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Autore: yuki013    21/04/2011    2 recensioni
In fondo nella mia vita non avevo provato altro che una dolorosa solitudine. Sin da quando ero nata non avevo avuto uno scopo diverso da quello di essere la cavia per gli esperimenti di una strega.[...]
Ma ciò che avvenne dopo non lo immaginava nessuno, io per prima. Io, e il freddo imperturbabile.
La rosa nera del deserto.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Crona, Death the Kid
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Unsymmetrical Perfection'
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Death The Kid
 
Uno, due, tre, quattro rintocchi. L’orologio a cucù del grande salone annunciava la mezzanotte.
Mi alzai dal fastoso letto a baldacchino nero tentando invano di schiarire le idee, che ormai da un mese sembravano più confuse che mai. Il senso di incapacità era opprimente: nonostante fossi uno Shinigami ero semplicemente riuscito a tenere occupato il Kishin, un semplice giocattolo ai suoi occhi. La vergogna si mescolava amaramente all’umiliazione e mi impediva persino di uscire di casa, dove tutti mi avrebbero visto, e dove tutti mi avrebbero giudicato. Neanche la scuola mi attirava più: già immaginavo quante voci fossero state diffuse sulla mia assenza.
Tutto era tranquillo e silenzioso nella grande villa, con Patty e Liz profondamente addormentate. Misi una tazza di latte nel microonde e aspettai che si riscaldasse, pensando a quante volte quel compito era toccato a mia madre. «Kid, se bevi il latte crescerai forte».
Così lo bevevo tutto d’un fiato sporcandomi le labbra, e dandole poi un bacio sulla guancia che ogni sera le lasciava un alone di schiuma sulla pelle rosea.
Bere il latte è  così triste da quando non ci sei più. Sono cresciuto, ma forte proprio no.
Tra i mille pensieri che si accavallavano, presi la decisione coerente di andare alla Shibusen la mattina seguente, per l’ultima volta. 




************************ 
 

Se la testa mi scoppiava già quella notte, il risveglio fu anche peggiore. Comunicai alle mie compagne la decisione di lasciare la scuola, e per tutta risposta ricevetti pugni sulla testa e insulti a non finire. Sapendo di non poter fare comunque nulla per farmi cambiare idea, alla fine le sorelle si arresero e andarono a vestirsi.
Lentamente piegai in modo perfetto il pigiama e controllai che i miei abiti fossero sistemati al meglio: se quello era il mio ultimo giorno alla Shibusen, avrei lasciato un ricordo di me perfettamente simmetrico.
Dalla tromba delle scale urlai a Liz di sbrigarsi, e dopo qualche minuto uscimmo dalla grande villa. Attraversando il viale che portava al cancello della residenza osservai con quanta perfezione le rose fossero sbocciate nelle siepi che lo costeggiavano – un mio vanto personale, la cura del giardino.
Così impegnato com’ero nell’ammirarne la bellezza dei petali, non mi accorsi di Patty che si richiudeva il cancello alle spalle, né di Liz ferma davanti a me.
«Ohi Kid, guarda un po’ chi c’è». Mi affacciai oltre la sua spalla.
Dovetti aprire e chiudere le palpebre parecchie volte prima di capire chi avevo davanti.
Scarpe basse, fuseaux appena sopra il ginocchio, t-shirt smanicata con due bottoncini bianchi sullo scollo, una piccola tracolla sulla spalla, il tutto di colore nero fatta eccezione per una cintura bianca pendente a sinistra allacciata in vita. Fisico slanciato, i capelli violetti corti con ciuffi ribelli qua e là, e gli occhi blu come una notte senza stelle.
«U- uhm… buongiorno».
Non riuscivo a credere ai miei occhi. Krona?
«Buongiorno a te. Come stai? Ti trovo… diversa». Capii troppo tardi che la stavo squadrando da capo a piedi mettendola in evidente imbarazzo.
«Io… io… M- Maka ha detto che con la bella stagione è meglio non indossare vestiti soffocanti. Ho… ho forse qualcosa che non va?», disse con un filo di voce.
Il problema era proprio quello: non c’era nulla che non andasse in lei. Le ragazze non mi erano mai interessate particolarmente, ma non riuscivo comunque a toglierle gli occhi di dosso, perché al contrario di come la si poteva immaginare, Krona era davvero bella; i polpacci magri erano proporzionati alle braccia esili,  la vita era sottile e si allargava più in basso mostrando un accenno di fianchi, le spalle strette ma equilibrate si incontravano su un seno proporzionato e assolutamente non volgare.
Lei è… è simmetrica. Ma i capelli…
I capelli erano sempre i suoi, terribilmente senza senso. Ma osservandola fui costretto ad ammettere che non sminuivano la bellezza della ragazza, ma anzi accentuavano la forma del viso e degli occhi. Iniziai a domandarmi se tutte queste cose Krona le avesse già, se le stessi notando io per la prima volta, o se le avesse acquisite di recente.
«No, anzi. Stai molto bene», risposi dopo un po’ imbarazzandola ancora di più se possibile. Quanto coraggio ha dovuto racimolare per venire fin qui? E soprattutto, perché si è spinta tanto lontano da scuola?
«Grazie. Ehm… state andando a scuola?», chiese, scendendo dal muretto. Patty, allegra come sempre, le circondò le spalle con un braccio. «Hehe, io e Liz andiamo a comprare i pancakes prima. Vieni anche tu?».
Alzò gli occhi al cielo. «Veramente… a me non piacciono proprio».
«Oh, che schizzinosa! Vabbé, ci vediamo a scuola allora, e salutami Ragnarok quando si sveglia. A dopo, Kid!», e si allontanò tenendo per mano la sorella maggiore, e lasciandomi solo con quella che forse – e dico, forse – era la prima ragazza in assoluto che mi destava un certo interesse.
«Quelle due non cambieranno mai. Beh, non ci resta che andare». Dissi, facendo qualche passo.
«A- aspetta!».
Mi voltai, ritrovandomela alle spalle. «Ecco… io, vedi… ero venuta per darti una cosa».
Sentii la curiosità mescolarsi al terrore per qualunque cosa stesse per darmi: frugò nel marsupio, alla ricerca di chissà che. «Tu… mi hai portato una rosa quando stavo male, quindi ora che sei tu a stare male ne avevo comprata una per te, ma quell’ingordo di Ragnarok ieri sera l’ha mangiata… e ho dovuto fare… questa. », disse porgendomi un piccolo oggetto morbido.
Mi rigirai la bambolina tra le mani: un Kid tale e quale a me, con gli abiti identici e simmetrici, le tre strisce bianche nei capelli corvini e le iridi dello stesso colore assurdo.
Rosso in viso, abbassai lo sguardo per cercare le parole giuste per ringraziarla, e vidi le sue mani ricoperte di cerotti. «Che hai fatto alle mani?», domandai allarmato.
«Ah… non è niente. È… è solo che non facevo bamboline da un pezzo e l’ago mi scappava sempre di mano», rispose come se farsi male per farmi un regalo fosse la cosa più naturale del mondo. Stupida, non dovevi.
«Grazie, Krona», e stupendomi del mio stesso coraggio le presi una mano e ne baciai la punta delle dita, delicatamente, come se fosse un oggetto troppo fragile.
La vidi avvampare e girarsi dall’altro lato. «P- p- prego. Adesso andiamo o arriveremo tardi». Mi superò aumentando il passo.
Io la raggiunsi, infilandomi la bambolina nella tasca della giacca e tenendola stretta fra le dita. Pensai che forse potevo restare ancora un po’ alla Shibusen, non c’era nessuna fretta.
Forse era la primavera a farmi quell’effetto, o forse no. 

 


 


N.d.A. - Serata convulsa e mattinata ispiratrice *-*
Yohoho ohayoo a tutti!! Eccomi qui, sempre più fissata con Kid (Oooooh mio Shinigami ♥)
Ieri sera ero particolarmente in vena di scrivere, ma ho finito tardissimo quindi non ho potuto pubblicare. Ecco perchè oggi per farmi perdonare pubblicherò sicuramente 2 se non 3 capitoli! Perchè sono in vacanza, e perchè voglio arrivare al punto clue della storia *w*  Oh si, sono magnanima u.u
Portate pazienza quindi... la mia fantasia è in iperattività +____+ Bacioni
-Yuki♥

   
 
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