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Autore: GiuliKatje    20/04/2011    0 recensioni
La tua paura più profonda. Quella che sai rimarrà per sempre tua.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FEAR.
Una luce abbagliante.
Un solo, unico brivido freddo lungo la schiena.
Serro gli occhi. Poi il tuono. Poi di nuovo il nulla.
Credo di aver sempre avuto paura del temporale. Fin da bambina, quando mi svegliavo nel cuore della notte, con sottofondo solo il ticchettare ritmico e serrato della pioggia sul tetto e sul balcone, scrutavo il soffitto, chiedendomi come mai mi fossi svegliata, poi vedevo la luce filtrare appena dagli antoni chiusi e capivo. Alzavo il lenzuolo fino a coprirmi il viso, poi stringevo al petto il mio pupazzo, e aspettavo, tesa, di sentire rimbombare il tuono. Solo allora, solo dopo aver assistito al primo scambio di battute tra forze della natura, mi alzavo, e vagavo dispersa per le stanze buie della casa, cercando di riconosce i contorni dei mobili che la arredavano e che di giorno mi erano così familiari, per trovare un appiglio, un’ancora di salvezza, ma niente, la fredda inquietudine restava. Nonostante ne avessi così paura, aspettavo i temporali con trepidazione, perché ogni mio tour della casa si concludeva con una carezza.
Mia madre aveva un sesto senso per queste cose, ogni volta che ero inquieta, o spaventata, lei lo sentiva. Potevamo essere anche distanti, ma, non so come, lei capiva subito che qualcosa non andava, e, in quelle notti, mi portava in camera con lei e papà, mi sistemava sotto alle coperte, e poi mi cullava, finché non mi addormentavo. Non ero una bambina viziata, sapevo cavarmela, ma quello non avevo mai saputo affrontarlo.
Ricordo una notte in particolare. Era marzo, ma faceva ancora piuttosto freddo. Col lampo aprii gli occhi, seguii la mia consueta procedura per accogliere la tempesta, poi mi alzai. Trovai mia madre in cucina. Le imposte erano aperte, e potevo vedere la pioggia, e in lontananza il lampi che andavano a scontrarsi con la terra, veloci, incalzanti.
Lei guardava fuori, una coperta in grembo e una tazza di the fumante in mano, mi fece segno di avvicinarmi.
–Li vedi? Non sono bellissimi?
- A me fanno paura mamma.
Rise, la sua risata dolce e cristallina, che è una delle poche cose che ricordo di lei.
–Non devono amore. I temporali sono una cosa naturale, non c’è nulla di cui avere paura, se sei qui, non ti succederà nulla.
Restammo tutta la notte a osservare i fulmini che si succedevano nel cielo. Finché la tempesta non passò.
 
Morirono una notte che c’era il temporale. Sia lei che papà, entrarono degli uomini. E la mattina dopo, quando tornò il sole, loro erano morti. Nessuno volle dirmi di più. Ricordo delle voci, ricordo quella di mio padre. Non c’era panico nel suo tono, né paura. Era sereno, calmo. Per questo mi riaddormentai, e la mattina dopo li vidi lì, stesi a terra. Non piansi quel giorno. Chiamai la vicina. Le dissi che mamma e papà non si muovevano e da allora vissi con la nonna. Piansi dopo, quando non mi fecero tornare a casa mia, a casa nostra. Volevo bene alla nonna, ma, nelle notti di temporale, alla conclusione delle mie passeggiate, non trovavo alcuna carezza.
Quando crebbi continuai ad averne paura. Quando vedevo la luce squarciare la notte mi veniva voglia di urlare, ma pur di non farlo mordevo il cuscino, finché le lacrime non mi offuscavano la vista. Non volevo che nessuno conoscesse quella mia debolezza, perché lo sapevano solo mamma e papà, e così sarebbe sempre stato.
 
 
 
 
Nota dell’autore:
Okay, in realtà questo dovrebbe essere il prologo di una long che avevo in mente, ma visto che non ha ne capo ne coda ho deciso di pubblicarla come shot, spero vi piaccia, fatemi sapere con un commentino se vi va!

Baci.
GiuliKatje
  
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