L’aveva
visto piangere, con le braccia che nascondevano il viso, seduto sulla
scalinata
che portava all’entrata dell’edificio scolastico
quando ormai le lezioni erano
terminate da un pezzo. Immaginò che non doveva avere
l’ombrello, vista la pioggia
che scorreva incessantemente gli si era avvicinato con
l’intento di chiedergli
se voleva tornare a casa con lui, quando da più vicino
notò il suo volto rigato
di lacrime.
Inizialmente
non riuscì a pensare in maniera razionale, era la prima
volta che gli capitava
una situazione simile. Fissò per qualche minuto Tsuna,
indeciso sul come
trattare con lui, ma alla fine sedette al suo fianco.
«Tsuna-kun?
Non ti senti
bene?»
Il
castano scosse la testa,
asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, tornando a sorridere
in quel
modo impacciato che solo lui riusciva a mostrare. Con gli occhi
arrossati, le
labbra che tremavano un po’, rimaneva comunque il Tsuna che
conosceva.
Uno
strano senso di inadeguatezza
si fece strada in Enma quando l’altro ragazzo gli rivolse
quel sorriso, seppur
sforzato, era qualcosa che sentiva di non meritare, non dopo tutto
quello che
gli stava facendo a sua insaputa.
Si
era affezionato a Tsuna
in quelle poche settimane che avevano passato assieme; la loro
somiglianza dal
punto di vista caratteriale, il fatto che entrambi fossero giovani Boss
mafiosi, anche se fra loro due non facevano altro che considerarsi
amici. Era
questo il bello del loro rapporto.
Ma
l’amicizia si basa su
qualcosa di fondamentale che è la sincerità, lui
non era sincero con Tsuna, lo
stava prendendo abilmente in giro. Odio e buoni sentimenti continuavano
a
contrastarsi nel suo cuore, accrescendo la confusione che quella strana
situazione
che andava a crearsi fra loro due.
Entrambi considerati perdenti, ma Enma non la pensava così;
Tsuna era un ragazzo
forte, anche quando piangeva, persino quando prendeva un brutto voto a
scuola.
Il fatto che Tsuna fosse considerato un perdente era relativo,
splendeva di una
luce talmente forte che era quasi impossibile catalogarlo come tale, ai
suoi
occhi almeno era così.
Quella
luce era talmente forte che rischiava di accecarlo.
«E’
meglio che vada.» Tutto
d’un tratto Enma afferrò per un braccio Tsuna,
impedendogli ogni via di fuga,
notò subito l’occhiata smarrita da parte del
castano, ma non riuscì a dare una
giustificazione a quel gesto.
Lo
tirò piano verso di se,
accostando le proprie labbra alle sue, saggiandone
la morbidezza e il sapore un po’ salato a causa delle
lacrime. Osservò i
movimenti confusi di Tsuna quando ritirò indietro il capo,
accorgendosi in quel
momento di stringere le sue mani coperte da cerotti e ferite
più o meno
recenti.
Enma
stesso avvampò al solo
pensiero di ciò che aveva appena fatto e senza riuscire a
sbloccarsi, si alzò
in piedi, lasciando di proposito l’ombrello di fianco a Tsuna
e fuggendo sotto
la pioggia, rischiando quasi di scivolare sui scalini bagnati.
Tsuna
sussultò, afferrando l’ombrello
e raggiunse il ragazzo dai capelli rossi; Enma non riuscì a
dire una parola
quando il castano lo bloccò per un braccio –
proprio come aveva fatto lui prima
– e si avvicinò nuovamente al suo volto,
afferrandolo con entrambe le mani e
dimenticandosi dell’ombrello che aveva lasciato cadere a
terra.
Spalancò
le iridi rosse
quando avvertì la lingua di Tsuna sfiorare le sue labbra e
istintivamente le
dischiuse, cercando di approfondire quel contatto, seppur timido.
Il
distacco portò entrambi
alla realtà, bagnati fradici come due pulcini sotto il cielo
primaverile.
Nessuno
dei due parlò,
entrambi non erano il tipo di persona che metteva la prima parola in un
discorso,
ma Enma non protestò a quel silenzio, bastava il sorriso di
Tsuna a illuminare
il cielo in quella giornata uggiosa.