevano sulle spalle biondi e lisci come sempre, e gli occhi blu erano grandi ed intensi come se li ricordava, anche se erano coperti da un paio di occhiali spessi e assolutamente indispensabili. Vicky era praticamente quasi cieca e Teddy la prendeva spesso in giro per questo motivo. In realtà trovava che quel particolare la rendesse decisamente più umana e ancora più bella, non solo una ragazza bellissima con sangue 1/8 Veela. Era umanamente bella.
Durante la cena erano seduti lontani, nei lati opposti dell’immensa tavolata, lei vicino a zio Perce e nonno Arthur e lui immerso in centinaia di bambini che continuavano a tirargli i capelli e chiedergli di fare il naso da maiale. Li accontentava sempre con molta felicità, amava quei bambini, però non riusciva a smettere di lanciare occhiate alla ragazza.
Sembrava stanca e sovrappensiero, e si chiedeva se fosse lui la causa del suo malessere, in un misto di felicità e dolore. Dolore perché non voleva assolutamente essere la causa della sua tristezza, felicità perché, se stava così per lui, voleva dire che lei lo riteneva importante nella sua vita. Era un pensiero abbastanza egoistico, Teddy lo sapeva, però non riusciva a smettere di sperare.
Era da un po’ che non la vedeva più. Il pranzo era finito da un’ora e finalmente tutti i marmocchi stavano facendo il pisolino pomeridiano.
Teddy era esausto; il fatto che adorasse quei bambini non significava che non fosse sfinito dopo cinque ore tra fare trecce alle bambole, insegnare a James come andare sulla sua scopa giocattolo e scartare insieme ai bambini tutti i loro miliardi di regali. Sapete quanti regali riceve un bambino solo? Teddy lo sapeva benissimo, ora.
Era passata circa un’ora da quando aveva portato i bambini di sopra a dormire e in quel momento, mentre scendeva la scale della Tana per tornare  in salotto, si chiese dove fosse finita. Tutti gli adulti erano seduti sul divano o sulle poltrone, mentre alcuni, come Ron, Harry e Bill stavano discutendo animatamente di Quidditch ancora al tavolo, con le cinture slacciate e i primi bottoni delle camicie aperti. Pensò per qualche secondo di rimanere con loro, poi però decise che prima sarebbe andato in cucino a bere un bicchiere d’acqua, poi sarebbe andato a cercare Victoire. Doveva parlarle, non sapeva neanche lui di cosa, ma doveva farlo.
Però quando mise piede in cucina, pensando di trovarla affollata da sua nonna e Molly, non vide decisamente quello che si aspettava di vedere.
Vicky era girata di spalle, con le mani nel lavandino mentre lavava alla maniera Babbana le stoviglie sporche, con dei guanti gialli che le ricoprivano le mani e gli avambracci fino ai gomiti e gli spessi occhiali dalla montatura improponibile lasciati da qualche parte sul tavolo. Le spalle le si muovevano leggermente e i capelli erano legati alla nuca con una matita.
Teddy non sapeva cosa fare, se andarsene indisturbato o rimanere lì ancora un po’ aspettando che si accorgesse della sua presenza. Tutta la determinazione di dieci secondi prima era scomparsa improvvisamente ed in quel momento si sentiva solo un ragazzino ingenuo e stupido. Ma prima che potesse prendere una qualsiasi decisione, Victoire si girò verso di lui con un piatto in mano, che alla sua vista si schiantò per terra con un sonoro crack.
“Merlino, Ted!” esclamò Vicky, portandosi una mano all’altezza del cuore e poi abbassandosi a raccogliere i cocci del piatto. Lui, dopo aver represso una risata alla sua espressione allucinata, si avvicinò alla ragazza, abbassandosi alla sua altezza, e tirò fuori la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans.
“Lascia, faccio io.” Fece un movimento rapido con la mano ed in pochi secondi tutti i cocci tornarono al proprio posto, lasciando il piatto come nuovo. Teddy e Victoire si alzarono, lei ancora con il piatto in mano e i guanti sulle braccia, lui che guardava da qualunque parte che non fossero i suoi occhi.
“Così … uhm … stai lavando i piatti?” Come frase per rompere il ghiaccio faceva un po’ schifo, pensò Ted, ma meglio di niente.
“Si, da mezz’ora, circa.” Rispose lei, non sapendo cosa dire.
“Perché non hai usato la magia? Ci avresti messo molto meno tempo.” Chiese, guardandola stranito. Con un’altro colpo di bacchetta tutte le stoviglie cominciarono a lavarsi da sole e, quando erano pulite, si dirigevano volando verso la mensola, riponendosi ordinatamente una sopra l’altra.
“Quindici anni, ricordi? E poi non mi dispiace lavarli a mano, non ho molto altro da fare comunque.”
Vicky si tolse i guanti, appoggiandoli con cura vicino al lavandino ed allontanandosi da lui. Quando si girò di nuovo, Teddy la stava fissando e si appoggio con la schiena al mobile della cucina. Lui intanto non riusciva a pensare a niente che non fosse il profumo di more della sua pelle, la consistenza dei suoi capelli sulla sua guancia quando l’aveva abbracciata, e come si era sentito bene con il suo corpo premuto contro il suo. Era indescrivibile, e in quel momento sentiva il bisogno di rifarlo, di abbracciarla e di posare le sue labbra su quelle di Vicky, solo per sentire cosa si provava. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo fare, ma sapeva che lei era solo la sua migliore amica, e che non l’avrebbe mai visto in una maniera diversa.
“Ted, mi dici cosa ti sta succedendo? Io non …  non capisco. È successo qualcosa? Ho fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare? Perché non riesco proprio a capire cosa sia successo!”
Lui la guardò per un secondo, dondolandosi sui talloni e non sapendo dove mettere le sue mani; alla fine decise per le tasche dei jeans.
“Non è come credi, Vicky. Non ti sto evitando … forse un po’ si, però non è colpa tua. Veramente. È solo che ho tutte questa domande in testa, e non c’è nessuno che può rispondere.”
“Sei sicuro? Magari ti posso aiutare. Non so tutto, però ti conosco abbastanza bene.” E gli sorrise.
Ted adorava quando Vicky faceva quel sorriso. Era piccolo, ingenuo e dolce, ma soprattutto bellissimo.
“Non lo so. Io non credo che …”
Merlino, non aveva mai avuto così paura di perderla in tutta la sua vita. E se si fosse arrabbiata? Se non avesse più voluto vederlo? Se non provava minimamente lo stesso sentimento?
“Ted, per piacere.” Lo interruppe lei con gli occhi spalancati e pieni di incertezza “Fidati di me, ti prego. Quali domande?”
Teddy non riusciva a respirare. Gli sembrava che la temperatura fosse diminuita di dieci gradi e voleva andarsene. Siccome era inverno, anche se erano solo le cinque di pomeriggio la stanza era buia e l’unica fonte di illuminazione erano alcune candele sparse per la stanza e quel filo di luce che entrava dalla porta dalla cucina lasciata accostata.
Le domande si ammucchiavano una sopra l’altra nella testa di Teddy, senza senso, e incominciò a farle uscire tutte in un monologo completo, non sapendo che altro fare.
“Secondo te Merlino è esistito davvero? Quante sono le probabilità che James non diventi un pazzo scatenato che non fa altro che fare scherzi di qui a cinque anni? Ti piace l’Artimanzia?, perché io la odio e non riesco proprio a ricordarmi che esercizi devo fare per le vacanze. Sai che esercizi di Artimanzia devo fare per le vacanze? Credi nell’esistenza del paradiso? Io sì, da sempre. Secondo te esiste Atlantide? Hai mai mangiato la pizza con l’ananas e il mais? Se non l’hai fatto, non ci provare, fa schifo. Quanti anni ha la McGranitt? Io credo che ora dovrebbe avere qualcosa come centovent’anni, no? Il capitano del Titanic ha pianto quando la sua nave è affondata? Dov’è finit - ”
“Teddy …”
“ –a Amelia Earhart? Cosa tiene le stele nel cielo? Secondo te il vero amore è solo una volta nella vita?” Teddy non riusciva a smettere; diceva qualsiasi cosa gli passasse per la testa, dalla più seria alla più stupida, senza pensarci due volte. E, tra tutte le cose che disse, riuscì anche a tirare fuori l’unica cosa che gli interessava davvero.
“Ted, basta!”
“Ti piaccio?”
L’aria nella stanza si congelò, e per un secondo tutti e due sembrarono palesemente sorpresi da quella domanda. Ma quando finalmente Vicky tornò nel pieno delle sue facoltà mentali, quello che il ragazzo aveva appena detto le fu abbastanza chiaro.  
“COSA?”
Teddy pensò che ormai la frittata era fatta, Victoire aveva capito cosa aveva detto e non c’era nessuna ragione di provare a negarlo. Quindi racimolando anche l’ultima briciola del suo coraggio Grifondoro, le ripeté la domanda, avvicinandosi di qualche passo.
“Ho detto, ti piaccio?”
“Si.” Rispose Vicky, e il cuore di Ted perse un battito, poi però lei si affretto ad aggiungere un’altra frase, come se volesse cancellare quello che aveva appena detto “Voglio dire, sei il mio migliore amico, è ovvio che mi piaci. Sarebbe stupido se non mi piacessi, no?”
Parlava velocemente, senza guardarlo negli occhi, e Teddy in quelle palesi bugie trovò la forza di andare avanti. Magari c’era una possibilità, magari anche lei provava lo stesso sentimento che provava lui.
“Non intendo in quel modo.” Disse, facendo un passo in aventi, e poi ancora un altro. Erano uno di fronte all’altro e Vicky arretrò di qualche centimetro, ma fu presto bloccata dal mobile della cucina, pochi centimetri dietro di lei.
“In che modo? Perché io non riesco proprio a capire che cosa stai cercando di dir – ”
Teddy fece un ultimo passo avanti e rinchiuse Vicky tra il suo corpo e la cucina, senza possibilità di scampo. Aveva incontrato i suoi occhi per pochi secondi e poteva giurare di averci visto lo stesso sentimento che lampeggiava così ovvio nei suoi. Per un secondo soltanto aveva visto gli occhi di Victoire spaventati ma anche pieni di amore e dolcezza, e non aveva capito più niente. Le sue mani si erano spostate sulle sue guance e si era abbassato fino a sentire sulle labbra tutto il suo respiro che le usciva dei polmoni, e non aveva neanche aspettato mezzo secondo prima di appoggiare le sue labbra su quelle di lei.
Non voleva approfondire il bacio, voleva solo che lei rispondesse. Fino a quel momento era stata immobile come una pietra e probabilmente aveva anche gli occhi spalancati. Teddy aprì i suoi per qualche secondo, cercando di capire cosa fare. Vicky, come aveva pensato lui, aveva gli occhi spalancati e fissava i suoi assolutamente shockata.
Ted decise che era tempo di ritirarsi e scomparire dalla sua vista per i prossimi venticinque anni, e si stava per tirare indietro quando lei chiuse gli occhi. Lui si accorse con un moto di soddisfazione che aveva cominciato a muovere le labbra sulle sue e che gli aveva appoggiato le mani sulle spalle. Lasciò una mano sulla sua guancia, con il pollice aveva cominciato ad accarezzarle uno zigomo, mentre portò la mano sinistra alla sua vita, avvicinandola ancora un po’.
Fu lui a staccarsi per primo, lasciandolo un ultimo bacio sul naso, anche se tutto il corpo gli diceva di non smettere, di andare più vicino.
Ma fu lei la prima a parlare, portando le sue mani nei suoi capelli, marroni come piacevano a lei.
“Ho una cotta per te dal mio primo giorno di scuola. Quando sono venuta da te in lacrime perché era tutto così nuovo e così grande e tu hai diviso la tua tavoletta di cioccolato con me.”
Lui riprese possesso delle sue labbra, questa volta portano entrambe le sue mani sulla schiena della ragazza. Si sentiva potente, innamorato ed amato mentre sotto le sue mani sentiva il corpo di Vicky tremare, e la spinse ancora un po’ contro il mobile. Ora Victoire era completamente a contatto con il suo corpo, ogni centimetro aderiva alla perfezione, ma Teddy voleva di più.
“Grazie” Disse senza sapere cosa dire veramente per quella confessione a cuore aperto.
“Prego” Rispose lei sulle sue labbra, lasciandosi andare ad una risata liberatoria, e subito il cuore di Teddy si sentì più leggero.
Le morse il labbro inferiore e lei, senza pensarci due volte, gli diede libero accesso alla sua bocca. Quello che era un bacetto innocente si stava trasformando in un bacio passionale e pieno di aspettativa. Teddy sentiva la pelle d’oca sulla nuca, poco sotto a dove lei gli stava torturando i capelli. Decise di osare ancora e la sollevò da terra, fino a farla sedere di fronte a lui. Le gambe di Vicky si intrecciarono intorno alla sua vita e lui posizionò le sue mani sulle sue cosce, spostandole avanti e indietro dalle ginocchia al fianco.
Ted pensò che se avesse saputo come ci si sentiva a pomiciare con Vicky, ci avrebbe fatto un pensiero molto prima. Si sentiva così bene e la bocca di Victoire era così morbida, che tutto il mondo sembrava scomparire di fronte a quei due fattori.
Per riprendere aria si spostò sul suo collo, cominciando a baciarlo e mordicchiarlo dalla spalla fino all’incavo sotto all’orecchio. Le mani di Vicky si spostarono sul suo petto e sentì nel suo orecchio un sospiro della ragazza, che lo fece ritornare immediatamente alle sue labbra. Amava la sua pelle, il suo sapore e la sua consistenza, e non sapeva se avrebbe potuto più farne a mento. Le sue mani vagavano sotto alla maglietta di Vicky e il suo cervello non dava più segni di vita, ma improvvisamente una scritta cominciò a lampeggiargli a lettere cubitali sotto gli occhi.
Troppo veloce, troppo veloce, troppo veloce.
“Aspetta” disse appoggiando di nuovo la fronte sulla sua e le mani sulle sue cosce. Respirava affannosamente e aspettava che la ragazza aprisse gli occhi, e quando questa lo fece, si perse un secondo dentro quel mare di emozioni.
“Troppo veloce” pronunciò a bassa voce, sorridendole un po’ imbarazzato.
“Concordo” rispose lei lasciandole un ultimo bacio all’angolo della bocca.

 

??

 

Vicky credeva di essere in paradiso. Non sapeva come fosse possibile provare tante emozioni tanto diverse in un lasso di tempo così corto. Non ci poteva credere, tutto quello che era successo andava decisamente oltre la sua capacità di comprensione. Probabilmente stava sognando, però che sogno. Non avrebbe voluto alzarsi per niente al mondo. O spostarsi dalle braccia di Teddy.
E poi, perché avrebbe dovuto farlo? Lui non sembrava avere alcuna intenzione di volersi spostare, e di sicuro non sarebbe stata lei a dirgli di staccarsi, le cadesse il mondo addosso. Il profumo di cioccolato le inebriava i sensi e la mano di Teddy ancora appoggiata alla sua gamba le sembrava il centro dell’universo.
Guardò Teddy, che continuava a fissarla, e mentre contemplava i suoi occhi marroni e caldi, vide un sorriso nascere sulle labbra del ragazzo.
“Che c’è?” chiese curiosa.
Lui si lasciò andare ad una risata che probabilmente sentirono anche gli altri nella stanza accanto, e Vicky provò un forte senso di felicità sentendo quel suono.
“Stavo pensando che ho passato gli ultimi due mesi ad evitarti perché mi piaci, e io ti piaccio dal primo anno. Mi sento un idiota. Ma veramente, primo anno?” Le chiese con un sorriso stupito e sopratutto divertito.
“Oh, stai zitto, scemo!” rispose lei, tirandogli uno schiaffo leggero dietro la testa, che fece ridere Teddy ancora più forte.
Teddy rise per ancora qualche minuto, sinceramente divertito dal finto broncio che aveva messo su Vicky, per poi toglierglielo con un bacio a fior di labbra, decisamente più dolce e rilassato di quello di qualche minuto prima.
Victoire sentiva qualcosa di strano nello stomaco, come se qualcuno avesse deciso di infilarle qualcosa di grande e decisamente non immobile nella sua pancia, e pensò che erano probabilmente quello che tutti chiamavano “farfalle”. Non aveva mai sentito una sensazione così forte prima, ma d’altronde non era mai stata così vicina a Teddy Lupin. Era come se tutto il suo corpo, dalle dita dei piedi alle sopracciglia, sentisse la presenza del ragazzo e volesse esprimergliela mandando scariche elettriche da tutte le parti del corpo. E, Merlino, se era bello.
“Mi prometti che non mi eviterai più?” chiese lei con voce tremante. Aveva capito che era tutto finito, ma poteva succedere di nuovo che Teddy decidesse di evitarla per qualche ragione stupida.
Lui le prese le mani nelle sue, e Vicky si sciolse completamente quando incominciò a massaggiarle il palmo con il pollice.
“Prometto che non ti eviterò più”
“Bene” disse lei guardandolo negli occhi e mantenendo un’espressione seria. Poi però si aprì in un sorriso, ricordandosi le parole di Teddy di poco prima.
“Ehi Teddy, non ho risposto a tutte le tue domande.”
Lui le si avvicinò fino a lasciarle un bacio sulla guancia, mentre le farfalle nello stomaco di Vicky cominciavano un altro round di ‘chi sbatte più forte le ali’.
“Non importa, hai risposto all’unica che mi interessava davvero.”
E ricominciarono a baciarsi.

 

Whatever happened to Amelia Earhart?
Who holds the stars up in the sky?

Is true love just once in a lifetime?
Did the captain of the Titanic cry?
Someday we'll know,
If love can move a mountain,
Someday we'll know, 
Why the sky is blue...

Someday we’ll know – New Radicals

__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________A/N:

Allora, se siete arrivati fino a qui è un miracolo,
comunque mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della mia storia.

Se non si era capito adoro il fluff (proprio come la Nutella) e spero che la mia
versione della coppia Vic/Teddy vi sia piaciuta.
Riconosco che come oneshot sia un pochino lunga,
però non mi sembrava giusto ne tagliarne dei pezzi
ne dividerla in capitoli perché è nata come oneshot
e tale deve rimanere. Per quanto riguarda la scena del bacio,
non ho mai scritto niente del genere, spero sia venuta almeno decentemente.
Amo le recensione, veramente. Se me ne lasciate anche solo una
piccina piccino picciò sarò la donna più felice del mondo. Davvero.

Gio

P.S. non sono ne J.K. ne tantomeno i New Radicals, quindi non mi appartiene niente.
E la canzone non centra molto con la ff, però quelle righe mi hanno ispirato molto, quindi prendetevela.

  
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