Capitolo 1
“Se ne mangi ancora uno
scoppierai, Bunny!”
“Oh, non dire sciocchezze! E poi non è colpa mia,
Morea
fa dei pasticcini deliziosi! Guardali, si fanno mangiare!”
Posati su di un bel tavolo di
legno, posto al centro di
una deliziosa cucina che profumava ancora di nuovo, vi erano due vassoi
colmi
di pasticcini dall’aspetto e profumo squisiti, opera di Morea
ormai cuoca
provetta ed affermata.
Erano passati tanti anni da quando
le ragazze, cioè
Morea, Amy, Bunny, Marta e Rea, si erano conosciute ed ogni
mercoledì si
ritrovavano a casa di una o dell’altra, a turno, per
rimpinzarsi di dolci. Era
la loro “serata delle dolcezze”, durante la quale
chiacchieravano,
spettegolavano, guardavano film e poi dormivano tutte assieme. Il loro
era un
gruppo di solide amiche, nato per caso e consolidatosi negli anni,
grazie al
rispetto e al grande affetto che nutrivano l’una per
l’altra.
Bunny, che quella sera ospitava le
amiche, era la
mangiona. Sorrideva sempre, giocava, scherzava e con la sua immensa
dolcezza sapeva
sempre essere di conforto. Dopo gli anni tormentati dalla poca voglia
di
studiare durante le scuole superiori, Bunny aveva però
acquisito una certa
maturità che l’aveva spinta ad iscriversi
all’Università, dove attualmente
studiava Lettere. La sua passione per la letteratura era nata grazie ad
Amy,
che le aveva prestato un romanzo tanti anni prima, quasi obbligandola a
leggerlo. A Bunny si era aperto un mondo meraviglioso che la ragazza
aveva
desiderato conoscere meglio.
Amy, invece, era sempre stata
quella studiosa ed
estremamente intelligente, futura dottoressa alle prese con i lunghi ed
estenuanti studi medici, gentile e cordiale, amichevole e comprensiva.
Rea era la guerriera del gruppo,
quella forte, ribelle,
indipendente e anticonformista. Faceva la cantante e, con il suo
gruppo, si
esibiva quasi ogni sera nei locali più famosi della
città. Sognava la fama
mondiale e le amiche erano convinte che, un giorno, ce
l’avrebbe fatta.
Morea era, appunto, la cuoca del
gruppo. Dopo anni di
gavetta era riuscita ad aprire un piccolo ristorante che, nel giro di
un paio
di mesi, era divenuto estremamente popolare nel quartiere della
città in cui
aveva sempre vissuto, meta di avventori soddisfatti dalla cucina
semplice e
salutare.
Ed infine c’era Marta,
la “reginetta di bellezza” del
gruppo, come amavano chiamarla scherzosamente le amiche. Alle spalle
aveva un
passato come modella ma, non piacendole l’ambiente un
po’ troppo lascivo, la
giovane donna aveva aperto un meraviglioso salone di bellezza, nel quale lavoravano
estetiste e parrucchiere
personalmente selezionate da lei che, come una vera esperta, offriva
consigli
estetici alle sue affezionatissime clienti. Il suo sogno, a dire il
vero,
sarebbe stato quello di aprire un atelier di alta moda ma, scoprendosi
abile
nel suggerire acconciature e make up alle amiche, aveva deciso di
cimentarsi in
questa impresa.
Quella sera, Marta era
l’unica a non essere ancora
arrivata. A differenza di Morea, il cui locale restava chiuso il
mercoledì,
Marta lavorava tutta la settimana. Bunny ed Amy, ancora studentesse, la
sera
erano quasi sempre libere tranne le volte in cui si dedicavano a
lavoretti part
time e Rea, la bella cantante mora, cercava sempre di non prendere
impegni in
quel giorno della settimana.
“Che ore
sono?” domandò Bunny, con la bocca piena di
dolci
“Quasi le otto” rispose Morea, addentando un
pasticcino
“Tra poco Marta sarà qui”
“Lascia qualche pasticcino anche per lei, ingorda!”
rise
Rea, rivolgendosi all’amica bionda
“Ancora uno e poi basta, lo giuro!”
“Sì, certo. Promessa da marinaio”
ridacchiò Amy,
divertita.
Pochi istanti dopo, come previsto
da Morea, un vortice
biondo invase la cucina in cui sedevano le ragazze. Fra di loro la
confidenza
era tale che si erano sempre comportate, in casa delle altre, come
fossero
nella propria. Non esistevano campanelli o citofoni – o
meglio, c’erano ma
nessuna di loro li usava. Bunny, ad esempio, poteva entrare in casa di
Amy
quando le pareva, senza per forza di cose suonare. Questo sistema
aveva,
qualche volta, generato lievi momenti di imbarazzo come quando Morea si
era
precipitata a casa di Rea per portarle una porzione del suo piatto
preferito e
aveva trovato l’amica seminuda, sul divano, avvinghiata al
chitarrista del suo
gruppo.
Oppure come la volta in cui Amy era entrata in casa di
Bunny e se l’era ritrovata di fronte completamente svestita,
appena uscita
dalla doccia, che ballava e danzava al ritmo frenetico di una canzone
del
momento.
Tutti questi inconvenienti, però, non avevano
assolutamente spinto le ragazze a cambiare abitudini. Semmai, aprivano
solo la
porta più lentamente, per sbirciare prima
l’interno ed evitare altre situazioni
di quel genere. Tutto sommato, però, si erano anche fatte
grosse risate
ricordando quei momenti e si erano ripromesse che, fino a quando non
avrebbero
formato una famiglia (che, inevitabilmente, avrebbe modificato i loro
ritmi di
vita) avrebbero continuato in quel modo.
“Ragazze!”
tuonò Marta, non appena ebbe messo piede in
cucina. Era visibilmente affannata, rossa in volto e con la voce
tremolante
“Marta, che succede?” domandarono, quasi in coro,
le
amiche
“Voi non avete idea! Non potete immaginare cosa ho
scoperto!”
“Sì, abbiamo capito, ma parla” la
incalzò Morea
“Una mia cliente mi stava raccontando un sacco di
pettegolezzi dell’alta società e ho scoperto
qualcosa di sensazionale”
“COSA?” strillarono tutte quante
“La signora Mill mi ha detto che… udite
udite… Michelle
Kenderson sta per sposarsi!”
“Sì! Ma non vi ho ancora detto il
resto… Si sposerà quest’anno,
la signora Mill non ricordava la data precisa, in quel castello
fantastico in
collina, quello di proprietà del Barone Anderson. Ci
sarà tutta la gente che
conta, comprese alcune celebrità. Quando l’ho
saputo, mi si è contorto lo
stomaco dal nervoso”
Le amiche, ormai dimentiche dei
dolci, si persero ognuna
nei propri pensieri. Pensieri che vagavano in teste diverse ma che,
comunque,
erano simili se non addirittura uguali.
Per non si sa quale motivo, Michelle aveva preso in
antipatia le cinque ragazze fin dal primo giorno in cui le aveva
conosciute,
forse per invidia nei confronti della loro amicizia e, per tutta la
durata
della scuola, aveva fatto loro innumerevoli dispetti, messo in giro
pettegolezzi
del tutto inventati, umiliate più di una volta nei corridoi
della scuola ed
escluse perennemente dalle sontuose feste che organizzava nella sua
villa.
Michelle, insomma, rappresentava
alla perfezione lo
stereotipo della ragazza straricca, viziata, antipatica e vanesia.
Al termine delle superiori
Michelle era partita per una
serie di viaggi all’estero e le ragazze avevano saputo che si
era iscritta,
qualche anno prima, ad una università europea. Non la
vedevano da anni e
Morea, da sempre mascolina, era convinta di intimidire
gli uomini dato che le sue storie non duravano mai più di
sei mesi.
Marta, inguaribile romantica, portava ancora incise sul cuore
le cicatrici lasciatele da un amore a distanza, amore che la ragazza
aveva
cercato di difendere con tutta sé stessa ma che i
chilometri, lunghi ed
inesorabili, avevano finito per logorare.
Rea, invece, dopo una breve relazione con il chitarrista
del suo gruppo aveva deciso di lasciar perdere l’amore per
concentrarsi sul
canto, anche se le mancava la presenza di qualcuno che, la notte,
dividesse il
letto con lei e la mattina le desse il buongiorno.
E poi Bunny. Bunny che parlava raramente della sua storia
d’amore perché era stata così lunga e
così importante che non avrebbe mai
pensato di vederla finire. Aveva già immaginato le sue nozze
con Marzio, aveva
immaginato i nomi da dare ai loro figli, l’arredamento della
loro casa, il
viaggio di nozze. Aveva sognato queste cose per tutti gli anni della
loro
storia che, due anni prima, era finita. Finita senza un
perché, finita con lui
che prendeva un aereo e volava via da lei, lontano.
Le era sembrato, quando lui
l’aveva lasciata, di scorgere
delle lacrime trattenute nei suoi occhi ma, col tempo, aveva realizzato
che non
sarebbe stato possibile: se lasciarla lo faceva piangere,
perché l’aveva fatto
dunque? Così, col passare dei mesi, si era convinta che lui
aveva davvero
smesso di amarla e, da quel giorno, non l’aveva
più visto né sentito. Così come
non aveva più sentito nemmeno il suo cuore che, da due anni,
batteva per forza
d’inerzia ma mai per qualcuno a parte Marzio.
“Non lo so, la signora Mill non si ricordava il
nome”
“Non si ricorda un cazzo quella!” sbottò
Rea, nervosa
“Ha solo detto che è un tizio inglese”
“Pure inglese?!” aggiunse Morea “Che
stronza. Di sicuro
sarà ricco più di lei, bellissimo, elegante,
raffinato”
“Non dire stronzate”
l’apostrofò Rea “Un tizio simile non
potrebbe innamorarsi di Michelle! Non dico che sia un cesso ma
è antipatica,
ignorante, opportunista e fancazzista”
“Rea, non essere così scurrile” la
apostrofò Amy “Dai”
“Dai Rea! Non sono stupida, so anche io le parolacce,
solo che non mi piace dirle”
“Per favore… dai, v-a-f-f-a-n-c-u-l-o,
dillo!” riprese
“Sai, la signora Mill mi ha anche detto che uno stilista
italiano farà l’abito su misura per
Michelle” aggiunse Marta, con fare
malizioso
“Non mi interessa” mormorò Amy
“E che un cantante americano, amico del padre, si
esibirà
durante il ricevimento”
“Affari suoi” continuò Amy
“E… Brad
Cooper sarà fra gli ospiti speciali” concluse
Marta, facendo proprio il nome dello scrittore preferito di Amy, un
illustre
letterato recente vincitore di un prestigioso premio, che Amy sognava
di
incontrare da sempre
“Eh no cazzo, questo no! Vaffanculo!”
sbottò la ragazza,
alzandosi in piedi “Brad Cooper alle nozze di quella stronza
infame no! Che
cazzo Marta, mi prendi per il culo?”
“Non ci ho visto più!” ammise Amy,
arrossendo “Scusatemi”
“Comunque, non è vero che ci va Brad
Cooper” rivelò Marta
“Me lo sono inventato! Ma ammetti che ora ti senti
meglio”
“Marta sei… guarda, sei… non farmelo
dire!”
“Su dai, stai meglio no?”
“Ok, lo ammetto. Sto meglio. In certi casi le parolacce
sono liberatorie” disse, ridendo.
Oltre a questo, vorrei anche precisare che il titolo della FF si rifà alla canzone omonima dei Foo Fighters.
Fatemi sapere che ne pensate ^^