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Autore: Stregatta    22/04/2011    8 recensioni
- E poi, boh... L'idea di un oggetto freddo ed inanimato che prende vita grazie ad una collisione del tutto casuale è stupenda. Ti fa pensare che non c'è limite alle possibilità che... Che anche la situazione più estrema, in senso negativo, si possa risolvere un giorno, per caso... E per il più stupido dei motivi. Un asteroide che paragonato alla massa di un pianeta è poco più di sasso vicino ad una montagna. -
{Uno sfigato, uno svitato, uno che passava per caso.}
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Principio d'inerzia

- Era un tuo amico, quel ragazzo? -
Dominic smise di tormentare la sua insalata con la forchetta, che dall'inizio della cena non aveva neanche assaggiato, e sollevò lo sguardo dal piatto.
Diane lo fissava, il capo inclinato da un lato e le posate in mano, pronte ad attaccare la bistecca che aveva davanti.
- … un compagno di classe. - precisò Dom, con un sorriso tirato.
L'ultima cosa che voleva era che sua madre si mettesse a fare osservazioni sulle compagnie che frequentava – fortunatamente, non aveva riconosciuto Bellamy. Era già abbastanza seccante che avesse assistito allo scontro dalla finestra del salotto, nascosta dalle tende: se l'avesse saputo si sarebbe contenuto, in qualche modo... Forse.
Dom si inumidì le labbra, bofonchiando: - Ero arrabbiato. -
Ad essere del tutto sinceri, non si era nemmeno sfogato fino in fondo. Se l'orario non glielo avesse impedito, la sua batteria avrebbe preso tutte le botte che avrebbe volentieri destinato a tutt'altro soggetto.
- Che novità. -
Prima che Dom potesse replicare, si vide sbattere letteralmente sotto il naso il macinino del pepe che troneggiava accanto alla caraffa dell'acqua al centro del tavolo.
- Pepe di Caienna? Anche se non si direbbe si sposa molto bene, con la lattuga. -


Ciò che era accaduto quella sera aveva scosso i nervi di Dom più di quanto non volesse ammettere, nemmeno con sé stesso.
A scuola, ormai, controllava automaticamente che nessuno lo stesse seguendo o spiando – laddove “nessuno”, ovviamente, stava ad indicare una persona in particolare; nonostante tutto i giorni si succedevano scialbi e tranquilli come se nulla fosse cambiato tranne il suo umore, decisamente orientato verso una leggera paranoia che pian piano scomparve a favore di un rinnovato senso di sicurezza.
Se avesse trovato prima il coraggio di cantarle a Bellamy, invece di crogiolarsi in paure inutili...
Era solo un tipo un po' disturbato il quale non aveva ancora chiaro in testa il fatto che perseguitare le persone non fosse il modo migliore di guadagnarsi la loro fiducia ed amicizia. Era bastato fare la voce grossa per costringerlo a desistere e tornare alla sua solita, monotona ma sicura routine.
Lo intravedeva solo in corridoio, durante i cambi d'ora, o a mensa. Come in uno stupido film americano ambientato in un liceo scolastico, Bellamy era il ragazzo emarginato che mangiava da solo in un angolo. Almeno, la sua nomea gli forniva uno scudo virtuale da ogni possibile presa in giro – dare in escandescenze gli era servito a liberarsi dei dispetti cretini dei bulletti della scuola.
Anche se non incontrava nemmeno il suo sguardo, in quei casi, Dom non poteva fare a meno di sbirciarlo dal suo personale ed altrettanto solitario angolino dello sfigato.
Forse Bellamy vedeva in lui un compagno di sventura, uno spirito affine... Il che era senz'altro scorretto, perché perlomeno lui aveva una storia interessante, dietro. Dom, neanche quella.


Quel giovedì pomeriggio, Chris sfrecciò a testa bassa oltre la porta della biblioteca dalla quale Dom stava per uscire, senza dar mostra di essersi accorto della sua presenza sulla soglia.
Senza stare troppo a pensarci, Dom lo richiamò con un incerto: - Ehi. -
Chris si bloccò immediatamente, voltandosi.
Era accigliato, ed aveva i pugni serrati lungo i fianchi: subito dopo, però, sembrò rabbonirsi nel mormorare: - Oh, scusa, non so dove ho la testa... Ciao, come stai? -
Dom si pentì di averlo fermato – avrebbe dovuto capire che non tirava l'aria giusta per quattro chiacchiere di fronte alla macchinetta.
Però, che diamine, ormai era fatta.

- Potrebbe andare meglio. - si guardò la punta dei piedi, un po' imbarazzato.
- A chi lo dici... Lo stronzo ha deciso che non venire ad una prova è sufficiente per essere inseriti sulla sua lista nera personale. - si lamentò Chris, cacciando poi un lungo sospiro esasperato.
Continuò poi a parlare, stavolta con l'ombra di un sorriso sul volto stanco: - La volta scorsa ho saltato... Avevo le
mie prove, con la mia band. Fixed Penalty. -
Quel nome non suonava per niente sconosciuto alle orecchie di Dom.
- Mai sentiti nominare? -
I Fixed Cosi fanno cagare. Tu sei più bravo di Wolstencoso.
- … no, mi spiace. -
Chris non sembrò prendersela: si riaggiustò i riccioli sulla fronte, i quali ricaddero un istante dopo al loro posto.
- Figurati... In realtà come sound siamo ancora in fase di perfezionamento e... -
Si fermò nel bel mezzo del discorso, ammettendo poi:
- … ok, siamo una merda. È per questo che dobbiamo provare parecchio e spesso mettersi d'accordo con gli orari e i giorni è un macello per via della scuola e via discorrendo. -
Dom, mentre annuiva comprensivo, si chiese cosa fosse la repentina, fastidiosa fitta che gli puntellò la pancia in quel momento.
Ah, ok. Solo una pugnalata d'invidia alla bocca dello stomaco, niente di cui preoccuparsi.
Raggiunto il distribuitore delle merendine, Chris sembrò aver recuperato un po' del suo usuale buonumore.
- Bene, ti ho tirato su di morale... Adesso tocca a te. Hai bisogno di sfogare un po' di frustrazione? -
Dom scosse il capo, affermando ironico: - Credo di stare sviluppando un'allergia alla polvere ed alla carta... Per il resto tutto a posto. -
Il Mars di Chris piombò sonoramente sul fondo della macchinetta: prima di raccoglierlo, il ragazzo diede una breve occhiata a Dom per poi dire: - Posso farti una domanda? Così, per curiosità. -
- Uhm... Ok. -
- Te la fai con Matthew Bellamy? -
Quando Chris notò l'espressione di Dom, alzò le mani e precisò: - Non in quel senso, eh... Solo che vedo che ti gironzola attorno, da qualche tempo. Ti fissa molto, poi, in corridoio. -
-... davvero? - riuscì a spiccicare Dom, immobile e con gli occhi ancora sbarrati dallo stupore.
Di tutte le cose che potevano succedergli...

no, ok, la più sconcertante era ormai vecchia di qualche settimana ma quest'ultima era davvero, davvero, davvero un fulmine a ciel sereno – o forse no? Stupida, minuscola, tutti-sanno-tutto-di-tutti Teignmouth.
Chris non fece che confermare l'idea di Dom sulle lingue troppo lunghe dalle quali la scuola e l'intera città erano infestate senza speranza di potersene liberare una volta per tutte.
- Credo tu sia l'unico in tutta la scuola a non sapere della cotta di Matthew Bellamy per Dominic Howard del terzo anno. - ridacchiò, scartando il Mars.
All'altro era passato l'appetito, ed attendeva ulteriori spiegazioni.
- Quindi... -
- Ripeto, non so se lui abbia davvero certe tendenze, però... -
- … però? -
D'improvviso, Chris non dovette più trovare la faccenda così divertente: agitò una mano come a scacciare via ogni traccia delle chiacchiere appena evocate, bofonchiando a bocca piena: - Senti, sono solo pettegolezzi, lascia stare. -
- Riguardano me? - insisté Dom, cercando di capirci qualcosa.
- Oh, Dio... Non ti piacerà. -
- Che cosa? -
Chris tacque per un po', come a cercare il modo giusto di comunicare a Dom una notizia che sapeva sarebbe stata molto, molto sgradita.
Alla fine, riluttante, sputò il rospo.
- C'è chi crede che tu sia un po'... -
Non c'era neanche bisogno che tirasse fuori il gesto classico e non molto elegante del toccarsi l'orecchio, in realtà – Dom seppe subito dare la giusta interpretazione alla reticenza di Chris.
Senza dubbio, era quello il vero fulmine a ciel sereno.
Dom si mise le mani fra i capelli – troppo lunghi, troppo biondi, troppo puliti... Cazzo! - e mormorò: -... Cristo. -
- Dai, seriamente... È quella vacca di Julie che mette in giro delle voci solo perché non le sbavi dietro come tanti altri. - argomentò placido l'altro, per consolarlo.
Certo. Lui che era più alto di una spanna ed aveva già la barba che gli cresceva da una parte all'altra del viso fino a metà guancia e soprattutto non attirava l'attenzione di piccoli esaltati dal dubbio orientamento sessuale poteva permettersi di restare calmo.
Parlano di me... Anzi, di me e di Bellamy. Come se ci fosse davvero un “me e Bellamy” di cui parlare.
- Per quello che vale, mi sembri etero. Certo, con i capelli più corti faresti un altro effetto, ma... Cioè, non lo so. -
Grazie dell'aiuto, bello.
- Io devo trovare quel mostriciattolo... Giuro che lo farò a pezzi. -
- Non è colpa sua se Julie e chiunque l'ascolti sono dei cretini, eh. -
Chris gettò la carta del Mars nel cestino accanto a lui, e fece per tornare da Bowman; non prima però, di dispensare a Dom un consiglio.
- Tu apri le orecchie, ogni tanto, e non guardare sempre in basso quando cammini. -

Dom lo seguì, a partire dall'indomani.

Non gli era mai risultato tanto gravoso alzarsi al mattino ed andare a scuola, neanche quando temeva di vedere Bellamy spuntare dietro una porta, un armadietto, un vaso, un altro studente assieme al suo incisivo storto e le sue proposte idiote.
Stavolta, era tutto un dannatissimo liceo ad andargli contro – per far fronte alla situazione, l'unica era davvero provare a scrutare un minimo l'ambiente nel quale trascorreva la maggior parte della sua vita.
Così, Dom si impose di iniziare ad andare in giro a testa alta, dopo aver richiuso il suo armadietto – poteva essere il mini-poster dei Queen attaccato allo sportello a trarre in inganno? Insomma, non bisognava essere gay per apprezzare i Queen, no?
Una ragazza lo guardò per un nanosecondo, e lui sentì forte l'impulso di ritornare alle sue vecchie abitudini.
No. Sguardo fisso in avanti, Dom, devi capirci qualcosa.
Credette di vedere con la coda dell'occhio un gruppetto di tre tizi squadrarlo attentamente e ridere. Un'altra ragazza attirò la sua attenzione – una faccia nuova, ed anche piuttosto carina. Chissà di quale anno era.
Non era male, in fondo, e con un po' di allenamento avrebbe anche smesso di sentirsi come se qualcuno gli avesse infilato un manico di scopa su per il culo allo scopo di fargli raddrizzare schiena e testa, probabilmente.
Il suo ottimismo andò a farsi benedire quando, tra decine di studenti in transito per il corridoio, si trovò di fronte quello dal quale voleva più tenersi alla larga.
- Dominic... Ciao. -
Perché doveva mettersi addosso quei colori così sgargianti, e stridenti? Perché doveva parlare a voce così alta?
Tremando dal nervosismo, Dom mugugnò: - Stammi lontano, io non ho alcuna intenzione di darti quello che cerchi. - e sorpassò Bellamy, il quale tentò di fermarlo afferrandogli una spalla.
- Ma aspetta...! -
Forse avrebbe potuto ascoltarlo – quel particolare, sordo senso di colpa che associava a Bellamy si era ripresentato e gli bruciava sugli zigomi e gli annodava la gola – ma... C'erano quei ragazzi laggiù, e Dom sibilò istintivamente: - Non mi toccare. -
Non era cattiveria, ma... Non era cattiveria, punto.
Era difficile spiegarlo a Bellamy, però.
- “Devi solo chiedere scusa, Matthew, vedrai che ogni cosa si sistemerà”... Seh, come no. -
Acre ed astioso, mentre indietreggiava senza smettere di fissarlo negli occhi, Bellamy sputò: - Scusami, signor Preferisco Dar Retta Ad Una Puttana Bugiarda Qualunque Piuttosto Che Allo Scemo Del Villaggio. -
Si voltò, allontanandosi a passo di carica.
Il pericolo era passato – di quale pericolo si trattava, però, restava un mistero.


A mensa, Bellamy era assente – almeno fisicamente.
Un pettegolezzo rimbalzava di bocca in bocca fra i tavoli, deformandosi ed ingigantendosi ad ogni salto.
- Hai sentito di Bellamy? Oggi ha risposto male ad una prof e dicono che lo rispediranno in istituto! -
-... e ha tirato fuori un cacciavite! Voleva cavare gli occhi alla Geoffrey! -
-... l'hanno trattenuto in tre, a quanto pare sembrava indemoniato... -
- … bestemmiava e si contorceva come un pazzo. Insomma, come sé stesso, ecco. -
Quando arrivò casualmente alle orecchie di Dom, il resoconto del gesto di Bellamy era divenuto un racconto a metà fra lo splatter ed il thriller psicologico: nonostante fosse ormai consapevole di come i suoi compagni di scuola riuscissero a tessere elaborate panzane con la perizia di un cantastorie medievale e quindi fosse preparato a distinguere la tara aggiunta dal resto della storia, qualcosa di vero doveva pur esserci se Bellamy non si era presentato a pranzo, né alle lezioni del pomeriggio, né il giorno dopo e l'altro ancora.
Cosa diavolo gli era scattato nella testa, di nuovo? E perché?

era stata colpa sua?

La Pennyworth era in ritardo. Il che non accadeva da decenni, probabilmente.
Dominic guardò l'orologio, aprendo poi la finestra per scuotere fuori il piumino impolverato.
Forse il suo criceto era morto e stava celebrando il suo funerale – da quanti anni lo aveva in casa? I criceti non vivevano a lungo, no?
Prima di trovare una risposta al quesito, la signora Pennyworth si palesò sulla soglia della biblioteca.
Stravolta e con gli occhiali un po' storti sul naso, attraversò la stanza con una velocità insospettabile, vista la sua stazza, fermandosi di fronte a Dom.
Allungò un indice verso di lui, e sbraitò con il fiato mozzo e gli occhi ridotti a due fessure: - Da oggi in poi non ti allontanerai dall'aula senza un mio esplicito permesso o ordine, giovanotto. -
- Cos... Perché? - ribatté Dom, confuso prima ancora di essere arrabbiato.
Un rumore di passi distrasse entrambi, portando la loro attenzione sull'uscio occupato dalla figurina scarmigliata di un corrucciato Matthew Bellamy.


Capitolo un po' di transizione, definiamolo così. Dovevo far precipitare gli eventi. XD
Come sempre, anche in questo caso mi rimetto al giudizio di chi leggerà il capitolo per capirci qualcosa – quando ti trascini una cosa tanto a lungo non riesci neanche ad essere tanto obiettiva, nel giudicare il tuo operato, quindi... Ok. Mi dileguo e vi lascio il tutto.


Grazie in anticipo, a presto. ♥

   
 
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