- DAY 5 -
T'amo senza sapere come, né quando né da dove,
t'amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così,
in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
- Pablo Neruda
Nate
Crowford si maledì mentalmente.
Quando
aveva sacrificato un rene e la milza per salvare Alaska Ross da uno
psicopatico assassino, aveva pensato di essere finalmente a posto.
Che dopo mesi e mesi passati a cedere, certo sempre con riluttanza,
ma pur sempre cedendo purtroppo per lui, sarebbe stato finalmente
immune alle richieste assurde e fuori luogo dell'eccentrica
antropologa. Invece, nonostante i suoi costanti sforzi, faceva ancora
fatica a rifiutarle qualcosa. Crowford attribuiva quella sua unica
debolezza al fatto che Alaska restava l'unica persona al mondo a non
essere minimamente intimorita dalla sua immagine di agente federale
burbero e irritabile, e, cosa del tutto incomprensibile dal suo punto
di vista, che la giovane scienziata era, nonostante i propri sforzi
di sostenere il contrario, la sua migliore amica.
Proprio
per questo motivo, quando quella mattina la ragazza l'aveva chiamato
per invitarlo ai laboratori di Quantico dove avrebbe tenuto una
lezione speciale insieme al suo vecchio collega e mentore, e gli
aveva chiesto con una vocetta sottile e implorante di passare a
trovarla, lui non era riuscito a dire di no. Aveva grugnito una
risposta difficilmente interpretabile e, salito in macchina, si era
diretto verso l'accademia dell'FBI a Quantico, informando i suoi
colleghi che non sarebbe passato dall'Hoover Building per quella
giornata.
Nate
sbuffò sonoramente mentre aspettava, picchiettando
impazientemente
l'indice seguendo il tempo della lancetta dei secondi del proprio
orologio. Era sul punto di tirare fuori il cellulare dalla tasca per
chiamare Alaska e intimarle di sbrigarsi quando le porte
dell'ascensore si aprirono gettando nel corridoio una macchia verde
mela.
“Ross!”
chiamò con voce cavernosa, attirando così
l'attenzione della
giovane antropologa che stava scivolando goffamente su delle scarpe
da ginnastica munite di rotelle cercando al contempo di tenere in
equilibrio uno scatolone enorme dall'aspetto pesante.
“Nate,
sei venuto!” trillò Alaska rivolgendogli un
sorriso radioso,
mentre l'agente federale le strappava letteralmente la grossa scatola
dalle mani, reggendola come se non fosse affatto pesante.
“Certo
che sono venuto.- sbottò, stringendo gli occhi grigi- Hai
detto che
era importante.”
“Oh,
e lo è!” gli assicurò la giovane
annuendo.
Crowford
si guardò intorno circospetto “Lo spero davvero.
Sai che io odio
profondamente i secchioni.” spiegò, additando i
personaggi che si
aggiravano tra i corridoi che portavano alle aule di aggiornamento
scientifico-forense di Quantico.
“Quindi
odi anche me?” domandò Alaska, sporgendo
impercettibilmente il
labbro inferiore.
Nate
fece roteare gli occhi “Non fare la melodrammatica, Ross. Sai
che
sei l'unica persona della squadra forense con cui riesco ad
interagire.”
L'antropologa
non cambiò espressione, assumendo agli occhi del burbero
federale un
aspetto affranto decisamente troppo somigliante a Bambi braccato da
un cacciatore “Solo questo?- continuò con gli
occhi enormi
imploranti- Interagire?”
“Non
credo che tu mi abbia fatto venire fin qui solo per avere
rassicurazioni sulla nostra amicizia.” borbottò
imbarazzato
Crowford distogliendo lo sguardo: non era per niente avvezzo a
parlare dei propri sentimenti.
“Infatti!-
esclamò Alaska, apparentemente già dimentica
dell'argomento appena
trattato- Oggi inizia il ciclo di lezioni di Davon per gli
specializzandi in scienze forensi e...”
“Ti
prego, non dirmi che devo rimanere per tutto il tempo di una
simulazione!- la interruppe immediatamente l'uomo, fulminandola con
lo sguardo- Ho già a che fare tutti i giorni con
ritrovamenti di
cadaveri veri e non credo di poter sopportare di vedere degli
incapaci cercare di riportare alla luce un cadavere finto.”
Ross
scosse la testa, mentre additava l'aula in cui probabilmente gli
iscritti al corso di aggiornamento stavano già aspettando
“Oh, no,
oggi non ci saranno le simulazioni. Davon vuole che i partecipanti al
corso facciano un test d'ingresso. Non vuole perdere tempo con
persone non preparate e, oltretutto, per le simulazioni devo ancora
recuperare un bel po' di materiali. Hai idea di come sia difficile
trovare dei piranha per il mio ciclo sulla scarnificazione non lesiva
del tessuto osseo contaminato?”
“Non
me ne parlare. Quando ordino dei piranha la FedEx mi causa sempre un
sacco di guai.” commentò con un ghigno sul viso
dai tratti
regolari, mentre notava che nessuno nella stanza si era accorto del
loro arrivo.
“Davvero?-
domandò Alaska interessata- Li hai presi come animali da
compagnia?”
Nate
sospirò, chiudendo gli occhi per qualche secondo
“Ignora il fatto
che ho tentato di nuovo di essere ironico con te senza successo, e
continua a raccontarmi quello che devi.”
“D'accordo.
Che cosa stavo dicendo?”
“Blateravi
di piranha, scheletri e una lezione per secchioni fissati con
cadaveri.- riepilogò l'uomo stringendosi nelle spalle
muscolose- Il
solito.”
“Giusto!Devo
andare a distribuire i test d'ingresso di Davon e poi dobbiamo salire
alla Bau.”
“Perché?”
chiese sospettoso Crowford. Non aveva calcolato di dover andare negli
uffici dell'Unità di analisi comportamentale.
“Per
quel favore di cui ti parlavo.” spiegò la giovane
con ovvietà.
Nate
si sistemò meglio la scatola che reggeva ancora fra le mani
sottobraccio e allungò un indice ammonitore verso la sua
partner di
indagine “Ross, io non intendo, e sottolineo non,
dare ripetizioni di difesa personale al tuo ragazzo
rachitico.”
Alaska
aggrottò le sopracciglia, confusa “Ma non volevo
chiederti
questo.”
“Ok,
Ross, distribuisci pure i tuoi compiti a quel branco di scimmie
ammaestrate e poi mi parlerai di questo fantomatico favore.- disse,
ancora non del tutto certo di non doversi preoccupare per la
richiesta che gli sarebbe stata fatta di lì a poco- Sempre
che tu
riesca ad attirare la loro attenzione.”
“Ma
certo, perchè non dovrei riuscirci?”
domandò la ragazza,
voltandosi verso la classe in attesa e fissando i presenti
incuriosita.
“Perchè da quando ti conosco non ti ho mai sentita
alzare la voce con nessuno.” le ricordò Crowford.
“Non
è necessario alzare la voce per attirare
l'attenzione.” gli
ricordò Ross, rivolgendogli un largo sorriso mentre estraeva
dallo
scatolone sorretto dal collega un fascicolo dalla copertina di
cartoncino giallo.
“Ah
no?- ribatté Nate alzando un sopracciglio prima di indicare
quello
che sarebbe stato il reticente pubblico dell'antropologa- Perfetto,
Ross. Stupiscimi.”
Alaska
si allontanò da lui aria serena, raggiungendo la cattedra
davanti
all'enorme lavagna di vetro scivolando sulle proprie adorate scarpe
con rotelle per poi appoggiare sul ripiano fino ad allora sgombro il
voluminoso fascicolo che aveva appena recuperato.
Crowford
ghignò vistosamente, accorgendosi che nessuno, nemmeno fra
gli
occupanti delle prime file, si era reso conto dell'ingresso in aula
dell'antropologa. Ross, dal canto suo, non sembrava per niente
preoccupata e iniziò a frugare nella propria borsa: quando
trovò
finalmente quello che cercava sorrise soddisfatta.
Pochi
secondi dopo, nella stanza rieccheggiò un rumore acuto che
fece
sobbalzare tutti sul posto, riuscendo perfino a bloccare i passanti
nel corridoio attiguo.
Nate
sgranò gli occhi sorpreso e, come tutti, puntò
gli occhi verso la
ragazza che reggeva ancora fra le mani la piccola tromba da stadio
con un'espressione serafica dipinta sul volto sorridente.
“Buongiorno
a tutti!” trillò, con una luce brillante negli
occhi color cielo.
Gli
iscritti al corso non risposero al saluto, ancora troppo intontiti e
sorpresi dal modo in cui la giovane aveva attirato la loro
attenzione.
Alaska
non smise si sorridere, mentre si presentava “Mi chiamo
Alaska Ross
e sarò l'assistente del dottor Stein durante questo corso.
In attesa
del suo arrivo, vi farò una breve presentazione di quello
che faremo
in queste due settimane.- la giovane allungò una mano, per
indicare
lo scheletro che troneggiava di fianco alla cattedra- Duecentosei.
È
il numero delle ossa di un essere umano in età adulta ed
è anche il
numero degli indizi che abbiamo a disposizione per identificare un
cadavere. Sono circa ventisette gli stadi di decomposizione del corpo
umano e questo corso vi aiuterà a capire come agire qualora
vi
troviate di fronte un corpo apparentemente non identificabile e le
cui cause della morte non sono certe. Attraverso questo corso
imparerete a capire ciò che è possibile capire
della vita di una
persona, e della sua morte, semplicemente basandosi sull'analisi
delle ossa.”
“Noi non siamo antropologi forensi,
lei e il dottor Stein lo sapete questo, vero?”
domandò una ragazza
seduta in ultima fila, gli occhi scuri nascosti dietro a due lenti
estremamente spesse.
Ross le sorrise incoraggiante “Lo
sappiamo.- confermò- Ma siete patologi, tecnici di
laboratorio o
analisti forensi addetti allo studio della scena del crimine:
è
ovvio che non potrete imparare tutto quello che c'è da
sapere
sull'antropologia forense in soli quindici giorni, e che queste
lezioni non possono rendervi degli esperti...”
“Quindi l'obiettivo che vi ponete
qual è?” domandò un uomo dalla barba
incolta, alzando lo sguardo
dal portatile che teneva in grembo.
“Insegnarvi a capire quando è
necessario chiamare un antropologo forense, ad esempio, e quando
invece avrete bisogno di un archeologo forense oppure semplicemente
di un patologo.- spiegò quindi Alaska- Imparerete ad
analizzare la
scena e a recuperare elementi che potrebbero essere utili a un
antropologo prima del suo arrivo che, purtroppo, solitamente non
è
così tempestivo perché non tutti i dipartimenti
di polizia hanno un
consulente fisso a cui affidarsi in caso di ritrovamento di resti
scheletrizzati.”
Ross
fece saettare i propri vivaci occhi color cielo su tutti i presenti,
prima di continuare a parlare “Quello a cui crediamo
fermamente è
che la pratica porti alla perfezione, quindi non aspettatevi delle
lezioni frontali. Ho preparato delle esercitazioni pratiche e, vi
prego, se avete uno stomaco delicato portatevi da casa i sacchettini
per il vomito.”
“Ci
saranno cadaveri veri?” domandò una studentessa,
una tecnica del
laboratorio di Dna non del tutto abituata alla visione di resti
umani.
Alaska
scosse la testa “No, certo che no, anche se andremo a fare un
giro
in obitorio. Ma le mie esercitazioni sono piuttosto realistiche, ho
avuto già casi di svenimenti e affini prima d'ora.”
Uno
studente dall'aria annoiata alzò la mano
“Inizieremo subito con
queste esercitazioni, quindi?”
“No.
Il dottor Stein richiede un certo livello di preparazione a chi
desidera partecipare ai suoi corsi, quindi dovrete affrontare un
piccolo test di selezione.”
L'attenzione
di tutti si amplificò all'istante: nessuno aveva detto loro
che
avrebbero dovuto sostenere un test “Di che si
tratta?”
“Vi
ho preparato dei fascicoli che riportano dei casi già
risolti.-
spiegò Alaska, iniziando a consegnare i fogli contenuti
nella
propria cartelletta- Voi dovrete indicare per quali avreste
interpellato un antropologo forense e come avreste gestito le
indagini iniziali in attesa del suo intervento. Dopodiché,
dovrete
osservare e catalogare le foto di ossa che vi ho consegnato.
Attenzione, alcune sono di animali: un piccolo espediente per capire
se siete in grado di riconoscere le ossa umane e quindi non far
partire un'indagine a spese dei contribuenti solo perché
qualcuno ha
trovato le ossa di un orso. Ci sono domande?”
“Quando
vedremo il dottor Stein?” domandò la ragazza con
gli occhiali in
fondo all'aula, mentre sfogliava scettica le foto nel fascicolo che
le era capitato.
“Non
appena si presenterà in aula, ovvio.- rispose l'antropologa
scrollando le spalle- Oh, già che me lo avete ricordato, ci
sono
alcune regole per controllare le interazioni con lui. Il dottor
Stein non vuole essere interrotto durante le sue spiegazioni, quindi
vi consiglio di segnarvi le domande e farle a fine lezione. E non ama
chi continua annuire mentre parla, quindi non fatelo o vi riterrebbe
dei saputelli, che lui detesta. Oh, e poi non sopporta i tic nervosi
come continuare a schiacciare i tappi delle biro, o pestare i piedi,
o far dondolare le gambe...Una volta ha letteralmente gettato fuori
dall'aula uno studente che masticava una caramella troppo
rumorosamente, ma di solito le sue lezioni sono piuttosto divertenti,
ve lo posso assicurare.”
Alaska
si interruppe, picchiettandosi il dito sul mento mentre cercava di
pensare se ci fosse qualcos'altro che la classe doveva sapere e,
quando non le venne in mente niente, rivolse agli iscritti al corso
un sorriso radioso “Bene, credo che questo sia tutto. Avete
mezz'ora per il vostro test: non fatevi distrarre dal dottor Stein,
quando arriverà.”
Crowford,
che era rimasto alla porta tutto il tempo ad osservare la scena,
fissò la propria partner con occhi carichi di stupore mentre
trotterellava nella sua direzione e abbandonava l'aula.
“Accidenti,
Ross!- esclamò, sinceramente colpito- A parte la tromba da
stadio,
sembravi davvero una persona adulta, per una volta.”
La
ragazza aggrottò le sopracciglia “Non capisco se
è un complimento
per come ho tenuto l'introduzione al corso oppure....Davon!”
Nate
spalancò gli occhi, quando la ragazza cambiò
repentinamente tono e
si girò in seguendo la direzione del suo sguardo. Un vecchio
dall'aria imbronciata, che indossava un ridicolo papillon rosso
fuoco, si stava dirigendo nella loro direzione, i suoi passi
claudicanti sostenuti da una stampella d'acciaio dall'aspetto duro
quanto quello del suo proprietario.
“Davon!-
trillò di nuovo Alaska, e Crowford si aspettò
quasi di vederla
scodinzolare per quanto era evidente la sua adorazione per
quell'uomo- Non vedevo l'ora che arrivassi!Vieni, ti devo presentare
una persona.”
Ross
si frappose fra i due, sorridendo felice “Davon, lui
è Nathaniel
Crowford, il mio partner nelle indagini.- lo presentò,
indicandolo
con una sventolata di mano- Nate, lui Davon Stein, il mio
mentore.”
Sul
volto di Nate si dipinse un ghigno obliquo “Dunque tu sei il
vecchio che chiama ad ogni ora del giorno e della notte ignorando il
fatto che DC ha un fuso orario diverso da quello delle
Hawaii?”
“E
tu sei il cafone che le strappa di mano il telefono e mette fine alle
chiamate perché vuole avere la sua attenzione tutta su di
sé?”
ribatté a tono Stein, alzando un sopracciglio bianco e
cespuglioso.
“Sapevo
che sareste andati d'accordo!” cinguettò Alaska
battendo le mani.
I
due uomini la fulminarono con lo sguardo simultaneamente, curandosi
di mettere abbastanza stizza nei propri gesti, Crowford mentre
incrociava al petto le braccia possenti, Davon mentre gonfiava le
guance in uno sbuffo trattenuto.
“Oh,
perfetto.- sentirono sospirare alle loro spalle- A quanto pare il
mondo oggi sta cospirando contro di me. Satana in persona, il figlio
di Satana e Biancaneve in un colpo solo.”
“Davvero?-
domandò Ross guardandosi intorno- Dove sono?”
“Ross,
la vecchia strega si stava riferendo a noi.”
La
dottoressa Tanaka non sembrò curarsi del soprannome che le
era
appena stato affibbiato “Oh, a quanto pare, Texas,
è il tuo
partner a tenerti ancorata con il mondo reale, ora. In ogni caso,
Stein, perché non sei in aula?”
“Perché
sapevo che avresti selezionato un branco di incapaci e ho preparato
un test per scoprire chi è effettivamente in grado di capire
quello
che dico e chi è dotato di pollice opponibile solo per uno
scherzo
della natura.” spiegò il luminare
dell'antropologia, alzando il
mento non perfettamente rasato.
La
donna di origini nipponiche puntò un dito verso la porta
dell'aula
“Quegli studenti sono tutti perfettamente qualificati: sono
tutti
patologi, tecnici di laboratorio e stagisti dei miei
laboratori.”
“Esattamente.-
confermò Stein con un sorriso sprezzante- I tuoi
laboratori: non la migliore presentazione.”
“Che
cosa vorresti dire?” gli occhi della Tanaka si erano ridotti
a due
fessure.
“Che
nonostante tu sia una brava patologa le tue capacità di
comprendere
l'antropologia forense sono decisamente sopravvalutate.”
spiegò
semplicemente l'uomo, stringendosi nelle spalle.
“Stein!”
ringhiò Amy, estremamente spazientita.
Alaska
sventolò una mano fra i due litiganti, mentre Nate sembrava
apprezzare il divertente siparietto che si era ritrovato davanti.
“Davon?-
chiamò la ragazza con tono supplichevole- Io andate agli
uffici del
Bau, ricordi?”
L'anziano
antropologo fece sventolare una mano “Sì,
sì, certo. Credo che
con il ritmo con cui questi tizi stanno procedendo alla
catalogazione, potresti anche rimanere là per tutta la
mattina...”
“Davvero?”
domandò felice Ross, intrigata da quella prospettiva.
“No.-
tagliò corto l'uomo, puntandogli addosso uno sguardo serio-
Ti do al
massimo un quarto d'ora.”
“Stein,
non ti permetterò di escludere dal corso nessuno, lo sai,
vero?”
continuò a protestare la Tanaka, seguendo l'antropologo
all'interno
della classe.
“Se
volevi farmi trattare con incompetenti potevo tenere un corso in un
asilo!” sbottò quindi lui, sbattendosi la porta
alle spalle.
Prima
di dirigersi verso gli ascensori, Alaska e Nate si scambiarono
un'occhiata divertita. L'agente federale fece roteare gli occhi,
riacquistando il giusto distacco quasi immediatamente e
afferrò la
tazza di caffè, ormai freddo, che aveva abbandonato poco
prima
dell'arrivo dell'antropologa.
“Qual
è il problema di quei due?” domandò
Crowford alzando un
sopracciglio mentre si infilava in ascensore seguendo la giovane
antropologa.
Alaska
fece sventolare una mano “Nessuno. Fanno così
perchè si conoscono
da un'infinità di tempo, andavano al college insieme. Sono
fantastici, non trovi?”
“Certo.-
annuì Nate con una smorfia sul viso- Mi trasmettono le
stesse
sensazioni che mi danno quei documentari in cui si vedono animali
selvatici che si sbranano a vicenda.”
“Chissà
com'erano quando erano sposati.” mormorò
pensierosa Ross, alzando
lo sguardo mentre si sforzava ad immaginare.
A
momenti Nate si strozzò con il caffè che stava
sorseggiando
“Cosa?!”
La
ragazza lo guardò stranita, inconsapevole del fatto che
quella non
fosse una notizia risaputa “Oh, sì. Quando erano
al college si
erano sposati. Peccato che abbiano divorziato dopo solo cinque anni
di matrimonio, giusto?”
“Quei
due...Quei due erano sposati?” riuscì a domandare
l'uomo, ancora
sconvolto da quell'informazione.
Alaska
lo fissò incerta, alzando un sopracciglio “Certo.
Perchè ti
sembra così strano?”
“Hai
ragione.- le diede ragione, facendo dondolare la testa- In effetti,
sarebbe una spiegazione più che plausibile al loro
comportamento.”
“In
realtà, un professore che li conosce da allora, mi ha detto
che sono
sempre stati così.” rivelò la giovane
antropologa, proprio nello
stesso momento in cui uno scampanellio li avvisava che erano arrivati
al piano da loro desiderato.
Come
al solito, il caos regnava nell'open space dell'Unità di
analisi
comportamentale.
Crowford
storse le labbra sottili in una smorfia, rimpiangendo di non essere
andato al proprio ufficio “Che cosa ci facciamo qui, si
può
sapere?”
“Siamo
venuti a prendere i miei fratelli.” lo informò la
ragazza,
muovendosi con naturalezza fra scrivanie e agenti indaffarati.
“I
tuoi fratelli?” ripeté l'uomo, alzando un
sopracciglio.
“JD
e TJ.- confermò Alaska annuendo- Ti avevo parlato di loro,
ricordi?”
“Sì,
ma...- Crowford aggrottò la fronte preoccupato per la piega
che
stava prendendo quella conversazione, mentre seguiva meccanicamente
la ragazza fino ai piedi della scala che portava all'ufficio di David
Rossi- Siamo venuti qui a prenderli?”
“Certo.-
confermò lei, fermandosi e voltandosi per guardarlo in viso-
È il
favore che ti volevo chiedere: se puoi badare ai gemelli mentre sono
a lezione.”
“Sei
impazzita?- sbottò Nate, spalancando gli occhi e alzando il
tono di
voce di un'ottava- Non posso fare una cosa del genere!”
“Certo
che puoi, è molto facile: porti TJ e JD in giro per
l'edificio, gli
fai vedere qualche cosa di interessante mentre io sono bloccata con
la lezione di Davon, all'ora di pranzo ci rivediamo in mensa, mi
riconsegni i fratellini e il gioco è fatto!”
concluse Ross felice,
muovendo le spalle come se stesse ballando, condendo inoltre le
proprie parole con un sorriso abbagliante.
“Io
non posso...”
Le
proteste del federale vennero ignorate totalmente, dato che Alaska
alzò un dito in sua direzione con un sorriso sulle labbra
“Aspetta
qui, vado a prenderli!” disse, prima di sparire lungo le
scale e
poi dentro all'ufficio del profiler di origini italiane.
“Era
ora che arrivassi.- la accolse l'uomo, non appena entrò
nella
stanza- La Strauss ha fiutato qualcosa, è già
passata nel mio
ufficio tre volte e ho dovuto nascondere i tuoi fratelli sotto la
scrivania.”
I
gemelli sghignazzarono al ricordo di quella visita inaspettata e
Alaska rise con loro “E non vi ha
beccati?Bravissimi!”
“Alaska,
non posso tenerli qui mentre fai lezione, lo sai, vero?” le
ricordò
Dave, con il tono di un padre troppo paziente con una figlia
confusionaria.
“Certo.-
annuì Ross, puntando l'indice dietro di sé-
È per questo che ho
portato con me un baby sitter d'eccezione.”
Rossi
lanciò uno sguardo verso l'open space, dove notò
immediatamente
Crowford aspettare con un'espressione estremamente annoiata stampata
sul viso “Stai scherzando, vero?”
“Riguardo
cosa?”
“Vuoi
davvero affidare i gemelli a Crowford?” riformulò
la domanda il
profiler, non del tutto certo su cosa un uomo come il burbero
federale avrebbe potuto fare a due ragazzini troppo vivaci.
Alaska
gli sorrise fiduciosa “Ma certo, perchè
no?”
“E'
Crowford.” ribadì quindi David, scandendo bene
ogni sillaba.
L'antropologa
lo fissò confusa “Lo so.”
“Credi
che sia in grado di badare a due bambini senza causare
involontariamente un trauma infantile?” chiese di nuovo
Rossi,
cercando di farla ragionare.
“E'
una domanda retorica o una di quelle battute che non capisco?-
ribatté quindi Alaska, confusa- Perchè lo sai che
io credo davvero
che i gemelli si troveranno davvero bene con Nate.”
Dave
sospirò rumorosamente, scuotendo il capo vinto
“Sai una cosa?Hai
ragione. Fammi sapere come è andata, poi.”
“D'accordo.”
trillò la giovane, mettendo le mani sulle spalle dei gemelli
per
scortarli fuori dall'ufficio del profiler.
“Verrai a vedere la
lezione?- domandò con entusiasmo, voltandosi di nuovo verso
Rossi-
Stein ha detto che mi farà condurre da sola la parte sulla
ricostruzione dei tratti facciali.”
David
le sorrise, contagiato dal suo buonumore irrefrenabile
“Quindi
sarebbe una lezione tenuta solo da te?”
“Sì!-
confermò, la voce acuita per l'eccitazione- E' la prima
volta che lo
faccio in un'istituzione ufficiale come quest'accademia.”
“Verrò
a vederti con piacere, Alaska.” assicurò quindi
l'uomo,
rivolgendole un sorriso inorgoglito.
“Perfetto!A
dopo, Dave!”
“Ciao
Dave!” lo salutarono in coro i gemelli, facendo sventolare
una mano
mentre precedevano la sorella maggiore.
Il
trio scese le scale, ritrovandosi di nuovo nell'open space dove Nate
li aspettava con un'espressione ostile stampata sul volto.
“Ragazzi,
lui è Nate.- disse Ross, additando l'amico e collega- Vi ho
già
parlato di lui, ricordate?Oggi passerete la mattinata insieme mentre
sono a lezione.”
I
due ragazzini trillarono un saluto e Crowford grugnì una
risposta
incomprensibile prima di tornare a fissare i propri occhi grigi sul
volto dell'antropologa.
“Tu
sai che stare con dei ragazzini per un tempo superiore ai dieci
minuti mi provocherà una sofferenza psicologica di almeno
due
settimane?” la informò l'uomo, una smorfia sulle
labbra a
rendergli il volto più imbronciato.
“In
realtà la sofferenza psicologica può durare al
massimo quindici
minuti. Tutto il resto è dolore autoinflitto.”
spiegò TJ con tono
saccente.
Nate
fece roteare platealmente gli occhi “Facciamo tre
settimane.”
Alaska
rise “Voi tre starete benissimo, ne sono sicura!”
Crowford
sbuffò sonoramente, prima di fare un cenno con la mano ai
due
bambini per invitarli a seguirlo fino agli ascensori.
“Tu
sei l'agente speciale Nathaniel Crowford?” domandò
con voce
allegra JD, correndo per stare al passo con le lunghe gambe del
federale.
“Sì.”
“Alaska
ci ha detto che sei il suo collega preferito.” lo
informò di nuovo
il ragazzino, sorridendogli.
“Già.” borbottò di nuovo
Crowford, pensando agli svantaggi che portava quella constatazione.
“Possiamo
chiamarti Nate?” chiese quindi TJ.
“No.”
“Nat?”
propose di nuovo il biondino.
“No.”
“Nathaniel?”
tentò invece il fratello, spingendosi meglio gli occhiali
sopra il
naso.
L'uomo
sbuffò, mentre posava il dito sul pulsate di chiamata
dell'ascensore
“Chiamatemi Crowford.”
“E'
un pochetto impersonale.” gli fece notare JD, alzando un
sopraccglio.
“Appunto.- rispose seccato Nate, prima di
ricordarsi di avere a che fare con due bambini di otto anni- Il punto
è che preferisco mantenere un certo distacco con le
persone.”
TJ
spalancò gli occhi, incuriosito
“Perchè?”
“Perchè
è così.”
“Ma
perchè?” domandò di nuovo il ragazzino,
per niente intenzionato a
lasciar cadere l'argomento.
“Perchè
non mi piacciono le persone.” rivelò quindi
l'uomo, incrociando le
braccia muscolose al petto.
“Ma
perchè?” chiede JD, facendo eco al fratello.
“Perchè
in generale le persone sono fastidiose, mi fanno innervosire e mi
mettono di cattivo umore.” spiegò Crowford con
tono piatto,
maledicendo mentalmente l'ascensore che sembrava non voler arrivare.
“Ma
perchè?”
“Perchè
di sì!” sbottò l'uomo, esaperato.
“Ma
perc-”
Nate
gli rivolse un'occhiata gelida “Sono armato, volete davvero
ripetere di nuovo quella domanda?”
“Spencer
ci ha detto che avresti fatto così.” risero in
coro i due gemelli.
E mentre le porte dell'ascensore si chiudevano su di loro, Morgan
riuscì a notare l'espressione rassegnata sul volto di
Crowford.
“Quarantanove!-
chiamò Derek, attirando l'attenzione della ragazza che era
ancora
nell'open space- Hai davvero affidato i gemelli a Crowford?”
Alaska
si voltò verso di lui, la fronte corrucciata
“Perché tutti
continuate a domandarmelo?Non vedo che cosa ci sia di male.”
“Già,
lo immaginavo. Per caso hai un teschio nascosto da qualche
parte?”
si informò il profiler, scrutandola attentamente.
Ross
lo guardò stranita “Che domanda assurda.
Perchè mai dovrei
andarmene in giro con un teschio?”
Morgan
scosse la testa, con un sorriso lieve sulle labbra “Hai
ragione.
Chissà perché mi è venuto in
mente.”
“Hugo
è giù nell'aula dove ci sarà lezione.-
spiegò quindi
l'antropologa, per poi allungare il collo verso uno dei blocchi di
scrivanie- Spencer non c'è?”
Derek
aggrottò le sopracciglia, puntando lo sguardo nel punto dove
fino a
pochi minuti prima era seduto Reid “Era qui fino a un attimo
fa, si
è volatilizzato non appena siete arrivati.”
“Che
strano.- commentò Alaska scrollando le spalle, anche se
evidentemente non dava molto conto alle proprie parole- Mi piacerebbe
rimanere ad aspettarlo, ma Davon mi aspetta: non gli piace stare solo
con gli studenti.”
“Scommetto
che loro pensano la stessa cosa.- borbottò a mezza voce
l'uomo, ben
attento a non farsi sentire- Ci vediamo più tardi,
allora?”
“Certo,
Derek.- trillò la ragazza, allontanandosi mentre faceva
sventolare
una mano- Salutami Spencer e gli altri.”
...
Scoprire
dove fosse finito Spencer diventò la missione personale di
Morgan
nei minuti successivi alla partenza di Alaska.
Conoscendo
il giovane collega alla perfezione, il primo posto in cui
controllò
fu l'area relax, pensando che probabilmente Reid avesse voluto
concedersi una delle sue numerose pause caffè. Al contrario
delle
sue aspettative, però, la tazza del giovane genio giaceva
abbandonata e piena sulla sua scrivania, obbligandolo ad abbandonare
quell'ipotesi. Stava per l'appunto per andare a cercare l'amico
nell'ufficio di JJ, quando Spencer tornò alla propria
scrivania
guardandosi attorno con occhi colmi di panico come se dovesse essere
attaccato da uno zombie da un momento all'altro.
“Si
può sapere che ti prende?” domandò
Derek, inchiodando il giovane
genio con un'occhiata severa e incrociando le braccia al petto.
“Cosa?Niente!-
ribatté immediatamente Reid, la voce acuita dalla
consapevolezza di
non avere scampo da un confronto diretto con il collega- Non ho
assolutamente niente!”
Le
labbra carnose dell'uomo di colore si piegarono in un sorriso
“Questo
non è vero, e tu lo sai. Credevo che stessi avendo una crisi
di
panico, prima, quando è arrivata Alaska. E poi sei scappato
letteralmente via da lei, te ne rendi conto?”
“Non
è vero!” protestò di nuovo Spencer, per
poi abbassare lo sguardo
sulla propria tazza di caffè, apparentemente intento ad
analizzare
la superficie del caldo liquido scuro.
“Sì
che lo è.- continuò a dire Morgan- Avete
litigato, per caso?Oppure
avevi paura che ti affidasse i gemelli di nuovo?”
Il
giovane profiler alzò la testa di scatto “No,
no!Morgan,
davvero...non-non è successo niente. Va tutto
bene.”
Derek
gli puntò addosso un indice ammonitore “Ragazzino,
non provare a
prendermi in giro. Ti conosco troppo bene per non capire che hai
qualcosa che non va e, te lo posso giurare, o mi dici cos'è
spontaneamente o ti legherò a quella sedia e ti
torchierò finché
non me lo dirai.”
“Morgan...”
pigolò Spencer, le labbra piegate all'ingiù come
un bambino
costretto a confessare una marachella.
“Non
costringermi ad andare a cercare dello spago!” lo
minacciò di
nuovo Derek, costringendosi a non sorridere della reazione del
collega.
“D'accordo,
io...- Reid si interruppe per prendere una boccata d'aria e
pronunciò
le parole successive talmente velocemente da essere a stento
comprensibili- Io ho pensato alla mia relazione con Alaska,
ultimamente.”
Morgan
annuì lentamente “Ok. E?”
Il
giovane genio abbassò lo sguardo e le sue guance si
imporporarono di
colpo mentre cercava di balbettare una frase di senso compiuto
“E
sono arrivato alla conclusione che noi...Sì, insomma, che io
e
Alaska forse...che noi due dovremmo...”
“Maledizione,
Reid, vieni al sodo!” sbottò Derek quando l'ultima
pausa fra le
parole del collega sembrava destinata a non finire mai.
“Voglio
dichiarare ad Alaska il mio amore.” buttò fuori
tutto d'un fiato,
arrossendo ancora di più, il giovane genio.
Morgan
si lasciò sfuggire una risata “Credo che
Quarantanove sia già
consapevole del fatto che la ami.”
Spencer
alzò finalmente lo sguardo, puntando i propri occhi scuri e
determinati in quelli dell'amico “Morgan, io...Io intendo che
voglio dichiararle amore eterno e chiederle...uhm, sì,
insomma...di
passare il resto della sua vita con me.”
Derek
aggrottò le sopracciglia, confuso “Non ti
seguo.”
“Voglio
chiederle di sposarmi.” riuscì a dire a fatica
Reid, per poi
deglutire rumorosamente.
Di
tutte le cose che Spencer Reid avrebbe potuto dirgli quella,
nonostante sapesse di per certo la forza del rapporto che lo legava
all'eccentrica antropologa, era l'ultima che Derek Morgan si sarebbe
aspettato di sentire in quel momento. Fu per questo che l'uomo rimase
muto, con gli occhi ben spalancati per lo stupore, per diversi e
lunghissimi istanti in cui il più giovane membro della
squadra di
profiler lo osservava con occhi carichi di aspettativa, impaziente di
sapere la sua opinione.
“Wow!-
esalò infine Morgan- Nel senso di...”
“Matrimonio.-
concluse per lui Spencer, prima di mordersi il labbro inferiore-
Sì.”
“Ragazzino,
è un grande passo.- dichiarò quindi l'altro,
passandosi una mano
sulla testa rasata- Enorme. Gigantesco.”
“Lo
so.” annuì di nuovo Reid.
“Quindi
tu vuoi chiederle di sposarti?” chiese di nuovo Derek,
decidendo
che per continuare a sostenere quella conversazione doveva
assolutamente sedersi.
“Sì.
Stasera.” confermò Spencer, determinato.
Morgan
spalancò gli occhi “Stasera?!”
“Io
non voglio ripensarci.- disse quindi il ragazzo, torturandosi le mani
affusolate- Non che io possa cambiare idea, ma sai come sono fatto:
inizierei a pensare e ripensare e poi mi farei prendere dal panico e
rimanderei fino a quando non ne sarei sicuro al cento per cento
e...non voglio rimandare. Non questo. Non
rimanderò.”
“Ok,
Reid.- annuì Derek, sinceramente colpito- Quindi
stasera...”
Spencer
concluse quella frase per lui “Le chiederò di
sposarmi. Sì.”
“Sai
che lei ti dirà di sì, vero?” decise di
assicurargli Morgan,
rivolgendogli un sorriso caldo ed incoraggiante.
“Io...non
ho idea di che cosa pensi lei del matrimonio.”
rivelò quindi
Spencer, abbassando di nuovo i propri occhi grandi e innocenti sulla
propria tazza di caffè che stringeva fra le mani come se
fosse
un'ancora di salvezza.
“Non
preoccuparti, lo scoprirai stasera. Hai già
l'anello?”
“Sì,
ma quello era l'ultimo dei miei problemi.- la voce del giovane
profiler tremò impercettibilmente- Io non so che cosa
dirle.”
Derek
gli sorrise con la stessa dolcezza che avrebbe avuto nel farlo al
proprio fratello minore “Reid, non credo che Quarantanove
faccia
troppo caso a discorsoni lunghissimi e pieni di luoghi comuni. Quello
che devi fare è parlarle col cuore e il gioco è
fatto. Perchè la
ami?”
“C-come?”
balbettò Spencer, imbarazzato dalla piega estremamente
intima che
stava prendendo quel discorso.
“Dovresti
dirgli perchè la ami, spiegarle perchè lei
è fatta apposta per
stare con te per sempre.” spiegò quindi l'uomo di
colore, dandogli
un buffetto sul braccio esile.
“Beh,
lei...Lei...”
Reid
fece una pausa e sospirò pesantemente e poi, quando
ricominciò a
parlare, non potè impedire ad un sorriso dolce di solcare il
proprio
viso “Lei sorride sempre, anche agli estranei, e se conosce
qualcuno non si scorderà mai il suo nome. Chiama i suoi
genitori
tutti i giorni ed è la migliore amica dei suoi fratelli. Mi
aspetta
sempre sveglia quando torno tardi da un caso e se va a letto prima di
me scalda la mia parte del letto. Lei...è la migliore
persona che io
abbia mai incontrato ed è esattamente quello che stavo
cercando solo
che...solo che non lo sapevo.”
Morgan
gli rivolse un sorriso luminoso.
“Che...che
c'è?”
L'uomo
scosse la testa, pur senza cambiare espressione “Niente. Sai
una
cosa, ragazzino?Stasera passerò a prendere i tuoi due futuri
cognati
e li porterò con me a una fantastica serata di divertimenti
al luna
park!”
Lo
sguardo di Reid si accese all'istante “Davvero?”
“Sicuro.-
confermò Morgan- Tu pensa soltanto a preparare una bella
serata per
Quarantanove e a raccogliere abbastanza coraggio per farle la tua
proposta.”
Spencer
annuì con foga, prima di recuperare il fascicolo su cui
stava
lavorando prima di quell'interruzione in un debole tentativo di
riacquistare la concentrazione.
Dalla
propria scrivania Derek lo osservava divertito: non gliel'aveva
detto, ma era davvero orgoglioso di lui. E anche se dentro di
sé
sapeva che ormai il giovane genio non era più solo un ragazzino
cresciuto troppo in fretta e troppo perso nel mondo dello studio per
rendersi conto di quello reale, decise che non avrebbe mai rinunciato
al suo soprannome preferito.
...
La
voce cristallina di Alaska rieccheggiò nell'appartamento non
appena
la giovane si era richiusa la porta alle spalle
“Marco?”
“Polo!”
rispose Spencer, dalla cucina, affrettandosi a raggiungerla in
salotto.
La
ragazza gli si fiondò fra le braccia ancora prima di
togliersi il
cappotto e si alzò sulle punte per lasciargli un bacio a
stampo
sulle labbra.
“Hey,
sai che cos'è successo di strano oggi?- ciarlò
allegra, dopo aver
sciolto l'abbraccio per iniziare a sfilarsi la sciarpa dal collo-
Derek è passato a rapire i miei fratellini!”
“Rapire?”
ripeté Reid, cercando di sembrare ignaro di tutto.
Ross
annuì mentre abbandonava la propria borsa su una sedia poco
distante
“Già, non mi ha voluto spiegare perché,
ma ha detto che li
avrebbe portati al luna park. Ha detto che se lo meritano dopo aver
passato una giornata intera con Nate, ed è un ragionamento
piuttosto
strano dal mio punto di vista: TJ e JD mi hanno detto che si sono
divertiti un mondo, anche se lui mi ha detto che non vuole
più
trovarsi da solo con loro...”
“Morgan
l'ha fatto per fare un favore a me.” spiegò quindi
Spencer,
interrompendola e mordicchiandosi il labbro inferiore in attesa della
sua reazione.
“Davvero?-
domandò la ragazza inarcando un sopracciglio sottile-
Perchè?”
“Perché
ti sto preparando una sorpresa.” rivelò quindi
Reid, sorridendole
dolcemente.
Gli
occhi color cielo di Alaska si illuminarono all'istante “Una
sorpresa?”
Il
profiler annuì piano “U-uh.”
“Io
adoro le sorprese!” esclamò Ross facendo un
piccolo salto sul
posto.
Nel
vedere la sua reazione al giovane genio scappò una risatina
“Lo
so.”
“Che
cos'è?” domandò di nuovo Alaska,
evidentemente sempre più
eccitata.
“Se
te lo dicessi non sarebbe una sorpresa, giusto?”
ribatté Spencer
allungando una mano per sfiorare la sua guancia con una carezza.
Ross
seguì il suo movimento quasi come se fosse un gatto, mentre
sporgeva
il labbro inferiore per protestare “Ma sto morendo di
curiosità!”
“Perchè
non vai a farti una doccia e a prepararti?” propose quindi il
ragazzo, cercando di fare focalizzare la sua attenzione su
qualcos'altro.
“E
dopo mi farai vedere la sorpresa?”
Reid
scosse la testa, divertito dalla sua impazienza
“Perchè non vai a
preparati e lasci che sia io a decidere quando farti vedere la
sorpresa?"
“Ooooook. Sicuro che non ti serve aiuto, di nessun
tipo?- domandò Alaska, prima alzare le mani in segno di resa
dopo
aver visto l'occhiata esasperata del suo ragazzo- E va bene, e va
bene. Vado. Che tipo di vestito devo mettere?Una tuta da scii
può
andare bene?”
“Perchè
non metti quello blu?Sarai stupenda, con quello.” un sorriso
gli si
allargò automaticamente sul volto mentre pronunciava quelle
parole e
se la immaginava perfetta per l'importante momento che stavano per
condividere.
“Andremo
ad un ballo a tema anni Sessanta?” chiese di nuovo la
ragazza,
distraendolo dai suoi pensieri.
Spencer
fece roteare platealmente gli occhi, prima di indicare il corridoio
con un gesto della mano “Vai!”
Alaska
proruppe in una risata cristallina e esclamando un Sissignore!
sparì in direzione della loro camera.
Il
giovane profiler rimase a fissare quella porta chiusa per diversi
secondi, prima di prendere un grosso respiro e tornare alle proprie
occupazioni in cucina.
Alaska
Ross entrò nella cucina e strizzò gli occhi a
causa del buio in cui
era avvolta.
Spencer
la aspettava in piedi di fianco al tavolo apparecchiato per due, un
mazzo di rose rosse già perfettamente sistemato al centro
del tavolo
e due candele bianche che bruciavano davanti a ciascun piatto.
“Hey,
è andata via la luce, qui?” domandò
l'antropologa, stranita da
quella situazione.
“E'
una cena a lume di candela, Al.- spiegò quindi Spencer- Sai,
per
essere romantico...”
In
quel momento Alaska si accorse che Reid si era cambiato,
probabilmente mentre lei stava facendo la doccia, e indossava dei
pantaloni blu scuro sotto una camicia bianca e una cravatta sottile
dello stesso colore dei pantaloni “Hai cucinato per
me?”
“Sì.”
rispose semplicemente il ragazzo, con un sorriso timido sulle labbra
sottili.
“Wow!E'
una delle cose più carine che qualcuno abbia mai fatto per
me.-
trillò quindi Ross, entusiasta- Come quella volta che
c'è stata
quella nevicata tremenda e tu avevi il giorno libero e sei passato a
portarmi la cioccolata calda allo Smithsonian, oppure come
quando...”
“Al,
stai divagando.” la interruppe con tono bonario Spencer,
ormai
abituato alle sue chiacchiere senza capo né coda.
“Oh,
giusto. Che hai preparato di buono?”
“Una
cena finlandese.- rivelò quindi il profiler orgoglioso della
propria
scelta- Ho chiamato tua mamma per farmi dare le tue ricette
preferite.”
Le
labbra rosee di Ross si schiusero per lo stupore
“Davvero?Sai, non
credevo che tu sapessi cucinare, ma d'altronde, tu sai fare
praticamente tutto.”
“Questo non è vero.- le ricordò
scuotendo la testa Reid, prima di tornare in argomento- Comunque,
cucinare è un po' come la chimica: basta mettere gli
ingredienti
giusti nelle quantità indicate e si otterrà la
reazione prevista.”
“Che
cosa hai preparato?” domandò curiosa Alaska.
Spencer
additò i fornelli dietro di sé, dove erano
schierate le pentole e
padelle piene delle pietanze che aveva preparato “Dunque,
partiremo
con un antipasto misto di Lohikääryleet e
Karjalanpiirakat...”
La
giovane di origini finlandesi sorrise per l'attenzione con cui il
ragazzo aveva pronunciato i nomi in suomi “Rotolini di
salmone alla
crema di formaggio?Li adoro!E anche le tortine di Careila!”
“E
continueremo con una zuppa finlandese seguita da
Graavilohi...”
continuò a spiegare Reid, felice della reazione positiva
dell'antropologa.
“Carpaccio
di salmone?”
“Esatto.-
confermò il ragazzo annuendo- E per dolce ti ho preparato la
Suomalainen kakku accompagnata da glogi. Che ne pensi?”
Alaska
si sporse verso di lui per avvolgerlo in un abbraccio caldo
“Che
per cucinare tutta questa roba devi aver preso il pomeriggio libero,
che ho talmente fame che probabilmente prenderò una porzione
doppia
di tutto e che il golgi è una bevanda calda di Natale
e...”
Reid
si scostò da lei “Davvero?Ma Olga non me l'ha
detto!”
“Tu
le hai chiesto i miei piatti finlandesi preferiti, non potevi sapere
che alcuni erano a tema.” la giustificò quindi la
giovane,
sorridendo divertita dalla sua reazione leggermente infastidita.
“Oh,
accidenti!- imprecò di nuovo Reid- Volevo che tutto fosse
perfetto
stasera e invece ho preparato un piatto natalizio e...”
Alaska
gli si avvicinò di nuovo e gli fece scivolare le mani sul
collo “Tu
sei perfetto. A me basta questo.”
Spencer
rimase ammutolito, incantato da quel tocco delicato, mentre sentiva
le guance imporporarsi per le parole appena pronunciate dalla
ragazza. Conscia del fatto che il giovane genio sarebbe rimasto fuori
dal mondo per qualche secondo, Ross si alzò sulle punte e
posò un
bacio sulle sue labbra sottili. Istintivamente Spencer la
circondò
con le proprie braccia, attirandola a sé con forza, e
approfondì
quel bacio rendendolo appassionato e quasi disperato.
Si
separarono solo dopo qualche secondo, appoggiando l'uno la fronte su
quella dell'altra. Alaska lo fissava intensamente, gli occhi due
zaffiri brillanti intrappolati dalle ciglia scure e folte.
“Vogliamo
cominciare?” sussurrò Reid contro i capelli
corvini della ragazza,
dopo averle dato un bacio leggero sulla fronte.
Lei
gli sorrise “Potremmo starcene così per ore e
sarebbe tutto
comunque perfetto. Ma visto che ti sei impegnato così tanto
a
preparare i miei piatti preferiti...”
Spencer
additò la sedia e la spostò per fare sedere
Alaska e portò al
tavolo gli antipasti.
La
cena era stata perfetta.
Reid
aveva aspettato ansioso che Alaska gustasse il primo boccone di ogni
portata e, dopo che lei gli ebbe assicurato una decina di volte che
era tutto squisito, si convinse finalmente di essere riuscito ad
organizzare un'ottima serata.
Tuttavia,
mentre infilzava con calcolata lentezza la forchetta nella fetta di
torta che giaceva semi-abbandonata nel proprio piatto, Spencer non
riusciva a concentrarsi sulle parole che uscivano veloci ed allegre
dalla bocca della ragazza che gli sedeva di fronte.
Tutto
quello che riusciva a catturare la sua attenzione era che si stava
progressivamente avvicinando il momento di fare ad Alaska la propria
dichiarazione, e che l'anello, contenuto in una scatoletta di velluto
rosso nella propria tasca dei pantaloni, stava iniziano a diventare
rovente. O perlomeno, così gli sembrava.
Nonostante
Ross avesse sempre la testa fra le nuvole, capire che cosa pensavano
davvero chi le stava intorno e quello che stavano provando era una
delle sue abilità. Aveva notato subito che Spencer, a
dispetto dei
propri sforzi, stava sempre più perdendo attenzione verso
quello che
stava dicendo.
“Oh,
sai un'altra cosa?- continuò a chiacchierare, indugiando con
lo
sguardo sul volto distratto del profiler- Oggi ho scoperto di essere
una mutante.”
L'espressione
sul volto di Reid non cambiò di una virgola “Ah,
sì?”
“Già.-
continuò nel proprio gioco Alaska, sforzandosi di non ridere
divertita- Posso creare campi elettromagnetici con la forza del
pensiero. Quindi, pensavo che se sei d'accordo potrei lasciare il
lavoro e diventare una supereroina a tempo pieno. Credo che
comprerò
un costume viola, che dici?”
“Perfetto.”
annuì di nuovo il giovane genio, che evidentemente non aveva
sentito
una parola di quello che gli era appena stato detto.
Ross
scosse la testa, guardandolo con uno sguardo colmo di tenerezza: non
era la prima volta che Spencer gli sembrava distante e lei sapeva
che, con il tipo di lavoro che faceva, non era poi un avvenimento
così strano. Tuttavia, da quando si conoscevano e
soprattutto da
quando vivevano insieme, si era posta la piccola missione di farlo
ritornare di buon umore e, soprattutto, di distrarlo dai pensieri
oscuri che di tanto in tanto gli si affacciavano alla mente.
“Ok,
mi arrendo!” esclamò quindi Alaska, distogliendolo
dai suoi
pensieri.
Reid
ruotò di scatto la testa verso di lei, aggrottando le
sopracciglia
“Ti arrendi?Perchè?”
“Sono
cinque minuti buoni che stai fissando le matrioske dei cinque
continenti su quella mensola laggiù.- spiegò,
additando il mobile
dietro di sé- All'inizio pensavo che fosse perché
non sono in
ordine di grandezza, ma sembravi troppo concentrato per una cosa
così
semplice così mi sono messa a fissarle anche io, ma l'unica
cosa che
mi è venuta in mente è che la migliore cucina
etnica che ho
assaggiato finora fa parte di nazioni asiatiche. Quindi, mi arrendo:
che cos' hanno quelle matrioske che non va?”
Spencer guardò per la prima volta le cinque bamboline e le
analizzò
stupito, come se le avesse notate solo in quel momento “Oh,
le
matrioske?Niente, sono belle...Stavo semplicemente pensando.”
La
ragazza gli sorrise “Il mio G-man sempre in azione.”
Reid
prese un grosso respiro e decise che non poteva aspettare oltre: era
giunto il momento di farle la propria dichiarazione e di scoprire
come avrebbe reagito e, soprattutto, cosa avrebbe risposto.
Alaska
si ritrovò addosso lo sguardo intenso del giovane profiler
“Al, di
devo dire una cosa.”
“D'accordo.”
acconsentì immediatamente Ross, stupita dal tono
estremamente
determinato che era stato usato.
Spencer
aggirò il tavolo e una volta di fronte alla ragazza gli
afferrò
entrambe le mani, stringendole dolcemente fra le proprie, che sentiva
troppo fredde e incerte per via dell'agitazione.
“Alaska
Prudence Ross...” cominciò a dire, mentre
l'antropologa di alzava
per specchiare i suoi movimenti.
“Oh-oh!-
esclamò Alaska con tono gioviale- Quando mi chiami con il
nome
esteso vuol dire che sono nei guai. Sono nei guai?”
Reid
scosse la testa, cercando di restare concentrato sul proprio
obiettivo “Potresti, per favore, farmi finire?E'
importante.”
“Ok.”
“Alaska
Prudence Ross...” ripeté, dopo aver preso
l'ennesima boccata
d'aria.
“Spencer
Reid.” gli fece eco l'antropologa, con lo stesso tono.
Reid
fece roteare gli occhi, mentre stringeva di più la stretta
sulle
mani della giovane “Alaska, tu sei molto importante per me.
Sei
entrata nella mia vita in modo in aspettato e...e, sinceramente, non
avrei mai pensato che saremmo arrivati dove siamo ora...”
“A
Washington?” domandò incerta Ross, non capendo la
direzione che
stava prendendo quel discorso.
Spencer
la ignorò, troppo agitato per potersi permettere di perdere
il filo
“Quello che volevo dire- continuò balbettando-
quello che volevo
dire è che...insomma che...”
“Spencer,
sei sicuro di star bene?- lo interruppe Ross, scrutandolo
attentamente mentre scioglieva la stretta sulle proprie mani per
sfiorargli la fronte con una carezza leggera- Sembri troppo
teso.”
“Alaska
io ti amo.” buttò fuori tutto d'un fiato Reid,
guardandola
intensamente.
Lei
gli sorrise, poggiandogli una mano sulla guancia “Anche io ti
amo,
tesoro.”
“Alaska
io voglio sposarti.” aggiunse quindi con foga, lo sguardo
serio e
determinato.
Gli
occhi dell'antropologa si illuminarono di gioia
“Davvero?”
Quella
reazione lo incoraggiò immediatamente, anche se non riusciva
a
impedire alla propria voce di tremare “Certo, io...io credo
che
dovremmo sposarci, perchè...”
“Sarebbe
fantastico!” esclamò quindi con gioia Alaska,
interrompendolo.
“Quindi
è un sì?” domandò, mentre
sentiva un sorriso allargarglisi sul
volto come manifestazione dell'estrema felicità che sentiva
crescere
dentro di sé.
La
ragazza annuì con foga “E' un sì
scritto a lettere maiuscole, di
colore giallo fosforescente, posizionate su un pannello al
neon!”
Reid
rise, frugandosi nella tasca dei pantaloni e aprendo la piccola
scatolina di velluto rosso “Quindi, immagino che ora dovrei
infilarti al dito questo.- disse, indagando curioso la sua reazione-
So che di solito sugli anelli di fidanzamento ci sono dei diamanti ma
c'è tutta la storia dei diamanti insanguinati e non volevo
regalarti
qualcosa di comune, perché tu sei tutto fuorché
comune, e credevo
che uno zaffiro potesse essere la scelta più adatta dato che
è il
colore dei tuoi occhi e purtroppo non potevo permettermene uno reale
quindi è uno sintetico ma non appena...”
“E'
perfetto.- lo interruppe Alaska con tono deciso, mentre fissava lo
sguardo sul piccolo anello in cui un intreccio di fili d'oro bianco
si intrecciavano per fare da cornice a una pietra di un blu brillante
e luminoso. Dopo averlo contemplato per lunghi istanti, alzò
lo
sguardo pieno d'amore su Spencer- Tu sei perfetto.”
Lui
allungò la mano, per sovrastare quella che si era posata
delicatamente sulla sua guancia “Non è vero.- la
contraddisse con
un sorriso- Ma sto cominciando ad accettare il fatto che tu mi ami e
mi vedi come tale.”
Alaska
ridacchiò, e le sue labbra erano ancora piegate
all'insù quando
quelle di Reid vi si posarono sopra, reclamando con una nota di
possesso quello che sarebbe rimasto suo per sempre.
“Ho
un'idea!” esclamò la ragazza mentre abbassava lo
sguardo per
osservare l'anello che svettava perfetto sul suo anulare.
“Un'idea?-
domandò Spencer inarcando un sopracciglio- Riguardo
cosa?”
Ross
gli strizzò l'occhio e gli rivolse un sorriso birichino
“Vedrai!Prenditi il giorno libero, domani.”
“Ma
io non so se...”
“Niente
ma o se.- tagliò corto lei- Non accetto rifiuti.”
Spencer
non poté fare a meno di rivolgerle uno sguardo intenerito
“D'accordo. Vuoi dirmi cosa hai in mente,
però?”
L'antropologa
scosse la testa con veemenza “Assolutamente no.
Sarà una
sorpresa!”
“C'entra
il fatto che hai scoperto di essere una mutante e vuoi iniziare ad
andare in giro vestita di una tuta di lattice viola?”
Alaska
proruppe in una risata argentina e afferrò di slancio i
lembi del
colletto della camicia del ragazzo per attirarlo a sé in un
bacio
appassionato. Spencer sorrise contro le sue labbra, pensando che se
poteva avere questo per tutta la vita sarebbe stato l'uomo
più
felice al mondo.
_________________________________________________________
Salve
a tutti!Lo ammetto: ho pubblicato in ritardo perché avevo
paura che
altrimenti avreste pensato che non sono davvero io!Eheheh!
No,
seriamente...Credo di avere un problema. C'è qualcuno che
conosce un
buon analista?Perché non è davvero possibile
essere così
irrimediabilmente ritardatari e incapaci di rispettare degli
ultimatum imposti da se stessi, per giunta!
Vabbé,
troverò un rimedio, intanto...Che ne pensate di questo
capitolo?Vi
aspettavate una dichiarazione del genere dal nostro amato dottor
Reid?Ammetto di avere messo dei mini indizi a riguardo nei capitoli
precedenti, ma erano talmente microscopici (fatto apposta, eheheh)
che non so se ve ne siete accorti o meno...Fatemi sapere e
commentate, se vi va! ;)
E
ora, tan-ta-tan-taaa, una piccola sorpresina. O contest...In
realtà,
non so bene come chiamare questa cosa...Venendo al punto: per il
prossimo capitolo sto lavorando a una scena romantica e vorrei fare
un esperimento e inserire i versi di una canzone. A me ne sono venute
in mente un paio, ma vorrei sapere anche che cosa ne pensate voi: che
canzone usereste e quali versi specifici mettereste in una scena
romantica (da carie ai denti, per intenderci!)? Mi piacerebbe davvero
leggere le vostre opinioni e i vostri suggerimenti e la canzone che
mi piacerà di più fra le proposte la
metterò nel prossimo
capitolo! :) Quindi, non siate timide e mandatemi un messaggio
privato (per evitare spoiler di qualsiasi tipo) scrivendomi i titoli
delle canzoni che vedreste bene inserite nella storia...
Spero
davvero in un vostro piccolo aiuto! ;)
Orbene,
non mi resta che augurarvi una buona Pasqua: spero che il coniglietto
pasquale vi porti una quantità spropositata di cioccolato e
che le
vostre endorfine si alzino in modo esponenziale!
Kisses
to y'all!
JoJo